Book Title: Saman Suttam
Author(s): Claudia Pastorino, Mondadori
Publisher: Sarva Seva Sangh Prakashan
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Page #1 -------------------------------------------------------------------------- ________________ SAMAŅ SUTTAŃ il canone del jainismo la più antica dottrina della non-violenza UOMINI E RELIGIONI in Education International MONDADORI Only www.lainelibrary.org Page #2 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Per la prima volta viene pubblicata in italiano una raccolta di testi canonici di una religione indiana tra le meno conosciute, ma che conserva tratti dottrinali e pratiche ascetiche di grande originalità: il Jainismo. Finora non era stato possibile offrire un libro del genere sia alle comunità jainiste sparse nel mondo sia alla curiosità degli occidentali a causa delle divisioni esistenti fra le principali sette del Jainismo, che utilizzavano canoni differenti. Infine, grazie all'iniziativa di uno studioso indiano, Vinobaji, fortemente influenzato dal pensiero e dall'opera di Gandhi, fu preparata una prima raccolta di testi poi sottoposta alla revisione e all'approvazione di un'assemblea di monaci di tutte le sette. Nacque così nel 1975 una prima versione in pracrito che nel 1993 fu tradotta in inglese e oggi, di quest'ultima, viene proposta la traduzione italiana. L'opera, suddivisa in versetti sul modello del Dhammapada, rappresenta una sintesi dei princìpi e dei precetti della religione jainista, che fu una delle concorrenti del Buddhismo. La via indicata dai suoi grandi maestri, Vardhamana Mahāvīra e gli altri Tirthankara («i costruttori del guado»), è quella di un rigoroso ascetismo volto a separare l'anima immortale dal corpo e dalla materia, dalle passioni e dalle illusioni, che ci tengono incatenati a questa dolorosa esistenza terrena. Ignorando del tutto, come il Buddhismo, l'esistenza di un Dio, il Jainismo ritiene che l'uomo possa raggiungere da solo quella «vetta dell'universo» dove godrà di una libertà e di una beatitudine infinite. Poiché tutti gli esseri viventi, più o meno evoluti, sono dotati di un'anima, il Jaina deve fare molta attenzione - per non procurarsi altro karma negativo -a non ferire nessuna creatura, nemmeno un insetto o una pianta. E una simile attenzione fa di questa religione la più rispettosa della vita, in linea con il più spinto ecologismo moderno. La non-violenza del Jainismo, basata sul riconoscimento del legame di parentela che unisce In sovraccoperta: Pratika, il simbolo della fede jainista in Education International For Personal & Pre Use Only Page #3 -------------------------------------------------------------------------- ________________ UOMINI E RELIGIONI SAGGI For Personal & Private Use Only Page #4 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #5 -------------------------------------------------------------------------- ________________ SAMAŅ SUTTAŇ Il canone del Jainismo A cura di Śrī Jinendra Varņi e Sagarmal Jain Edizione italiana a cura di Claudia Pastorino e Claudio Lamparelli MONDADORI For Personal & Private Use Only Page #6 -------------------------------------------------------------------------- ________________ http://www.mondadori.com/libri ISBN 88-04-49195-7 © 1993 Sarva Seva Sangh Prakashan Titolo originale dell'opera: Saman Suttam © 2001 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione Uomini e Religioni maggio 2001 For Personal & Private Use Only Page #7 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 9 17 21 22 12 23 25 41 44 46 47 49 51 54 55 57 62 Indice Premessa di Claudia Pastorino Nota dell'editore indiano Lettera a Vinobaji da parte dei monaci Risposta di Vinobaji Introduzione Parte prima LA FONTE DELL'ILLUMINAZIONE 1 Precetti su ciò che è benefico 2 Precetti sugli insegnamenti del Jina 3 Precetti sull'Ordine religioso 4 Precetti sull'esposizione delle scritture 5 Precetti sul ciclo della trasmigrazione 6 Precetti sui karma 7 Precetti sulla falsa fede 8 Precetti sulla rinuncia agli attaccamenti 9 Precetti sulla religione 10 Precetti sull'autodominio For Personal & Private Use Only Page #8 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 65 11 Precetti sulla non-possessività 67 12 Precetti sulla non-violenza 69 13 Precetti sulla vigilanza 71 14 Precetti sull'educazione 72 15 Precetti sull'anima Parte seconda LA VIA DELLA LIBERAZIONE 77 16 Precetti sulla via della liberazione 80 17 Precetti sui «tre gioielli» 82 18 Precetti sulla retta fede 86 19 Precetti sulla retta conoscenza 88 20 Precetti sulla retta condotta 92 21 Precetti sulla realizzazione spirituale 94 22 Precetti sulle due vie della religione 95 23 Precetti sulla religione dei laici 100 24 Precetti sulla religione dei monaci 104 25 Precetti sui voti 107 26 Precetti sull'attenzione e sull'autocontrollo 112 27 Precetti sui doveri obbligatori 115 28 Precetti sulla penitenza 121 29 Precetti sulla meditazione 124 30 Precetti sulla riflessione 128 31 Precetti sui colori dell'anima 130 32 Precetti sul progresso spirituale 134 33 Precetti sulla morte serena For Personal & Private Use Only Page #9 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Parte terza LA METAFISICA 13934 Precetti sulle verità fondamentali 144 35 Precetti sulle sostanze 148 36 Precetti sull'universo Parte quarta LA TEORIA JAINISTA DELLA RELATIVITÀ CONOSCITIVA 153 37 Precetti sul non-assolutismo 155 38 Precetti sulla conoscenza valida 158 39 Precetti sui punti di vista 162 40 Il Syādvāda e la Saptabhangi 164 41 Precetti sulla riconciliazione 167 42 Precetti sull'interpretazione 169 43 Conclusione 170 44 Inno a Mahāvīra 173 Note a cura di Claudio Lamparelli 177 Glossario For Personal & Private Use Only Page #10 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #11 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Premessa Da ventisei secoli esiste, sul nostro pianeta, un caposaldo della spiritualità: il Jainismo (o Giainismo), la dottrina della non-violenza universale. Il Jainismo non è una vera e propria religione: al suo interno non si trovano cerimoniali, rituali, intermediari, dogmi, sacramenti; il Jainismo è un modo di vita, nobilitante e ottimista, basato sull’ahimsā, la non-violenza. La sua regola aurea è, infatti, «vivi e lascia vivere, ama tutti, servi tutti», dove per «tutti» s'intende ogni creatura: umana, animale e vegetale. Il Jainismo è una dottrina spirituale atea, che non presuppone, cioè, l'esistenza di Dio. Qui non esistono un Dio o più dèi creatori dell'universo, né viene descritto un Primo Motore Immobile; viene proposta, invece, una spiegazione scientifica dell'origine dell'universo, eterno e increato. Vi è il superamento della necessità di rappresentare un Creatore: Dio è l'Essenza Vitale che anima ogni singola creatura negli infiniti universi, senza distinzioni né separazioni legate ai corpi materiali. Ogni vivente porta dentro di sé il marchio indelebile di un'appartenenza più grande; ogni vivente è, esso stesso, rappresentazione dell'Eterno, e aspira a liberarsi del corpo materiale per rifondersi nell'Assoluto. Tutto ciò che possiamo dire di Dio è: Egli È. Dio è la retta fede, la retta conoscenza e la retta condotta; la retta condotta è ahimsā. Ancora nell'Ottocento non era chiara, per l'Occidente, la linea di demarcazione tra Buddhismo e Jainismo; alcuni sostenevano For Personal & Private Use Only Page #12 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 10 Premessa che il Jainismo fosse una scuola all'interno del Buddhismo, altri ritenevano, al contrario, che il Buddhismo fosse di derivazione jainista. In seguito, venne finalmente approfondita e chiarita l'origine storica delle due diverse dottrine. Vardhamāna Mahāvīra Jaina, contemporaneo di Siddhartha Gautama (VI secolo a.C.), era un raja che, come Buddha, giunto all'età di trent'anni, decise di abbandonare la casa e la famiglia per ritirarsi a meditare sulla natura dell'anima. Meditò per dodici anni, gli ultimi due dei quali trascorsi sotto un albero; alla fine raggiunse il nirvāṇa, pare con venti anni di anticipo sul Buddha. Il saggio Mahāvīra non si considerava il fondatore del Jainismo, ma il prosecutore di un'antichissima tradizione spirituale (la cui origine si perde nella notte dei tempi), che egli riprese, completandola. Il predecessore di Mahāvīra è il saggio Pārsvanath (VIII secolo a.C.); prima di loro vi furono innumerevoli altri saggi, chiamati Tīrtharkara («costruttori del ponte»).1 Solo gli ultimi ventiquattro saggi sono noti al mondo, anche se si conosce il nome del fondatore mitico di questo sistema filosofico, il capostipite delle scienze e delle arti, della divinazione e dell'astronomia, dell'ahiṁsā, della metafisica e dell'etica, dell'alchimia e della logica: il saggio Rsabhadeva. Sia Buddha che Mahāvīra presero le distanze dal sistema vedico a causa dei riti sacrificali, che comportano l'uccisione di animali, e a causa della divisione in caste. Dei Veda, i Jaina accettano la teoria del karma (anche se ritengono che l'uomo non subisca passivamente il proprio karma ma ne sia la causa diretta e possa agire su di esso per modificarlo) e la teoria della reincarnazione, e rifiutano gli altri aspetti dottrinali. A differenza del Buddhismo (dove non c'è un'anima individuale ma un «io-Tutto», anātmā), nel Jainismo ogni individuo è dotato di un'anima propria (ātmā) che è attiva nel processo della sua stessa liberazione. Altra differenza sostanziale è che, nel Jainismo, la mortificazione del corpo è un passaggio indispensabile per ottenere la liberazione e la rifusione nell'Assoluto, mentre Buddha, dopo aver seguito gli asceti e mortificato il corpo per For Personal & Private Use Only Page #13 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Premessa anni, scelse di abbandonare quella direzione per cercare la «via di mezzo». L'universo jainista è molto ricco e composito: la dottrina è codificata nei minimi particolari, e ampio spazio viene dato alla logica sul piano cognitivo; la conoscenza è descritta sempre nei dettagli: tutto deve essere spiegato con chiarezza esaustiva, affinché ciascun individuo possa accedere alla comprensione. Nelle opere jainiste si trovano grande apertura mentale, ampia cultura, l'uso di tutte le lingue dell'India. Il Jainismo, contrariamente alle dottrine dogmatiche, accetta tutti i pensieri come veri, in base alla dottrina dei punti di vista: ogni cosa può essere vera e non esserlo allo stesso tempo, a seconda del punto di vista. Questa teoria è chiamata Anekānta-vāda, la dottrina dei molti aspetti (o Syādvāda, la dottrina del «forse» o del «può essere»), e poggia sulla teoria della relatività della conoscenza, per cui, a seconda del punto di vista, lo stesso oggetto dell'osservazione può essere contemporaneamente: vero, non vero, descrivibile, indescrivibile. La metafisica jaina è dualista: al mondo materiale si oppone il mondo spirituale; a ogni uomo è data la possibilità, già da questa vita, di slegarsi dai vincoli con la materia e accedere alla condizione dell'Assoluto; per compiere questo progresso spirituale, e cioè per «attraversare il ponte», è necessario adottare i «tre gioielli»: la retta fede, la retta conoscenza e la retta condotta. La retta condotta consiste nell'osservanza delle cinque regole: la prima, la regola d'oro, è l'ahimsā, la non-violenza, «vivere e lasciar vivere», simpatia, com-passione attiva verso ogni creatura vivente; le altre regole sono: verità e sincerità (satya); non rubare e non essere mai scorretti o sleali (asteya); la castità (brahmacarya), regola per i monaci, o la fedeltà coniugale, per i laici; la quinta regola consiste nel non possedere nulla, per i monaci, o dare tutto il superfluo in beneficenza, per i laici (aparigraha). Altre regole fondamentali nella condotta dei Jaina sono: la pazienza, la tolleranza, la fermezza, l'accettazione della derisione e l'accettazione del dolore: basti pensare a Gandhi per comprendere quanto l'osservanza di queste regole abbia formato la statura e il valore di grandi Jaina. Il Jainismo è molto aperto all'ecumenismo, non desidera convertire le folle, né imporre regole: è invece interessato a indicare la strada della vera umiltà, della vera realizzazione, della vera fe For Personal & Private Use Only Page #14 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 12 Premessa licità. Questa strada è già segnata dentro il cuore di ciascuno; è necessario soltanto imparare a riconoscerla e a percorrerla, attraverso una serie di tecniche per l'ottenimento della padronanza della dimensione interiore: grazie alle meditazioni (arhum yoga), l'io individuale è guidato a fondersi con l'Io universale. Il principale mantra jainista è il Namokaar Mantra la cui traduzione corrisponde ai versetti 1 e 2 del Saman Suttaṁ: Namo arahantānam, Namo siddhānam, Namo ayariyāṇam, Ṇamo uvajjhāyānam, Namo loe savvasahūņam, Eso pancaṇamokkāro, savvapāvappaṇāsano, Mangalāņam ca savvesim, paḍhamam havai mangalam. Il termine Jina significa «vincitore spirituale» e designa colui che ha vinto sulle cose terrene: attaccamenti, passioni, collera, paure, egoismo, odio, malignità, crudeltà, indifferenza, avidità... I Jaina ritengono che, per percorrere la strada della liberazione, sia indispensabile mangiare un cibo puro e vegetariano, poiché cibandosi dei corpi degli animali l'anima viene coinvolta inevitabilmente nelle uccisioni, nella disperazione e nel dolore. Presso i templi e le comunità jaina, gli animali non devono temere per la propria incolumità; i Jaina organizzano alloggi per animali vecchi o feriti e sono soliti acquistare animali dai macelli per dare loro salvezza e ricovero. All'interno dell'universo, è detto, vi sono infinite vite e ogni vita è dotata di un'anima eterna: non solo le piante e gli animali, ma anche la terra, il vento, la rugiada... Il Jainismo insegna la riverenza verso ogni forma di vita, il vegetarismo, la non-violenza, la ricerca del miglioramento spirituale individuale, l'opposizione a ogni guerra: insegna a riconoscere in ogni creatura il proprio sé. L'obiettivo del Jaina è l'ottenimento di un'anima perfetta: l'anima perfetta possiede pura conoscenza, perfetta comprensione, potere personale e onniscienza; essa potrà liberarsi dai karma accumulati nelle precedenti esistenze e porre fine al ciclo trasmigratorio di morti e rinascite. Grandissima importanza viene data all'intenzione, all'attenzione e alla vigilanza: la regola d'oro dell'ahimsa deve essere applicata a trecentosessanta gradi e in ogni momento della propria esistenza; è necessario essere sempre attenti a non recare danno alle altre vite, poiché la disattenzione è sempre colpevole, anche For Personal & Private Use Only Page #15 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Premessa 13 quando non provoca violenza, così come la vigilanza è sempre pura, anche se, per una circostanza imponderabile, dovesse causare involontariamente violenza. L'anima (jīva) è dotata di percezione e conoscenza: tramite la conoscenza degli oggetti esterni accresce la conoscenza di se stessa. Tutte le anime sono potenzialmente divine; nessuna è superiore o inferiore a un'altra; tutte sono potenzialmente onniscienti e sante; la santità non può arrivare o essere impartita dal di fuori: è già dentro ciascuno, ed è lì che deve essere ricercata, coltivata e perfezionata. L'individuo ritorna a fondersi con l'Uno, con l'Assoluto, con il nucleo eterno dell'energia vitale, e si libera dalla sofferenza delle rinascite soltanto dopo essersi completamente liberato dagli attaccamenti, attraverso le meditazioni, le austerità, l'autopurificazione, l'ascetismo e la stretta osservanza del comandamento dell'ahirsā, la non-violenza nei confronti di tutte le creature: questa è la «via della liberazione». La devozione jaina è caratterizzata dall'essere fine a se stessa: qui non è pensabile una preghiera volta a richiedere grazie, miracoli, miglioramenti materiali o spirituali. Il culto dei ventiquattro saggi «costruttori del ponte» è finalizzato unicamente all'adorazione stessa. Il progresso spirituale dipende dall'impegno personale di ciascun individuo e non può essere ottenuto per l'intercessione dei saggi, i quali vivono nel loro splendore e non possono essere disturbati dalle umane sollecitazioni. Il loro compito è puramente quello di indicare la giusta «via della liberazione». I Jaina contrastano le superstizioni che popolano l’India e tutti quei riti tradizionali praticati dai fedeli di altre religioni i quali ritengono che dall'esecuzione formale di quelle pratiche possa derivare un qualche giovamento della loro esistenza. Nei magnifici templi jaina non c'è separazione e non si respira aria di fanatismo o di espiazione: non essendovi imposizioni particolari relativamente alla pratica del culto (che può avvenire anche all'interno delle proprie case), uomini, donne e bambini vi si riuniscono insieme per danzare, meditare, bruciare incenso, pulire e ornare con oli profumati e petali di fiori le meravigliose statue dei ventiquattro Tīrthankara. Nei templi vi è un grande ecumenismo simbolico così che vi si possono trovare statue di divinità delle diverse religioni dell'India. For Personal & Private Use Only Page #16 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 14 Premessa Attualmente il Jainismo conta, in totale, circa dieci milioni di aderenti, la maggior parte in India, ma anche numerosi negli Stati Uniti, dove le comunità sono in aumento. Non essendovi intermediari, regole formali, cerimoniali o sacramenti, ma solo il precetto aureo della non-violenza, ogni singolo devoto o gruppo sceglie la propria strada in conformità alle proprie caratteristiche ed esigenze. Chiunque può diventare un Jaina, ma non senza quel radicale cambiamento di natura che l'adesione al comandamento dell'ahiṁsā comporta. Nel 79 a.C. avvenne la separazione tra le due principali scuole all'interno del Jainismo: i Digambāra e gli Śvetambāra o Saddhi. I Digambāra sono gli asceti «vestiti di cielo», che hanno rinunciato completamente al mondo materiale: vivono assorti nella contemplazione cosmica e non possiedono più nulla, né casa, né famiglia, né lavoro, e neppure la ciotola e l'abito; essi hanno unicamente la scopa per spazzare il terreno prima di camminare, coricarsi e sedersi, per non nuocere alle piccole creature, e la pezzuola sulla bocca per non uccidere i batteri dell'aria. Questi asceti vivono del cibo offerto in elemosina, che ricevono nel palmo della mano, digiunano, non parlano, stanno ritirati in grotte o nei boschi, soprattutto da quando i Musulmani e gli inglesi bandirono la nudità. I Digambāra divengono spesso oggetto di scherno per gli occidentali, poiché, a un giudizio superficiale, rappresentano una totale perdita di contatto con la realtà. Gli Svetambāra sono i monaci vestiti di un abito bianco; essi possiedono una ciotola per elemosinare il cibo e l'acqua, la scopa, un bastone ben stagionato (affinché non rinchiuda più alcun principio di vita) il quale serve, per esempio, a rimuovere i serpenti dal proprio cammino, e la pezzuola per coprirsi la bocca. Sono indifferentemente uomini e donne, con una grande maggioranza di queste ultime. Digambāra e Svetambāra, oltre a non cibarsi di animali di terra, d'acqua e di volatili, non si cibano di tutti quegli alimenti che contengono principi di vita, come bulbi e semi: cipolle, patate, germogli, melograni, carote, ma anche pane lievitato, cibi fermentati e miele (perché prodotto mettendo in pericolo la vita delle api). Monaci e asceti bevono l'acqua entro quarantacinque minuti, se è stata filtrata, ed entro ventiquattr'ore, se è stata bollita, For Personal & Private Use Only Page #17 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Premessa 15 altrimenti la vita potrebbe rinascere. Elemosinano il nutrimento dai laici, i quali provvedono a cucinare per loro seguendo tutte queste restrizioni. Per gli asceti, protrarre il digiuno fino a morire di fame (sallekhanā) è la massima prova di rispetto verso ogni forma di vita, a scapito della propria. Sia Digambāra che Svetambāra sono, generalmente, molto colti, avendo praticato lo studio delle scritture per lunghi anni; per lo più le monache svetambāra sono insegnanti. I laici costituiscono una comunità piccola ma economicamente solida, proprio a causa del fatto che, per rispettare la regola dell'ahiṁsā, nel corso dei secoli non si sono mai occupati di agricoltura o di allevamento, attività che causano sfruttamento e violenza contro molte vite; invece si sono dedicati ad attività commerciali ed economiche, ottenendo sempre grandi consensi grazie al fatto di non usare mai l'inganno o la violenza, né con il pensiero, né con le parole, né con i fatti. Sovvenzionano e mantengono i magnifici templi, a fianco dei quali c'è quasi sempre un ostello per i visitatori, una biblioteca, un rifugio per gli animali; si occupano della protezione e della sopravvivenza degli asceti e dei monaci. Non è raro che un laico, una volta cresciuti i figli, abbandoni ogni cosa per diventare monaco e devolva tutti i suoi beni all'Ordine. A una valutazione superficiale, la magnificenza e la ricchezza dei templi potrebbero apparire incongruenti rispetto alla sobrietà dei monaci e alla povertà assoluta degli asceti, così come la complessità della metafisica jainista potrebbe sembrare in contrasto con una condotta rigorosa ed essenziale. Vale la pena di approfondire questi aspetti: il Jainismo è un mondo molto composito, racchiude un ambito spirituale di inestimabile valore, che entra in contatto con il Sacro nel suo livello più profondamente universale. Fra il 100 e l'800 d.C. vennero compilati numerosi testi sacri sia dalle comunità di Digambāra che dalle comunità di Svetambāra. Solo nei primi anni Settanta del Novecento i Jainisti indiani decisero di redigere un testo comune e unanime con il fine di divulgare nel mondo la loro dottrina: per la realizzazione di quest'opera unitaria vennero riuniti in assemblea tutti i monaci rappresentanti delle diverse scuole. Śrī Āchārya Vinobaji, studioso indiano di religioni, insieme ad For Personal & Private Use Only Page #18 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 16 Premessa alcuni collaboratori, analizzò le raccolte dei testi sacri jaina e stese una prima versione dell'Essenza del Jainismo, sulla base della quale l'assemblea elaborò all'unanimità la versione definitiva del Saman Sutta, suddivisa in versetti sul modello del Dhammapada. Nel 1975 venne data alle stampe la versione in pracrito con la traslitterazione in hindi: per la prima volta veniva pubblicato un lavoro unanime che, finalmente, avrebbe potuto divulgare l'essenza della mistica jaina in tutto il mondo. Nel 1993 venne pubblicata, in India e negli Stati Uniti, la prima versione inglese. Per la prima volta in Italia, sotto gli auspici augurali della Sarva Seva Sangh Prakashan (l'editore indiano) e delle comunità jaina indiane e americane, viene ora data alle stampe la versione in italiano. Sono convinta che, oggi più che mai, il mondo abbia bisogno dell'energico messaggio di fratellanza attiva con l'intera creazione proposto dal Jainismo. Claudia Pastorino For Personal & Private Use Only Page #19 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Nota dell'editore indiano È con immenso piacere che la Sarva Seva Sangh pubblica la traduzione in inglese del Saman Suttam. Achārya Vinobaji ha dato alle stampe l'essenza di tutte le religioni e le loro opere: per esempio l'Essenza del Cristianesimo, l'Essenza dei Veda, il Dhammapada, il Kuranasara, il Bhāgvata Dharma Sāra, il Manusmrti, ecc. Egli ha anche voluto esporre l'essenza della religione jainista, custodita dai monaci jaina, acconsentendo a esaminare la raccolta dei loro testi sacri. Su sua ispirazione, Śrī Jinendra Varniji si assunse la responsabilità di preparare la prima stesura. Inizialmente il lavoro fu pubblicato con il titolo Jainadharma Sāra. In seguito, con l'aggiunta dei commenti e delle opinioni sia dei monaci sia degli studiosi, venne pubblicata una nuova raccolta, intitolata Jinadhamma. Infine, il 29 e 30 novembre 1974, a Nuova Delhi si tenne un'assemblea alla quale parteciparono gli Achārya2 e i monaci, gli studiosi e i laici, cioè la rappresentanza completa di tutti i gruppi jaina. In quell'assemblea il Saman Suttam assunse la forma attuale. Quindi, grazie ad Acḥārya Vinobaji, il sottoscritto (Radha Krisna Bajaj) ha sottoposto agli Achārya e ai monaci di tutti i gruppi jaina la prima stesura preparata da Jinendra Varniji. Di ciò sono molto grato ad Achārya Tulsiji, a Yuvāchārya Mahāprajña, a Muni Nathmalaji, ad Achārya Vidyanandaji e ad Achārya Susil Kumarji, che hanno collaborato con tutto il cuore. Anche Āchārya Janakavijayaji ha dedicato parte del suo tempo a questo lavoro. Hanno inoltre collaborato Achārya Anand Rşiji, Upādhyāya Amarmuniji, Achārya Dharmasagarji, Achārya Vijaya Samudrasuriji, Muni Santa Balji e Muni Yaśovijayaji. Abbiamo avuto anche la benedizione di Achārya Ramachandra Suriji e il sostegno di Śrī Kanjiswami. È scritto nei testi religiosi: «Sarvesāmavirodhena brahmakarma samārabhe», «il lavoro dovrebbe essere svolto con la collaborazione di tutti». For Personal & Private Use Only Page #20 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 18 Nota dell'editore indiano Quindi, il fatto che nella stesura e nella pubblicazione di questo libro abbiamo davvero avuto la partecipazione di tutti e senza alcuna difficoltà è fonte di grande soddisfazione. Da duemila anni, è la prima volta che viene pubblicato un lavoro unanime, e ciò proprio in prossimità del venticinquesimo centenario del nirvāṇa del Signore Mahāvīra. Il venerabile Vinobaji ha sottolineato che l'impatto che Mahāvīra ha avuto sulla sua mente è secondo soltanto all'impatto che ebbe su di lui la Bhagavadgītā. Dopo l'assemblea del 1974, nell'aprile 1975 uscì la prima edizione del Saman Suttar con la traduzione in hindi. La seconda edizione fu pubblicata già nel maggio 1975, solamente un mese dopo. La terza edizione è del 1982. In totale sono state divulgate 15.000 copie dell'edizione in hindi. Dopo qualche tempo fu richiesta la traduzione in inglese. Per preparare un'edizione con una traduzione inglese appropriata, ci impegnammo per dodici anni. Per tradurre un testo religioso evitando contraddizioni bisogna stare particolarmente attenti. Il dottor K.K. Dixit realizzò una prima traduzione in inglese. Questo compito gli fu affidato su consiglio di Padmabhusaņa Pt. Dalsukhbhai Malvania. Una seconda traduzione fu realizzata dal signor Justice T.K. Tukol, su suggerimento dell'onorevole vicepresidente dell'India Śrī B.D. Jatti. Su indicazione di Chimanabhai Chikubhai Shah, entrambi i testi furono consegnati al dottor Sagarmal Jain, direttore del Parsvanatha Sodhapeeth di Varanas. Egli, sulla base delle due traduzioni, preparò la versione finale, che viene adesso pubblicata [5 aprile 1993, NdT). Ringrazio molto tutte queste persone. Il lettore che trovasse errori, è pregato di segnalarceli, onde correggerli nelle future edizioni. Penso che la diffusione del Saman Suttar negli ultimi quindici anni non abbia raggiunto il livello desiderato. L'uscita dell'edizione inglese è stata ritardata senza ragione. Poiché il venerabile Vinobaji e la Sarva Seva Sangh avevano affidato a me la responsabilità di far uscire questa edizione, sono molto spiacente del ritardo. Vorrei che la Società jaina provvedesse capillarmente alla diffusione di questo testo prezioso. Una copia del Saman Suttar dovrebbe trovarsi in tutti i monasteri, presso i monaci, gli studiosi e i laici. Così come succede per la Bhagavadgītā, tutte le famiglie dovrebbero utilizzarlo per una lettura quotidiana. La Sarva Seva Sangh incaricherà con piacere la Società jaina della pubblicazione della propria versione, fermo restando che non potrà essere apportata alcuna modifica senza una previa ed esplicita approvazione da parte degli Achārya, degli Śvetambāra, dei Digambāra, dei Terapanthi e degli Sthanakavasi.3 Vorrei anche ringraziare il dottor Harihar Singh, docente di storia an For Personal & Private Use Only Page #21 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Nota dell'editore indiano 19 tica, che ha traslitterato il pracrito del Saman Sutta in caratteri latini, versione che purtroppo è andata perduta. Oggi, a fronte del testo originale, appare la traslitterazione in caratteri latini effettuata dal dottor Ashok Kumar Singh. Quest'ultimo ha anche corretto le bozze. Sentiti ringraziamenti anche a lui. Infine ringrazio la Ratna Printing Press per l'ottima realizzazione della stampa. Radhakrishna Bajaj per la casa editrice Sarva Seva Sangh Prakashan For Personal & Private Use Only Page #22 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #23 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Lettera a Vinobaji4 da parte dei monaci Anuvrat Vihar 24 gennaio 2501 (data del Vira Nirvāna) 210, Deendayal, Upādhyāya Marg Nuova Delhi, 7 dicembre 1974 Alla mente benevola, amante della religione, di Śrī Āchārya Vinobaji L'opera Jainadharma Sāra e la sua nuova versione Jinadhamma sono state compilate tenendo a mente i tuoi opportuni consigli basati sull'equanimità di pensiero. Durante una prima stesura, abbiamo ottenuto la collaborazione di Śrī Jinendra Kumar Varņiji e di altri studiosi. Grazie agli instancabili sforzi di Radhakrishna Bajaj, per conto della Sarva Seva Sangh, è stata poi organizzata un'assemblea. Tutti gli Achārya, i monaci e gli studiosi presenti all'assemblea hanno accolto i tuoi suggerimenti e hanno compilato un libro intitolato Samaņ Suttam accettato dall'intera comunità jaina. Questo è stato un grande successo, proprio in occasione del duemilacinquecentesimo anno del nirvāṇa di Bhagavān Mahāvīra. L'assemblea si è riunita il 29 e 30 novembre 1974 e in questa sede il testo è stato recitato. Dagli Achārya, dai monaci e dagli studiosi sono arrivate osservazioni critiche, correzioni e ponderati commenti. La responsabilità della definitiva revisione critica è stata, infine, affidata ai monaci, cui è stata messa a disposizione la collaborazione di Varniji. Il lavoro è stato completato nel corso di una settimana grazie alle frequenti riunioni per la revisione e alle profonde riflessioni Siamo piuttosto soddisfatti del risultato. Speriamo che esamine For Personal & Private Use Only Page #24 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Lettera a Vinobaji da parte dei monaci rai rigorosamente il testo e lo organizzerai secondo il modello del Dhammapada. Nel caso vi fossero altri suggerimenti, li accetteremmo volentieri. Questo farà piacere a tutti noi. 12 dicembre 1974 22 I presidenti delle varie sessioni dell'assemblea: विद्यानन्दमुनि Muni Śrī Vidyanandaji मुनि जनक विजय Muni Śrī Janakavijayaji राम हरि राम हरि हरि lite Vinobaji मुनि सुशील शुभप Muni Śrī Susila Kumariji मुनि नथमल Muni Śrī Nathmalji जिनेन्द्र वर्गी Jinendra Varniji (compilatore del testo) For Personal & Private Use Only Page #25 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Risposta di Vinobaji Nella mia vita vi sono stati molti avvenimenti che mi hanno dato grandi soddisfazioni. Ma forse, la più grande delle soddisfazioni, la definitiva, mi è giunta finalmente quest'anno. Avevo chiesto spesso ai Jaina di rendere disponibile l'essenza della loro filosofia nella stessa maniera in cui quella della religione dei Veda è disponibile nei circa settecento versetti della Bhagavadgītā e quella del Buddhismo nel Dhammapada. Era un compito difficile per i Jaina, perché hanno molte tradizioni e vari libri. La Bibbia e il Corano, anche se sono di grandi dimensioni e composti da parti scritte in tempi diversi, sono opere unitarie. Ma tra i Jaina esistono due sette principali, gli Śvetambāra e i Digambāra, e qualche altra scuola minore. Con frequenza, ripetevo che i monaci jaina avrebbero dovuto riunirsi per discutere e mettere a punto un testo universalmente accettabile sull'essenza del Jainismo, valido per tutti i Jaina. Finalmente un «Page #26 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 24 Risposta di Vinobaji versetti. Il numero «sette» è di buon auspicio per i Jainisti. Se 7 e 108 vengono moltiplicati danno il risultato di 756. Tutti i versetti sono stati selezionati con un consenso unanime. È stato deciso che il libro dovesse essere pubblicato il 13 di Chaitra Sukla, nella data cioè dell'anniversario della nascita di Bhagavān Mahāvīra, che cadeva il 24 aprile di quest'anno, affinché la pubblicazione avvenisse sotto i migliori auspici. In ogni parte dell'India, da quel giorno, sarebbe stata disponibile l'essenza del Jainismo con il titolo di Saman Suttam. L'opera potrà essere letta, in futuro, sia dai Jaina sia dai non adepti, finché il Jainismo sussisterà, così