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114 La via della liberazione desiderio di compiere atti religiosi; 4. quando compie un pellegrinaggio in pieno autocontrollo;5. quando domina i sensi; 6. quando prega per il perdono dei peccati commessi per sbaglio.
431. L'umiltà è un obbligo: scaccia l'orgoglio, aumenta la venerazione verso il maestro e verso i Tīrthařkara e porta a ubbidire ai precetti delle scritture.
432. Un monaco che medita sulla propria anima dopo aver rinunciato agli attaccamenti e alle altre passioni e che si astiene dal parlarne pratica il vero pentimento.
433. Il monaco che è assorto in meditazione rinnega tutte le proprie colpe; dunque, la sola meditazione è già di per sé un vero pentimento per tutte le trasgressioni.
434. Durante le cerimonie quotidiane, la rinuncia all'attaccamento al proprio corpo nel tempo prescritto, per il periodo prescritto e con la mente concentrata sulle qualità virtuose dei Jina: tutto ciò costituisce kāyotsarga (lo stato di immobilità del corpo).
435. Mentre viene compiuto kāyotsarga, si dovrebbero esaminare con pazienza tutti gli ostacoli che possono essere stati messi sulla propria strada da un dio, da un uomo, da un animale o dalla natura inanimata.
436. Colui che, dopo avere rinunciato a tutti i tipi di conversazione e dopo essersi distaccato da tutte le future attività di pensiero, buone o cattive, medita sulla propria anima, pratica davvero la rinuncia alle future azioni malvagie (pratyākhyāna).
437. Non rinunciare mai alla propria vera natura, non assumere mai la natura di un altro, conoscere tutto e vedere tutto come il proprio sé: questa dovrebbe essere la meditazione di una persona intelligente.
438. Condanno nella triplice maniera (cioè attraverso la mente, la parola e il corpo) qualsiasi atto malvagio da me compiuto ed eseguo sāmāyika nella triplice maniera, senza nessuna trasgressione.
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