come continuano a esistere i Veda, il Buddhismo e le altre religioni. Ci sono voluti mille/millecinquecento anni per raggiungere un simile risultato. Baba è stato lo strumento per raggiungere questa meta, ma egli crede che tutto ciò sia stato possibile per grazia di Bhagavān Mahāvīra. Confesso che la Bhagavadgītā ha avuto su di me un'enorme influenza. Ma, oltre a essa, null'altro ha avuto più influenza sulla mia mente di quanta ne abbia avuta Mahāvīra. La ragione di questo è che Baba, con tutto il cuore, accetta il comandamento di Mahāvīra: «Diventa seguace della verità». Oggi, chiunque voli in alto, diventa un «seguace della verità». L'eredità del «seguace della verità» è stata conferita personalmente a Baba da Gandhiji (Gandhi). Baba sapeva bene che Gandhiji non solo era un seguace della verità, ma era anche un uomo che aveva accettato e vissuto in prima persona la verità. In ogni individuo c'è un elemento di verità; per questo la nascita di ogni uomo è piena di significato. Tutti dovrebbero accettare l'elemento di verità che si trova in ogni religione, in ogni dottrina e in ogni essere vivente. Tutti noi dobbiamo diventare seguaci della verità; questo è l'insegnamento di Mahāvīra; questo è il messaggio che ha accolto anche il Baba, oltre a quello della Bhagavadgītā. Quando guardo al di là di ciò che è stato detto nella Bhagavadgītā, non vedo differenze tra quell'opera e questo testo. ?i 1 214 Vinobaji Brahmā Vidya Mandir Pawnar (Wardha), 25 dicembre 1974 For Personal & Private Use Only Page #27 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione La stesura di questo libro fu intrapresa su ispirazione di Achārya Vinobaji. Grazie a lui, il testo fu sottoposto all'assemblea dei monaci delle diverse sette, che accordarono la loro approvazione unanime. Questo è stato un evento storico assai importante. Le basi fondamentali di tutte le religioni del mondo sono ātmā e paramātmā, «l'anima» e «l'anima suprema». Il grande edificio della religione si appoggia sui pilastri di questi due principi. Alcune religioni credono nell'esistenza dell'anima legata all'esistenza di Dio; altre sono atee. Quelle che credono nella dottrina dell'esistenza di Dio, lo considerano Creatore, Protettore e Regolatore dell'universo, un Dio che è l'onnipotente Anima Suprema. Tutto nell'universo dipende da lui. Viene chiamato Brahmā, il Creatore, il Padre Supremo e così via. Secondo alcune di queste tradizioni, ogni volta che ci si allontana dalla religione o che la religione si deteriora, Dio s'incarna sulla terra e, dopo aver vinto le forze del male, protegge il mondo e sparge i semi della rettitudine. La tradizione della non esistenza di Dio La seconda tradizione è quella che crede nell'esistenza dell'anima, ma non nell'esistenza di Dio inteso come creatore dell'universo; crede nel miglioramento autonomo dell'anima. L'anima arriva alla più alta meta dopo aver ottenuto la suprema purificazione attraverso la distruzione degli attaccamenti, del desiderio e dell'odio, e l'acquisizione del completo distacco. È un'essenza eterna e autoregolatrice. L'anima può essere amica o nemica di se stessa. For Personal & Private Use Only Page #28 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 26 Introduzione Il Jainismo segue questa filosofia, che si basa su una concezione indipendente e scientifica. Tale tradizione, in India, è conosciuta con il nome di cultura Sramaņa, mentre la tradizione dei credenti in Dio è conosciuta come cultura Brahmana. Il Buddhismo è un'altra religione indiana che segue la filosofia dell'universo non creato da Dio, ma che crede nel ciclo delle nascite e delle morti. Le origini La grandezza o l'utilità di una religione non dipendono dalla sua origine antica o recente. Se qualche tradizione religiosa, oltre a essere antica, continua nei secoli a esercitare un influsso, contribuendo allo sviluppo dell'etica, e ispirando e favorendo l'arricchimento culturale, vuol dire che è una grande religione. La sua antichità e la sua importanza che perdura nel tempo sono testimoni della natura eterna e universale dei suoi principi. La tradizione del Jainismo, dal punto di vista dei principi riguardanti la condotta morale e il pensiero, risale a tempi molto lontani, ben più di quanto si possa immaginare. Gli storici hanno compreso la verità di tutto ciò e hanno capito che il Tirtharkara Mahāvīra non è il fondatore del Jainismo, ma è stato preceduto da molti altri Tīrtharkara. Egli ha solamente ritrovato e ringiovanito questa religione. È vero che la storia non è in grado di indicare l'origine precisa della religione jaina, ma i risultati delle ricerche nell'ambito della letteratura religiosa hanno stabilito che il Jainismo è indubbiamente molto antico. Recentemente sono venuti alla luce riferimenti a Wataraśanā Muni, a Kesi e a Vrātyaksatriya nel Rgveda, nello Srimad Bhāgavata e in altri libri famosi. La storia del Jainismo contiene riferimenti ai 63 Sātākā Purusa («Persone Supreme»), vissuti in diversi periodi dell'antichità, ciascuno dei quali suddiviso in due parti: avasarpiņīkāla e utsarpiņīkāla.. Ognuno ha ispirato gli uomini a seguire la religione e l'etica nel corso dello sviluppo della civiltà. I Tīrtharkara occupavano la posizione più alta tra le Persone Supreme. Durante il periodo dell'avasarpiņīkāla nacquero i ventiquattro Tīrthankara; il primo fu Rşabhadeva, figlio del re Nābhi e della regina Marudevi. E chiamato anche Ādināth, Ādibrahma, Ādiśvara, ecc. L'ultimo dei Tīrthařkara, Mahāvīra, visse circa 2500 anni fa. Il For Personal & Private Use Only Page #29 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione Buddha Tathāgata fu suo contemporaneo. Il ventitreesimo Tīrtharkara, Pārsvanath, precedette Mahāvīra di duecentocinquant'anni; egli era figlio di Asvasena, il re di Varanasi. Le scritture buddhiste menzionano Mahāvīra come Niganthanataputta. La tradizione di Pārsva, rappresentata da Mahāvīra, è stata anche denominata Caturyama Dharma («religione dei quattro voti»). Se si considera però l'ininterrotto flusso del tempo, Rşabha non è il primo Tīrthařkara, né Mahāvīra è l'ultimo. Questa tradizione è senza inizio e senza fine: chi sa quanti Tīrtharkara sono passati e quanti ne arriveranno in futuro? Dal punto di vista dell'evoluzione culturale e dal punto di vista spirituale, non c'è molta differenza tra la cultura vedica e la cultura śramaņica, ma, dal punto di vista popolare la differenza tra le due per ciò che riguarda i principi, la condotta morale e la fede, appare abbastanza chiara. Le due culture si sono influenzate a vicenda in larga misura; vi sono stati scambi, mentre le condizioni sociali sono rimaste quasi le stesse. La differenza è percepibile e aiuta a capire i livelli di progresso della civiltà. Nella ricca letteratura antica dell'India troviamo ampie ed evidenti testimonianze dello scambio reciproco e dell'influenza che sembra essere avvenuta tra queste due culture e tradizioni. Anche all'interno di una stessa famiglia, persone con tradizioni diverse erano solite seguire i rispettivi culti religiosi. La dottrina dell'anima Ciò che oggi chiamiamo religione jainista, nell'antichità doveva avere un altro nome. È vero che la parola Jaina è relativamente nuova e deriva dalla parola Jina («vincitore, vittorioso»). All'epoca di Mahāvīra, Nirgrantha («svincolato», «senza luogo») oppure Nirgranthapravācanā significava «religione jaina». Durante il periodo di Pārsvanath, la religione era chiamata Sramanadharma. Ai tempi di Aristanemi (il ventiduesimo Tīrtharkara, predecessore di Pārsvanath) era chiamata Arhatdharma. Aristanemi era il cugino di Śrī Krsna, il Karma-yogi (il propugnatore della via dell'azione), il Sālāka Puruşa («Persona Suprema»). Infatti, l'uso dei buoi e il diffondersi del consumo di latte era un passo indispensabile per stabilire un ordine sociale non violento. For Personal & Private Use Only Page #30 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 28 Introduzione Nella regione del Bihar, le espressioni Jaina-Dharma e ArhatDharma sono popolari. Il re santo Nami era di Mithila e proveniva dalla famiglia di Janaka. Le scritture jaina contengono un bellissimo racconto sulle sue pratiche spirituali. Troviamo molti nomi e molte definizioni nelle vicende storiche; ma una cosa si può dire: che la radice della dottrina di questa religione, della sua tradizione e della sua cultura, rimangono, oggi come alle origini, Ātmāvada7 e Anekāntavāda. Sul suolo fertile dell'Atmāvada, il Kalpa-vrkșa (albero).continua a dare i suoi frutti. I monaci della religione jaina sono chiamati ancora oggi Sramaņa. La parola Sramaņa evoca nello stesso tempo il «lavoro» (śrama), l'«equanimità» (samatā) e il «controllo delle passioni» (vikara samaņa). La religione jainista è la via verso la liberazione predicata e proposta dal Jina. Viene chiamato Jina colui che ha ottenuto la vittoria sulle passioni del corpo e dell'anima, sia esteriori che interiori. I più grandi nemici dell'anima sono l'attaccamento, l'odio, l'illusione e le altre passioni. Perciò la parola «Jaina» non indica nessuna casta. Jaina è colui che segue la via indicata dal Jina cercando la realizzazione del proprio Sé. La vittoria sugli attaccamenti e la realizzazione Lo scopo della religione jainista è quello di riportare la vittoria completa sugli attaccamenti e la realizzazione. La vittoria sugli attaccamenti e la realizzazione sono necessarie per ottenere la beatitudine; giungendo alla beatitudine, l'uomo può assumere la posizione dell'Arhat8 nell'altra dimensione. Questa vittoria sugli attaccamenti diviene possibile attraverso l'armonioso adempimento dei «tre gioielli»: retta fede, retta conoscenza e retta condotta. Seguendo la via della combinazione dei «tre gioielli», l'uomo può ottenere la salvezza. La fede, la conoscenza e la condotta, insieme, possono portare l'uomo alla perfezione. L'insegnamento base del Jainismo è che la retta conoscenza dovrebbe essere acquisita osservando le cose terrene con l'occhio della retta fede: ciò conduce alla retta condotta di vita. Comunque, il passo essen For Personal & Private Use Only Page #31 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione ziale per giungere alla retta condotta e all'elevazione spirituale è la vittoria sugli attaccamenti. Anche le più grandi ricchezze terrene sono futili se paragonate alla vittoria sugli attaccamenti. Questa, attraverso lo sforzo costante, è ciò che conduce al più alto benessere della parte più profonda dell'anima, e questo vale sia per il laico sia per il monaco. Ma la via per ottenere la vittoria sugli attaccamenti non può essere percorsa senza esaminare la realtà da vari punti di vista. Questa dottrina della non-unilateralità indicherà la retta via verso la liberazione, creando nell'individuo attaccato alla vita mondana un'inclinazione verso il distacco o mostrando all'individuo distaccato la vacuità della vita terrena. Ahiṁsā o non-violenza La non-violenza è il fondamento dell'etica jaina. L'osservanza della non-violenza non è possibile senza considerare i vari punti di vista. Una persona può essere non violenta anche quando commette una violenza. Secondo il Jainismo, la violenza o la non-violenza dipendono dalla condizione mentale, dall'intenzione di colui che agisce, e non dall'azione commessa. Se prendiamo in considerazione la violenza presente nella natura, allora nessuno può essere considerato non violento, poiché il mondo intero è popolato da creature che si trovano in rapporti violenti tra loro. Dunque, colui che agisce sempre con estrema attenzione e cautela nei confronti delle altre creature è non violento nel pensiero e perciò è, di fatto, non violento; colui, invece, che non è attento nelle attività quotidiane è violento a livello mentale e quindi, anche quando non commette una violenza, è eticamente un violento. Questa analisi non è concepibile se non si allarga il proprio punto di vista. Perciò la persona che giudica in un'ampia prospettiva possiede la retta fede, e la persona che ha la retta fede può acquisire la retta conoscenza e diventare capace di praticare la retta condotta. Colui che non ha un retto giudizio non può avere la retta conoscenza e anche la sua condotta non può essere giusta. Quindi la virtù della retta fede ha un significato particolare nel Jainismo: è la prima pietra del sentiero della liberazione. La vita terrena è uno stato di schiavitù. L'anima è coinvolta in For Personal & Private Use Only Page #32 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 30 Introduzione questo stato da tempi immemorabili; ha dimenticato la propria vera natura che ha scambiato per la condizione terrena, continuando a trovare piacere in essa. Tale dimenticanza è responsabile della sua schiavitù. Essa capirà lo sbaglio solamente quando scoprirà che la sua natura è dotata di una coscienza infinita, che la sua forza è più grande di ciò che sembra nella vita terrena e che è essa stessa la «stanza del tesoro» della conoscenza infinita, dell'infinita fede, dell'infinita beatitudine e dell'infinita potenza; solamente quando sarà pronta per questa fede acquisirà il retto giudizio e riuscirà ad attuare la retta condotta. Per questo, la via dell'etica jainista è la strada che realmente, conduce alla vittoria sugli attaccamenti, in accordo con la retta conoscenza. Anekānta (la dottrina della molteplicità dei punti di vista) Dal punto di vista reale, anche la più grande conoscenza acquisita dall'anima incarnata in questo mondo è limitata, imperfetta e parziale. Per la maggior parte delle persone non è possibile la comprensione simultanea delle infinite caratteristiche dell'oggetto osservato, senza contare che la sua espressione sarebbe molto difficile. L'inadeguatezza del linguaggio e i limiti del significato delle parole creano conflitti e dispute continue. E l'ego dell'uomo peggiora la situazione. La dottrina dell'Anekānta apre la via verso l'armonia e l'eliminazione dei conflitti. C'è un elemento di verità in ogni affermazione ed è possibile risolvere il conflitto in maniera corretta cogliendo quell'elemento di verità. Colui che non si ostina nel proprio punto di vista può risolvere facilmente quasi ogni problema. Ogni persona vive inconsapevolmente sotto l'influenza vitale dell'Anekānta, ma non sa di possedere questa luce che illumina la vita. Finché la vista rimane oscurata dal velo dell'ostinazione, non è possibile osservare gli oggetti nella prospettiva giusta. La dottrina dell'Anekānta proclama l'esistenza indipendente dell'oggetto. Nel mondo del pensiero, l'Anekānta è la forma tangibile dell’ahimsā. L'individuo non violento possiede la comprensione dell'Anekānta e chiunque possiede la comprensione dell'Anekānta è non violento nel pensiero e nell'azione. L'attuale forma del Jainismo è stata ispirata dagli insegnamen For Personal & Private Use Only Page #33 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione 31 ti di Mahāvīra; il suo codice religioso è oggi il più diffuso. Egli ha creato una sintesi tra religione e filosofia. È l'armonia tra conoscenza, fede e condotta che può portare l'uomo verso la liberazione dalla sofferenza. L'azione senza la conoscenza oppure la conoscenza senza l'azione sono sterili. Soltanto quando la pratica della verità conosciuta e la conoscenza della verità praticata vengono combinate insieme, si possono ottenere risultati fecondi. La natura della sostanza-dharma Vatthu sahāvo dhammo («la natura di un oggetto, o di una sostanza, è dharma»):10 questo è il contributo più importante della filosofia jaina. Ogni sostanza, in questo mondo, si comporta secondo la propria natura. La sua esistenza passa attraverso le tre fasi del sorgere, del permanere e del perire. Nessuna sostanza, cosciente o incosciente, è separata dalla propria natura. La forma dell'esistenza accompagna sempre ogni sostanza; ogni cosa, a causa della propria natura mutevole, è sempre soggetta a costanti modificazioni. La filosofia jaina si basa su questo triplice fondamento. Essa sostiene che l'organizzazione del mondo si spiega con la forza di un simile processo tripartito. Risulta chiaro dall'esistenza delle sei sostanze che questo mondo non ha né inizio né fine e che non esiste un essere o una potenza che lo ha creato o costruito e che lo preserva. Una volta accettata l'esistenza dell'anima sulle basi dello spazio, del tempo e della natura della sostanza, non c'è posto per le disuguaglianze sociali (come la distinzione in classi o in caste). In tali condizioni, Mahāvīra - il vincitore degli attaccamenti, il profeta dei principi – poté dire in questo mondo terreno che l'equanimità è ahimsā e che la non-possessività consiste nel non avere nessun senso di attaccamento e di possesso. La verità è contenuta non nei libri sacri ma nell'esperienza; il celibato (brahmacarya) consiste nel camminare lungo la via dell'Anima Suprema. Solamente attraverso l'azione, una persona diventa un Brahmano; solamente attraverso l'azione, una persona diventa uno Kșatriya; solamente attraverso l'azione, una persona diventa un Vaiấya; solamente attraverso l'azione, una persona diventa uno Šūdra.11 Né la tradizione, né l'apparenza, né i soldi, né la forza, né la potenza, né il benessere, né l'istruzione, né i libri possono assicura For Personal & Private Use Only Page #34 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione re protezione alla persona priva di forza di carattere. Nessuna protezione può essere assicurata dalla pratica dei vari rituali con cui si tenta di ingraziarsi dèi o dee o le diverse potenze della natura. Soltanto l'autorealizzazione, l'autocoscienza e l'autoassorbimento (l'assorbimento nella beatitudine della propria anima) possono portare alla liberazione dell'uomo. Questa è certamente la retta fede. Mahāvīra era un vero nirgranth,12 avendo realizzato la distinzione tra qualsiasi oggetto posseduto e il desiderio di possederlo; egli era privo di corpo, anche se si era incarnato in un corpo. L'atmosfera era carica della sua predicazione che era priva di parole, ma comprensibile a tutti, poiché egli spargeva il nettare della conoscenza. La condotta del laico . L'autorealizzazione dipende sempre dalla capacità del singolo devoto. È per questa ragione che si è fatta una distinzione nella condotta dei Jaina: il comportamento del laico e il comportamento del monaco. Le regole di condotta prescritte al laico sono più semplici e di più facile attuazione di quelle prescritte al monaco. Il laico non rinuncia alla funzione di capofamiglia e rimane impegnato nelle sue occupazioni; nello stesso tempo, resta sempre cosciente e attento alla condotta, poiché la sua meta è progredire verso il codice etico prescritto al monaco. Quando tutta la potenzialità innata della sua anima si attiva, quando cresce la sua forza di controllo sui turbamenti creati dagli attaccamenti, dall'odio, dalle passioni e dall'ira, allora egli progredisce gradualmente, passo dopo passo, sulla via del monaco. Il laico arriva allo stato di monaco seguendo senza nessuna trasgressione i dodici voti e attraversando gli undici stadi (pratima). In realtà, le regole etiche di condotta prescritte al laico costituiscono le fondamenta delle regole etiche prescritte al monaco, alle quali sono complementari. L'intera disciplina etica del Jainismo stimola le risorse interne del devoto, cui mette a disposizione prescrizioni simmetriche, graduali e progressive di un codice etico capace di condurre molto in alto. Questa religione non predica la morale e le regole di condotta dal semplice punto di vista esteriore. For Personal & Private Use Only Page #35 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione Non c'è spazio per i rituali formali, per le credenze popolari, per le superstizioni sugli dèi o sui maestri: il Jainismo vuole che ogni singolo devoto sviluppi la propria forza spirituale. Quando l'osservanza dei voti minori spingerà il laico a diventare un ricercatore spirituale, egli accantonerà i propri impegni lavorativi nella società. Introduzione all'opera Samaņasuttar (Saman Suttar) è una schematica e breve stesura dei principi essenziali della religione e della filosofia dei Jaina. Il libro comprende quattro parti e quarantaquattro capitoli: in totale è costituito da 756 versetti. La versione originale è scritta in pracrito, in versetti che si prestano a essere cantati o recitati. Gli Acārya jaina hanno chiamato i versetti in pracrito sūtra. La parola pracrita sutta significa sūtra, sukta o anche śruta. Il termine sūtra è popolare nella tradizione del Jainismo. Da qui, Samaņasuttam o Saman Suttam (da Sramaņasūtram).13 I versetti sono stati raccolti per lo più dai testi antichi. Di conseguenza questo libro assume una validità pari a quella delle scritture antiche. La prima parte tratta della «Fonte dell'illuminazione» (yotirmukha): qui l'individuo ha una rapida visione della vita interiore che sta al di sopra della piatta esistenza terrena, al di sopra delle attività esterne del cibarsi, del bere e del divertirsi. Capisce la futilità del piacere dei sensi, causa della sofferenza, della nascita e della morte del corpo, e sviluppa il distacco dalla vita terrena. Comprende che gli attaccamenti e l'odio sono i suoi più grandi nemici e incomincia a dominarli in tutti i modi possibili: sviluppa la clemenza, la compassione, la sincerità, la capacità di sapersi accontentare e le altre virtù, scacciando così l'ira, l'orgoglio, l'illusione e l'avidità. Modera le sue passioni e controlla i sensi, desiderosi di piaceri. Considera tutte le creature viventi come se stesso, incomincia a condividere le gioie e i dolori degli altri, rinuncia al possesso secondo le sue capacità e tiene conto dei bisogni altrui. Rimane sempre attento a se stesso e agli altri, e incomincia ad avanzare coraggiosamente, con perseveranza, sulla via dell'emancipazione. For Personal & Private Use Only Page #36 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione La seconda parte tratta della «Via della liberazione». Dopo essere stati iniziati a essa, tutti i dubbi, le sensazioni nate dalla paura, i desideri e le false credenze vengono lavate via dal trio della retta fede, della retta conoscenza e della retta condotta, ovvero della devozione, della conoscenza e dell'azione. Il conflitto tra ciò che è piacevole e ciò che è spiacevole si conclude, e si verifica un'improvvisa esplosione di equanimità e di amore. L'individuo si distacca dalle cose terrene e la sua mente si colma di pace. Anche rimanendo nella vita di tutti i giorni, resta distaccato, così come il fiore del loto, pur vivendo nell'acqua, non ne viene toccato. Egli non si affanna anche se porta avanti gli affari e il lavoro. Il laico si appoggia gradualmente sulla religiosità del monaco e la sua mente ascende progressivamente ai diversi gradi della conoscenza, del distacco e della meditazione; la mente sale sempre più in alto, finché tutte le sue inclinazioni terrene vengono sovvertite: il sole della conoscenza incomincia a rischiararla con tutta la sua luminosità; la mente sale e scende seguendo le maree dell'oceano della beatitudine. Finché l'individuo vive nel proprio corpo, rimane nel cosiddetto stato di Arhat, ossia di un liberato in vita, e continua a muoversi diffondendo il suo messaggio di benessere al mondo; quando verrà liberato anche dal corpo e la sua vita terrena finirà, otterrà il rango di Siddha e sarà assorbito nell'oceano della beatitudine. La terza parte, «La metafisica», tratta della fede nei principi (tattva-darśana). Qui si parla dei sette principi fondamentali (anima, non-anima, afflusso, schiavitù, il rigetto del nuovo karma, l'arresto del vecchio karma e la liberazione) o dei nove principi (se si includono il merito e il demerito). Dopo aver trattato delle sei sostanze (l'anima, la materia, ecc.), si illustra la teoria della creazione dell'universo attraverso l'associazione e la divisione di queste sostanze, eterne e infinite. La quarta parte, «La teoria jainista della relatività conoscitiva», tratta del Syādvāda, ossia della dottrina del «settuplice modo di predicazione». Inoltre c'è una breve relazione sull'Anekānta, il principio fondamentale della logica jaina. Questa sezione contiene una semplice, breve e accattivante esposizione di temi profondi e seri come pramāņa, naya, niksepa e Saptabhargi. Il libro si conclude con una preghiera a Mahāvīra. Si può dire che le quattro parti e i 756 versetti costituiscano For Personal & Private Use Only Page #37 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione 35 una breve esposizione della religione jaina da tutti i punti di vista, una spiegazione dei suoi principi e del suo codice etico di condotta. La letteratura dei Jaina è vasta e vi sono molti libri disponibili su ogni tema. Certamente, per ottenere una conoscenza approfondita, è necessario uno studio globale di tali opere. Questo è un testo introduttivo alla portata di chiunque voglia avere una conoscenza iniziale e generale delle dottrine della religione jaina, del suo codice etico e del graduale processo di innalzamento spirituale della vita, in una maniera tradizionale, ma devozionale. Vittoria alla dottrina dei Jaina! Justice T.K. Tukol e K.K. Dixit For Personal & Private Use Only Page #38 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #39 -------------------------------------------------------------------------- ________________ SAMAN SUTTAM For Personal & Private Use Only Page #40 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Ringrazio sentitamente Renata Stasik, Naresh R. Shah, Indira Shah e Paola Cappelluccio, per il loro importante contributo alla realizzazione di questo lavoro, che dedico a tutti coloro i quali sentono il rispetto per ogni forma di vita come suprema legge spirituale e morale. Claudia Pastorino For Personal & Private Use Only Page #41 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Parte prima LA FONTE DELL'ILLUMINAZIONE For Personal & Private Use Only Page #42 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #43 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti su ciò che è benefico 1. Omaggio alle Onorevoli Anime. Omaggio alle Anime Liberate. Omaggio ai Precettori (Guide Spirituali). Omaggio ai Maestri Spirituali. Omaggio a tutti i Santi del mondo. 2. Questo quintuplice omaggio distrugge tutti i peccati ed è il più importante atto di devozione meritorio. 3,4,5. Benefiche sono le Onorevoli Anime. Benefiche sono le Anime Liberate. Benefici sono i Santi. Benefica è la religione predicata dalle Onorevoli Anime. Supreme sono nel mondo le Onorevoli Anime. Supreme sono nel mondo le Anime Liberate. Supremi sono nel mondo i Santi. Suprema nel mondo è la religione predicata dalle Onorevoli Anime. Cerco la protezione delle Onorevoli Anime. Cerco la protezione delle Anime Liberate. Cerco la protezione dei Santi. Cerco la protezione della religione predicata dalle Onorevoli Anime. For Personal & Private Use Only Page #44 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 42 La fonte dell'illuminazione 6. Medita sulle cinque Anime Supreme, che danno quadruplo riparo al mondo e che sono benefiche; esse sono le più grandi tra le Anime che meritano di essere venerate, sono vittoriose sulle passioni e adorate dagli esseri viventi, da dèi e da semidei (Vidyādhara). 7. Possa esserci gloria nel mondo per le Onorevoli Anime (Arhat) che hanno annullato l'oscurità dei karma distruttivi, che risplendono solari davanti agli ignoranti come i cuori delle persone devote capaci di liberazione e che possiedono l'infinita conoscenza e la suprema beatitudine. 8. Possa essermi rivelata la via dell'emancipazione14 dalle Anime che si sono liberate degli otto tipi di karma, che hanno ottenuto la realizzazione completa, che si sono liberate dei cicli delle nascite e delle morti e che hanno conosciuto l'essenza di tutte le cose. 9. Possano essere soddisfatti di me i Precettori, che si sono elevati con i cinque voti maggiori, che sono versati nelle loro scritture sacre così come in ogni altra scrittura e che sono dotati di numerose virtù. 10. Possano accordarmi una grande saggezza i Maestri Spirituali, che mostrano la via dell'illuminazione alle anime capaci di liberazione, ma brancolanti nella fitta e impenetrabile oscurità dell'ignoranza. 11. Possano garantirmi la felicità i Santi, che si sono adornati di salde ghirlande di virtù, che si sono meritati una gloriosa fama, che sono privi di attaccamenti e che sono la personificazione dell'umiltà. 12. La parola AUM (Om) indica le cinque guide spirituali supreme perché è composta dalle cinque prime lettere (A, A, A, U E M) di Arhat, Aśarīrī (Siddha), Āchārya, Upādhyāya e Muni.15 13. M'inchino dinanzi ai Jina: Rṣabha, Ajita, Sambhāva, Abhinandana, Sumati, Padmaprabha, Supārsva e Candraprabha. 14. M'inchino dinanzi ai Jina: Suvidhi-Pușpadanta, Śītala, Sreyāṁsa, Vāsupūjya, Vimala, Anant, Dharma e śānti. For Personal & Private Use Only Page #45 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti su ciò che è benefico 15. M'inchino dinanzi ai Jina: Kunthu, Ara, Malli, Munisuvrata, Nami, Aristanemi, Pārsva e Vardhamāna. 16. Possano le Anime Liberate (Siddha), che sono più immacolate delle lune, più splendenti dei soli e più serene degli oceani, indicarmi la via della liberazione. For Personal & Private Use Only Page #46 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sugli insegnamenti del Jina 17. Possano gli insegnamenti del Jina,16 che danno a tutte le anime la capacità di attraversare l'infinito oceano dell'esistenza terrena e che offrono protezione a tutti gli esseri viventi, prosperare per sempre. 18. Gli insegnamenti del Jina sono un dolcissimo rimedio per distogliere gli uomini dai piaceri terreni, per curarli dai disturbi della vecchiaia e della morte e per alleviare in loro il peso di tutte le sofferenze. 19. Con devozione chino il capo dinanzi al vasto oceano della conoscenza spirituale predicata dalle Onorevoli Anime e trascritta correttamente nelle scritture dai venerabili Gañadhara (guide spirituali dell'Ordine ascetico). 20. Ciò che è uscito dalla bocca delle Onorevoli Anime è puro e del tutto privo di contraddizioni, ed è chiamato Agama o «Scrittura», e ciò che è contenuto nelle scritture è veramente benefico. 21. Coloro che si dedicano pienamente alle lodi delle Onorevoli Anime e le recitano con sincerità, otterranno la purezza e la liberazione dalle sofferenze, e in breve si emanciperanno dal ciclo della nascita e della morte. 22. O vincitore di tutti gli attaccamenti! O maestro del mondo! O beato! Attraverso la tua grazia possa io sviluppare il distacco dal For Personal & Private Use Only Page #47 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sugli insegnamenti del Jina 45 mondo terreno, continuare a proseguire sulla via della salvezza e ottenere la realizzazione. 23. Colui che conosce le dottrine degli altri come le proprie è sereno, illuminato, benevolo, gentile e possiede ancora centinaia di altre virtù, ed è adatto a esporre l'essenza delle scritture. 24. Ciò che desideri per te stesso desideralo anche per gli altri, ciò che non desideri per te stesso non desiderarlo neppure per gli altri: questo è l'insegnamento del Jina. For Personal & Private Use Only Page #48 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sull'Ordine religioso 25. Un Ordine religioso è un accumulo di virtù; un Ordine religioso libera le persone dall'offuscamento dei karma e unisce la retta fede, la retta conoscenza e la retta condotta. 26. L'insieme dei «tre gioielli» è chiamato gaña; ciò che conduce verso la via della salvezza è chiamato gaccha; l'accumulo delle virtù è chiamato sargha, e l'anima pura è detta samaya. 27. Il sangha garantisce la sicurezza, stimola la fiducia e dona la pace, come una camera fresca. E fonte di affetto come una famiglia e offre riparo a tutti gli esseri viventi: quindi non ci si tenga lontani dal sargha. 28. Beati coloro che risiedono per tutta la vita nella cerchia dei loro maestri, perché così acquisiscono la conoscenza e soprattutto ottengono la stabilità nella fede e nella condotta. 29. Quale vantaggio trova nel rimanere presso la cerchia dei maestri chi non ha il senso della devozione, del rispetto, dell'obbedienza, della stima e dell'affetto, e non ha timore reverenziale del suo maestro? 30,31. Possa il fiore di loto del sangha prosperare mantenendosi lontano dalla sporcizia del karma, così come il fiore di loto si tiene lontano dall'acqua fangosa. Il sangha è come il loto: il lungo stelo sono le scritture, il calice sonoicinque voti maggiori, i filamenti sono le altre virtù ei petali sonoimonaci. Come le api volano intorno al loto e visi posano, così anche il laico frequenta il sangha. Come il loto fiorisce grazie ai raggi del sole, così il sangha cresce grazie ai precetti del Jina. For Personal & Private Use Only Page #49 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sull'esposizione delle scritture 32. A chi non accerta il significato (delle parole) attraverso pramāņa, naya e niksepa, ciò che è giusto appare sbagliato e ciò che è sbagliato appare giusto. 33. La conoscenza è chiamata pramāņa; il punto di vista del soggetto conoscente è chiamato naya; il modo di conoscere, cioè il ragionamento per capire il giusto significato di un testo, è chiamato niksepa. 34. Il punto di vista reale (niscaya-naya) e il punto di vista empirico (vyavahāra-naya) sono i due fondamentali punti di vista (naya). Il punto di vista della sostanza (dravyārthika-naya) e il punto di vista della modificazione (paryāyārthika-naya) sono i due mezzi per comprendere la vera natura delle cose. 35. Il punto di vista empirico (vyavahāra-naya) è frammentario, non considera cioè l'oggetto dell'osservazione nella sua integrità, ma si concentra solamente sui suoi aspetti particolari. Al contrario, il punto di vista reale fornisce una visione globale e prende in considerazione l'oggetto dell'osservazione nella sua integrità. 36. Dal punto di vista empirico, si può dire che un soggetto conoscente possiede la condotta, la fede e la conoscenza, però, dal punto di vista reale, egli non possiede né conoscenza, né condotta, né fede, ma ha la mera apparenza del soggetto conoscente. 37. Sappi che il punto di vista empirico è contraddetto dal punto di vista reale. I santi che si basano sul punto di vista reale ottengono la salvezza. For Personal & Private Use Only Page #50 -------------------------------------------------------------------------- ________________ dell'illuminazione 38. Come è impossibile spiegare una cosa a chi non è ariano senza ricorrere al linguaggio che egli conosce, così è impossibile spiegare la verità fondamentale senza ricorrere al punto di vista empirico. 39. È stato detto che il punto di vista empirico non spiega la realtà così com'è, invece il punto di vista reale la spiega. Colui che conosce la realtà così com'è ottiene la retta fede. 40. Coloro che vogliono utilizzare direttamente il punto di vista reale senza conoscerlo nel modo corretto, trascurando la regola minore della condotta esterna, rovinano tutta la disciplina, cioè sia il codice etico minore sia quello maggiore. 41. La realtà può essere compresa correttamente da coloro che hanno realizzato la più alta verità; ma coloro che sono in uno stadio inferiore devono interpretare la verità dal punto di vista empirico. 42. In verità, è molto difficile conoscere lo stadio di sviluppo mentale dei monaci; perciò il criterio di anzianità nell'Ordine dei monaci dovrebbe essere deciso da un punto di vista pratico, ossia osservando la vita monacale. 43. Tutti i punti di vista (naya), finché restano chiusi in se stessi, sono devianti; e diventano realmente veri solo quando sono reciprocamente dipendenti l'uno dall'altro.17 44. La condotta, la conoscenza, ecc. sono veramente rette quando soddisfano sia le regole generali sia le condizioni eccezionali. Dovrebbero essere praticate in maniera tale da dare frutti. For Personal & Private Use Only Page #51 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sul ciclo della trasmigrazione 45. Nel mondo, che è instabile, impermanente e colmo di sofferenza, c'è qualcosa la cui pratica mi salverà dalla rinascita in condizioni indesiderabili? 46. I piaceri dei sensi danno una soddisfazione momentanea, ma prolungano la sofferenza: procurano sempre più sofferenza e sempre meno piacere; essi sono una vera fonte di sventure e sono di ostacolo alla salvezza. 47. Come non si può trovare niente di duraturo in una pianta di banano anche dopo averla a lungo ispezionata, così non si può trovare la felicità negli oggetti dei sensi, anche se la si è cercata minuziosamente. 48. Dal punto di vista reale, i piaceri goduti dagli imperatori e dal signore degli dèi procurano sofferenza, perché sono temporanei e i loro effetti svaniscono dolorosamente: perciò è meglio mantenersi distanti da essi. 49. Come chi sente prurito considera il grattarsi un piacere, anche se in realtà è una cosa dolorosa, così coloro che sono sotto l'incantesimo dell'infatuazione terrena considerano piacevole il godimento sensuale. 50. Chi è immerso nei piaceri della carne diventa incapace di sapere che cosa sia benefico e che cosa possa condurlo verso il benessere spirituale; diventa ignorante, ottuso, illuso e si intrappola nei propri karma, così come la mosca si intrappola nella ragnatela. For Personal & Private Use Only Page #52 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 50 La fonte dell'illuminazione 51. Ognuno conosce e pensa ai dolori della nascita, della vecchiaia e della morte, e tuttavia nessuno si allontana dagli oggetti dei sensi. Oh, come è stretto questo nodo dell'illusione! 52, 53, 54. Una persona troppo attaccata ai beni terreni è soggetta ai sentimenti di attaccamento e di avversione; di conseguenza, il karma incatena la sua anima, continuando a dar vita ai cicli delle rinascite. Come risultato della nascita, essa riceve il corpo; il corpo avrà i propri organi di senso; i sensi si dirigeranno verso il loro rispettivo appagamento, il quale, a sua volta, farà rinascere l'attaccamento e l'avversione. In questo modo l'anima s'incatena al ciclo delle nascite e delle morti; perciò il supremo Jina dice che l'anima, pur essendo senza inizio e senza fine, ha comunque un termine, che corrisponde alla morte. 55. La nascita è dolorosa, la vecchiaia è dolorosa, la malattia e la morte sono dolorose. Oh, davvero dolorosa è l'esistenza terrena, dove gli esseri viventi soffrono a causa di molte afflizioni For Personal & Private Use Only Page #53 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui karma 56. Se una cosa ha una forma definita, allora considerarla in modo diverso, agire come se fosse differente, oppure descriverla come se fosse diversa, è segno di obnubilazione. 57. Ogni volta che l'anima fa esperienza di un certo stato mentale, in quel preciso momento viene resa schiava da un karma buono o cattivo. 58. L'individuo che non si cura delle proprie attività e delle proprie parole, e che è avido di ricchezze e di relazioni sessuali, accumula il sudiciume karmico dell'attaccamento e dell'avversione, così come un lombrico ingoia fango in due modi (cioè internamente ed esternamente). 59. Siccome il karma perseguita colui che compie azioni, questi dovrà soffrire in solitudine e nessuna persona della sua casta, né amici, né figli, né fratelli, potrà alleviare la sua sofferenza. 60. Una persona è libera di arrampicarsi in cima a un albero, ma, se accade che precipiti, non può più fare nulla per evitarlo; analogamente l'essere vivente è libero di accumulare i karma, ma, una volta accumulati, non può più sottrarsi alle loro conseguenze. 61. C'è un tempo (quello della fruizione) in cui gli esseri viventi sono controllati dai karma, e c'è un tempo (quello dell'azione) in cui, invece, sono i karma a essere controllati dagli esseri viventi; proprio come, al momento di prestare i soldi, il creditore è nella For Personal & Private Use Only Page #54 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 52 La fonte dell'illuminazione posizione di forza, mentre, al momento della loro restituzione, lo è il debitore. 62. Il karma può essere di due tipi, dravyakarma e bhāvakarma. Dravyakarma è la massa delle particelle karmiche, mentre bhāvakarma è la capacità intrinseca delle particelle karmiche di produrre attaccamento e avversione del sé.18 63. Chi ha ottenuto la vittoria sui propri sensi e medita sulla vera natura dell'anima non viene reso schiavo dai karma; come potrebbe il prāṇa, che è fatto di materia karmica, seguire questo individuo? Ecco perché la sua anima viene liberata dal ciclo della trasmigrazione. 64, 65. In sintesi, i karma sono di otto specie: 1. jñānāvaraṇīya, quello che oscura la conoscenza innata dell'anima; 2. darśanāvaraṇīya, quello che oscura le giuste intuizioni; 3. vedaniya, quello che produce il piacere e il dolore; 4. mohanīya, quello che causa le illusioni; 5. ayu, quello che determina la durata della vita; 6. nāma, quello che determina il corpo fisico; 7. gotra, quello che determina la condizione sociale; 8. antaraya, quello che oscura il potere del sé. 66. La natura di questi otto karma è simboleggiata rispettivamente dal velo, dal custode, dalla spada, dal vino, dai ceppi di legno, dal pittore, dal vasaio, dal tesoriere. Spiegazione della natura degli otto karma Jñānāvaraṇīya, il karma dell'oscuramento della conoscenza innata, è come un velo che impedisce alla persona di sapere che cosa si trova in una stanza. Darśanavaraniya è il karma che impedisce alla persona la percezione, così come un custode impedisce di vedere il padrone di casa. Vedaniya è il karma che causa il piacere e il dolore e assomiglia a una spada cosparsa di miele che quando viene leccata produce piacere, ma quando taglia la lingua è causa di dolore. Mohaniya è il karma che causa illusioni proprio come il vino. Āyu, il karma che determina la durata della vita, tiene l'anima For Personal & Private Use Only Page #55 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui karma 53 legata al corpo, così come i ceppi di legno attorno ai piedi tengono bloccati in un posto finché non vengano rimossi. Nāma, il karma che determina il corpo fisico, fa entrare le anime in corpi diversi, proprio come un pittore dipinge quadri differenti. Gotra, il karma che determina la condizione sociale, è responsabile della nascita in famiglie di classe alta o di classe bassa, proprio come un vasaio prepara vasi piccoli o grandi. Antarāya è il karma che impedisce di compiere buone azioni, proprio come il tesoriere impedisce al suo signore di prelevare denaro per fare regali e donazioni. For Personal & Private Use Only Page #56 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla falsa fede 67. Che peccato! A causa della mia illusione, non ero capace di conoscere la via che porta alla crescita spirituale; così, vagabondavo da tanto tempo in questa spaventosa e terribile foresta dell'esistenza terrena. 68. A causa dell'illusione, l'anima assume un atteggiamento perverso e non riesce ad apprezzare la religione, così come colui che ha la febbre non apprezza nemmeno un dolce. 69. L'anima perversa, completamente in preda alle passioni o alle profonde impurità morali, e che per questo motivo crede che l'anima e il corpo siano un'unica cosa, è del tutto estroversa.19 70. Può esistere una persona con una falsa fede più grande di quella che non conduce la propria vita in accordo con i precetti del Jina? Essa sviluppa falsi credo provocando dubbi (sulla retta via del Jina) anche negli altri. For Personal & Private Use Only Page #57 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla rinuncia agli attaccamenti 71. Attaccamento e avversione sono semi del karma; il karma viene originato dall'infatuazione ed è la causa originaria della nascita e della morte, che sono le fonti della sofferenza. 72. Nemmeno il più potente e offeso nemico provoca un danno così grande come quello causato dall'avversione e dall'attaccamento incontrollati. 73. Poiché gli esseri viventi, presi nella morsa delle sofferenze della nascita, della vecchiaia e della morte, non sono felici in questa esistenza terrena, hanno la necessità di ottenere la liberazione. 74. O virtuoso, se sei desideroso di attraversare questo terribile oceano dell'esistenza terrena, è meglio che tu prenda subito la barca dell'ascesi e dell'autocontrollo. 75. Non si dovrebbe rimanere sotto l'influenza dell'attaccamento e dell'avversione, che sono spaventosi difetti e distruggono la retta fede, la retta condotta e le altre virtù. 76. Le sofferenze del corpo e della mente di tutti gli esseri umani e degli dèi nascono, in qualche misura, dal loro costante desiderio sensuale: colui che è libero dal desiderio può porre fine a queste sofferenze. For Personal & Private Use Only Page #58 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 56 La fonte dell'illuminazione 77. Ciò che garantisce la libertà dagli attaccamenti dev'essere praticato con la massima cura: chi è libero dagli attaccamenti si assicura la liberazione dall'esistenza terrena, mentre chi non è libero dagli attaccamenti continua a vagabondare senza fine. 78. Colui che si sforza di capire che la causa della sua sofferenza sta nei desideri e non negli oggetti dei sensi acquisisce l'equanimità mentale.20 Quando cessa di desiderare gli oggetti dei sensi, la sua sete di piaceri sensuali si estingue. 79. Dal punto di vista reale il corpo e l'anima sono distinti tra loro, perciò bisognerebbe scrollarsi di dosso l'attaccamento al corpo materiale, che causa sofferenza e dolore. 80. Per ottenere la liberazione, occorre chiudere tutti i passaggi all'afflusso dei karma, frenare le attività dei sensi e annientare le passioni. Tutto ciò dev'essere ottenuto attraverso i tre tipi di attività (della mente, della parola e del corpo) e attraverso la triplice modalità dell'agire, del causare l'azione e dell'approvare l'azione. 81. La persona che è libera dagli attaccamenti terreni si libera dalle afflizioni. Come i petali del loto che cresce in mezzo al lago non vengono toccati dall'acqua, così la persona che è distaccata da tutte le passioni non viene toccata dalle afflizioni di questo mondo. For Personal & Private Use Only Page #59 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla religione 82. La religione è supremamente benefica; la non-violenza, l'autocontrollo e l'ascesi sono la sua essenza. Anche gli dèi s'inchinano davanti a colui la cui mente è continuamente assorta nella religione. 83. La natura essenziale di una cosa si chiama dharma. Le dieci virtù (la clemenza, ecc.) sono le dieci forme di dharma. I «tre gioielli» (la retta fede, la retta conoscenza e la retta condotta) costituiscono la religione del dharma. Anche dare protezione a un essere vivente viene chiamato dharma. 84. La suprema clemenza, la suprema umiltà, la suprema rettitudine, la suprema sincerità, la suprema purezza, il supremo autocontrollo, la suprema ascesi, la suprema rinuncia, il supremo non-possesso e la suprema castità costituiscono la religione delle dieci virtù. 85. Colui che non si fa travolgere dall'ira anche quando è toccato da terribili afflizioni, causategli dagli dèi, dagli esseri viventi o dagli animali, ha una perfetta pazienza. 86. Io perdono tutti gli esseri viventi e possano tutti gli esseri viventi perdonarmi; nutro sentimenti di amicizia verso ogni essere vivente e non provo inimicizia verso nessuno. 87. Se in passato mi sono comportato nei tuoi confronti in modo sbagliato a causa di una mia disattenzione, ti chiedo sinceramente perdono, con il cuore puro (cioè senza acredine e senza passione). For Personal & Private Use Only Page #60 -------------------------------------------------------------------------- ________________ La fonte dell'illuminazione 88. Il monaco che non si vanta, neppure in modo lieve, della famiglia, della bellezza, del carattere, della castità, dell'erudizione, delle penitenze o della conoscenza delle scritture, osserva la religione dell'umiltà. 58 89. Può essere orgoglioso di sé soltanto colui che è sempre attento a non offendere gli altri. La persona vanitosa non possiede virtù e non può suscitare rispetto. 90. Ognuno è nato varie volte in famiglie di alto rango e in famiglie di basso rango; perciò nessuno è realmente importante o insignificante. Dopo aver capito questo, chi si sentirà orgoglioso di far parte attualmente di una famiglia rispettabile o di alto rango? 91. Colui che non pensa in modo distorto, che non agisce in modo distorto, che non parla in modo distorto e che non nasconde la propria debolezza osserva la virtù della rettitudine. 92. Il monaco che evita di parlare in modo da ferire gli altri, e che parla di ciò che è buono sia per sé sia per gli altri, osserva la virtù della sincerità. 93. Una persona soffre dopo aver detto una bugia, prima di dirla e mentre la dice; dunque soffre sempre; analogamente una persona che ruba o una persona che è bramosa soffre e si trova sola. 94. Ogni consiglio benefico dato da un confratello, anche se in principio è sgradevole, alla fine risulta salutare, proprio come una medicina amara risulta alla fine benefica. 95. Una persona che dice la verità diventa degna di fiducia come una madre, degna di venerazione come un maestro e cara come un familiare. 96. La sincerità è la dimora dell'ascesi, dell'autocontrollo e di tutte le altre virtù; davvero la sincerità è il luogo d'origine di tutte le altre nobili qualità, così come l'oceano è il luogo d'origine dei pesci. For Personal & Private Use Only Page #61 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla religione 59 97. L'avidità cresce a ogni guadagno, e ogni guadagno accresce l'avidità. Un lavoro che può essere fatto per due rupie non viene fatto nemmeno per dieci milioni di rupie. 98. Anche se una persona avida arriva ad accumulare montagne d'oro e d'argento, non sarà mai soddisfatta, perché il suo desiderio è infinito come il cielo. 99. Come la gru nasce da un uovo e l'uovo nasce da una gru, così l'illusione nasce dalla brama di possesso e la brama di possesso nasce dall'illusione. 100. Chi lava via lo sporco dell'avidità con l'acqua dell'equanimità e dell'appagamento, ed è libero anche dalla brama di cibo, ottiene la perfetta purezza. 101. L'autocontrollo consiste nel mantenere i cinque voti, nell'osservare le cinque regole dell'attenzione (samiti), nel soggiogare le passioni, nel dominare tutte le attività della mente, della parola e del corpo e nel vincere tutti i sensi. 102. L'ascesi consiste nella concentrazione su di sé attraverso la meditazione, nello studio delle scritture e nel controllo dei sensi e delle passioni. 103. Il supremo Jina ha detto che la vera rinuncia consiste nello sviluppare l'indifferenza verso il mondo, verso il corpo e verso il piacere, attraverso il distacco dagli oggetti materiali. 104. Ha rinunciato a tutte le cose soltanto colui che ha veramente abbandonato tutti gli amati e cari oggetti di piacere da lui posseduti. 105. Acquisisce la virtù della non-possessività soltanto quel monaco che rinuncia al senso della proprietà e all'attaccamento e che, controllando i propri pensieri, rimane imperturbabile davanti alla felicità e alla sofferenza. 106. In verità io sono solo, puro, eterno, senza forma e in possesso delle qualità della percezione e della comprensione; eccetto queste qualità, non c'è niente, neppure un atomo, che sia mio.21 For Personal & Private Use Only Page #62 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 60 La fonte dell'illuminazione 107, 108. Noi che non possediamo niente di personale soggiorniamo felicemente e viviamo felicemente. Come disse Nami22 – che rinunciò al suo regno e diventò santo - quando Mithila era in fiamme: «Niente di mio sta bruciando qui. Io ho abbandonato figli e moglie, non ho un'occupazione, sono un mendicante; per me non c'è niente di piacevole e di spiacevole». 109. Chiamiamo Brahmano colui che rimane imperturbabile di fronte agli oggetti dei piaceri sensuali, così come il fiore di loto non viene toccato dall'acqua da cui è nato. 110. Colui che si è liberato dalle illusioni ha distrutto la propria sofferenza. Colui che si è liberato dalla brama di possesso ha distrutto le proprie illusioni. Colui che si è liberato dall'avidità ha distrutto la propria brama di possesso. Colui che non possiede niente ha distrutto la propria avidità. 111. L'anima è veramente Brahman (l'Assoluto). Perciò il celibato dei monaci, che non cercano piaceri dai corpi altrui (cioè il piacere sessuale), è chiamato brahmacarya.23 112. Osserva la più difficile (ma santa) virtù del celibato colui che non ha pensieri maliziosi anche di fronte agli organi di una donna. 113. Come il vaso fatto di ceralacca, se posto vicino al fuoco, presto si scoglie e si rovina, così i monaci che frequentano compagnie di donne perdono la loro forza di carattere. 114. Chi vince il desiderio di legarsi a donne può vincere le altre tentazioni della vita con la stessa facilità con cui una persona che ha attraversato l'oceano può attraversare il fiume Gange. 115. Come l'uomo che osserva la castità non guarda sessualmente una donna, così la donna che osserva la castità non guarda sessualmente un uomo. 116. Ma ci sono donne dotate di un carattere austero, rinomate dappertutto, che sono dee su questa terra e che sono onorate anche dagli dèi. For Personal & Private Use Only Page #63 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla religione 61 117. Il fuoco del sesso alimentato dal legno dei desideri può bruciare le foreste dei tre mondi; beato l'uomo la cui erba della giovinezza non rimane bruciata da questo fuoco. 118. Le notti passate non possono ritornare. La notte della persona impegnata in azioni peccaminose è sprecata. 119, 120. Tre mercanti danno inizio a un'attività: il primo moltiplica il proprio capitale, il secondo ritorna con il capitale iniziale e il terzo ritorna dopo aver perso tutto. Come avviene negli affari, così può accadere in campo religioso. 121. L'anima conosce veramente se stessa. In realtà l'anima di ogni individuo è già di per se stessa testimone della religiosità, perciò trae grande soddisfazione nel compiere l'attività religiosa. For Personal & Private Use Only Page #64 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 10 Precetti sull'autodominio 122. L'anima è, per me, il fetido fiume Vaitarani e lo spinoso albero Śālmalī. Ma è anche la mucca Kāmadhenu, che mi dà tutto ciò che desidero, e il paradiso celeste Nandanavana.24 123. L'anima è l'artefice e la fruitrice sia della felicità sia dell'infelicità; è il proprio amico quando si comporta in modo retto ed è il proprio nemico quando si comporta in modo scorretto. 124. L'indomito ego, le indomite passioni e gli incontrollati organi dei sensi sono i nostri nemici. Il monaco che li ha dominati può agire rettamente. 125. Si possono sconfiggere migliaia di nemici in una battaglia, ma la suprema vittoria consiste nel vincere il proprio ego. 126. Combatti te stesso; che merito c'è nel combattere i nemici esterni? Si può ottenere la suprema felicità vincendo da sé il proprio ego. 127. Bisogna combattere il proprio ego, che è difficile da vincere. Colui che ha vinto il proprio ego, ottiene la beatitudine sia in questo mondo sia in quello prossimo. 128. È giusto che io debba vincere me stesso con l'autodominio e l'ascesi. Ma non è giusto che io debba essere vinto, imprigionato o ucciso dagli altri. For Personal & Private Use Only Page #65 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sull'autodominio 62 129. Bisogna desistere da certe azioni in una direzione e intraprendere altre azioni nella direzione opposta; bisogna evitare di essere incontinenti e bisogna praticare l'autodominio. 130. I due peccati dell'attaccamento e dell'avversione portano a commettere azioni peccaminose. Il monaco che combatte costantemente questi peccati non vagabonderà più nell'esistenza terrena. 131. Come un cavallo può essere tenuto sotto controllo dalle briglie, così i piaceri sensuali e le passioni possono essere tenute sotto controllo dalla conoscenza, dalla meditazione e dalla forza dell'ascesi. 132. La passione, quando viene soltanto repressa, può causare la degenerazione spirituale anche nel monaco più virtuoso che nella sua condotta è simile al Jina stesso. Che dire dei monaci che sono sotto il dominio degli attaccamenti? 133. Anche quando un individuo ha calmato o represso tutte le passioni, nuovamente può cadere in una terribile degenerazione spirituale; perciò, finché conserva qualche residuo di passioni, non dovrebbe mai compiacersi o allentare l'attenzione. 134. Un individuo non dovrebbe mai compiacersi di avere un piccolo debito, una ferita lieve, una debole infiammazione o una leggera passione, perché ciò che è piccolo oggi può diventare grande domani. 135. L'ira distrugge l'amore, l'orgoglio distrugge la modestia, la falsità distrugge l'amicizia; l'avidità distrugge ogni cosa. 136. Un individuo dovrebbe porre fine all'ira attraverso la calma, all'orgoglio attraverso la modestia, alla falsità attraverso la sincerità e all'avidità attraverso il sapersi accontentare. 137. Come le tartarughe si proteggono ritraendo le membra dentro il guscio, così un uomo saggio protegge se stesso dal male ritraendosi nella propria interiorità. For Personal & Private Use Only Page #66 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 64 La fonte dell'illuminazione 138. Quando un individuo commette, in modo conscio o in modo inconscio, un'azione ingiusta dovrebbe immediatamente autocontrollarsi in modo da non ripetere più quell'azione. 139. Il monaco che è una guida coraggiosa del carro della religione, che è assorbito nella gioia della religione, che si autocontrolla e che è devoto al celibato, cammina nel giardino della religione. For Personal & Private Use Only Page #67 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 11 Precetti sulla non-possessività 140. Una persona in preda all'attaccamento commette violenze, dice bugie, compie furti, cede al sesso e sviluppa il desiderio di accumulare senza limiti. 141. Una persona che accumula anche la più piccola quantità di cose animate o inanimate, o che collabora a far accumulare cose a qualcun altro, non sfuggirà alla sofferenza. 142. Chiunque liberi se stesso dall'istinto del possesso, può rinunciare agli oggetti del possesso. Il monaco che non possiede niente di suo, conosce veramente la via della liberazione. 143, 144. L'attaccamento della possessività è di due tipi, interiore ed esteriore. La possessività interiore è di quattordici tipi: il credo sbagliato, il desiderio sessuale per le donne, il desiderio sessuale per gli uomini, il desiderio sessuale per entrambi i sessi, la risata, la predilezione, l'antipatia, l'afflizione, la paura, il disgusto, l'ira, l'orgoglio, la falsità, l'avidità. La possessività esteriore è di dieci tipi: i campi, le case, i raccolti, le riserve alimentari, gli utensili, gli schiavi maschi e femmine, gli animali, i veicoli, i letti e le sedie. 145. Una persona completamente libera dal possesso è calma e serena e ottiene la beatitudine dell'emancipazione che non può essere conquistata nemmeno con tutti i beni dell'imperatore. For Personal & Private Use Only Page #68 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 66 La fonte dell'illuminazione 146. La rinuncia all'attaccamento è utile per il controllo degli organi dei sensi, così come un rampino è utile per controllare un elefante e i fossati sono utili per proteggere una città. Sicuramente, il controllo degli organi dei sensi coincide con la libertà da ogni forma di possesso. For Personal & Private Use Only Page #69 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 12 Precetti sulla non-violenza 147. Caratteristica essenziale di ogni uomo saggio è non uccidere nessun essere vivente. Senza dubbio, si devono comprendere i due principi della non-violenza e dell'uguaglianza di tutti gli esseri viventi. 148. Tutti gli esseri viventi vogliono vivere e non vogliono morire; per questo le persone completamente prive di attaccamenti (nirgrantha) proibiscono l'uccisione degli esseri viventi. 149. In ogni caso, non si dovrebbero mai uccidere né consapevolmente né inconsapevolmente gli altri esseri viventi – mobili o immobili - di questo mondo, né si dovrebbe permettere ad altri di ucciderli. 150. Come il dolore non piace a te così non piace agli altri. Conoscendo questo principio di uguaglianza, tratta sempre gli altri con rispetto e compassione. 151. Uccidere un essere vivente è come uccidere se stessi; provare compassione per un essere vivente è come provarla per se stessi. Chi desidera il proprio bene, dovrebbe evitare di causare qualsiasi danno a un essere vivente. 152. L'essere vivente che vorresti uccidere è uguale a te stesso; l'essere vivente che vorresti sottomettere è uguale a te stesso. For Personal & Private Use Only Page #70 -------------------------------------------------------------------------- ________________ La fonte dell'illuminazione 153. Il Signore Jina ha detto che l'assenza di attaccamenti è ahimsā (non-violenza); invece la presenza degli attaccamenti è himsā (violenza). 68 154. Anche la sola intenzione di uccidere causa la schiavitù del karma, sia che tu uccida sia che tu non uccida; dal punto di vista reale, questa è la natura della schiavitù del karma. 155. Sia la non-astinenza dalla violenza sia l'intenzione di commetterla sono hiṁsā. Pertanto un comportamento non vigile dovuto alle passioni equivale a hiṁsā. 156. La persona saggia è quella che lotta sempre per sradicare i suoi karma e che non è attratta da himsā. Chi si sforza fermamente di rimanere non violento è, dal punto di vista reale, uno che non uccide. 157. Secondo le scritture, l'individuo è sia violento sia non violento. Quando è attento è non violento, quando è disattento è violento. 158. Non esiste una montagna più alta del monte Meru, non esiste niente più vasto del cielo; analogamente, sappi che non esiste in questo mondo una religione più grande della religione dell'ahimsā. 159. O essere mortale, sii libero dalla paura e lascia che gli altri siano liberi dalla paura. Perché abbandonarsi a hiṁsā in questo mondo di cose transitorie? For Personal & Private Use Only Page #71 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 13 Precetti sulla vigilanza 160. Questo è con me e questo non è con me, questo è fatto da me e questo non è fatto da me: anche nel momento in cui pensi così sei attaccato dalla morte. Stando così le cose, come puoi essere disattento? 161. Chi dorme perde senza accorgersene tante buone cose di questo mondo. Quindi, rimani sveglio tutto il tempo e distruggi i karma accumulati in passato. 162. È meglio che il devoto resti sveglio e che il malvagio dorma: questo è stato detto dal Jina a Jayanti, la sorella del re di Vatsadeśa. 163. La persona saggia e con un'intelligenza acuta dovrebbe rimanere sveglia anche in mezzo agli addormentati; non dovrebbe compiacersi né rilassarsi, perché il tempo logora e il corpo è debole. Perciò dovrebbe rimanere sempre vigile, come il favoloso uccello Bhāranda. 164. La disattenzione è la causa dell'afflusso del karma. L'attenzione lo ferma. Chi non è attento è ignorante, chi è attento è saggio. 165. L'ignorante non può distruggere i karma attraverso le proprie azioni, mentre il saggio può distruggere i karma attraverso l'inazione, ovvero controllando le proprie azioni in modo da essere libero dall'avidità e dalle bramose passioni; essendo pago, non commette nessun peccato. For Personal & Private Use Only Page #72 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 70 La fonte dell'illuminazione 166. Chi non è vigile si sente costantemente minacciato dalle paure; invece chi è vigile non prova nessuna paura. 167. Una persona pigra non potrà mai essere felice e una persona addormentata non potrà mai acquisire la conoscenza. Una persona che possiede attaccamenti non potrà acquisire la capacità di rinuncia e una persona violenta non potrà acquisire la compassione. 168. O esseri umani, siate sempre vigili! Chi è costantemente all'erta acquisisce sempre più conoscenza. Chi non è vigile non è beato. Chi è vigile è sempre beato. 169. La persona compassionevole, vigile e rispettosa delle altre vite, la persona che è sempre cauta quando solleva e sistema una cosa, quando urina, quando defeca, quando si siede, quando si muove e quando dorme è realmente una seguace della non-violenza. For Personal & Private Use Only Page #73 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 14 Precetti sull'educazione 170. Colui che è modesto e rispettoso ottiene la conoscenza, mentre colui che è arrogante e mancante di rispetto non può ottenere la conoscenza. Chi è consapevole di questi due fatti acquisisce l'educazione. 171. L'orgoglio, l'ira, la negligenza, la malattia e la pigrizia sono i cinque fattori a causa dei quali un individuo non recepisce l'educazione. 172, 173. Non abbandonarsi a divertimenti sciocchi, controllare sempre se stessi, non tradire i segreti degli altri, avere buone maniere, non usare modi sgarbati, non essere avido, non essere iracondo ed essere sincero: questi sono gli otto tratti del carattere grazie ai quali un individuo può essere definito un vero amante dell'educazione. 174. Una persona acquisisce conoscenza e concentrazione studiando le scritture. Essa diventa salda nella religione e aiuta gli altri ad acquisire la stessa saldezza. Attraverso lo studio delle scritture si assorbe nella contemplazione di ciò che esse espongono. 175. Colui che vive sempre con il maestro, praticando la meditazione e l'ascesi, è gradevole nelle azioni e amabile nella conversazione, ed è disponibile a ricevere l'educazione. 176. Una lampada accende migliaia di altre lampade pur rimanendo sempre accesa; così sono gli Āchārya che, come lampade, illuminano gli altri pur continuando a rimanere illuminati. For Personal & Private Use Only Page #74 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 15 Precetti sull'anima 177. Sappi per certo che l'anima è la sede delle migliori virtù, la migliore delle sostanze e la più reale tra le cose reali. 178. Le anime (jīva) sono di tre tipi: le anime estroverse, le anime introverse e le anime supreme. Le anime supreme sono di due tipi: le Onorevoli Anime (Arhat) e le Anime Liberate (Siddha). 179. Chi è guidato dai sensi è estroverso (bahirātmā); chi pratica l'autodiscernimento (cioè non è guidato da fattori esterni) è introverso (antarātmā). Chi si è liberato dall'offuscamento dei karma è paramātmā (anima suprema). 180. Arhat sono coloro che, pur avendo corpi umani, conoscono per onniscienza tutti gli oggetti. Siddha sono coloro che sono dotati della più alta beatitudine e possiedono un corpo di conoscenza. 181. Il Signore Jineśvara ha detto: «L'abbandono dell'atteggiamento estroverso della mente, della parola e del corpo, ti conduce all'antarātmā e alla contemplazione dell'anima suprema (paramātmā)». 182. La trasmigrazione nelle quattro forme degli esseri viventi, la nascita, la vecchiaia, la morte, la malattia, i dispiaceri, la famiglia, il luogo della nascita, la posizione nello schema del mārgaņāsthāna:25 niente di tutto ciò appartiene veramente all'anima. For Personal & Private Use Only Page #75 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sull'anima 73 183. L'anima non ha colore, né sapore, né odore, né tatto, né identità sessuale maschile, femminile o neutra, né forma corporea, né struttura ossea. 184. Tutte queste caratteristiche appartengono al punto di vista empirico. Dal punto di vista reale, tutte le anime, incluse quelle terrene, hanno una natura intrinseca perfetta. 185. Sappi che in realtà l'anima è priva di gusto, di forma, di odore e di identità sessuale. È indescrivibile, possiede la coscienza, non utilizza la cognizione deduttiva, possiede la conoscenza diretta ed è priva della struttura corporea. 186. L'anima pura è libera dalle attività del pensiero, della parola e del corpo. È indipendente, infallibile e priva di paura. E libera anche dall'egoismo, dagli attaccamenti e dalle illusioni. 187. L'anima pura è libera dai complessi, dagli attaccamenti, dalle imperfezioni, dai desideri, dall'ira, dall'orgoglio, dalla brama e da tutti gli altri difetti. 188. Lo stato di pura conoscenza non è né vigile né non vigile (infatti vigile vuol dire assenza di passioni e non vigile presenza di passioni). Il sé conoscente viene chiamato puro perché è pura conoscenza e nient'altro. 189. L'anima non è né il corpo, né la mente, né la parola, né la loro causa; non è colui che agisce, né la causa delle azioni, né colui che le approva. 190. Dopo aver capito che l'anima pura è differente da qualsiasi altra cosa, esiste un uomo saggio che possa affermare «questo mi appartiene»? 191. Sono solo, veramente puro e libero dagli attaccamenti. Ho la facoltà di apprendere e di comprendere. Concentrandomi fermamente sulla mia vera natura, escludo tutto ciò che è estraneo. For Personal & Private Use Only Page #76 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #77 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Parte seconda LA VIA DELLA LIBERAZIONE For Personal & Private Use Only Page #78 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #79 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 16 Precetti sulla via della liberazione 192. La «via» e il «risultato» che ne consegue sono due argomenti che fanno parte della disciplina predicata dai Jina. In realtà, la retta fede è la via e la liberazione è il risultato. 193. Insieme, la fede, la conoscenza e la condotta costituiscono la via della liberazione, ossia la strada da seguire. I santi hanno detto che chi la percorre in modo giusto giungerà alla liberazione e chi non la percorre rimarrà schiavo. 194. Se una persona falsamente saggia pensa di liberarsi dalle sofferenze eseguendo rituali religiosi esteriori, segue una via (ossia un fede) sbagliata. 195. Un'anima incapace di ottenere la liberazione (abhavya jīva), anche se osserva i cinque voti, i cinque tipi di vigilanza, il triplice autocontrollo, il codice morale e i vari tipi di esercizi ascetici stabiliti dal Jina, manca della retta comprensione e possiede la fede sbagliata. 196. Il Jina ha detto che tutte le azioni di una persona che non conosce i «tre gioielli» sia dal punto di vista empirico sia dal punto di vista reale, sono sbagliate. 197. Un abhavya jīva, anche se sviluppa la fede nella religione, se si affida a essa, se la predilige e se la segue, compie tutto ciò allo scopo di ottenere qualche vantaggio terreno, e non per annientare i propri karma. For Personal & Private Use Only Page #80 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 78 La via della liberazione 198. Una positiva e ben finalizzata disposizione verso il guadagno terreno assicura meriti karmici (punya), mentre una disposizione negativa e fine a se stessa è peccato (pāpa); chi non viene toccato dalle cose esterne e gioisce della propria pura natura può porre fine alla propria sofferenza. 199. Colui che aspira ai meriti karmici (cioè al benessere terreno), aspira alla vita nel mondo materiale; i meriti karmici (punya karma) sono in grado di assicurare un'esistenza piacevole, ma solamente la loro cessazione porta alla liberazione. 200. Sappi che un karma infausto porta come conseguenza la sofferenza, mentre un karma fausto porta la felicità terrena; ma la felicità terrena non è vera felicità, essendo legata all'esistenza del corpo mortale. 201. Come le catene - di ferro o d'oro - legano una persona, così il karma, fausto (punya) o infausto (pāpa), incatena l'anima. 202. Quindi, non sviluppare attaccamenti né legami con nessuno dei due karma. Si perde la propria libertà attraverso gli attaccamenti e i legami con ciò che è malefico. 203. È certamente meglio ottenere il paradiso osservando i voti e l'ascesi che soffrire nell'inferno a causa delle azioni malvagie compiute. C'è una grande differenza tra chi sta al buio e chi sta al sole. 204. Attraverso i meriti karmici (punya karma) si può ottenere la maestà suprema del Cakravartīn26 venendo onorati dai semidei (Vidyādhara), dagli dèi e dagli uomini, con lodi a mani giunte e offerte di ghirlande; ma certamente non si otterrà la retta conoscenza, ossia un'anima adatta alla salvezza. 205. L'uomo con molti meriti (punyātmā), dopo aver gioito del suo stato divino in paradiso, alla fine della vita rinascerà nuovamente come essere umano dotato dei dieci tipi di gioie terrene. 206, 207. Dopo aver sperimentato in tutta la vita incomparabili gioie terrene, si può ottenere la retta comprensione che porta al For Personal & Private Use Only Page #81 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla via della liberazione 79 l'emancipazione grazie ai comportamenti religiosi avuti nella nascita precedente. Avendo realizzato che le «quattro cose» (la nascita umana, l'ascolto delle scritture, la fede nelle scritture e la condotta appropriata) sono difficili da ottenere, ci si dedica all'autocontrollo e, avendo annientato i karma passati attraverso l'ascesi, si diventa, una volta per tutte, anime emancipate. For Personal & Private Use Only Page #82 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 17 Precetti sui «>> dal punto di vista empirico (vyavahāra-naya) 208. Avere fede nell'esistenza delle sostanze come dharma, ecc., è la retta fede; avere la conoscenza dei testi chiamati Anga e Pūrva27 è la retta conoscenza; perseverare nell'adempimento dell'ascesi è la retta condotta. Questi «tre gioielli» costituiscono la via verso l'emancipazione intesa dal punto di vista empirico (vyavaharanaya). 209. Si comprende la vera natura delle sostanze attraverso la retta conoscenza, si sviluppa la credenza in esse attraverso la retta fede, ci si controlla attraverso la retta condotta e si purifica la propria anima attraverso l'ascesi. 210. La conoscenza senza la retta condotta, l'accettazione dell'ascetismo senza la retta fede e l'osservanza delle austerità senza l'autocontrollo sono azioni inutili. 211. Senza la retta fede non può esserci la retta conoscenza; senza la retta conoscenza non può esserci la retta condotta; senza la retta condotta non può esserci la liberazione dai karma; senza la liberazione dai karma non può esserci il nirvāṇa (la salvezza). 212. La retta conoscenza è inutile in assenza della retta condotta, l'azione è inutile in assenza della retta conoscenza. Certamente, in caso di incendio, uno zoppo viene ucciso dal fuoco anche se può vedere e un cieco viene ucciso anche se può scappare. For Personal & Private Use Only Page #83 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui «tre gioielli»> 213. Si ottiene il risultato desiderato quando c'è armonia tra la retta conoscenza e la retta condotta, perché un carro non si muove su una ruota sola. Similmente uno zoppo e un cieco, trovandosi insieme nella foresta, riescono ad arrivare in città se si aiutano a vicenda. La comprensione dei « dal punto di vista reale (niścaya-naya) 214. Che il sé sia caratterizzato dalla retta fede e dalla retta conoscenza è soltanto un'affermazione fatta dal punto di vista empirico (vyavahāra-naya). In realtà, ciò che trascende tutti i punti di vista viene chiamato il sé (samayasāra).28 81 215. Dal punto di vista pratico, i santi dovrebbero sempre osservare la retta fede, la retta conoscenza e la retta condotta. Ma essi sanno che, dal punto di vista reale, questi «tre gioielli» sono il sé. 216. Si dice, dal punto di vista reale, che l'anima che comprende i <Page #84 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 18 Precetti sulla retta fede 219. La retta fede è il nucleo dei «tre gioielli», è la radice del grande albero della liberazione e deve essere compresa da due punti di vista: il punto di vista reale (niscaya-naya) e il punto di vista empirico (vyavahāra-naya). 220. Il Signore Jina ha detto che, dal punto di vista empirico, la retta fede è la fede nell'esistenza dell'anima e degli altri principi (tattva); dal punto di vista reale, la retta fede è l'anima stessa. 221. Dal punto di vista reale, il vero monachesimo significa virtù e la virtù significa vero monachesimo. Ma, dal punto di vista empirico, la causa della virtù è la retta fede. 222. Le persone prive della retta fede non otterranno la retta conoscenza anche se praticheranno severe penitenze per migliaia di anni. 223. Coloro che hanno rinunciato alla retta fede sono persone limitate. Non c'è liberazione per una persona priva della retta fede. Coloro che hanno rinunciato alla retta condotta potrebbero ottenere la liberazione, ma non coloro che hanno rinunciato alla retta fede. 224. Colui che ha la retta fede è certamente puro, colui che possiede la retta fede ottiene la liberazione. La persona che è priva della retta fede non ottiene il risultato sperato, ossia la liberazione. For Personal & Private Use Only Page #85 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla retta fede 83 225. Tra la conquista della retta fede e la conquista di tre continenti della terra, è più importante la prima. 226. Non c'è bisogno di dire altro: è grazie al potere della retta fede che i grandi personaggi e gli uomini degni di ottenere l'emancipazione (bhavya) hanno ottenuto la liberazione nel passato e l'otterranno nel futuro. 227. Come la natura stessa del fiore di loto ha stabilito che le sue foglie non vengano toccate dall'acqua, così la persona retta non viene toccata dalle passioni né dagli oggetti del piacere sensuale. 228. Qualsiasi uso l'uomo dalla retta fede faccia dei viventi o dei non viventi, è sempre per liberarsi dai karma. 229. L'uomo dalla retta fede, anche quando gode di un oggetto, in realtà non ne gode, così come l'attore non si trasforma veramente nel personaggio che interpreta. Un retto credente pensa sempre alla propria anima e non viene toccato da ciò che succede intorno a lui. 230. Gli oggetti dei sensi non producono né equanimità né perversione. È chi prova attaccamento o avversione verso gli oggetti dei piaceri sensuali, a causa della sua stessa illusione, che entra in un meccanismo perverso. Requisiti essenziali della retta fede 231. Gli otto requisiti essenziali della retta fede sono: assenza di dubbi, assenza di brama, assenza di disprezzo, assenza di confusione, assenza di fede in sette eretiche, stabilità, benevolenza, fervore religioso. 232. Le persone che possiedono la retta fede sono libere da dubbi e quindi prive di paura. Grazie alla libertà dalle sette paure,29 sono libere da dubbi. 233. La persona che non ha desiderio dei frutti dei karma, degli oggetti o delle proprietà, possiede retta fede e mente libera da brame. For Personal & Private Use Only Page #86 -------------------------------------------------------------------------- ________________ La via della liberazione 234. Chi non desidera onori, venerazione e nemmeno saluti, come potrà desiderare le lodi? Chi ha autocontrollo osserva i voti in modo corretto, pratica l'ascesi e cerca di conoscere la vera natura dell'anima, è un vero monaco. 235. O monaco, se desideri la beatitudine dell'altro mondo, perché desideri la fama, la venerazione, i piaceri e gli onori di questo mondo? A che cosa ti serviranno tutte queste cose nell'altro mondo? 236. Chi non mostra disprezzo o disgusto verso alcun oggetto materiale è un vero credente. 237. Chi è completamente privo di illusioni sulla vera natura delle cose è certamente un vero credente. 238. Che tu possa prosperare con l'aiuto della retta conoscenza, della retta fede e della retta condotta, e anche con la clemenza e con la libertà dalla schiavitù del karma. 239. Un uomo saggio non dovrebbe mai dimenticare il significato delle scritture né distorcerlo; non dovrebbe nutrire né l'orgoglio, né la tendenza a mettersi in mostra; non dovrebbe ridere di nessuno, né benedire nessuno. 240. Un uomo saggio, tutte le volte che ha l'occasione di fare del male con qualche parte del corpo, con la mente o con la parola, dovrebbe trattenersi, così come un buon cavallo viene trattenuto sul percorso giusto con le redini. 241. O Gautama,30 dopo aver attraversato l'immenso oceano, perché ti sei fermato vicino alla riva? Affrettati ad attraversare, e non ritenerti soddisfatto nemmeno per un momento. 242. La persona bhavya, che è piena di devozione verso le personalità religiose, che le segue con una grande fede e che pronuncia parole amabili, possiede benevolenza. 243. La luce della religione dovrebbe essere diffusa con la narrazione dei racconti religiosi, con l'esecuzione di calmi esercizi For Personal & Private Use Only Page #87 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla retta fede 85 ascetici e con la dimostrazione di pietà e di compassione verso tutti gli esseri viventi. 244. Chi pronuncia un discorso religioso, chi racconta storie religiose, chi discute con gli avversari, chi legge i presagi, che esercita l'ascesi, chi è dotto, chi possiede poteri miracolosi, chi è poeta: questi otto tipi di persone diffondono la religione. For Personal & Private Use Only Page #88 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 19 Precetti sulla retta conoscenza 245. Dopo aver dato ascolto alle scritture, una persona arriva a conoscere che cosa è giusto e che cosa è peccaminoso; avendo ascoltato e compreso, dovrebbe realizzare ciò che conduce al benessere. 246. Inoltre, grazie alla conoscenza delle scritture, una persona diventa salda nella fede, nella meditazione, nell'osservanza dei voti e nell'autocontrollo, e conduce una vita di purezza per l'intera durata della propria esistenza terrena, senza vacillare. 247. Quando il monaco continua ad approfondire le scritture con straordinaria devozione e con sconfinato interesse, sperimenta una grande beatitudine, una fede sempre rinnovata e un distacco dalle passioni. 248. Come un ago in cui sia stato infilato il filo non si perde nemmeno se cade nel mucchio della spazzatura, così una persona dotata di conoscenza delle scritture non perde il proprio sé, anche se è coinvolta nel ciclo della trasmigrazione. 249. Coloro che hanno rinunciato al gioiello della retta fede continueranno a vagare nei vari stati dell'esistenza umana, poiché sono privi della giusta devozione alle qualità morali, anche se conoscono le varie scritture. 250, 251. Chi ha in sé ancora un briciolo di attaccamento, quand'anche conosca tutte le scritture, non capirà la natura dell'anima. Chi non conosce la natura dell'anima, non conoscerà For Personal & Private Use Only Page #89 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla retta conoscenza nemmeno la natura di ciò che non è anima. Come può un individuo che non conosce l'anima né ciò che non è anima diventare una persona di retta fede? 252. Secondo gli insegnamenti del Jina, la conoscenza è ciò che aiuta a capire la verità, a controllare la mente e a purificare l'anima. 253. Secondo gli insegnamenti del Jina, con la conoscenza si tagliano i nodi degli attaccamenti, si sviluppa l'attrazione verso le cose benefiche e si rafforzano i sentimenti di benevolenza verso tutti. 254. Conosce tutta la dottrina del Jina solamente chi conosce l'anima, chi non è reso schiavo dalla materia del karma, chi è distaccato da tutto, chi è privo di legami e chi è versato nelle scritture. 255. Colui che sa che il sé è totalmente diverso dal corpo impuro, e possiede la cognizione della propria vera essenza, è come se conoscesse tutte le scritture. 256. Chi comprende che l'anima ha una natura pura, diventa il sé puro. Ma se pensa che l'anima abbia natura impura, diventa impuro egli stesso. 257. Chi conosce l'interiore conosce l'esteriore, e chi conosce l'esteriore conosce l'interiore. 258. Colui che conosce il sé conosce tutte le cose; colui che conosce tutte le cose, conosce il sé. 259. Sii sempre assorbito nella pura conoscenza, sii sempre pago della pura conoscenza, sii sempre contento della pura conoscenza; da tutto ciò otterrai la felicità suprema. 260. Colui che conosce la natura dell'Arhat dal punto di vista della sostanza, degli attributi e delle modificazioni, conosce anche l'anima pura, e la sua illusione avrà fine. 261. Come la persona che, ottenendo un tesoro, ne usufruisce con buonsenso, così l'uomo saggio, ottenendo il tesoro della conoscenza, ne gioisce ignorando tutti gli altri piaceri. For Personal & Private Use Only Page #90 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 20 Precetti sulla retta condotta Dal punto di vista empirico 262. La retta condotta dal punto di vista empirico consiste nell'osservare l'ascesi in modo pratico. La retta condotta dal punto di vista reale consiste nell'osservare l'ascesi dal punto di vista sostanziale. 263. Sappi che la retta condotta consiste nel trattenersi dalle azioni nefaste e nell'impegnarsi nelle azioni meritorie. Il Jina ha stabilito che la retta condotta dal punto di vista empirico consiste nell'osservanza dei voti e negli atti di attenzione (samiti) e di autocontrollo (gupti). 264. Una persona, pur in possesso della conoscenza delle scritture, non otterrà l'emancipazione se non è in grado di osservare rigorosamente gli esercizi ascetici e l'autocontrollo. 265. Benché un navigatore conosca la rotta giusta, può non giungere a destinazione a causa di qualche omissione o a causa della mancanza di venti favorevoli per la sua barca (pota); similmente, la conoscenza non darà i frutti desiderati in assenza di azioni virtuose. 266. Se migliaia di lampade accese non servono al cieco, che utilità avrà lo studio delle scritture per la persona che non ha forza di carattere? 267. Una persona dalla retta condotta vale di più di una persona istruita, anche se la sua conoscenza delle scritture è limitata. Che utilità ha lo studio delle scritture per chi non ha una retta condotta? For Personal & Private Use Only Page #91 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Dal punto di vista reale 268. Dal punto di vista reale, colui che è beatamente assorbito nella propria anima per conoscere la propria anima con l'aiuto della propria anima, diviene una persona dalla retta condotta; è un asceta che ottiene l'emancipazione. 269. L'asceta che sradica sia i propri meriti karmici (punya karma) sia i propri peccati (pāpa karma), senza dubbio acquisisce la retta condotta. Ciò è detto da coloro che sono liberi dai karma (i Jina). 270. Colui che per attaccamento sviluppa un atteggiamento favorevole o sfavorevole verso un oggetto estraneo, si allontana dalla propria vera natura interiore (svabhāva) e segue una condotta esteriore (vibhāva). 271. Chi è privo di tutti gli attaccamenti e ha la mente sgombra, sicuramente conosce e vede la vera natura della propria anima e segue la propria vera essenza (svabhāva). 272. L'adempimento degli esercizi ascetici (tapas) e l'osservanza dei voti (vrata), senza la costante contemplazione del sé supremo, vengono definiti dagli Onniscienti esercizi infantili (bālatapa) e voti infantili (bālavrata). 273. Colui che mangia una sola volta al mese semplice erba non adempie nemmeno la sedicesima parte di ciò che costituisce la vera religione. 274. La retta condotta è ciò che realmente costituisce la religione; ed è stato detto che la religione è l'equanimità. L'equanimità è la condizione dell'anima libera dalle illusioni e dall'agitazione. 275. L'equanimità, la tolleranza, la purezza di pensiero, la libertà dall'attaccamento e dall'odio, la retta condotta, la religione, la devozione al proprio sé: è stato detto che tutte queste cose sono un tutt'uno. 276. È stato detto che un monaco possiede una pura coscienza (comprendente darśana e jñāna),31 quando ha capito la vera natu For Personal & Private Use Only Page #92 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 90 La via della liberazione ra delle sostanze, quando è dotato di autocontrollo e di spirito ascetico, quando è libero dagli attaccamenti e quando mantiene l'equanimità di mente sia nella felicità sia nell'infelicità. 277. La purezza della fede e della conoscenza costituisce il puro ascetismo. Un'anima così pura ottiene la liberazione. Essa è un Siddha, davanti al quale mi inchino. 278. La beatitudine di un'anima liberata (Siddha), caratterizzata dalla purezza della coscienza, nasce dall'eccellenza dell'anima stessa, è fuori dalla portata dei sensi, è incomparabile, è inesauribile ed è indivisibile. 279. Il monaco che non si rifugia negli attaccamenti, nelle avversioni o nelle illusioni rispetto a qualsiasi cosa, e che mantiene l'equanimità di mente nella gioia e nel dolore, non causa un afflusso dei karma, né di quelli buoni né di quelli cattivi. Sintesi 280. La retta condotta dal punto di vista reale è il traguardo finale. La condotta viziata da attaccamenti – cioè la condotta empirica – rappresenta solo il mezzo per ottenere la retta condotta. Quindi l'una dovrebbe seguire l'altra; colui che le segue entrambe gradualmente otterrà la conoscenza intuitiva. 281. Immancabilmente l'impurità interiore sfocia nell'impurità esteriore; l'uomo, a causa delle sue impurità interiori, commette le imperfezioni esteriori. 282. Gli onniscienti Arhat, ossia coloro che hanno visto e conosciuto ogni cosa, hanno detto a tutti coloro che sono in grado di essere liberati dai karma che la purezza di mente può essere raggiunta da quegli individui che liberano se stessi dalla brama, dalla vanità, dall'illusione e dall'avidità. 283. Colui che ha acquisito una condotta virtuosa dopo aver rinunciato a tutte le azioni peccaminose, non può ottenere la purezza dell'anima se non si è liberato dall'illusione. For Personal & Private Use Only Page #93 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla retta condotta 91 284. Come i pensieri nefasti vengono superati da una condotta virtuosa, così una condotta virtuosa viene superata da una condotta pura; perciò, attuando questi due tipi di condotta, l'una dopo l'altra, lo yogin mediti sulla propria anima. 285. Se dal punto di vista reale c'è un difetto nella retta condotta di un individuo, allora ci sarà un difetto anche nella retta conoscenza e nella retta fede; ma se c'è un difetto nella retta condotta dal punto di vista empirico, non necessariamente vi sarà un difetto nella retta conoscenza e nella retta fede. 286, 287. Dopo aver costruito una fortezza con la retta condotta, il portone con l'ascesi e l'autocontrollo, i forti bastioni con la clemenza e le invincibili guardie con i tre tipi di controllo della mente, della parola e dell'azione, il monaco arma se stesso con l'arco dell'ascesi, fora lo scudo del proprio karma, vince la battaglia e si libera da questa vita terrena. For Personal & Private Use Only Page #94 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 27 Precetti sulla realizzazione spirituale 288. Si deve meditare sulla propria anima dopo aver acquisito il controllo sull'alimentazione, sulla veglia e sul sonno, in conformità con i precetti del Jina e con la conoscenza ottenuta grazie al maestro. 289. Un individuo, essendo diventato illuminato attraverso l'onnicomprensiva conoscenza, avendo rinunciato all'ignoranza e all'illusione e avendo posto fine all'attaccamento e all'avversione, ottiene l'emancipazione che coincide con la beatitudine suprema. 290. Un devoto servizio verso i maestri e i più anziani, un assoluto rifiuto della compagnia delle persone ignoranti, lo studio di sé, una dimora solitaria, la giusta considerazione del significato delle scritture, la pazienza: tutto ciò costituisce la via verso l'emancipazione. 291. Il monaco che compie gli esercizi ascetici ed è desideroso di equanimità mentale, dovrebbe assumere una quantità limitata di cibo che non derivi da violenze (puro), dovrebbe avere una compagnia intelligente e ben istruita sul significato delle scritture, e dovrebbe trovare un posto isolato in cui dimorare e meditare. 292. Gli individui che assumono un cibo salutare, controllato e moderato non necessitano dell'aiuto del medico; essi sono i medici di se stessi e si mantengono sani e puri. For Personal & Private Use Only Page #95 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla realizzazione spirituale 93 293. Non si dovrebbero mangiare cibi squisiti in quantità eccessive, perché i cibi squisiti di solito stimolano le brame. Le persone le cui brame vengono stimolate sono mentalmente disturbate, così come gli alberi pieni di frutti dolci sono frequentemente infestati dagli uccelli. 294. Una malattia curata con una medicina non riapparirà; analogamente, un nemico come l'attaccamento non disturberà la mente di un monaco che ha un posto solitario per stare seduto e per dormire, che mangia poco cibo e che controlla i sensi. 295. Si deve praticare la religione molto prima che l'età avanzata infastidisca, che una malattia lo impedisca e che i sensi diventino deboli. For Personal & Private Use Only Page #96 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 22 Precetti sulle due vie della religione 296. Il Signore Jina, che ha vinto la nascita, la vecchiaia e la morte, ha parlato di due vie: l'una è per i laici virtuosi e l'altra è per i monaci virtuosi. 297. La carità e la devozione sono i principali doveri religiosi del laico. Una persona, se non adempie a questi doveri, non può essere uno srāvaka (laico virtuoso). La meditazione e lo studio delle scritture sono i doveri principali del monaco virtuoso; non può esserci un monaco che non osservi questi doveri. 298. Per quanto riguarda la condotta, in qualche caso i laici sono superiori a certi monaci. Ma, nel loro insieme, i monaci sono superiori ai laici. 299. Finché non sarò in grado di lasciare la mia casa e diventare un monaco dalla testa rasata, accetto, in presenza dei monaci amati dagli dèi, di osservare i dodici tipi di voti dei laici: cinque voti minori (aņuvrata) e sette voti disciplinari (śikṣhāvrata), come prescritto per i laici. 300. La religione del laico consiste nell'osservare i cinque voti minori e i sette voti disciplinari. Il laico che osserva tutti o alcuni di questi voti, diventa un laico virtuoso. For Personal & Private Use Only Page #97 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 23 Precetti sulla religione dei laici 301. È chiamato śrāvaka (laico virtuoso) colui che, essendo dotato di retta fede, ascolta ogni giorno i discorsi dei monaci sulla retta condotta. 302. Un laico virtuoso è colui che ha rinunciato a nutrirsi dei cinque frutti udumbara (come il banyan, il pipala, il fico anjeer, il kathumara e il pakar),32 è colui che è libero dai sette vizi ed è colui che viene chiamato darśana śrāvaka, un uomo il cui intelletto è purificato dalla retta fede. 303. I sette vizi sono i seguenti: 1. i rapporti sessuali con persone diverse dal proprio coniuge; 2. il gioco d'azzardo; 3. bere bevande alcoliche; 4. la caccia; 5. esprimersi con asprezza; 6. la durezza nelle punizioni; e 7. l'appropriazione indebita dei beni altrui. 304. Mangiare le carni di animali aumenta l'orgoglio, l'orgoglio crea il desiderio per le bevande alcoliche e il piacere del gioco d'azzardo; e ciò'accresce tutti gli altri vizi. 305. Le scritture di altre religioni hanno descritto saggi che volavano e che poi cadevano a terra per aver mangiato la carne di animali, perciò anch'esse dicono che non si dovrebbe mangiare carne. 306. Una persona bevendo alcolici perde l'autocontrollo e commette molte azioni censurabili; subisce infinite sofferenze sia in questo mondo sia nel prossimo. For Personal & Private Use Only Page #98 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 96 La via della liberazione 307. Una persona che ha una devozione verso il Jina salda come il monte Meru, che ha un'inclinazione verso la rinuncia e che è libera da difetti di carattere (śalya), non avrà paure in questo mondo. 308. Siccome anche un nemico si avvicina a un uomo umile con amicizia, il laico deve coltivare i tre tipi di umiltà: del pensiero, della parola e dell'azione. 309. Fare del male agli esseri viventi (himsā), mentire, rubare, avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio e avere uno smisurato desiderio di possesso (parigraha): l'eliminazione di questi cinque comportamenti costituisce i cinque voti minori. 310. Un individuo con la mente contaminata dall'ira o da altre passioni non dovrebbe mai legare, ferire, mutilare, caricare di grandi pesi o privare di cibo o di acqua nessun essere vivente, animale o umano: queste sono le cinque trasgressioni (aticāra) del voto di non-violenza (ahimsā). 311. L'astenersi dal mentire è il secondo voto. La menzogna è di cinque tipi: dire il falso sulle donne nubili, sugli animali, sulle terre, sui debiti o sui pegni, e dire falsa testimonianza. 312. Accusare in modo affrettato e in maniera sconsiderata, divulgare il segreto di qualcuno, svelare un segreto confidato dalla propria moglie, dare falsi consigli, falsificare documenti o scritti: tutto ciò dev'essere evitato. 313. Ci si dovrebbe astenere da: acquistare beni rubati, incitare un altro a rubare, sottrarsi alle leggi del governo, usare falsi pesi e false misure, falsificare monete e documenti. 314. Ci si dovrebbe astenere: dall'avere rapporti con una donna che non ha tutori o che è di un vagabondo, dal compiere atti sessuali innaturali, dal combinare matrimoni o dallo sposarsi due volte, e dallo smodato desiderio sessuale. 315, 316. Non si dovrebbero accumulare per un'insaziabile avidità beni illimitati, perché questo comportamento porterà all'inferno e sfocerà in numerosi sbagli. Una persona retta e dalla For Personal & Private Use Only Page #99 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla religione dei laici mente pura non dovrebbe superare i limiti che si è imposta nell'acquisizione di terre, di oro, di grano, di servitù, di bestiame, di vasellame e di mobilia. 97 317. La persona che ha fatto il voto di limitare il desiderio di possesso dovrebbe essere paga di ciò che possiede. Non dovrebbe mai pensare dentro di sé: «Page #100 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 98 La via della liberazione azioni amorose, dall'imitazione parodistica, dalle parole offensive, dall'eccessiva loquacità, dal possesso di strumenti e di armi di violenza, da un eccessivo uso del sesso e dall'avere troppe cose d'uso quotidiano. 324. Mettere un limite agli oggetti di piacere sensuale, sia quelli di consumo abituale sia gli altri, praticare l'equanimità mentale (sāmāyika), offrire cibo e altre cose ai monaci, agli ospiti e alle persone bisognose, e digiunare come stabilito dalla religione (pauşadha): questi sono i quattro voti disciplinari. 325. Il primo voto disciplinare (bhogopabhoga viramaņa) è di due tipi: quello che riguarda il piacere e quello che riguarda il lavoro. Il primo consiste nell'astenersi dal mangiare tutte quelle verdure che hanno un'anima (come, per esempio, le radici bulbose), nell'astenersi dal mangiare frutti udumbara contenenti piccolissimi organismi viventi (i semi) e nel non cibarsi delle carni di animali. Il secondo consiste nell'astenersi da quei commerci e da quelle attività produttive che comportano violenza e altre azioni peccaminose. 326. Avendo come scopo l'astensione dagli atti peccaminosi, l'unica azione religiosa meritoria è sāmāyika. Perciò, considerando questa come un'azione superiore a tutte le altre azioni ordinarie del laico, una persona intelligente dovrebbe compiere sāmāyika per il proprio benessere. 327. Osservando il voto di sāmāyika (ossia, astenersi dalle azioni peccaminose e praticare l'equanimità mentale), il laico diventa uguale a un santo: per questa ragione dovrebbe osservare il voto molte volte durante la giornata. 328. Se un laico pensa alle faccende terrene (e non al sé), mentre pratica sāmāyika, realizza una concentrazione negativa, e il suo sāmāyika sarà inutile. 329. Poşadhopavāsa consiste nell'astensione dal cibo, dall'abbellimento del corpo, dall'unione sessuale e dalla violenza. È di due tipi: parziale o totale; osservando il secondo tipo, l'individuo realizza senz'altro sāmāyika. For Personal & Private Use Only Page #101 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla religione dei laici 330. Un laico che offre cibo puro ai monaci nella maniera giusta e secondo le regole prescritte e le necessità del tempo e del luogo, osserva il quarto voto disciplinare (atithisamvibhāga). 331. Esistono quattro generi di donazione: di cibo, di medicamenti, dell'insegnamento delle scritture e delle rassicurazioni contro la paura. Nella sacra scrittura Upāsakādhyayana, si dice che questa quadruplice donazione è molto meritoria. 99 332. Un laico che offre senza indugi cibo in elemosina è lodevole: a che cosa serve indagare sulla idoneità o meno della persona che riceve la carità? 333. I pii laici che sono prudenti e hanno una buona condotta basata sull'osservanza delle scritture non mangiano in una casa in cui non sia mai stata fatta prima la carità ai monaci. 334. Colui che mangia il cibo avanzato dopo che il monaco si è nutrito godrà della più grande felicità terrena e gradualmente otterrà la beatitudine dell'emancipazione. Questo predica il Jaina. 335. Sappi che proteggere sempre gli esseri viventi che temono di morire è abhayadāna, la suprema carità. For Personal & Private Use Only Page #102 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 24 Precetti sulla religione dei monaci Equanimità 336. Śramana, Samyata, Rṣi, Muni, Sadhu, Vītaraga, Anagāra, Bhadanta e Danta: questi sono i nomi usati per designare i monaci dal comportamento ideale. 337. I monaci che stanno cercando la via suprema della liberazione assomigliano a un leone (nel coraggio), a un elefante (nella dignità), a un toro (nella forza), a un cervo (nello stare eretti), a un qualunque animale (nella libertà dagli attaccamenti), al vento (nell'assenza di compagnia), al sole (nella brillantezza), a un oceano (nella serenità), al monte Mandara (nella fermezza), alla luna (nella calma), a un diamante (nella lucentezza), alla terra (nella pazienza), a un serpente (nell'essere senza riparo) e al cielo (nell'essere indipendenti). 338. In tutto il mondo vi sono tanti monaci che si comportano male e malgrado ciò sono chiamati monaci. Un falso monaco non dovrebbe essere chiamato monaco; solamente un vero monaco dovrebbe essere chiamato monaco. 339. Una persona che è dotata di retta conoscenza e di retta fede, che è impegnata nell'autocontrollo e nell'ascesi, e che è dotata veramente di tutte queste virtù, dovrebbe essere chiamata monaco. 340. Una persona non diventa un monaco semplicemente rasandosi la testa, né un Brahmano ripetendo il mantra Omkāra, né un asceta abitando nella foresta, né un eremita indossando indumenti tessuti con l'erba darbha. For Personal & Private Use Only Page #103 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla religione dei monaci 101 341. Una persona diventa uno Sramaņa attraverso l'equanimità, un Brahmano attraverso il celibato, un Muni attraverso la conoscenza e un asceta attraverso l'ascesi. 342. Una persona diventa un monaco attraverso le proprie virtù o un falso monaco attraverso la loro mancanza; perciò impadronisciti di tutte le virtù del monaco e sii libero da tutti i vizi del falso monaco; conquista te stesso con il tuo sé. Colui che rimane equanime davanti agli attaccamenti e all'odio è degno di venerazione. 343. I monaci che sono legati ai loro corpi, schiavi dei piaceri sensuali, posseduti dalle passioni e inconsapevoli della loro vera natura, sono certamente privi di rettitudine. 344. Un monaco ascolta molto con le orecchie e vede molto con gli occhi, ma tutto ciò che ha visto e ha sentito non merita di essere raccontato.35 345. I monaci non dormono a lungo di notte, essendo impegnati nello studio delle scritture e nella meditazione. Non si addormentano perché riflettono sempre sul significato dei precetti. 346. I veri monaci sono liberi dagli attaccamenti, dalla presunzione, dalle compagnie e dall'egoismo, e trattano in modo imparziale e sempre equilibrato tutti gli esseri viventi, sia mobili sia immobili. 347. Un vero monaco mantiene l'equanimità sia quando ha successo sia quando fallisce, sia quando è felice sia quando è infelice, sia nella vita sia nella morte, sia quando viene criticato sia quando viene elogiato, sia quando viene onorato sia quando viene denigrato. 348. Egli è totalmente insensibile agli onori, alle passioni, alle punizioni, alle afflizioni e alla paura; è imperturbabile e libero dalle gioie e dalle tristezze. 349. Egli non ha interesse né in questo mondo né nell'altro. Non si preoccupa se mangia o se digiuna, per lui non c'è differenza se For Personal & Private Use Only Page #104 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 102 La via della liberazione le sue membra sono unte con l'olio di sandalo oppure tagliate con un'ascia. 350. In questo modo, il monaco previene l'afflusso dei karma attraverso le varie porte nefaste ed è assorto, grazie alla meditazione spirituale, nel suo rigoroso autocontrollo e nella disciplina. 351. Egli deve sopportare la fame, la sete, i giacigli duri, il freddo, il caldo, le scomodità e la paura. È la mortificazione del corpo ciò che dà i migliori frutti. 352. Sì, tutti gli uomini istruiti hanno detto che per seguire costantemente l'ascesi è necessario mantenere sempre l'autocontrollo e mangiare solamente una volta al giorno. 353. Se un monaco è privo di equanimità, a che cosa gli serve abitare in un luogo appartato, mortificare il corpo, digiunare in vario modo, studiare le scritture e rimanere in silenzio? 354. Un monaco illuminato e dedito alla rinuncia dovrebbe sempre controllare se stesso, sia che si trovi in campagna sia che si trovi in città, e dovrebbe predicare a tutti la via della pace. O Gautama, sii sempre vigile! 355. In futuro le persone diranno: «Non si vedono Jina in questi giorni, e quelli che proclamano la via dello sviluppo spirituale hanno punti di vista diversi». O Gautama che sei sulla retta via, sii sempre vigile! Apparenza esteriore e segni di distinzione 356. L'apparenza non dimostra l'autocontrollo di una persona; la persona senza autocontrollo non indossa forse lo stesso vestito? E il veleno non uccide la persona che lo ingoia, anche se le cambi il vestito? 357. Le persone indossano vestiti diversi per ispirare fiducia agli altri. Un segno di distinzione è utile all'asceta per far capire agli altri che è un monaco. For Personal & Private Use Only Page #105 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla religione dei monaci 103 358. Gli sciocchi indossano vari tipi di simboli esteriori di falsi asceti o di laici, e sostengono che questi simboli esteriori portano alla liberazione. 359. Colui che è privo di forza interiore come un albero cavo è finto come una moneta falsa o come una perlina di vetro che imita un diamante, e non potrà godere del rispetto del saggio che conosce la verità. 360. Sappi che la condizione mentale, e non l'abito, è il segno di distinzione della spiritualità. Il Jina afferma che è la condizione mentale che causa le virtù o i vizi. 361. La rinuncia al possesso esteriore è ciò che conduce alla purezza mentale. Ma la rinuncia al possesso esteriore è inutile se non è unita a un'interiore adesione al non-attaccamento. 362. Se un monaco dalla mente impura rinuncia completamente al possesso esteriore, ma è privo di una condizione mentale appropriata, a che cosa gli servirà una simile rinuncia? 363. Chi non è attaccato al proprio corpo, è completamente libero dalle passioni come l'orgoglio e ha un'anima assorbita in se stessa è un vero monaco. For Personal & Private Use Only Page #106 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 25 Precetti sui voti 364. Un monaco saggio, dopo aver aderito ai cinque voti maggiori della non-violenza, della sincerità, della non-appropriazione indebita, del celibato e del non-possesso, praticherà la religione predicata dal Jina. 365. Solo il monaco che è libero dalle spine del carattere (śalya) osserva realmente i cinque voti maggiori. I voti invece diventano inutili se possiede le tre spine del carattere, cioè l'aspettativa di un compenso terreno per le buone azioni compiute, una fede sbagliata e la disonestà. 366. Colui che ha desiderio degli inutili piaceri terreni e che trascura la beatitudine dell'emancipazione, è come una persona che rinuncia a una vera gemma per un pezzo di vetro luccicante. 367. La condizione mentale di chi non vuole uccidere gli esseri viventi, rispettandoli in base alla loro specie, al luogo della loro nascita e alle loro peculiarità (mārgaṇāsthāna), viene chiamata il primo voto (non uccidere). 368. Ahimsa è il cuore di tutti gli stadi della vita, è il nucleo di tutte le sacre scritture, è la somma (pinda) e la sostanza (sāra) di tutti i voti e di tutte le virtù. 369. Per rabbia o per paura nessuno dovrebbe dire, né far dire a un altro, parole dannose e false, nell'interesse suo o di un altro. For Personal & Private Use Only Page #107 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui voti 370. Chi non desidera impossessarsi di cose che appartengono agli altri, sia che si trovi in un villaggio, in una città o nella foresta, osserva il terzo voto di non rubare. 105 371. Niente di ciò che è animato o inanimato, di poco conto o prezioso, no, neanche uno stuzzicadenti, dovrebbe essere preso senza chiedere il permesso al proprietario. 372. Il monaco scelto per andare a raccogliere l'elemosina non dovrebbe oltrepassare il limite prestabilito di una terra o di una proprietà; perciò, dopo aver acquisito informazioni sulle famiglie presso le quali può andare a chiedere l'elemosina, non dovrebbe superare quell'area. 373. Siccome l'attività sessuale è la radice dell'irreligiosità ed è la causa dell'accumulo di grandi difetti, i monaci dovrebbero costantemente trattenersi da essa. 374. Quando incontri i tre tipi di donna, vedi in loro l'immagine rispettivamente della madre, della figlia o della sorella (secondo la loro età). Trattieniti inoltre dal raccontare storie di donne; la castità è degna di venerazione in tutti e tre i mondi. 375. Il quinto voto maggiore per i monaci seguaci della retta condotta è la rinuncia con mente calma agli attaccamenti a tutte le cose. 376. È inutile dare altri consigli a coloro che non desiderano rinascere. Il supremo Jina ha consigliato loro di non attaccarsi nemmeno al proprio corpo e di trattenersi dall'abbellirlo. 377. Il monaco può tenere solamente le cose che gli sono necessarie per osservare i vrata (voti), che non sono desiderate dagli uomini di questo mondo e che non sono in grado di creare alcun attaccamento. Qualsiasi cosa possa creare anche il più lieve attaccamento, è inaccettabile per il monaco. 378. Se, per quanto riguarda i cibi e i viaggi, il monaco agirà prendendo sempre in considerazione il luogo, il tempo, la fatica richiesta, le proprie capacità e gli utensili indispensabili, subirà pochi effetti negativi dei karma. For Personal & Private Use Only Page #108 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 106 . La via della liberazione 379. Jñātaputra (Bhagavān Mahāvīra) ha detto che un oggetto di per sé non crea possessività; il grande santo voleva dire che è l'attaccamento all'oggetto che crea possessività. 380. Un monaco non dovrebbe accumulare nulla, neanche una particella di cibo appiccicata alla ciotola dell'elemosina. Come un uccello che vola solamente grazie alle sue ali, così egli deve vagare da solo senza possedere nulla. 381. Anche quando le lenzuola, i letti, le sedie, il cibo e le bevande sono disponibili in abbondanza, è degno di venerazione il monaco che desidera solamente il minimo e ne rimane appagato. 382. Un monaco non dovrebbe desiderare il cibo - nemmeno con la mente - dopo il tramonto e prima dell'alba. 383. Poiché esistono numerosi e piccoli esseri viventi, mobili e immobili, che sono invisibili nella notte, come potrebbe un monaco spostarsi durante queste ore per procurarsi il cibo? For Personal & Private Use Only Page #109 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 26 Precetti sull'attenzione e sull'autocontrollo Gli otto precetti fondamentali 384. Essere vigili nel camminare, nel parlare, nell'elemosinare, nel ricevere e nel riporre il cibo offerto36 e nell'espletare i bisogni corporali: queste sono le cinque forme di attenzione (samiti). Il controllo della mente, il controllo della parola e il controllo del corpo sono le tre forme di autocontrollo (gupti). Questi sono gli otto precetti fondamentali. 385. Questi otto precetti fondamentali sono chiamati pravācanāmātā («precetti madre»). Come una madre diligente protegge il figlio, così gli otto precetti proteggono la retta conoscenza, la retta fede e la retta condotta del monaco. 386. Le cinque forme di attenzione servono per praticare la vita religiosa e le tre forme di controllo servono per prevenire gli atti peccaminosi. 387. Come chi pratica i gupti non viene sfiorato dai difetti riguardanti i samiti, così chi pratica i samiti non viene toccato dai difetti riguardanti i gupti. Certamente i gupti pongono fine alla distrazione di chi compie un'azione. 388. La persona che è disattenta nelle sue azioni è certamente colpevole di violenza, indipendentemente dal fatto che uccida o non uccida un essere vivente. Invece, la persona che è attenta e vigile nell'osservare i samiti non sperimenta la schiavitù del karma, e ciò perché nelle sue azioni non può verificarsi alcuna violenza. For Personal & Private Use Only Page #110 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 108 La via della liberazione 389, 390. monaco che osserva i samiti, restando sempre attento nelle sue attività, può commettere himsā (violenza) a causa di una svista; in questo caso, c'è solo una violenza esteriore (dravyahimsa) e non interiore. Invece, una persona negligente è colpevole di violenza interiore (bhava-himsa) anche se non ha causato una violenza esteriore uccidendo un essere vivente. Quando la negligenza di una persona, un asceta o un laico, provoca un danno, sarà presente sia la violenza esteriore (fisica) sia la violenza interiore (mentale). Il monaco saldo nell'osservanza dei samiti non causerà nessuna violenza grazie alla purezza della sua anima; non provocherà nessuna violenza né esteriore né interiore. 391, 392. Quando una minuscola creatura vivente viene accidentalmente schiacciata dal piede di un monaco che è attento ai propri movimenti, le scritture sostengono che egli non si attirerà nemmeno un po' di karma negativo; infatti il monaco non è responsabile di questa violenza involontaria. Come la possessività nasce dal senso dell'attaccamento, così la violenza nasce dall'intenzione di uccidere. 393. Come la foglia di loto, possedendo la proprietà della levigatezza, non viene bagnata dall'acqua, così il monaco che pratica i samiti non viene sfiorato dal karma negativo mentre si muove con attenzione in mezzo agli esseri viventi. 394. L'attenzione (yatana) è la madre della religione; è inoltre la protettrice della religione; aiuta la crescita della religione e genera una felicità perfetta. 395. Il monaco che si muove con cautela, che sta in piedi con cautela, che sta seduto con cautela, che mangia con cautela e che parla con cautela, non sarà colpito dai karma malvagi. Atti di attenzione ro, 396. Di giorno, quando è necessario uscire per un qualsiasi lavola pratica di īryāsamiti consiste nel camminare sulla strada guardando davanti a sé alla distanza di quattro cubiti37 per evitare di uccidere qualche minuscola creatura vivente. For Personal & Private Use Only Page #111 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sull'attenzione e sull'autocontrollo 109 397. Bisognerebbe camminare con cautela, concentrati soltanto nel compito di camminare, dando importanza soltanto al compito di camminare, non prestando nessuna attenzione agli oggetti dei piaceri sensuali e non intraprendendo nessuno dei cinque tipi di studio. I cinque tipi di studio sono: leggere i testi sacri (vācanā), porre domande all'insegnante (prehana), ripassare rileggendo (parāvartana), riflettere su ciò che si è già studiato e imparato (anuprekşā) e leggere le storie esemplari (dharmakathā). 398. Analogamente, non si dovrebbe camminare in linea retta in mezzo ai vari esseri viventi che si radunano ai bordi delle strade per sfamarsi: ci si dovrebbe muovere in modo cauto.38 399. Anche quando viene interpellato, un monaco non dovrebbe mai pronunciare una parola peccaminosa, una parola insensata o una parola malevola, né nel suo interesse né nell'interesse di un altro o di entrambi. 400. Un monaco non dovrebbe usare parole dure, né dire ciò che è dannoso (anche se vero) per altri esseri viventi, perché ciò è peccaminoso. 401. Analogamente, un monaco non dovrebbe offendere chiamando «orbo» chi è orbo, «eunuco» chi è eunuco, «malato» chi è malato e «ladro» chi è ladro. 402. L'attenzione nel parlare (bhāṣāsamiti) consiste nell'evitare di dire calunnie, di dire cose ridicole, di rivolgere accuse agli altri, di autolodarsi o di raccontare storie incredibili. Questi modi di parlare non portano niente di buono né a se stessi né agli altri. 403. Un monaco saggio dovrebbe dire soltanto ciò che ha visto; il suo discorso dovrebbe essere breve, senza ambiguità, ed egli dovrebbe esprimersi in modo chiaro, senza parlare a vanvera e senza causare ansia. 404. È difficile trovare chi faccia l'elemosina in modo impeccabile39 e ancora più difficile è trovare uno che viva in modo impeccabile di mendicità; coloro che fanno l'elemosina in modo impec For Personal & Private Use Only Page #112 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 110 La via della liberazione cabile e coloro che ricevono l'elemosina in modo impeccabile otterranno lo stato di felicità nella prossima vita. 405. Il monaco che mendica il cibo, un utensile o un giaciglio, controllando la provenienza, la preparazione e il modo di riceverli, pratica la vera attenzione (samiti) nel campo dell'elemosina. 406. Un monaco non dovrebbe cibarsi per acquisire forza fisica, per provare piacere o per il miglioramento delle condizioni del corpo e dell'aspetto, ma solamente per acquisire la conoscenza, l'autocontrollo e la meditazione. 407,408. Come le api si procurano il nutrimento dai fiori sugli alberi senza danneggiare i fiori, così, in questo mondo, i monaci che osservano in modo appropriato il codice monastico di comportamento e sono liberi da tutte le forme di possesso, s'impegnano a mendicare il cibo e le altre cose necessarie dai laici senza gravare su di loro. 409. Il monaco che desidera mentalmente cibarsi di cibo preparato in modo violento, accumula karma negativo anche se in quel momento sta mangiando un cibo preparato in modo non violento. Invece, il monaco che è sempre alla ricerca di cibo puro (cioè ottenuto in modo non violento) è egli stesso puro e irreprensibile, anche se per caso ha ricevuto inconsapevolmente un cibo preparato in modo violento. 410. Se un monaco compie attentamente la prescritta ispezione visiva, pulendo e sistemando le cose che riceve, pratica una forma di samiti.40 411. Un monaco dovrebbe espletare i propri bisogni fisiologici in un luogo solitario, libero dagli insetti e dall'erba, nascosto, spazioso, privo di inconvenienti: questo significa osservare l'utsarga-samiti. L'autocontrollo 412. Un monaco attento dovrebbe impedire alla propria mente di concepire pensieri malvagi (saírambha) e di pensare a strumenti For Personal & Private Use Only Page #113 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sull'attenzione e sull'autocontrollo 111 che possano fare del male agli altri esseri viventi (samārambha) e di immaginare azioni malvagie (ārambha). 413. Un monaco attento dovrebbe controllare le proprie parole non appena provi inclinazione verso pensieri di espressioni malvagie, verso tentativi di espressioni malvagie e verso espressioni malvagie. 414. Un monaco attento dovrebbe controllare il proprio corpo non appena tenda a pensare a un progetto che possa causare sofferenza ad altri, a oggetti che possano causare sofferenza ad altri o a un'azione che possa causare sofferenza ad altri. 415. Come un recinto protegge un campo, come una diga o un muro proteggono una città, così i gupti (ossia le forme di autocontrollo della mente, della parola e del corpo) proteggono il monaco dai peccati. 416. Un monaco che mette in pratica questi otto precetti fondamentali con una condotta virtuosa è una persona saggia che sarà liberata velocemente da tutte le schiavitù dell'esistenza terrena. For Personal & Private Use Only Page #114 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 27 Precetti sui doveri obbligatori 417. Colui che contempla la purezza della natura dell'anima dopo aver rinunciato a tutti gli altri stati mentali, raggiunge la vera concentrazione; questa è la base dei cosiddetti «doveri obbligatori»>. 418. Il monaco che non mette in pratica i doveri obbligatori, uscirà dalla via della retta condotta; egli dovrebbe osservarli attenendosi all'ordine prestabilito. 419. Chi compie atti come pentimento (pratyākhyāna), ecc. segue la retta condotta dal punto di vista reale (niscaya-naya); certamente, così facendo, un monaco segue costantemente una condotta priva di attaccamenti. 420. Il pentimento per le azioni malvagie del passato (pratikramana), la rinuncia alle future azioni malvagie (pratyākhyāna), il voto di astenersi dalle azioni malvagie (niyama), la confessione delle azioni malvagie (alocanā): tutti questi impegni vengono espressi verbalmente e quindi costituiscono la base dello studio (svādhyāya). 421. Chi è capace di praticare il pentimento dovrebbe procedere alla contemplazione; chi invece non possiede questo tipo di capacità, dovrebbe avere fede nella sua efficacia. 422. I sei doveri obbligatori sono: 1. l'equanimità (sāmāyika); 2. la preghiera rivolta ai ventiquattro Jina (caturviṁśatistava); 3. la sottomissione spirituale (vandana); 4. il pentimento (pratikramana); 5. l'immobilità del corpo durante la meditazione sull'anima (kāyotsarga); 6. la rinuncia a compiere in futuro atti malvagi (pratyākhyāna). For Personal & Private Use Only Page #115 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui doveri obbligatori 113 423. Trattare nello stesso modo un filo d'erba e un filo d'oro, un amico e un nemico, e sviluppare una mente priva di attaccamenti e incline a compiere azioni virtuose, tutto ciò costituisce sāmāyika (equanimità). 424. Avendo rinunciato a parlare, avendo sviluppato uno stato mentale privo di attaccamenti, tenendo sempre il pensiero concentrato sul proprio sé, l'individuo raggiunge veramente la meditazione suprema, chiamata sāmāyika o parama samādhi. 425. Nella disciplina predicata dagli Onniscienti si dice che chi si astiene sempre dal compiere azioni peccaminose, chi pratica le tre forme di autocontrollo (gupti) e chi domina i propri organi di senso, costui è in possesso di un solido sāmāyika. 426. Nella disciplina predicata dagli Onniscienti, solamente chi tratta in modo uguale tutti gli esseri viventi, sia mobili che immobili, è in possesso di un saldo sāmāyika. 427. Spiegare i significati dei nomi del grande Jina Rşabha (e degli altri Jina) e parlare in modo devoto delle loro qualità virtuose, come anche venerarli, tutto ciò costituisce il puro stava (o caturvimsatistava, la preghiera rivolta ai ventiquattro Tīrtharkara) che può essere espresso in tre modi (con la mente, con la parola e con le azioni). 428. Un monaco pratica il pentimento quando, pieno di senso critico e di rimorso, ricerca (con la mente, con la parola e con l'azione) gli sbagli commessi, riguardanti qualsiasi sostanza, posto, tempo e modalità. 429. C'è vero pentimento quando un monaco, dopo aver confessato, dopo essersi addossato le colpe e dopo essersi condannato per il peccato da lui commesso, prende la decisione di non ripetere più quel tipo di errore in futuro. Ogni comportamento diverso costituisce solamente un pentimento formale. 430. Un monaco deve usare la sottomissione spirituale in sei occasioni: 1. quando esprime il desiderio di salutare; 2. quando ottiene il permesso dal maestro di andare in un posto; 3. quando esprime il For Personal & Private Use Only Page #116 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 114 La via della liberazione desiderio di compiere atti religiosi; 4. quando compie un pellegrinaggio in pieno autocontrollo;5. quando domina i sensi; 6. quando prega per il perdono dei peccati commessi per sbaglio. 431. L'umiltà è un obbligo: scaccia l'orgoglio, aumenta la venerazione verso il maestro e verso i Tīrthařkara e porta a ubbidire ai precetti delle scritture. 432. Un monaco che medita sulla propria anima dopo aver rinunciato agli attaccamenti e alle altre passioni e che si astiene dal parlarne pratica il vero pentimento. 433. Il monaco che è assorto in meditazione rinnega tutte le proprie colpe; dunque, la sola meditazione è già di per sé un vero pentimento per tutte le trasgressioni. 434. Durante le cerimonie quotidiane, la rinuncia all'attaccamento al proprio corpo nel tempo prescritto, per il periodo prescritto e con la mente concentrata sulle qualità virtuose dei Jina: tutto ciò costituisce kāyotsarga (lo stato di immobilità del corpo). 435. Mentre viene compiuto kāyotsarga, si dovrebbero esaminare con pazienza tutti gli ostacoli che possono essere stati messi sulla propria strada da un dio, da un uomo, da un animale o dalla natura inanimata. 436. Colui che, dopo avere rinunciato a tutti i tipi di conversazione e dopo essersi distaccato da tutte le future attività di pensiero, buone o cattive, medita sulla propria anima, pratica davvero la rinuncia alle future azioni malvagie (pratyākhyāna). 437. Non rinunciare mai alla propria vera natura, non assumere mai la natura di un altro, conoscere tutto e vedere tutto come il proprio sé: questa dovrebbe essere la meditazione di una persona intelligente. 438. Condanno nella triplice maniera (cioè attraverso la mente, la parola e il corpo) qualsiasi atto malvagio da me compiuto ed eseguo sāmāyika nella triplice maniera, senza nessuna trasgressione. For Personal & Private Use Only Page #117 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 28 Precetti sulla penitenza La penitenza esteriore 439. La castità, la venerazione di Jina e il digiuno fatto per controllare le passioni, tutto ciò è penitenza, specialmente per le persone semplici. 440. È stato detto che la penitenza è di due tipi: esteriore e interiore. Entrambe sono suddivise in sei categorie. 441. 1. Digiunare; 2. mangiare meno del normale; 3. chiedere l'elemosina; 4. rinunciare alle ghiottonerie; 5. mortificare il proprio corpo; 6. abitare da soli: queste sono le penitenze esteriori. 442. Colui che volontariamente rinuncia al cibo per uno o più giorni per purificare l'anima dai karma, pratica la penitenza esteriore del digiuno. 443. Il monaco che si nutre poco per studiare le scritture è detto tapasvī, cioè uno che pratica la penitenza secondo le scritture. Ma la penitenza del digiuno senza lo studio delle scritture equivale solamente a soffrire la fame. 444. Il digiuno costituisce penitenza quando la persona che lo compie non ha nessun tipo di pensiero negativo, quando non si determina un indebolimento corporale e quando le attività della mente, della parola e del corpo mantengono tutto il loro vigore. 445. Una persona dovrebbe decidere di digiunare dopo aver preso in considerazione la propria forza fisica, la propria resistenza, la propria fede, il proprio stato di salute, il luogo e il tempo. For Personal & Private Use Only Page #118 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 116 La via della liberazione 446. In breve, anche il soggiogamento dei sensi viene chiamato «digiuno»; dunque, coloro che hanno vinto i loro sensi vengono definiti «digiunatori» anche quando assumono cibo. 447. La purezza interiore raggiunta dall'individuo che è ben istruito nelle scritture, anche se si nutre regolarmente, sarà molte volte più grande della purezza della persona che non conosce le scritture ma che digiuna per due, tre, quattro o anche cinque giorni. 448. Una persona che si nutre con una piccola quantità di cibo, meno di un morso della sua porzione normale, pratica la penitenza chiamata ūnodarī, cioè il digiuno parziale. 449. Chi accetta l'elemosina dopo aver delimitato la quantità, il donatore, la ciotola che la contiene e il tipo di contenuto adempie alla penitenza chiamata vrttiparisankhyāna, cioè la limitazione delle cose mendicate. 450. Il monaco che evita cibi gustosi, come il latte, le cagliate e il burro, e mette le pietanze su di una foglia, pratica la penitenza rasaparityāga, cioè la rinuncia ai cibi prelibati. 451. La penitenza che consiste nel tenere il giaciglio e il sedile in un luogo solitario e non frequentato da membri dell'altro sesso e da animali, viene chiamata viviktaśayyāsana, cioè abitare in solitudine. 452. Adottare una rigida postura del corpo immobile, come vīrāsana, 41 ecc., che procura all'anima la beatitudine, costituisce la penitenza chiamata kāyakleśa, cioè la mortificazione del corpo. 453. La conoscenza che si acquisisce nel periodo in cui si hanno le comodità svanisce quando si comincia a sperimentare la loro mancanza. Perciò, nel periodo dell'acquisizione della conoscenza, lo yogin dovrebbe eliminare le comodità tenendo conto della propria capacità di sopportazione. 454, 455. Né l'esperienza del dolore, né l'esperienza del piacere servono da sole a curare un disturbo; ma chi conduce la propria For Personal & Private Use Only Page #119 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla penitenza 117 vita in modo corretto si cura sia attraverso la via del dolore, sia attraverso la via del piacere. Analogamente, chi è impegnato nel porre fine alla propria illusione può sperimentare sia il dolore sia il piacere, ma né il dolore né il piacere sono realmente ciò che pone fine all'illusione. La penitenza interiore 456. La penitenza interiore è di sei tipi: 1. l'espiazione dei peccati; 2. l'umiltà, 3. il servizio del maestro; 4. lo studio delle scritture; 5. la meditazione; 6. l'immobilità del corpo durante la meditazione. 457. L'osservanza dei voti, l'attenzione, la continenza, l'autocontrollo e il soggiogamento dei sensi portano all'espiazione e dovrebbero essere praticati di continuo. 458. Controllare l'ira e altri sentimenti, acquietare i pensieri intensi, contemplare le proprie virtù: questo costituisce l'espiazione dal punto di vista reale. 459. La moltitudine dei karma positivi e negativi accumulati durante le infinite trasmigrazioni può essere distrutta con la pratica delle penitenze: in tal caso le penitenze portano all'espiazione. 460. La confessione, il pentimento, la confessione e il pentimento contemporanei, la retta discriminazione, la rinuncia, le penitenze, la parziale riduzione della propria posizione di anzianità, la completa esclusione per un determinato periodo dal sargha (la comunità dei monaci) e la reiterazione della fede: questi dieci elementi costituiscono l'espiazione. 461. Un'azione malvagia compiuta sia intenzionalmente sia non intenzionalmente dev'essere confessata con mente serena. 462. Come un bambino parla delle sue buone e cattive azioni in maniera diretta, così si dovrebbe confessare la propria colpa con la mente libera dalla falsità e dall'orgoglio. For Personal & Private Use Only Page #120 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 118 La via della liberazione 463,464. Chi è punto da una spina sente il dolore irradiarsi in tutto il corpo, ma si libera da quel dolore rimuovendo la spina. In modo simile, chi nasconde le proprie colpe disonestamente diventa un miserabile; invece chi confessa le proprie colpe onestamente diventa puro e libero dall'afflizione mentale. 465. Chi ha compreso la propria anima dopo aver raggiunto l'equanimità, realizza la confessione: sappi che questo è il consiglio del Supremo Jina. 466. Alzarsi quando arriva una persona più anziana, darle il benvenuto con le mani giunte, offrirle un posto d'onore, servirla con un sentimento di devozione: questo costituisce l'umiltà. 467. L'umiltà è di cinque tipi: nella fede, nella conoscenza, nella condotta, nella penitenza e nell'etichetta: tutto ciò porta alla liberazione. 468. Se un anziano viene insultato, questo diventa un insulto per tutti; se viene venerato, tutti vengono venerati. 469. L'umiltà è la virtù primaria secondo le scritture del Jina; la persona umile acquisisce l'autocontrollo. Dove sono la religione e le penitenze per chi ha perso l'umiltà? 470. L'umiltà è la porta d'ingresso alla liberazione; attraverso l'umiltà si acquisisce l'autocontrollo, la penitenza e la conoscenza. Attraverso l'umiltà si onorano gli Achārya e il sangha (cioè l'intera comunità delle persone religiose). 471. L'istruzione acquisita con umiltà dà frutti in questo mondo e nell'altro mondo. Come una pianta non può crescere senza l'acqua, così l'istruzione non darà frutti senza l'umiltà. 472. Quindi, a tutti costi, non si dovrebbe abbandonare l'umiltà. Anche la persona con poca conoscenza delle scritture può annullare i suoi karma, se è umile. 473. Servire un monaco (vaiyāvstya) consiste nel fornirgli il letto, la dimora, il sedile e una corretta pulizia degli utensili, e nel pre For Personal & Private Use Only Page #121 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla penitenza 119 disporgli, con il dovuto rispetto, il cibo, i medicamenti, la lettura delle scritture e l'eliminazione dei rifiuti. 474. Proteggere e curare un monaco che si è affaticato nel camminare, che è stato minacciato da un ladro, da un animale selvaggio o dal re, che è stato ostacolato da un fiume o afflitto da una malattia contagiosa o dalla carestia: tutto ciò è servire un monaco (oaiyāortga). 475. Lo studio delle scritture (svādhyāya) assume cinque forme: 1. leggere il testo delle scritture; 2. porre dei quesiti; 3. la ripetizione; 4. la riflessione; 5. la narrazione dei discorsi religiosi che cominciano con la lode del Jina. 476. Chi studia le scritture con devozione e senza alcun desiderio di elogio, di onori o della purificazione dei suoi karma avrà il beneficio della conoscenza delle scritture, che conduce alla felicità. 477. Un monaco che ha studiato le scritture tiene i cinque organi di senso sotto controllo, pratica i tre gupti (cioè controlla la mente, la parola e il corpo), concentra la mente e osserva l'umiltà. 478. La perfetta meditazione si ottiene attraverso la conoscenza e la distruzione dei karma si ottiene attraverso la meditazione; la liberazione è il frutto della distruzione dei karma: dunque ci si dovrebbe costantemente impegnare nell'acquisizione della conoscenza. 479. Tra le dodici penitenze, interiori ed esteriori, che possono essere sperimentate da un saggio, non c'è niente che equivalga allo studio delle scritture. 480. Il monaco che non muove il corpo quando dorme, quando sta seduto e quando sta in piedi, e che controlla tutte le attività del corpo, osserva la sesta penitenza, quella dell'immobilità del corpo. 481. I benefici del praticare la meditazione con il corpo immobile sono: la rimozione dell'apatia corporale e mentale, lo sviluppo della capacità di sopportare sia il dolore sia il piacere, l'acquisi For Personal & Private Use Only Page #122 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 120 La via della liberazione zione di una riflessione profonda e l'accrescimento della forza di concentrazione nella meditazione pura. 482. La penitenza di coloro che sono nati in famiglie nobili e che hanno rinunciato ai loro averi non sarà pura se essi la praticano per essere venerati e onorati. Coloro che desiderano ottenere la purezza devono praticare la penitenza senza essere notati e senza nessun desiderio di essere venerati. 483. Il fuoco della penitenza che viene acceso da un carattere retto, quando è combinato con il vento della retta conoscenza, brucerà i semi del karma (che è la causa dell'esistenza terrena), così come il fuoco brucia i cumuli d'erba secca. For Personal & Private Use Only Page #123 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 29 Precetti sulla meditazione 484. Per un monaco la meditazione rappresenta la parte più vitale della religione; è come la testa per il corpo o le radici per l'albero. 485. Un saldo stato di calma mentale costituisce la meditazione, mentre lo stato di attività mentale può essere impiegato nella contemplazione, nella riflessione profonda o nel pensare. 486. Come il sale si scioglie quando viene a contatto con l'acqua, così, quando la mente è assorbita nella meditazione, il fuoco dell'anima brilla luminosamente, bruciando sia i karma fausti sia quelli infausti. 487. Se una persona è libera da attaccamento, da odio, da illusione e dalle attività della mente, della parola e del corpo, si riempie del fuoco della meditazione che brucia sia i karma fausti sia quelli infausti. 488. Una persona che, pura nei pensieri e nel corpo, concentra la mente seduta in posizione confortevole, rivolta a sud o a nord, riesce a immergersi in perfetta meditazione. 489. Una persona impegnata nella meditazione dovrebbe essere seduta nella posizione palyanka,42 dovrebbe fermare tutte le attività della mente, della parola e del corpo, dovrebbe fissare lo sguardo sulla punta del naso e dovrebbe rallentare l'espirazione e l'inspirazione. For Personal & Private Use Only Page #124 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 122 La via della liberazione 490. Una persona, dopo aver condannato la propria condotta malvagia, aver implorato il perdono di tutti gli esseri viventi, aver rinunciato alla negligenza e dopo aver acquisito la calma della mente, dovrebbe intraprendere la meditazione fino a che non le appaia l'oggetto stesso della meditazione. 491. Ai monaci che hanno calmato tutte le attività della mente, della parola e del corpo, e che hanno completamente concentrato la mente nella meditazione, non importa assolutamente niente se si trovano in un villaggio pieno di gente o nella foresta deserta. 492. Un monaco dedito all'ascesi e desideroso di praticare la meditazione non dovrebbe avere pensieri piacevoli o spiacevoli sugli oggetti dei sensi. 493. Un monaco diventa completamente saldo nella meditazione se ha capito pienamente la natura dell'esistenza terrena, se è privo di qualsiasi attaccamento, se non ha paure, se non ha desideri e se ha sviluppato un atteggiamento di indifferenza verso il mondo. 494. Un monaco che medita sull'anima umana e che è dotato di una conoscenza e di una fede supreme è un vero yogin: egli pone fine a tutti i suoi peccati e si libera dai sentimenti conflittuali del dolore e del piacere. 495. Un monaco che vede che l'anima è distinta dal corpo così come da ogni altra forma di proprietà esteriore e interiore, diventa libero da tutti gli attaccamenti e intraprende una rinuncia assoluta al corpo e a tutti gli altri oggetti esteriori. 496. È veramente assorbita in meditazione quell'anima che durante il tempo della meditazione pensa: «Io non appartengo agli altri e gli altri non appartengono a me, in quanto io sono solo e sono pura conoscenza». 497. In verità, se un monaco, durante la meditazione, non raggiunge la conoscenza della vera natura della propria anima, non potrà assicurarsi la purezza; sarà infelice come la persona che fallisce nel custodire una pietra preziosa. For Personal & Private Use Only Page #125 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla meditazione 123 498. Bisognerebbe intraprendere la meditazione sui tre stati che tecnicamente sono chiamati pindastha, padastha e rūprahitatva, i quali corrispondono rispettivamente a un'anima incarnata nel modo ordinario, a un'anima incarnata che ha ottenuto l'onniscienza e a un'anima liberata. 499. Mahāvīra, dopo avere assunto una particolare posizione corporea e dopo essersi liberato da tutte le indecisioni, intraprese la meditazione. Da quel momento, libero da tutti i desideri terreni, ispezionò meditativamente tutto ciò che esiste nella regione superiore, nella regione inferiore e nella regione intermedia del mondo. 500. I beati non prendono in considerazione né ciò che appartiene al passato né ciò che esisterà nel futuro. Senza dubbio, un grande saggio libero da tutte le immagini, concentrando i pensieri su ciò che esiste nel presente, dapprima inaridisce e poi annienta tutti i karma. 501. Non compiere nessuna azione corporea, non pronunciare nessuna parola, non concepire nessun pensiero: così sarai concentrato. Certamente, si raggiunge la suprema meditazione quando l'anima è impegnata nella concentrazione su se stessa. 502. La mente assorbita nella meditazione non è turbata né dalle miserie nate dalle passioni, né da quelle nate dalle attività mentali, né dalla gelosia, né dal rimorso, né dalla tristezza. 503. Un monaco coraggioso non viene toccato né spaventato dalle afflizioni e dalle calamità; la sua mente non s'infatua in nessun modo, neppure delle illusioni celesti. 504. Come il fuoco aiutato dal vento brucia velocemente il combustibile accumulato da tanto tempo, così il fuoco della meditazione distrugge in un momento l’illimitato combustibile dei karma. For Personal & Private Use Only Page #126 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 30 Precetti sulla riflessione 505. Quando la meditazione ordinaria è terminata, prima di intraprendere la meditazione chiamata dharma-dhyāna, un monaco dovrebbe tenere la mente costantemente concentrata in una profonda riflessione sul carattere transitorio delle cose. 506. Un monaco dovrebbe riflettere sulla transitorietà, sulla debolezza umana, sulla solitudine di ognuno, sulla diversità tra il corpo e l'anima, sull'esistenza terrena, sul mondo terreno, sull'impurità del corpo, sull'afflusso dei karma, sull'interruzione dell'afflusso dei karma, sulla liberazione dai karma, sulla religione e sull'illuminazione. 507. Sappi che la nascita è accompagnata dalla morte, la giovinezza dalla vecchiaia e che ogni possesso è perituro. Perciò dovresti riflettere sul fatto che tutto è transitorio. 508. Dopo aver messo da parte la grande illusione, e riflettendo che tutti gli oggetti dei sensi sono transitori, coltiva una mente distaccata, in modo da ottenere la suprema beatitudine. 509. Uno sciocco pensa che le proprietà, gli animali e la famiglia siano la sua protezione, dicendosi che queste cose gli appartengono e che lui appartiene loro. In verità, queste cose non sono né la sua protezione né il suo riparo. 510. So che tutte queste cose sono forme di attaccamento; rimuoverò questi difetti chiamati salya43 dalla mia mente, dalla mia pa For Personal & Private Use Only Page #127 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla riflessione 125 rola e dal mio corpo; i gupti e i samiti sono la mia protezione e il mio riparo. 511. Che orrore è la trasmigrazione quando un giovane, pieno di orgoglio per la sua bellezza, rinasce dopo la morte in sembianze di minuscolo insetto generato dal suo stesso cadavere. 512. In questo mondo non esiste un posto, nemmeno minuscolo come la punta di un capello, dove l'anima non abbia sofferto più e più volte le pene delle nascite e delle morti. 513. Oh, questo oceano dell'esistenza terrena è davvero difficile da attraversare! Ci sono molti coccodrilli sotto forma di malattie, di vecchiaia e di morte; c'è un'enorme massa d'acqua sotto forma di nascite e di morti continue. E il risultato di tutto questo è una terribile sofferenza. 514. L'anima dotata dei «tre gioielli» costituisce un eccellente guado. Si può attraversare l'oceano del ciclo di trasmigrazione con l'aiuto della divina barca dei «tre gioielli».44 515. Nel mondo, dove ognuno deve soffrire personalmente a causa dei propri karma, c'è qualche persona che non si possa considerare un parente o un estraneo? 516. La mia anima dotata della conoscenza e della fede è unica e permanentemente mia; tutto il resto è estraneo e ha la natura delle sovrastrutture esteriori. 517. Tutte le sofferenze patite dall'anima nascono dalle associazioni con cose estranee; quindi recido volentieri i legami con tutte le cose estranee. 518. Una persona sciocca si affligge per la morte di un'altra persona quando questa parte per rinascere nuovamente, ma non pensa alla propria anima che sta soffrendo nell'oceano dell'esistenza terrena. For Personal & Private Use Only Page #128 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 126 La via della liberazione 519. Colui che riflette sulla propria anima, dopo aver compreso il principio per cui il suo corpo è distinto dall'anima, ottiene grandi risultati.45 520. Che cosa c'è di buono nel corpo, che è costituito da carne e da ossa, che è colmo di urina e di escrementi, e che sparge cattivi odori dalle nove aperture? 521. Assorbita nell'esperienza della tranquillità, la persona che ha rinunciato allo stato mentale nato dalle illusioni, considerando che vale la pena di rinunciare a esso, intraprende finalmente una profonda riflessione sull'afflusso del karma. 522. Un monaco che controlla i propri sensi attraverso il controllo della mente, della parola e del corpo, e che è consapevole di osservare i samiti, cioè le cinque forme di attenzione, previene l'afflusso dei karma e non attira la polvere di nuovi karma. 523. Avendo compreso la natura dell'esistenza terrena e l'inutilità della lunga trasmigrazione in questa vita, un monaco dovrebbe esercitarsi a meditare sulla vetta dell'universo (Siddha-silā)46 dove vivere è beatitudine. 524. Il Jina afferma che la dissociazione della materia karmica dal sé si chiama nirjarā. Sappi che i mezzi per esercitare samvara (interruzione del ciclo trasmigratorio) sono gli stessi per esercitare nirjarā.47 525. Per gli esseri viventi che fluttuano nelle correnti della vecchiaia e della morte, la religione è la migliore isola, luogo di riposo e riparo supremo. 526. Anche dopo essere rinati in un corpo umano è molto difficile ascoltare le scritture; solo ascoltandole, uno accetta l'ascesi, il perdono e la non-violenza (ahimsā). 527. Anche dopo avere ascoltato le scritture, è estremamente difficile coltivare la fede in esse; infatti vi sono molte persone che, anche dopo aver percorso la retta via, deviano da essa. For Personal & Private Use Only Page #129 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla riflessione 127 528. Anche dopo avere ascoltato le scritture e aver acquisito una ferma fede in esse, è comunque difficile intraprendere lo sforzo necessario per seguirle; infatti vi sono molte persone che, anche avendo una salda fede nella religione, non la praticano. 529. Una persona che ha purificato la propria anima attraverso l'impegno mentale, è come una barca; come un barca attraversa l'oceano, così questa persona si assicura la libertà da tutte le sofferenze. 530. Le dodici riflessioni profonde (anupreksā),48 l'astinenza, il pentimento, la confessione e la meditazione: bisognerebbe contemplare profondamente tutto ciò. For Personal & Private Use Only Page #130 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 31 Precetti sui colori dell'anima 531. Di regola, i leśyā49 (colori o tinte dell'anima) sono precisamente suddivisi in sei tipi: 1. nero (krsna), 2. blu (nīla), 3. grigio (kapota), 4. giallo oro50 (tejas), 5. colore del loto o rosa (padma) e 6. bianco (sukla). 532. La colorazione dell'anima in conseguenza delle attività della mente, della parola e del corpo dovute alle passioni si chiama leśyā. Le attività e le passioni portano alla schiavitù di quattro tipi di karma. 533. Un individuo impegnato nella meditazione dharma-dhyāna è in possesso di tre leśyā (il giallo, il colore del loto e il bianco) che diventano sempre più puri, e ognuno può avere diverse sfumature di colore (intenso, medio, ecc.). 534. Nero, blu e grigio sono i tre tipi di leśyā infausti; in conseguenza di questi tre leśyā, l'anima rinasce nei vari stati infelici dell'esistenza. 535. Il giallo oro, il colore del loto e il bianco sono i tre tipi di leśyā fausti; grazie a loro l'anima rinasce nei vari stati felici dell'esistenza. 536. Ognuno dei tre leśyā infausti e dei tre leśyā fausti può avere tre tipi di intensità. Ognuna di queste sottospecie è a sua volta divisa in sei classi, in base alla maggiore o minore intensità. 537, 538. Sei viaggiatori hanno perso la strada in mezzo alla foresta. Vedono un albero carico di frutti e incominciano a pensare di coglierli: uno di loro propone di sradicare l'intero albero e di For Personal & Private Use Only Page #131 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui colori dell'anima 129 mangiare tutti i frutti; il secondo propone di segare il tronco; il terzo propone di tagliare i rami; il quarto propone di tagliare i ramoscelli; il quinto propone di prendere solamente i frutti; il sesto propone di raccogliere soltanto i frutti già caduti. I pensieri, le parole e le attività del corpo di questi sei viaggiatori per quanto riguarda i frutti sono differenti tra loro e illustrano, rispettivamente, i sei leśyā. 539. Una persona con un leśyā nero è violenta, sempre ostile, litigiosa, priva di bontà e di compassione, malvagia e non può essere influenzata. 540. Una persona con un leśyā blu è pigra, priva d'intelligenza, incapace di discriminare (tra bene e male) e dedita ai piaceri sensuali. 541. Una persona con un leśyā grigio si arrabbia spesso, critica gli altri, accusa gli altri, è suscettibile alla tristezza e alla paura, e non distingue tra ciò che dovrebbe essere fatto e ciò che non dovrebbe essere fatto. 542. Una persona con un leśyā giallo oro sa che cosa deve essere fatto e che cosa non deve essere fatto, sa quali attività portano al benessere e quali no, possiede sempre un atteggiamento di imparzialità, è sempre impegnata in attività di compassione e di carità, ed è tenera. 543. Una persona con un leśyā colore del loto è generosa, onesta, ha un comportamento leale, possiede una grande pazienza e s'impegna nella venerazione dei monaci e dei maestri. 544. Una persona con un leśyā bianco non tratta nessuno con parzialità, non ha desiderio di piaceri sensuali, tratta tutti con equità ed è priva di legami, di odio e di attaccamento. 545. La conquista della purificazione mentale favorisce la purezza dei leśyā: occorre comprendere che, calmando le passioni, si ottiene la purificazione mentale. For Personal & Private Use Only Page #132 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sul progresso spirituale 546. Gli Onniscienti chiamano guna (livello spirituale) lo stato derivato dalla maturazione dei karma che differenziano le anime. 547, 548. Esistono quattordici livelli sulla via dello sviluppo spirituale: 1. il falso credo; 2. la deviazione dalla retta fede; 3. la confusione tra fede giusta e fede sbagliata; 4. la retta fede senza i voti; 5. la parziale osservanza dei voti; 6. l'osservanza dei voti senza la costante vigilanza; 7. la vigilante osservanza dei voti; 8. un eccezionale stato di beatitudine mai sperimentato prima; 9. la costante concentrazione, cioè la meditazione; 10. un lieve attaccamento; 11. il dominio delle illusioni; 12. la distruzione delle illusioni; 13. l'onniscienza con svolgimento di attività; 14. l'onniscienza senza svolgimento di attività. Occorre comprendere che la liberazione avviene attraverso questi stadi. 549. Avere fede solo nelle cose esistenti nel mondo materiale si chiama mithyātva, cioè «falso credo». Ha tre forme: la forma del dubbio, la forma di qualcosa che si è sviluppata deliberatamente e la forma di qualcosa che non si è sviluppata deliberatamente. 550. L'anima cade dalla cima della montagna della retta fede con il viso rivolto verso la pianura della fede sbagliata e con la retta fede distrutta; questo stadio dell'anima si chiama sāsvādana, cioè «deviazione dalla retta fede». For Personal & Private Use Only Page #133 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sul progresso spirituale 131 551. La confusione tra samyaktva (la retta fede) e mithyātva (la fede sbagliata) non può in alcun modo essere eliminata distinguendo il «credo giusto» dal «credo sbagliato»; essa assomiglia alla mescolanza tra cagliata e melassa, in cui non si possono più distinguere un gusto «acido» e un gusto «dolce»: ciò è conosciuto come miśra-bhāva. 552. Chi non ha fatto il voto dell'astensione dai sensi e di non ferire gli esseri viventi mobili o immobili, anche se ha una fede salda nelle dottrine esposte dal Jina, si trova nello stadio della persona che ha una «retta fede senza i voti» (avirata-samyagdụşti). 553. Chi desiste dall'uccidere gli esseri viventi mobili ma non quelli immobili, pur avendo una fede incrollabile nel Jina, viene chiamato viratāvirata o deśavirata, cioè colui che ha una «parziale osservanza dei voti». 554. Chi osserva i voti maggiori possiede tutte le qualità virtuose e la buona condotta, ma spesso mostra negligenza in modo manifesto o non manifesto, avendo quindi una condotta un po' difettosa, è chiamato pramattasamyata, cioè colui che ha un'«osservanza dei voti senza la costante vigilanza». 555. L'uomo saggio che osserva tutti i voti maggiori, la cui negligenza è del tutto sparita, che rimane assorbito nella meditazione, ma che non ha cominciato né a dominare né ad annientare i suoi karma illusori, viene chiamato apramattasamyata, cioè colui che ha una «vigilante osservanza dei voti». 556. Nell'ottavo stadio dello sviluppo spirituale, l'anima sperimenta un eccezionale ma continuamente mutevole stato mentale di beatitudine che non aveva mai sperimentato prima; questo stadio viene chiamato apūrvakarana. 557. Le anime che sperimentano un tale stato mentale di beatitudine e si preparano a dominare o ad annientare i karma illusori, sono chiamate dai Jina apūrvakaraṇa, cioè libere dall'oscurità e dall'ignoranza. For Personal & Private Use Only Page #134 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 132 La via della liberazione 558. Sono chiamate anivertin o anivrttikaraṇa quelle anime che occupano il nono stadio dello sviluppo spirituale; esse godono di un costante stato mentale di beatitudine e bruciano la foresta dei karma con il fuoco di una meditazione veramente pura. 559. Come il fiore kusumbha ha una leggera sfumatura di rosso, così il monaco che ha raggiunto il decimo stadio dello sviluppo spirituale possiede ancora internamente una leggera sfumatura di attaccamento. Perciò questo livello viene chiamato sūkşma-kaşāya o sūkşma-samparāya, cioè lo stadio di un «lieve attaccamento». 560. Come l'acqua in cui sia stato mescolato il frutto kataka o come l'acqua di uno stagno i cui sedimenti in autunno si siano posati sul fondo, così la persona nella quale tutti i karma passionali sono acquietati si chiama upaśānta-kaşāya, cioè «colui che ha dominato le illusioni». 561. Il monaco in cui tutti i karma illusori sono annientati e la cui mente è pura come l'acqua messa in un vaso di cristallo, viene chiamato kṣīņamoha, cioè «colui che ha distrutto le illusioni grazie a un'anima perfetta e libera da tutti gli attaccamenti». 562, 563. Nelle eterne scritture sacre, il monaco che ha distrutto l'oscurità della propria ignoranza con i raggi del sole dell'Onniscienza, che ha ottenuto la conoscenza dell'anima suprema grazie all'acquisizione dei nove poteri straordinari e che possiede le conoscenze di tipo determinato e di tipo indeterminato che non richiedono l'aiuto di strumenti esterni né dei sensi si chiama sayogi-kevalin. In questo stadio, pur essendo kevalin (onnisciente), egli utilizza ancora attività mentali, verbali e corporali. 564. Chi giunge poi allo stadio chiamato śailesī, cioè il livello della libertà assoluta da qualsiasi attività, in cui tutta l'affluenza karmica è stata fermata, ed è libero dalla sporcizia del karma, si chiama kevalin, privo di attività. 565. Nel momento in cui l'anima pura raggiunge questo stadio, raggiunge direttamente la vetta dell'universo in accordo con i suoi attributi naturali e rimane lì per sempre in una forma libera dal corpo e dotata di otto attributi supremi. For Personal & Private Use Only Page #135 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sul progresso spirituale 133 566. Le anime emancipate sono prive degli otto tipi di karma, hanno raggiunto la pace, sono prive di qualsiasi macchia, sono eterne, possiedono gli otto attributi supremi, hanno compiuto tutto ciò che dovevano compiere e risiedono sulla vetta dell'universo. For Personal & Private Use Only Page #136 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 33 Precetti sulla morte serena 567. Il corpo viene chiamato la barca, l'anima è il barcaiolo e l'esperienza terrena è l'oceano attraversato da forti correnti. 568. Chi prosegue nel proprio viaggio verso l'alto (cioè verso la liberazione) non dovrebbe pensare agli oggetti esterni, ossia ai piaceri terreni; dovrebbe controllare il proprio corpo per poter annientare i karma passati. 569. L'uomo che possiede un temperamento tranquillo morirà esattamente come l'uomo che possiede un temperamento codardo; quindi, se la morte è comunque inevitabile, è meglio morire in modo sereno. 570. La morte dell'uomo saggio pone fine a centinaia di rinascite; per questo il saggio deve morire in modo calmo. 571. Il saggio che è libero dall'ansia muore in pace; attraverso una simile morte, pone termine immediatamente a un numero infinito di morti. 572. Una persona dovrebbe intraprendere ogni attività con la paura della schiavitù karmica; dovrebbe prolungare la propria vita sperando di acquisire sempre nuovi meriti e, alla fine, dovrebbe distruggere con accortezza le proprie contaminazioni. 573. Un monaco temerario e scriteriato non dovrebbe fare il voto di digiunare fino a morire (sallekhanā); se cerca la morte, dovrebbe essere severamente redarguito ed espulso. For Personal & Private Use Only Page #137 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla morte serena 135 574. Sallekhanā,51 cioè il voto di digiunare fino a morire, è di due tipi: interiore ed esteriore; l'interiore consiste nell'emancipazione dalle passioni, l'esteriore consiste nell'emancipazione dal corpo. 575. Il monaco che ha fatto il voto di sallekhanā esteriore dovrebbe dapprima calmare le proprie passioni e poi ridurre gradualmente il nutrimento; infine, quando il corpo diventa estremamente debole, dovrebbe cessare di prendere qualsiasi cibo. 576. Una persona dalla mente pura non ha bisogno né di un letto di paglia né di un altro giaciglio; la sua anima diventa il suo letto. 577, 578. In una persona che osserva il voto di sallekhanā, le spine mentali (salya) come la falsità, le tendenze perverse e il desiderio di piaceri terreni nella prossima vita, causano un dolore più grande di un'arma infetta, di un veleno, del diavolo, di un amuleto malvagio o di un serpente inferocito; infatti, in presenza di questi salya, la giusta comprensione diventa impossibile e il coinvolgimento in un infinito ciclo di trasmigrazioni diventa inevitabile. 579. Il monaco che è libero dall'orgoglio taglia le radici dell'albero delle rinascite, cioè le spine della fede sbagliata, della falsità e del desiderio di piaceri nella prossima vita. 580. Le persone che muoiono attaccate alla fede sbagliata, piene di desideri di piaceri sensuali in conseguenza delle loro azioni e colorate da un leśyā nero, non otterranno facilmente la retta comprensione. 581. Invece, le persone che muoiono attaccate alla fede giusta, prive di desideri di piaceri sensuali in conseguenza delle loro azioni e colorate da un leśyā bianco, otterranno facilmente la retta comprensione. 582. Chi è desideroso di compiere ārādhanā (le azioni salvifiche eseguite al tempo della morte) dovrebbe abitualmente adempiere parikarman (l'insieme delle azioni salvifiche); infatti, chi ha la mente impregnata di parikarman trova facile il compimento di ārādhanā. For Personal & Private Use Only Page #138 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 136 La via della liberazione 583, 584. Chi è nato in una famiglia regale ed esegue regolarmente esercitazioni militari, sarà in grado di vincere tutte le guerre. Similmente, il monaco che regolarmente s'impegna nella meditazione e nella pratica dei voti della vita monacale, vincerà la propria mente e sarà capace di praticare la meditazione al momento della morte. 585. Stabilisci la tua anima sulla via della liberazione e medita solamente su di essa; sii sempre concentrato sull'anima e su nient'altro. 586. Si dovrebbe rinunciare al desiderio di piaceri in questo mondo come nel prossimo; si dovrebbe rinunciare a preferire la vita, la morte o i godimenti; si dovrebbe concentrare il pensiero sulle possibili conseguenze negative nel mondo della trasmigrazione. 587. Un uomo nasce in uno stato miserabile perché è devoto ad altre sostanze, cioè alle cose materiali, e un altro nasce in uno stato felice perché è devoto alla contemplazione della propria anima; sapendo tutto ciò, ci si dovrebbe assorbire nella meditazione e rinunciare a pensare alle altre sostanze. For Personal & Private Use Only Page #139 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Parte terza LA METAFISICA For Personal & Private Use Only Page #140 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #141 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 34 Precetti sulle verità fondamentali 588. Tutte le persone ignoranti sono soggette alla sofferenza; la maggioranza degli individui sciocchi si confonderà in questa infinita esistenza terrena. 589. Dunque la persona saggia, sapendo che la maggioranza dei modi di vivere incatena all'esistenza terrena, dovrebbe cercare la verità con l'aiuto della propria anima e dovrebbe sviluppare la benevolenza verso tutti gli esseri viventi. 590. La verità, l'emancipazione, la natura della sostanza, la più alta realtà, lo scopo della suprema purezza, tutte queste parole esprimono lo stesso significato. 591. L'anima, la non-anima, la schiavitù del karma, il merito, il demerito, l'afflusso dei karma, l'arresto dell'afflusso, il rigetto dei nuovi karma e l'emancipazione: questi sono i nove principi fondamentali. 592. L'anima è caratterizzata dalla coscienza; è eterna, è immortale, è diversa dal corpo nel quale è incarnata, non ha forma, è autonoma ed è la porta e la fruitrice dei propri karma, cioè dei frutti delle proprie azioni. 593. I Jaina chiamano ajīva (non-anima) ciò che non ha mai nessuna cognizione né del piacere né del dolore, ciò che non sa che cosa sia benefico e ciò che non ha nessuna paura delle cose dannose. For Personal & Private Use Only Page #142 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 140 La metafisica 594. Ajīva è a sua volta suddiviso in cinque classi: la materia (pudgala), il movimento (dharma), l'immobilità (adharma), lo spazio (ākāśa) e il tempo (kāla); la materia ha sia forma sia attributi (come colore, ecc.); le altre classi non hanno forma.52 595. L'anima non è percepibile dai sensi perché non ha forma corporea, ed è eterna perché non ha forma corporea; a causa delle attività interiori come le passioni, il karma imprigiona l'anima; per questo si dice che la schiavitù del karma è la causa dell'esistenza terrena. 596. L'attaccamento rende schiava l'anima con i karma; l'anima che è libera dagli attaccamenti diventa libera dai karma. Sappi che questo è, in breve, il modo in cui il karma rende schiava l'anima. 597. Perciò sarebbe opportuno rinunciare agli attaccamenti e non fare mai e in nessun momento niente che possa portare a essi, nemmeno in misura minima; grazie a ciò, l'anima vince tutti gli attaccamenti e attraversa l'oceano dell'esistenza terrena. 598. Il karma causa il merito (punya) e il demerito (pāpa); i pensieri positivi accrescono il merito, mentre quelli negativi accrescono il demerito. Coloro che hanno domato le passioni hanno uno stato mentale puro; coloro che hanno passioni intense hanno uno stato mentale impuro. 599. Rivolgiti sempre agli altri con parole gentili. Comunque, le persone malvagie che usano parole dure dovrebbero essere perdonate; si dovrebbe prendere il meglio da tutti: questo distingue le persone che hanno dominato le passioni. 600. Lodare se stessi, far notare gli sbagli anche di coloro che sono degni di venerazione e mantenere a lungo un atteggiamento di avversione: queste sono le caratteristiche delle persone che hanno intense passioni. 601. La persona che ha perso l'autoconsapevolezza a causa dell'attaccamento e dell'avversione, viene resa schiava dai sensi. Avendo aperto la porta all'afflusso dei karma, continuamente li richiama nel triplice modo (cioè con la mente, con il corpo e con la parola). For Personal & Private Use Only Page #143 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulle verità fondamentali 602. Attraverso la porta aperta si verifica un ingresso continuo dei karma. Come una barca con lo scafo bucato affonda in mare a causa dell'afflusso di acqua, così accade all'anima. 141 603. Anche gli yoga sono porte dell'afflusso del karma. Gli yoga sono le vibrazioni dell'anima causate dalle attività della mente, del corpo e della parola. Così dicono i Jina. 604. Quando le vibrazioni dell'anima (yoga) si acquietano, diminuisce anche la schiavitù dall'afflusso karmico. Quando gli yoga si fermano, anche l'afflusso karmico cessa, così come l'acqua non entra in una barca senza falle. 605. La fede sbagliata, la mancanza di autocontrollo, la passione e gli yoga sono le cause dell'afflusso karmico. L'autocontrollo, il distacco, la retta fede e l'assenza di yoga sono le cause della cessazione dei karma. 606. In una barca non c'è afflusso di acqua dopo che le molte falle sono state riparate; similmente, avendo rimosso la fede sbagliata, cessa l'afflusso dei karma nell'anima. 607. Colui che sente intimamente tutti gli esseri viventi uguali a se stesso e che ha chiuso le porte dell'afflusso karmico, una tale persona autocontrollata non subisce la schiavitù delle azioni peccaminose. 608. L'anima che aspira alla liberazione blocca l'entrata alla fede sbagliata con le robuste inferriate della virtù e blocca l'entrata alla violenza con le robuste inferriate dei voti sinceri. 609, 610. Come un grande stagno, se viene bloccato l'afflusso dell'acqua, gradualmente si asciuga a causa dell'evaporazione e del calore del sole, così i karma della persona autocontrollata, accumulati durante infinite rinascite, vengono distrutti bloccando l'entrata delle azioni peccaminose e praticando l'ascesi. 611. I Jina hanno affermato che chi non controlla l'afflusso dei karma non ottiene la liberazione praticando solamente gli esercizi ascetici, così come l'acqua di uno stagno non si asciuga mai completamente se l'entrata dell'acqua rimane aperta. For Personal & Private Use Only Page #144 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 142 La metafisica 612. L'annientamento dei karma che una persona ignorante ottiene in molti anni di pratica ascetica si verifica, in una persona saggia che pratica i tre gupti, nel tempo di un respiro. 613. Come un esercito viene distrutto dopo la morte del comandante, così tutti i karma vengono automaticamente distrutti dopo l'annientamento del mohanīya karma (il karma dell'infatuazione). 614. L'anima liberata dalle impurità del karma ascende alla vetta dell'universo e lassù gode di un'infinita beatitudine trascendente, possedendo tutta la conoscenza e tutta la percezione, cioè divenendo onnisciente. 615. La beatitudine ottenuta dai Siddha in un momento è un'infinità di volte più grande del piacere goduto dagli imperatori, dai jīva che risiedono nelle regioni dei karma, nonché dai Faņīndra, dai Surendra e dagli Ahmindra53 di ogni era. 616. Non è possibile descrivere lo stato di liberazione con le parole, perché trascende qualsiasi espressione verbale. Non è neanche possibile capirlo, poiché in esso non c'è più ragionamento mentale. Lo stato di liberazione trascende tutte le determinazioni e tutte le alternative. In esso non si prova orgoglio per essere privi di tutti i difetti della mente. E non si prova malinconia (anche se la conoscenza rimane fino al settimo inferno)54 grazie alla trascendenza del piacere e del dolore. 617. Dove non c'è né dolore né piacere, né sofferenza né ostacoli, né nascita né morte, lì c'è l'emancipazione. 618. Dove non ci sono gli organi dei sensi, né alcuna azione causata dagli altri, né l'infatuazione, né la sorpresa, né il sonno, né la sete, né la fame, lì c'è l'emancipazione. 619. Dove non c'è né karma, né quasi karma, né ansia, né nessuno dei pensieri chiamati ārtta, raudra, dharma e sukla, lì c'è il nirvāṇa. 620. L'anima emancipata possiede i seguenti attributi: la conoscenza assoluta, la beatitudine assoluta, la potenzialità assoluta, la visione assoluta, l'assenza di forma, l'esistenza e l'estensione. For Personal & Private Use Only Page #145 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulle verità fondamentali 621. L'emancipazione, che viene realizzata solamente dai grandi, è uno stato di non-ostruzione, di perfezione, di elevatezza, di benessere, di virtù e di liberazione da tutti gli ostacoli. 622. Come si verifica un movimento verso l'alto in una zucca vuota quando viene immersa nell'acqua, in un seme di ricino quando viene essiccato, nel fuoco, nel fumo e in una freccia scoccata da un arco, così si verifica un naturale movimento verso l'alto delle anime emancipate. 143 623. Lo stato di emancipazione è libero dagli ostacoli e dagli organi di senso, unico, privo di merito e di demerito, privo di rinascita, eterno, immobile e indipendente. For Personal & Private Use Only Page #146 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 35 Precetti sulle sostanze 624. La suprema visione dei Jina ha descritto l'universo come composto da sei sostanze: dharma (il mezzo del movimento), adharma (il mezzo dell'immobilità), ākāśa (lo spazio), kāla (il tempo), pudgala (la materia) e jīva (l'anima). 625. Ākāša, kāla, pudgala, dharma e adharma non hanno gli attributi del jīva (cioè sono privi di vita) e quindi vengono chiamati ajīva (non viventi). La caratteristica del jīva è la coscienza. 626. Ākāša, kāla, jīva, dharma e adharma sono incorporei; pudgala55 (la materia) è corporea; delle sei sostanze, solamente l'anima è cosciente. 627. Jīva (l'anima) e pudgala (la materia) sono sostanze attive, mentre le altre sono inattive. La causa esterna dell'attività dell'anima è la materia del karma e la causa esterna dell'attività della materia è kāla (il tempo).56 628. Dharma, adharma e ākāśa sono sostanze singole; kāla, pudgala e jīva sono di numero infinito.57 629. Dharma e adharma si estendono nell'universo, mentre ākāśa (lo spazio) pervade e oltrepassa l'universo. La sostanza di kāla pervade solamente la sfera del tempo. For Personal & Private Use Only Page #147 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulle sostanze 145 630. Queste sei sostanze (dravya) sono tutte presenti nello stesso spazio, si adattano l'una all'altra e sono mescolate tra loro da un'infinità di tempo. Comunque, mantengono la loro identità e non perdono la loro rispettiva natura. 631. Dharma è privo di attributi come il gusto, il colore, l'odore, il suono e il contatto. Pervade l'universo, è indipendente, è enorme e ha innumerevoli pradeśa, cioè unità spaziali. 632. Come l'acqua permette il movimento dei pesci, dharma permette il movimento delle anime e della materia. 633. Dharma non si muove da solo e non causa il movimento delle altre cose; è un principio di movimento di tutti i corpi viventi e non viventi. 634. Sappi che, come dharma è una sostanza, lo è anche adharma. Quest'ultimo è d'aiuto nel dare riposo ai jīva e agli elementi di pudgala capaci di essere statici. 635. La sostanza spazio è priva di coscienza, è incorporea, è adattabile e pervade tutto. È di due tipi: lokākāśa, cioè lo spazio dell'universo, e alokākāśa, cioè lo spazio oltre l'universo. 636. Loka, l'universo, è composto da sostanze viventi e non viventi, mentre aloka è composto da un'unica sostanza non vivente, lo spazio (vuoto). 637. La sostanza tempo è priva di attributi come il contatto, il gusto, l'odore e il colore, e delle proprietà come la pesantezza e la leggerezza. Essa è caratterizzata dal mutamento. 638. I molteplici mutamenti e i vari tipi di anima e di materia sono per lo più dovuti alla sostanza tempo. 639. Dal punto di vista empirico, il tempo viene misurato con diverse unità, come avali (un battito di ciglia), ucсhvāsa (il tempo di un'esalazione), prāņa (il tempo di un respiro) e stoka (un secondo). Questo è affermato dai Jina. For Personal & Private Use Only Page #148 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 146 La metafisica 640. La sostanza materia è di due tipi: quella che ha forma di atomo (paramāņu) e quella che ha forma di molecola. Le molecole sono di sei tipi, mentre l'atomo è di due tipi. 641. Grossolana-grossolana, grossolana, grossolana-sottile, sottile-grossolana, sottile, sottile-sottile:58 questi sono i sei tipi di materia aggregata (skandha-pudgala). La terra rappresenta uno di questi sei tipi. 642. La terra, l'acqua, l'ombra, gli oggetti dei quattro sensi (eccetto la vista), la materia karmica e gli atomi sono le sei forme diverse della materia. 643. I Jina hanno chiamato atomo quel tipo di sostanza che è privo di dimensioni (cioè privo delle due estremità e della parte mediana), che non è estensibile, che non è percepibile con gli organi dei sensi e che è indivisibile. 644. Come le molecole, gli atomi possiedono anche l'attributo del colore, del gusto, dell'odore e del contatto e sono sottoposti a un continuo cambiamento unendosi e separandosi. In tal modo formano pudgala. 645. Ciò che vive, vivrà ed è vissuto con l'aiuto dei quattro tipi di energia (prāņa) viene chiamato anima (jīva); i quattro tipi di energia sono la forza vitale, gli organi, la durata della vita e la respirazione. 646. Da punto di vista empirico, un'anima è grande o piccola in base alla misura del corpo,59 poiché ha la capacità di espandersi e di contrarsi. Ma dal punto di vista reale, possiede innumerevoli unità spaziali (pradeśa). 647. Come un loto color rubino che, immerso in una ciotola di latte, comunica la propria tinta solamente al latte nel quale è contenuto, così l'anima incarnata illumina solamente il corpo nel quale è contenuta. 648. L'anima è coestensiva alla cognizione, la cognizione è coestensiva a ciò che c'è da conoscere, loka e aloka sono conoscibili: perciò la cognizione pervade tutto. For Personal & Private Use Only Page #149 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulle sostanze 147 649. Jīva è di due tipi: terreno ed emancipato; ambedue sono dotati di sensibilità e di coscienza; le anime terrene hanno i corpi, mentre quelle emancipate ne sono prive. 650. La terra, l'acqua, il fuoco, l'aria e le piante sono i vari tipi di esseri viventi immobili dotati di un solo organo di senso. Gli esseri mobili, dai molluschi in su, hanno due, tre, quattro o cinque organi di senso.60 For Personal & Private Use Only Page #150 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 36 Precetti sull'universo 651. In verità, il mondo non è stato creato, non ha né inizio né fine; esiste grazie alla sua stessa natura; è pervaso dai jīva e dagli ajīva; si trova in una parte dello spazio ed è eterno. 652. Un atomo non è estensibile. A causa della sua non-estensività, è privo di suono ed è liscio o ruvido (cioè con carica positiva o con carica negativa). Quando gli atomi si uniscono, diventano soggetti all'esperienza. 653. Le molecole composte da due o più atomi (e occupanti due o più unità spaziali), sottili o grossolane oppure dotate di una configurazione specifica, subiscono cambiamenti assumendo in tal modo la forma della terra, dell'acqua, del fuoco oppure dell'aria. 654. L'universo è pienamente occupato sia dalle molecole sottili sia da quelle grossolane. Qualcuna di esse è capace di trasformarsi nelle particelle del karma e altre no. 655. Le molecole sono capaci di trasformarsi in karma a causa dell'attività del pensiero del jīva, anche se questa trasformazione non è causata dal jīva stesso. 656. Per mezzo dell'attività mentale, l'anima percepisce e conosce gli oggetti che costituiscono l'esperienza e si attacca a essi, il che la porta alla schiavitù. For Personal & Private Use Only Page #151 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sull'universo 149 657. I karma capaci di rendere schiava ogni anima provengono dalle sei direzioni e legano tutti i pradeśa (le unità spaziali). 658. A causa dei karma buoni o malvagi accumulati, l'anima associata a questi karma continua a subire altre rinascite. 659. Gli aggregati di pudgala che hanno assunto la forma di un certo karma, assumono differenti corpi quando l'anima rinasce nuovamente. For Personal & Private Use Only Page #152 -------------------------------------------------------------------------- ________________ UNIVERSO SIDDHALOKA URDHVALOKA LOKĀKĀŠA >> MADHVALOKAK ALOKĀKĀŚA ADHOLOKA L'universo jaina: Lokākāśa (spazio occupato dall'universo), Alokākāśa (spazio vuoto), Adholoka (inferi), Madhvaloka (mondo terrestre), Urdhvaloka (mondo celeste), Siddhaloka (sede delle anime liberate). For Personal & Private Use Only Page #153 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Parte quarta LA TEORIA JAINISTA DELLA RELATIVITÀ CONOSCITIVA For Personal & Private Use Only Page #154 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #155 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 37 Precetti sul non-assolutismo 660. M'inchino all’Anekāntavāda (il principio del non-assolutismo), unico precettore del mondo, senza il quale le vicende terrene non potrebbero esistere. 661. La sostanza è la sede degli attributi e gli attributi sono connessi alla sostanza. Le varie modalità della connessione dipendono dalla sostanza e dagli attributi. 662. Non c'è sostanza senza modalità e non ci sono modalità senza sostanza. Le caratteristiche della sostanza sono: il sorgere, il permanere e il perire. 663. Non c'è sorgere senza perire, né perire senza sorgere, e né il sorgere né il perire sono possibili senza una sostanza permanente. 664. Il sorgere, il permanere e il perire appartengono alle modalità, e non alla sostanza, ma poiché le modalità in definitiva hanno la forma di una sostanza, tutto quanto ha la forma di una sostanza. 665. Poiché la sostanza è soggetta contemporaneamente alle tre modalità (il sorgere, il permanere e il perire), in realtà questi stati costituiscono una sostanza. 666. Una cosa è la modalità di una sostanza che sorge e un'altra cosa è la modalità di una sostanza che perisce, ma la sostanza non sorge e non perisce.61 For Personal & Private Use Only Page #156 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 154 La teoria jainista della relatività conoscitiva 667. L'individuo rimane la stessa persona dalla nascita fino alla morte, anche se passa attraverso vari stadi dall'infanzia in poi. 668. Le modalità che sono comuni a tutte le cose sono universali, mentre le modalità che non sono comuni a tutte le cose sono particolari, ma in entrambi i casi appartengono alla stessa cosa. 669. Le cognizioni di una sostanza sono sia universali sia particolari e sono non contraddette. Questa è la retta cognizione mentre il contrario non lo è. 62 670. Una stessa persona può essere contemporaneamente padre, figlio, nipote e fratello, ma è il padre soltanto di colui di cui lo è, e non di altri: questo vale per tutte le cose. 671. Una persona certamente ha sia relazioni molteplici sia relazioni esclusive. Ma chi sostiene che le si possa attribuire o il primo tipo di relazione o il secondo non conosce certamente le scritture. 672. Le qualità particolari di una sostanza sono mescolate insieme, come il latte con l'acqua, quindi non è giusto distinguere «questa» da «quella» qualità. 673. Un monaco che ha dei dubbi sul significato di un versetto, dovrebbe adottare senza orgoglio, nell'interpretazione, il punto di vista relativo. Un monaco saggio, quando ha rapporti con gli altri monaci che seguono la retta via nella loro pratica religiosa, deve esprimersi con equanimità usando un linguaggio sincero e inequivocabile. For Personal & Private Use Only Page #157 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 38 Precetti sulla conoscenza valida I cinque tipi di conoscenza 674. La comprensione della natura in se stessa e della natura delle altre cose, quando sia libera dal dubbio, dall'errore e dall'incertezza, è chiamata retta cognizione: ha una forma determinata ed è di vario tipo. 675. La conoscenza è di cinque tipi: mati-jñāna, la conoscenza che deriva dai cinque sensi e dalla mente; śruta-jñāna, la conoscenza ottenuta attraverso le scritture; avadhi-jñāna, la chiaroveggenza; manahaparya-jñāna, la telepatia; e kevala-jñāna, l'onniscienza. 676. La conoscenza assume dunque queste cinque forme: la conoscenza sensoriale, la conoscenza scritturale, la chiaroveggenza, la telepatia e l'onniscienza. Le prime quattro nascono da un relativo annientamento dei karma, mentre l'onniscienza nasce da un completo annientamento dei karma. 677. La riflessione su ciò che è stato percepito, il ragionamento, l'interrogazione, l'esame, la ricerca, la comprensione e il giudizio: tutto ciò parte dalla conoscenza sensoriale. 678. Si dice che śruta-jñāna consista nella comprensione del significato delle parole che sono state ascoltate o che derivano dai sensi e dalla mente: quindi, di regola, nasce da parole. 679. La conoscenza che si ottiene con i sensi e con la mente ascoltando o leggendo le scritture, e che è capace di esprimere il loro contenuto, si chiama bhāva-śrutajñāna; il resto della conoscenza acquisita attraverso le attività del pensiero e dei sensi è mati-jñāna. For Personal & Private Use Only Page #158 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 156 La teoria jainista della relatività conoscitiva 680. Śruta-jñāna si acquisisce attraverso mati-jñāna, mentre matijñāna non si acquisisce attraverso śruta-jñāna, ma, nei processi del pensiero, mati-jñāna precede śruta-jñāna. 681. La cognizione che nasce dalla conoscenza diretta delle cose si chiama avadhi-jñāna, cioè chiaroveggenza; talvolta nelle scritture viene anche chiamata sīmā-jñāna. Avadhi-jñāna è di due tipi: quella che è insita fin dalla nascita e quella che viene acquisita grazie alla pratica di varie facoltà. 682. Nel mondo degli esseri umani viene chiamata manahaparyajñāna (telepatia) quel tipo di cognizione che afferra i pensieri altrui, sia quelli che sono già stati concepiti sia quelli che non sono stati ancora concepiti o che sono stati concepiti parzialmente. Ha varie suddivisioni. 683. La cognizione che è una, pura, perfetta, straordinaria e infinita è chiamata kevala-jñāna; anche qui, come al solito, alla parola generica va aggiunto il termine specifico che denota il tipo particolare di conoscenza o jñāna. 684. Kevala-jñāna afferra in un colpo solo tutto ciò che è nell'universo e oltre l'universo nella sua globalità; non c'è davvero niente nel passato, nel futuro e nel presente che non sia racchiuso in questo tipo di cognizione. Precetti sulla conoscenza diretta e indiretta 685. La cognizione che comprende la natura delle cose in una forma precisa e non contraddetta si chiama pramāņa; è di due tipi: pratyakṣa (diretta) e parokșa (indiretta). 686. La parola akṣa indica un'anima, in quanto è ciò che comprende le cose o in quanto è ciò che ne usufruisce (i due significati dipendono da etimologie diverse della parola akşa). La cognizione immediata dell’akṣa si chiama pratyaksa e ha tre forme. 687. Gli organi fisici dei sensi e l'organo interno (la mente, non appartengono originariamente all'akṣa o sé; perciò il tipo di co For Personal & Private Use Only Page #159 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla conoscenza valida 157 gnizione che è mediato dall'azione di questi organi si chiama parokşa, conoscenza indiretta.63 688. I due generi di conoscenza mati e śruta sono parokşa, cioè indiretti, perché vengono acquisiti dall'anima attraverso strumenti a essa estranei, perché nascono dal ricordo di relazioni apprese prima o perché nascono dal ragionamento deduttivo. 689. In un senso reale, la cognizione acquisita attraverso le altre fonti è parokşa, cioè indiretta, mentre la cognizione acquisita direttamente dall'anima è pratyakşa. For Personal & Private Use Only Page #160 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 39 Precetti sui punti di vista 690. L'attività del pensiero che comprende solamente un aspetto di un oggetto con l'aiuto delle scritture si chiama naya. Chi possiede questa conoscenza è saggio.64 691. Senza la conoscenza dei naya l'uomo non può avere una conoscenza del Syādvāda (la dottrina dell'affermazione condizionata). Sviluppa la conoscenza dei naya chi desidera distruggere tutti i punti di vista estremi. 692. Come una persona non religiosa desidera ottenere la beatitudine senza la pratica della religione, oppure come una persona assetata vuole calmare la sete senza bere acqua, così lo sciocco desidera determinare la natura di una sostanza senza ricorrere ai naya. 693. Gli insegnamenti dei Tīrthankara, presi nella loro totalità e nei loro dettagli, devono essere spiegati con l'aiuto di due punti di vista (naya) basilari: il punto di vista della sostanza (dravyārthikanaya) e il punto di vista della modificazione o condizione (paryāyārthikanaya). Il resto discende da questi due punti di vista. 694. Ciò che è detto dal punto di vista della sostanza sembra essere, di regola, irreale dal punto di vista della condizione. Similmente, ciò che è detto dal punto di vita condizionale pare irreale dal punto di vista sostanziale. For Personal & Private Use Only Page #161 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui punti di vista 159 695. Dal punto di vista della condizione, le cose inevitabilmente hanno un'origine e una fine. Ma dal punto di vista della sostanza non c'è né origine né distruzione. 696. Dal punto di vista sostanziale, tutto prende forma da una sostanza che rimane sempre uguale, ma dal punto di vista condizionale ogni cosa cambia. Da ogni punto di vista particolare, una cosa appare in una certa forma corrispondente. 697. Il punto di vista che dà un valore secondario alle modalità e che afferra solamente la sostanza viene chiamato il punto di vista della sostanza, mentre il suo opposto viene chiamato il punto di vista della condizione. 698. Naigam, sangraha, vyavahāra, rjusūtra, sabda, samabhirūdha e evambhūta: questi sono i sette punti di vista basilari. 699. I primi tre appartengono alla categoria del punto di vista sostanziale mentre i rimanenti appartengono alla categoria del punto di vista della condizione. Tra questi sette, i primi quattro prendono in esame il significato, mentre i rimanenti la parola. 700. Naigam-naya si occupa dei due aspetti di una cosa, quello delle qualità generiche e quello delle qualità specifiche, quindi conosce la cosa nelle sue varie forme. 701. Naigam-naya è di tre tipi, a seconda dei tre tempi: il passato, il presente e il futuro. 702. Nel descrivere un'attività che è «già cominciata» quando veniamo interpellati, il momento in cui essa è iniziata è il vartamāna-naigam-naya. Per esempio, si dice che il cibo sta cuocendo quando la cottura è «già cominciata». 703. Dire che un'azione che sarà del tutto svolta in futuro è compiuta, questo è il bhavisya-naigam-naya; per esempio, quando una persona si mette in viaggio, noi diciamo «è partita». 704. Quanto al sargraha-naya, ne esistono due tipi: il suddhasargraha-naya e l'asuddhasaṁgraha-naya. Nel suddhasaṁgraha-naya For Personal & Private Use Only Page #162 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 160 La teoria jainista della relatività conoscitiva mettiamo in evidenza solamente le caratteristiche comuni degli oggetti, ignorando le caratteristiche differenti; mentre nell'aśuddhasargraha-naya, mettiamo in evidenza le caratteristiche generali della classe di oggetti. 705. Ciò che distingue tra un approccio sintetico puro e un approccio sintetico impuro65 è chiamato vyavahāra-naya ed è di due tipi: la distinzione completa e la distinzione incompleta. 706. Il naya (il punto di vista) che prende in esame gli aspetti evanescenti di una sostanza eterna si chiama rjusūtra-naya; un esempio è quando diciamo che «ogni suono è momentaneo». 707. Il naya che attribuisce la modalità «umanità», ecc. a un essere durante il periodo nel quale quell'essere continua a manifestarsi in quel determinato modo è il sottogenere del sjusūtra-naya chiamato sthulasjusūtra-naya. 708. Sapana, «denominare», indica una parola che ci richiama alla mente un oggetto particolare o i vari oggetti cui essa si riferisce Quindi, ciò che è racchiuso dal significato di una parola è sabdanaya. 709. Il sabda-naya ci aiuta a differenziare il significato delle parole secondo l'uso che se ne fa all'interno di una frase. Per esempio la parola puşya può indicare talvolta una stella e talaltra una divinità. 710. Il naya che comprende il significato di una parola in base alla sua etimologia è anch'esso chiamato sabda-naya; per esempio, l'etimologia della parola deva indica la divinità in generale. 711. Ogni parola è accompagnata da un significato specifico e viceversa. I differenti sinonimi hanno le loro rispettive connotazioni anche se si riferiscono allo stesso oggetto. Per esempio, le parole Indra, Purandar e Sakra si riferiscono allo stesso dio, indicando ciascuna un epiteto particolare («il potente», «il forte», ecc.). Questo è il samabhirūdha-naya. For Personal & Private Use Only Page #163 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sui punti di vista 161 712. Una parola viene applicata a un oggetto soltanto quando esso si comporta nella maniera suggerita dal significato etimologico della parola e non viene applicata nel caso in cui l'oggetto non si comporti in questa maniera. Questo è l'evambhūta-naya. Perciò questo naya aderisce al significato particolare di una parola. 713. Qualsiasi atto stia compiendo una persona con lo strumento della mente, della parola o del corpo, il nome che corrisponde a quell'atto deve essere applicato a quella persona. Questo è ciò che è sostenuto dal naya chiamato evambhūta-naya (per esempio, una persona viene definita «insegnante» solamente mentre sta insegnando). For Personal & Private Use Only Page #164 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 40 Il Syādvāda e la Saptabhangī 66 714. L'oggetto del naya o del pramāṇa,67 se è condizionato, è chiamato relativo, e, se non lo è, è chiamato assoluto. L'oggetto del naya o del pramāņa è chiamato relativo se è condizionato e assoluto se non è condizionato. 715. La parola syāt,68 che è una forma grammaticale chiamata nipata (un prefisso), viene usata per indicare ciò che nega l'assolutezza e ciò che dimostra che tutte le cose sono condizionate. 716. Esistono sette predicazioni, sia sotto forma di pramāņa sia sotto forma di naya proprio e di naya improprio. L'affermazione caratterizzata da syat («sotto un certo aspetto») è pramāņa, quella che non esclude le altre possibilità è naya proprio, quella che esclude assolutamente le altre possibilità è naya improprio.69 717. «È», «non è», «è e non è», «è impredicabile»> «<<è ed è impredicabile>>, <Page #165 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il Syādvāda e la Saptabhangi esiste; quando è compresa simultaneamente in entrambe le suddette forme, è qualcosa di impredicabile, in quanto viene nello stesso tempo trattata come qualcosa che esiste, qualcosa che non esiste o qualcosa che è contemporaneamente esistente e non esi stente. 720. «È», «non è», «è e non è», «è impredicabile», «è ed è impredicabile», «non è ed è impredicabile», «è, non è ed è impredicabile»: proprio queste sette affermazioni riguardanti una sostanza, quando sono caratterizzate da syāt («sotto un certo aspetto») sono chiamate naya impropri. 163 721. Quando viene compresa una proprietà dell'oggetto, viene automaticamente compresa anche la proprietà opposta, poiché ambedue queste proprietà costituiscono la natura dell'oggetto. Perciò, per quanto riguarda la natura di tutti gli oggetti, devono essere fatte le suddette predicazioni. For Personal & Private Use Only Page #166 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 41 Precetti sulla riconciliazione 722. La conoscenza che rivela i molteplici aspetti delle cose in una forma indiretta e libera da ogni dubbio è definita conoscenza scritturale. 723. La conoscenza che rende possibili i rapporti tra le persone e mette in luce le cose nelle loro relazioni è un naya del sottogenere śrutajñāna e nasce da un'argomentazione probante. 724. Anche se una cosa possiede molti aspetti, ci si riferisce solamente a uno di essi perché, in un certo momento, è richiesta soltanto la dimostrazione di questo aspetto e non degli altri. 725. La concezione che accetta la relatività e la reciproca dipendenza dei diversi aspetti delle cose è un caso di naya (punto di vista) proprio (sunaya), mentre la concezione che non le accetta è un caso di naya improprio (durnaya). É regola che tutte le relazioni abbiano successo se si basano sul naya proprio. 726. Vi sono tanti punti di vista quanti sono i modi di esprimerli. Nel caso in cui venga usata la congiunzione «anche»,71 ogni affermazione o espressione rappresenta la posizione dei Jaina. Mentre se non si usa questa congiunzione si perviene a una posizione impropria. Certamente la retta comprensione richiede un approccio sintetico a tutte le affermazioni riguardanti l'oggetto. 727. Nessun punto di vista estremo adoperato da un rivale dovrebbe essere confutato indicando l'opposto punto di vista. Do For Personal & Private Use Only Page #167 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Precetti sulla riconciliazione 165 vremmo usare lo stesso procedimento anche nel caso in cui una persona che segue le nostre stesse tradizioni religiose adotti, a causa di un'errata comprensione, una concezione estrema. 728. Tutti i punti di vista (naya) sono veri per ciò che affermano, ma sono falsi in quanto rifiutano il punto di vista opposto. Chi conosce bene le scritture, non dovrebbe dividere i punti di vista in veri e falsi. 729. Ogni punto di vista assoluto è indipendente da un altro, non può essere unito a un altro e la loro unione non contribuisce a un approccio giusto. I punti di vista assoluti sono separati l'uno dall'altro come nemici. 730. Considerando un singolo punto di vista, esso può sembrare opposto agli altri; tuttavia, quando li consideriamo reciprocamente dipendenti, essi condurranno a una retta comprensione. Analogamente i lavoratori agiscono in armonia quando si trovano sotto un unico direttore, anche se si distinguono tra di loro quando sono separati. 731. Coloro che prendono in considerazione solamente un piccolo aspetto di una cosa, hanno una conoscenza sbagliata, come l'uomo cieco che crede che l'elefante sia solamente quella piccola parte dell'animale che egli è riuscito a toccare. 732. Coloro che mettono insieme tutti i punti di vista e raccolgono tutti gli aspetti dell'oggetto hanno una retta comprensione, come coloro che nell'esempio precedente, avendo gli occhi per vedere, sono capaci di cogliere l'elefante nella sua interezza. 733. Le proprietà delle cose che possono essere descritte sono infinitamente minori delle proprietà delle cose che non possono essere descritte, e le proprietà descritte nelle scritture sono infinitamente minori di quelle che sono descrivibili; stando così le cose, come si può dire che la posizione di una certa scrittura o di una certa persona sia assolutamente vera? 734. Coloro che sostengono la loro visione e condannano quella dei loro oppositori fanno semplicemente mostra della loro For Personal & Private Use Only Page #168 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 166 La teoria jainista della relatività conoscitiva erudizione e finiscono in vari modi nella morsa del ciclo di trasmigrazione. 735. Vi sono svariati tipi di persone, svariati tipi di attività, svariati tipi di capacità. Perciò si dovrebbe rinunciare a litigare sia con le persone della stessa fede sia con quelle delle altre fedi. 736. Sia glorificato il santo insegnamento dei Jina che sostiene l'unione di tutte le visioni parziali; esso è come il nettare ed è facile da comprendere da parte di coloro che sono desiderosi di ottenere l'emancipazione. For Personal & Private Use Only Page #169 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 42 Precetti sull'interpretazione 737. Per capire il vero significato di una proposizione, esiste nelle scritture la descrizione di quattro tipi di nikṣepa (attributi o attribuzioni).72 738. Una sostanza possiede varie caratteristiche ma, per quanto riguarda l'argomento in questione, una medesima cosa viene descritta in quattro modi. 739. Nāma, sthāpāna, dravya, bhāva: queste quattro modalità costituiscono il concetto di nikṣepa. Nāma indica il nome dell'oggetto ed è di due tipi. 740. Sthāpāna (forma) è di due tipi: quello che assomiglia alla vera forma di ciò che indica e quello che non le assomiglia. Quando si suppone che un oggetto indichi un altro oggetto, si parla di sthāpāna-nikṣepa; è il caso di quando si suppone che un idolo rappresenti un Arhat. 741, 742. Dravya (potenzialità) è di due tipi: āgamico73 (ciò che riguarda un testo autentico) e non-agamico (ciò che non riguarda un testo autentico). Quindi la persona che conosce un testo autentico riguardante un Arhat ma che non usa completamente questa sua conoscenza è detta Arhat-dravya-agamico. Analogamente il dravya-non-agamico è di tre tipi: il corpo del conoscitore, l'aspirante conoscitore e il soggetto che agisce in una maniera appropriata alle cose. Il corpo del conoscitore è di tre tipi: quello caduto, quello abbandonato e quello che è stato fatto per cadere.74 For Personal & Private Use Only Page #170 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 168 La teoria jainista della relatività conoscitiva 743, 744. Come dravya, anche bhāva (realtà) è di due tipi: āgamico (ciò che riguarda un testo autentico) e non-āgamico (ciò che non riguarda un testo autentico). Quindi la persona che conosce un testo autentico riguardante un Arhat e che usa questa sua conoscenza è detta Arhat-bhāva-āgamico. D'altronde, la persona che ha sviluppato le qualità virtuose di un Arhat o quella che, avendo queste qualità, intraprende la meditazione e viene considerata un Kevalajñānin (Arhat), è detta Arhat-bhāva-non-āgamico.75 For Personal & Private Use Only Page #171 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 43 Conclusione 745. Così ha predicato il Vaiśālika Bhagavān Mahāvīra, del clan di Jñāt, dotato della suprema conoscenza e della suprema visione. 746. Una persona potrebbe non aver udito queste cose, oppure potrebbe non avere agito in accordo con esse, ma senza dubbio virtù come l'equanimità, ecc. sono state predicate dall'onnisciente saggio Jñātaputra (Mahāvīra). 747, 748. Solamente chi conosce l'anima, il mondo, il ciclo delle rinascite, la cessazione del ciclo delle rinascite, le cose eterne e non eterne, la nascita, la morte in generale, le trasformazioni dell'anima divina in viaggio e nella più alta regione, l'afflusso dei karma, l'arresto dell'afflusso dei karma, la sofferenza e la purificazione dai karma: solamente costui merita di predicare la dottrina della retta azione. 749. Ho così ottenuto il nobile messaggio verbale dei Jina che non avevo ottenuto prima e che è un nettare: ho intrapreso la via che conduce a una felice rinascita futura. Quindi non devo più temere la morte. For Personal & Private Use Only Page #172 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 44 Inno a Mahāvīra 750. La retta conoscenza è il mio riparo, la retta fede è il mio riparo, la retta condotta è il mio riparo, l'ascesi e l'autocontrollo sono il mio riparo, Bhagavān Mahāvīra è il mio riparo. 751. Il Signore Mahāvīra è il possessore dell'onnicomprensiva percezione, il possessore della conoscenza suprema, colui che non assumeva nessun cibo non appropriato,76 colui che possedeva la pazienza, la fermezza, l'uomo più istruito del mondo, libero da tutte le forme di possesso, libero dalla paura, colui che non rinasce un'altra volta. 752. Questo uomo supremamente saggio non viveva in una fissa dimora, aveva attraversato l'oceano della trasmigrazione, aveva avuto una visione illimitata, appariva splendente come il sole, aveva prodotto luce laddove prevaleva l'oscurità così come fa il grande Indra Vairocana. 753. Come Airavata77 è il più potente elefante, come il leone è il re degli animali, come il Gange è il fiume supremo, come Garuḍa78 figlio di Venudeva è il supremo uccello, così Jñātaputra è il supremo tra coloro che hanno predicato la liberazione. 754. Come la liberazione dalla paura è il dono più grande, così parlare pacatamente è il modo migliore di dire la verità; come la continenza è la migliore penitenza, così il monaco Jñātaputra è il migliore uomo sulla terra. For Personal & Private Use Only Page #173 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Inno a Mahāvīra 171 755. Sia vittorioso il Beato (Mahāvīra) che sa dove nascono le anime terrene, che è il maestro e la fonte di gioia in tutto il mondo, che è il signore e il benefattore dell'universo, che è il l'antenato di tutto il mondo. 756. Sia vittoriosa la grande anima di Mahāvīra che è la fonte di tutte le scritture, che è l'ultimo Tīrtharkara e il maestro di tutto il mondo. For Personal & Private Use Only Page #174 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #175 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Note a cura di Claudio Lamparelli 1 Si può anche tradurre «i costruttori del guado» o «i traghettatori». 2 Gli Āchārya sono i capi di un gruppo di monaci o le guide spirituali. 3 I Terapanthi sono una sotto-setta dei Digambāra e gli Sthanakavasi sono una sotto-setta degli Svetambāra. 4 Vinoba Bhave (1895-1982) nacque nel Maharastra da una famiglia di Brahmani. Fu un ardente ammiratore di Gandhi, di cui condivise varie attività politiche, sociali e culturali. In particolare s'impegnò per liberare l'India dal dominio inglese e per distribuire le terre alla popolazione più povera organizzandola in cooperative. Sognò di fare dell'India una società senza caste. Sposò la causa della nonviolenza e nel 1979, con un digiuno, ottenne che fosse proibita l'uccisione delle mucche. Studiò l'antica letteratura sanscrita e s'impadroni di quattordici lingue, svolgendo anche un'attività di carattere editoriale. Particolarmente importanti sono i suoi discorsi sulla Bhagavadgītā. 5 Il Baba è Vinoba stesso che parla di sé in terza persona. 6 Le 63 Persone Supreme sono le grandi personalità del Jainismo, tra cui i ventiquattro Tīrtharkara e gli undici Cakravartin. Quanto alla suddivisione in cicli temporali, la prima è la fase discendente, in cui prevale il male, e la seconda è la fase ascendente, in cui prevale il bene. Oggi ci troviamo in una fase discendente. 7 La «via dell'anima». 8 Cioè del liberato che vive ancora in questo mondo. Vedi anche precetto 180. 9 Il punto di vista reale è quello valido e completo, contrapposto al punto di vista empirico. Vedi precetto 35. 10 Il dharma è la natura essenziale di una cosa, è ciò che la fa essere quella cosa e non un'altra. I Jaina, a differenza degli idealisti, sostengono che ogni cosa (oggetti fisici e anche fatti coscienziali) esiste indipendentemente dai nostri processi conoscitivi. Ma il dharma è anche il principio del movimento e della trasformazione. Vedi precetto 83 e nota 61. 11 Brahmani, Kșatriya, Vaisya e Śūdra sono le quattro caste indiane, in ordine decrescente di importanza. 12 Un vero asceta distaccato dalla materia. 13 Poiché il termine sūtra (filo) indica anche una composizione aforistica, il titolo dell'opera potrebbe essere «I precetti degli asceti sramana» o «La scrittura degli asceti śramana». For Personal & Private Use Only Page #176 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 174 Note alle pagine 42-126 14 Emancipazione e liberazione sono usate in tutto il testo come sinonimi. 15 Denominazioni dei santi jaina. 16 Il Jina è Vardhamāna Mahāvīra. Mahāvīra significa «grande eroe». 17 Ogni punto di vista offre una veduta parziale e, per riprodurre il carattere generale della realtà, bisogna mettere insieme tutti i vari punti di vista. 18 Il primo è associato al corpo e il secondo al jīva (l'essere vivente, la sostanza cosciente). 19 Cioè, rivolta alle azioni esteriori. Vedi precetto 179. 20 L'equanimità è la condizione dell'anima libera dalle illusioni e dalle la capacità di essere distaccati, equilibrati e imparziali. Vedi precetti 274 e 423. 21 Ogni anima è fin dall'origine pura, eterna e onnisciente. È il contatto con la materia e con i sensi che le associa un corpo e la corrompe. 22 Il ventunesimo Tīrtharkara. 23 La ricerca dell'Assoluto, per il Jainismo, comporta non solo la castità ma anche il superamento di ogni sensualità. Il fine ultimo, infatti, è il distacco dalla materia. 24 Vaitaraại è il fetido fiume infernale, śālmalī è l'albero pieno di spine e Kāmadhenu è la mucca dell'abbondanza che esaudisce ogni desiderio. 25 La posizione di ogni essere vivente nello schema della natura. Vedi precetto 367. 26 Il monarca universale. 27 Le sacre scritture jainiste. 28 Il sé in quanto anima è onnisciente. 29 La paura della vita sulla terra, la paura della vita successiva, la paura di essere senza protezione, la paura dell'assenza di controllo, la paura del dolore, la paura degli incidenti e la paura della morte. 30 Nome di un monaco. 31 Intuizione e conoscenza. 32 Si tratta di frutti molto ricchi di semi. Poiché ogni seme è dotato di un'anima propria, nutrendosi di questi frutti si arrecherebbe violenza a molte vite. 33 I primi due voti consistono nel limitare i propri spostamenti e i propri viaggi. 34 Per esempio un coltello. 35 Trattandosi di fatti o atti mondani. 36 Verificando che non sia stato procurato con la violenza. 37 Antica unità di misura di lunghezza, equivalente a circa quarantaquattro centimetri. 38 Un monaco jaina deve sempre stare attento a non danneggiare gli esseri viventi, nemmeno qualche piccolo insetto. 39 Rispettando rigidamente, cioè, tutte le restrizioni alimentari prescritte ai monaci. 40 Il samiti riguardante il ricevere e il riporre le cose offerte. 41 Postura yoga. 42 Postura yoga. 43 Per i śalya vedi i precetti 365 e 577,578. 44 Per i «tre gioielli» vedi capitolo 17. 45 Il Jainismo è nettamente dualistico: l'anima viene imprigionata dalla materia e dal corpo, e quindi la liberazione consiste nel separare di nuovo l'anima dalla materia karmica e dal corpo. Lo scopo dell'ascetismo è proprio quello di fermare ogni ulteriore associazione del jīva con il karma e di affrettare l'estinzione di quest'ultimo. Vedi anche precetto 524. For Personal & Private Use Only Page #177 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Note alle pagine 126-154 175 46 I Jainisti pensano che l'universo (loka) sia posto in mezzo all'aloka e abbia la forma del tronco dell'uomo. In alto, dove dovrebbe trovarsi la testa, si trova la dimora dei liberati, il siddha-silā. Vedi la figura a pagina 150. 47 I mezzi per l'arresto del flusso karmico sono gli stessi utilizzati per il rigetto del karma già accumulato, e cioè samiti, gupti e le varie regole ascetiche. 48 Vedi precetto 506. 49 In sintesi, ogni anima assume una colorazione non visibile a occhio nudo che dipende dall'accumulo dei suoi karma. Più il colore è scuro più il karma è negativo. Più ci si libera della materia e dei pesi karmici più la colorazione diventa chiara. Perciò la colorazione ha anche una portata e un significato morali. 50 In altri testi è rosso fuoco. 51 Il Jainismo, nella sua volontà di separare l'anima dal corpo, ammette il suicidio per fame come forma estrema di ascesi in caso di persone incurabili o troppo vecchie oppure quando non si sia più in grado di resistere alle passioni. Poiché l'anima è eterna, non deve render conto a nessuna divinità superiore della propria esistenza. Anzi, l'anima ritrova la propria originale divinità solo quando si libera definitivamente dalla materia. 52 Pudgala è la materia sia grossolana sia sottile (quest'ultima si trasforma nei vari tipi di karma); dharma è il principio del moto; adharma è il principio della quiete; ākāśa è lo spazio in cui si distinguono il lokākāśa (lo spazio occupato dall'universo) e l'alokākāśa (lo spazio vuoto), e ha una struttura atomica; kāla (il tempo eterno, privo di forma, di inizio e di fine) è il processo dello scorrere temporale. 53 Vari tipi di divinità. Le anime liberate sono al di sopra degli dèi perché nascono più. 54 L'universo jainista, secondo alcune classificazioni, possiede, oltre al piano terrestre, sette inferni e quattordici piani celesti, stratificati un po' come nella visione dantesca. 55 Questo perché tutti gli esseri viventi, tranne le anime e lo spazio, sono prodotti dalla materia. 56 La materia sottile del karma aderisce per così dire all'anima e il tempo mette in moto il processo di trasformazione della materia. 57 Infiniti sono gli istanti del tempo, gli atomi della materia e le anime. 58 Si tratta di un'arcaica ma significativa scala di classificazione di ciò che va dal molto materiale al molto sottile. 59 All'anima vengono attribuite dimensioni e capacità di espandersi e di contrarsi. Alla nascita è piccolissima e poi continua a crescere. Alla morte si contrae nel seme di una nuova nascita. 60 Le anime vengono classificate in base al numero di sensi posseduti. Un senso solo (il tatto) è posseduto dai quattro elementi, dai microrganismi e dagli abitanti del regno vegetale. Due sensi (tatto e gusto) sono posseduti da molluschi, vermi, bruchi, ecc. Tre sensi (tatto, gusto e olfatto) sono posseduti dagli insetti, ecc. Quattro sensi (tatto, gusto, olfatto e vista) sono posseduti da altri insetti come le api, ecc. Cinque sensi sono posseduti dai mammiferi, dagli uccelli, nonché dagli uomini, dagli dèi e dagli abitanti degli inferi, i quali hanno anche un sesto senso, manas, la mente. 61 Qualunque sostanza esistente possiede attributi e modi (o modalità caratteristiche). Ma la sostanza in sé, l'essenza intrinseca di ogni cosa, è immutabile. 62 Ogni cosa è un'«unità nella differenza» e ha un'esistenza indipendente dal For Personal & Private Use Only Page #178 -------------------------------------------------------------------------- ________________ soggetto conoscente. Gli attributi, le modalità e le relazioni delle cose sono dati direttamente nell'esperienza ed esistono oggettivamente. 63 In sostanza, per i Jaina la conoscenza diretta è quella che viene recepita direttamente dall'anima senza la mediazione dei sensi o della mente. 64 Si tenga presente che ogni punto di vista (naya) ha una propria verità, anche se parziale. 65 Si tratta del naya che coglie gli aspetti particolari e le caratteristiche specifiche. È il punto di vista convenzionale basato sulla conoscenza empirica. In esso mettiamo in evidenza le particolarità dell'oggetto che più ci interessano. 66 Il Syādvāda e la Saptabhangi sono dottrine che si occupano della relatività della conoscenza e in particolare del «settuplice modo di predicazione». 67 Per la definizione di naya, si veda il precetto 690 e per quella di pramāņa il precetto 685. 68 La parola syāt è un prefisso che può essere tradotto «sotto un certo aspetto», «forse» o «può essere». 69 Qui si parla dei sette modi di discorrere di una cosa. In sanscrito le sette predicazioni «è», «non è», ecc. incominciano tutte con il prefisso syāt. Ricordiamo che naya è quel tipo di conoscenza che coglie soltanto un aspetto dell'oggetto. Si tratta comunque di un punto di vista valido, ancorché parziale (vedi precetto 728). In realtà, soltanto chi mette insieme i vari punti di vista ottiene una conoscenza completa (vedi precetti 732 e 726), ossia una conoscenza che si rivela utile ed efficace (vedi precetto 723). Ma essa, finché non si otterrà l'onniscienza, resterà sempre condizionata. 70 In altri termini, si può descrivere qualcosa da un certo punto di vista come esistente e da un altro punto di vista come non esistente. Per esempio, una sedia di mogano esiste in quanto legno di mogano, ma non esiste in quanto legno di noce. Oppure, la sedia che esiste in questo momento o in questa camera non esiste in un altro momento o in un'altra camera. 71 «Anche» nel senso che esistono anche altri aspetti. La conoscenza completa deve mettere insieme i vari punti di vista, deve essere sintetica. 72 Niksepa sono gli attributi attraverso cui s'interpreta un testo e quindi la realtà stessa. Si può infatti riconoscere una cosa 1. dal suo nome (nāma-niksepa), 2. dalla sua forma o immagine (sthāpāna-niksepa), 3. dagli antecedenti che l'hanno determinata (dravya-niksepa) e 4. dal suo stato reale o naturale (bhāva-niksepa). Tuttavia né il nome né la forma né gli antecedenti sono i veri attributi della cosa. Essi sono irreali, sono qualità attribuite. I veri attributi (bhāva-niksepa) di una cosa sono quelli che costituiscono realmente la sua natura. 73 L'aggettivo ägamico viene da Agama, scrittura sacra. Questo precetto e il successivo mettono in evidenza come la conoscenza delle sacre scritture possa portare a uno stato di Arhat con vari gradi di evoluzione. 74 Questi tre corpi che si riferiscono a stati e a tempi diversi indicano un soggetto che è ancora lontano dalla realizzazione, ossia dal suo stato reale (bhāva). Sono per così dire irreali. Per questo motivo appartengono alla categoria della potenzialità (dravya). 75 Il liberato trascende ogni scrittura. Vedi per esempio il precetto 255. 76 Un cibo procurato, cioè, con la violenza. 77 Airāvata è il mitologico elefante bianco con quattro zanne che diventò la cavalcatura del dio Indra. 78 Garuda è la mitologica figura con il becco e gli artigli di uccello rapace e con il corpo di uomo. For Personal & Private Use Only Page #179 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Glossario abhavya jīva Anima incapace di ottenere la liberazione. abhayadāna La suprema carità consistente nel proteggere gli esseri viventi. Āchārya Monaco ascetico; maestro spirituale. adharma Il principio della quiete e dell'immobilità. Āgama Scrittura sacra. ahiṁsā Non-violenza. Airāvata Elefante mitologico. ajīva Non-anima, la sostanza non vivente. ākāśa Lo spazio. alocană Confessione delle azioni malvagie alokākāśa Spazio vuoto oltre l'universo. anarthadaņda viramanavrata Voto del laico, consistente nell'astenersi dalle azioni inutili. Anekāntavāda Dottrina del non-assolutismo o della molteplicità in base alla quale è necessario guardare la realtà da tutti i punti di vista. Arga Testo religioso. anivertin o anivettikaraņa Anima che occupa il nono stadio dello svi luppo spirituale e che gode di una costante beatitudine. antarātmā Anima introversa, non guidata da fattori esterni e dedita alla meditazione. antarāya Karma che determina l'oscuramento del potere del sé. For Personal & Private Use Only Page #180 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 178 Glossario anuprekşā aņuvrata apramattasamyata apūrvakaraņa ārādhana ārambha Arhat Asarīrī aticāra atithisamvibhāga Riflessione profonda su ciò che è già stato letto e imparato. I cinque voti minori che devono essere osservati dai laici. Chi osserva i voti con costante vigilanza. Anima che occupa l'ottavo stadio dello sviluppo spirituale e che gode di una beatitudine variabile. Rituali propiziatori compiuti nel tempo della morte. Immaginare azioni malvagie. Un liberato in vita. Anima definitivamente liberata. Vedi Siddha. Trasgressione di uno dei voti. Quarto voto disciplinare del laico, consistente nell'offrire cibo puro ai monaci. Anima. Chiaroveggenza (detta anche sīmā-jñāna). Unità di misura del tempo, corrispondente a un battito di ciglia. Retta fede senza osservanza dei voti. Karma che determina la durata della vita. ātmā avadhi-jñāna avali avirata-samyagdrsti āyu bahirātmā bālatapa bālavrata Bhadānta bhāṣāsamiti bhāva bhāva-hiṁsā Anima estroversa, guidata dai sensi. Esercizi ascetici di tipo puerile. Voto di tipo puerile. Monaco dal comportamento ideale. Prestare attenzione nel parlare. Realtà. Violenza interiore, causata dalla disattenzione e dalla non costante vigilanza, che produce accumulo di karma. Capacità intrinseca delle particelle karmiche di produrre attaccamento o avversione. Persona degna di ottenere l'emancipazione. Il primo voto disciplinare del laico. Castità dei monaci. Lo stato assoluto dell'anima. bhāvakarma bhavya bhogopabhoga viramaņa brahmacarya Brahman For Personal & Private Use Only Page #181 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Glossario 179 Cakravartin caturvimšatistava Il re supremo sulla terra. La preghiera rivolta ai ventiquattro Tīrthařkara. Dānta darśana śrāvaka darśanīvaranīņya deśāvakāśika deśavirata dharma dharma-dhyana dharmakathā digvrata Monaco dal comportamento ideale. Laico che osserva la retta fede. Karma che oscura le giuste intuizioni. Voto del laico consistente nel non uscire dai limiti territoriali prestabiliti alla ricerca di piaceri sensuali. Parziale osservanza dei voti (detta anche virātāvirata). La natura essenziale di una sostanza; il principio del movimento; la religione. Un tipo di meditazione. La lettura delle storie esemplari. Voto meritorio per il laico, consistente nel non uscire dai limiti territoriali prestabiliti. Le sei sostanze (tempo, spazio, movimento, immobilità, materia e anima); potenzialità. Violenza esteriore, causata involontariamente, che non produce accumulo di karma. La massa delle particelle fisiche che formano il karma. Il punto di vista della sostanza. Punto di vista (naya) improprio. dravya dravya-hiṁsā dravyakarma dravyārthika-naya durnaya evambhūta-naya Uno dei sette punti di vista (naya) basilari. gaccha gaņa Gañadhara Garuda gotra guņa gunasthānas guņavrata gupti Ciò che conduce alla via della liberazione. I «tre gioielli» (retta fede, retta conoscenza e retta condotta). Guide spirituali. Figura mitologica, metà uomo e metà uccello. Karma che determina la condizione sociale Livello spirituale. Progresso spirituale. L'insieme dei tre voti meritori. Le tre forme di autocontrollo. For Personal & Private Use Only Page #182 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 180 Glossario hiṁsā Violenza. īryāsamiti Atto di attenzione che consiste nel camminare alla luce del giorno osservando attentamente il terreno per non causare alcuna violenza. Jina jīva jñānāvaraṇīya Il vittorioso: al singolare è Mahāvīra e al plurale indica i ventiquattro Tirthařkara. Anima, essenza vitale. Karma che oscura la conoscenza innata dell'anima. Uno dei nomi con cui viene designato Mahāvīra. Jñātaputra kāla karma Tempo. Il principio di causalità secondo cui a ogni azione corrisponde un effetto che può essere fausto o infausto, ma che comunque lega inesorabilmente l'anima al ciclo della trasmigrazione. Mortificazione del corpo. Immobilità del corpo durante la meditazione. L'onniscienza. Anima onnisciente. Anima libera da tutti gli attaccamenti. kāyaklesa kāyotsarga kevala-jñāna kevalin kşīņamoha leśyā loka lokākāśa Colorazioni karmiche dell'anima. L'universo. Lo spazio occupato dall'universo. manahaparya-jñāna mārgaņāsthāna mati-jñāna misra-bhāva mithyātva La telepatia. Schema che stabilisce la natura peculiare di ogni essere vivente. Conoscenza che deriva dai sensi e dalla mente. Confusione tra fede giusta e fede sbagliata. Credere solo alle cose esistenti nel mondo materiale (fede sbagliata). Karma che causa le infatuazioni e le illusioni. Guida spirituale. mohanīya Muni For Personal & Private Use Only Page #183 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Glossario 181 naigam-naya nāma Nandanavana naya niksepa Uno dei sette punti di vista (naya) basilari. Karma che determina il corpo fisico. Il paradiso. Il punto di vista del soggetto conoscente, la conoscenza di una cosa nelle sue relazioni. Gli attributi attraverso i quali comprendere il vero significato dei testi sacri e della realtà. Asceti «svincolati» o «senza luogo», ossia completamente privi di attaccamenti. Dissociazione del sé dalla materia karmica, rigetto del nuovo karma. Salvezza, liberazione. Il punto di vista reale. Voto di astensione dalle azioni malvagie. Nirgrantha nirjarā nirvana niscaya-naya niyama Omkāra Il mantra AUM. padastha palyanka рара pāpa karma paramāņu parama samādhi paramātmā parāvartana Stato di un'anima incarnata che ha ottenuto l'onniscienza. Particolare posizione del corpo durante la meditazione. Demerito; disposizione eccessiva, fine a se stessa, verso il denaro e le cose terrene; peccato. Karma infausto. Atomo. Meditazione suprema. Anima suprema, non inquinata dai karma. Rileggere un testo sacro per approfondirne la comprensione. Smisurato desiderio di possesso. L'insieme delle azioni salvifiche. Conoscenza indiretta. Il punto di vista della modificazione o condizione. Digiuno religioso. Voto disciplinare del laico, che prevede l'astinenza dal cibo, dall'abbellimento del corpo, dal piacere sessuale e dalla violenza. For Personal & Private Use Only parigraha parikarman paroksa paryāyārthika-naya pauşadha poşadhopavāsa Page #184 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 182 Glossario pradeśa pramāņa pramattasamyata prāna pratikramaņa pratyākhyāna pratyakşa pravācanāmātā prehana pudgala punya Unità o punti spaziali. Conoscenza precisa e innegabile, conoscenza di una cosa come è in se stessa. Osservanza dei voti maggiori senza la costante vigilanza. Energia; unità di misura di tempo corrispondente a un respiro. Pentimento. Rinuncia a compiere azioni malvagie in futuro. Conoscenza diretta. Gli otto precetti fondamentali («precetti madre»). Porre quesiti all'insegnante sui testi sacri. Materia. Merito; positiva e ben finalizzata disposizione verso il denaro e le cose terrene; genera un karma fausto. Meriti ottenuti grazie alle buone azioni. L'uomo con molti meriti. Testo religioso. punya karma punyātmā Pūrva rasaparityāga rjusūtra-naya Penitenza consistente nella rinuncia a cibi gustosi. Uno dei sette punti di vista (naya) basilari. Monaco dal comportamento ideale; santo. Stato dell'anima liberata. rsi rūprahitatva sabda-naya Sādhu sailesi sallekhanā salya samabhirūdha-naya samārambha Uno dei sette punti di vista (naya) basilari. Monaco dal comportamento ideale. Livello della libertà assoluta da qualsiasi attività, in cui tutta l'affluenza karmica è stata fermata. Voto di digiunare fino a morire. «Spine del carattere», difetti della condotta. Uno dei sette punti di vista (naya) basilari. Uso di strumenti che possono nuocere alle altre vite. Anima pura. L'equanimità mentale. Uno dei sette punti di vista (naya) basilari. samaya sāmāyika samgraha-naya For Personal & Private Use Only Page #185 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Glossario 183 samiti Le cinque forme di attenzione. samrambha Concepire pensieri malvagi. samvara Interruzione del ciclo trasmigratorio. samyaktva Retta fede. Samyata Monaco dal comportamento ideale. sangha La comunità dei monaci. sāra Sostanza. sayogi-kevalin Monaco che ha ottenuto la conoscenza dell'anima suprema e l'onniscienza. Siddha Anima liberata. Siddha-sīlā Vetta dell'universo, alla quale accede l'anima liberata. śikṣhāvrata I sette voti disciplinari che devono essere osservati dai laici. skandha-pudgala Materia aggregata. Sramaņa Tradizione spirituale indiana che crede nella divinità dell'anima ma non in un Dio; asceta; guida spirituale. śrāvaka Laico virtuoso. śruta-jñāna Conoscenza ottenuta attraverso lo studio delle scritture. stoka Unità di misura di tempo corrispon dente a un secondo. sūkşma kaşāya o sūkşma samparāya Decimo stadio dello sviluppo spiri tuale dell'anima. sunaya Punto di vista corretto. svabhāva L'essenza interiore di ogni individuo. svādhyāya Studio delle scritture. svastika Dal sanscrito svasti, «salute»; anti chissimo simbolo solare. Saptabhangi Dottrina sulla relatività della cono scenza umana. Syādvāda Dottrina del «settuplice modo di predicazione». Prefisso che significa «sotto un certo aspetto», «forse», «può essere». Syāt For Personal & Private Use Only Page #186 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 184 Glossario tapas tapasvī tattva Tirtharkara L'insieme delle pratiche ascetiche. Monaco che pratica il digiuno secondo le scritture sacre. Principio. «Costruttore del ponte o del guado»; ognuno dei ventiquattro saggi che hanno reiterato la dottrina jaina. ucchvāsa udumbara ūnodarī Upādhyāya Upāsakādhyayana upaśānta-kaşaya utsarga-samiti Unità di misura del tempo corrispondente a un'esalazione. Frutto che non dovrebbe essere mangiato poiché contiene semi, cioè anime. Digiuno parziale. Guida spirituale. Sacra scrittura. Colui che ha dominato le illusioni. Attenzione nell'espletare le proprie funzioni fisiologiche senza arrecare danno alle altre vite. vācană Lettura dei testi sacri. vaiyāvstya Servire un monaco. vandana Sottomissione spirituale. vedaniya Karma che produce piacere e dolore. vibhāva Condotta esteriore condizionata. Vidyādhara Semidio. vīrāsana Postura del corpo durante la meditazione. viratāvirata Parziale osservanza dei voti. Vītarāga Monaco dal comportamento ideale. viviktaśayyāsana Penitenza consistente nell'abitare in solitudine. vrata Osservanza dei voti. vrttiparisankhyāna Penitenza consistente nella limitazione delle cose mendicate. vyavahāra-naya Punto di vista empirico o pratico; uno dei sette punti di vista basilari. yatanā Attenzione. For Personal & Private Use Only Page #187 -------------------------------------------------------------------------- ________________ UOMINI E RELIGIONI SAGGI CARLO MARIA MARTINI Sulla giustizia MARCO VANNINI Il volto del Dio nascosto L'esperienza mistica dall'Iliade a Simone Weil CARSTEN PETER THIEDE La nascita del cristianesimo Ebrei, greci, romani e la morte del mondo antico GEORGE COYNE - ALESSANDRO OMIZZOLO Viandanti nell'universo Astronomia e senso della vita GREGORIO PENCO Il monachesimo Fuggirono il mondo, salvarono la civiltà, custodirono il Mistero RENÉ LAURENTIN Vita autentica di Gesù Cristo Nuova edizione ampliata ANDREA RICCARDI Il secolo del martirio I cristiani nel Novecento (3a edizione) For Personal & Private Use Only Page #188 -------------------------------------------------------------------------- ________________ EAMON DUFFY La grande storia dei papi Santi, peccatori, vicari di Cristo Dopo 2000 anni di cristianesimo a cura del Progetto Culturale della CEI. Contributi di C. Ruini, S. Romano, G. Rumi, M. Corti, M. Cacciari, G. Reale, C. Barbieri, G. Neri, T. Verdon PETER WALKER Il mistero della tomba vuota Storia e archeologia della morte, sepoltura e risurrezione di Cristo PAVEL A. FLORENSKIJ Non dimenticatemi Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del grande matematico, filosofo e sacerdote russo (2a edizione) MASSIMO BALDACCI Prima della Bibbia Sulle tracce della religione arcaica del proto-Israele (2a edizione) GIANNI COLZANI La vita eterna Inferno, purgatorio, paradiso HEINRICH ZIMMER Filosofie e Religioni dell'India ABRAHAM JOSHUA HESCHEL L'uomo non è solo Una filosofia della religione For Personal & Private Use Only Page #189 -------------------------------------------------------------------------- ________________ UOMINI E RELIGIONI INTERVENTI DON ORESTE BENZI Trasgredite! SAVERIO GAETA Giovanni XXIII Una vita di santità CORINNA CRISTIANI Vita da padri La nuova famiglia. Storia, cultura e affetti del ruolo paterno AA.VV. Socrate 2000 Sette giovani dialogano sullo spirito del mondo ALESSANDRO MAGGIOLINI La santa paura L'arte di morire MARTA BRANCATISANO Il Vangelo spiegato a mio figlio Racconti insoliti prima della buonanotte ANTONIO MAZZI Un'ala di riserva Adolescenza, terra di qualcuno? For Personal & Private Use Only Page #190 -------------------------------------------------------------------------- ________________ GIANNI BAGET Bozzo L'Anticristo (2a edizione) IGINO DOMANIN - STEFANO PORRO Il Web sia con voi FRANCESCO DELIZIOSI Don Puglisi Vita del prete palermitano ucciso dalla mafia DON ORESTE BENZI Prostitute Vi passeranno davanti nel Regno dei Cieli For Personal & Private Use Only Page #191 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #192 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Questo volume è stato impresso nel mese di maggio dell'anno 2001 presso Mondadori Printing S.p.A. Stabilimento NSM - Cles (TN) Stampato in Italia - Printed in Italy For Personal & Private Use Only Page #193 -------------------------------------------------------------------------- ________________ tutti gli esseri viventi, si estende fino al campo del pensiero, giungendo a negare che qualsiasi affermazione possa assurgere al ruolo di verità assoluta. Da qui l'idea, anch'essa estremamente moderna, che di ogni cosa sia possibile fare affermazioni contraddittorie a seconda del punto di vista e che la conoscenza umana resterà sempre - finché non si raggiungerà l'onniscienza dei <Page #194 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Uccidere un essere vivente e come uccidere se stessi; provare compassione per un essere vivente e come provarla per se stessi. Chi desidera il proprio bene, dovrebbe evitare di causare qualsiasi danno a un essere vivente. ISBN 88-04-49195-7 9117888041491958|| dan ducation International Torreon Platos only www. library of