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Premessa
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altrimenti la vita potrebbe rinascere. Elemosinano il nutrimento dai laici, i quali provvedono a cucinare per loro seguendo tutte queste restrizioni. Per gli asceti, protrarre il digiuno fino a morire di fame (sallekhanā) è la massima prova di rispetto verso ogni forma di vita, a scapito della propria.
Sia Digambāra che Svetambāra sono, generalmente, molto colti, avendo praticato lo studio delle scritture per lunghi anni; per lo più le monache svetambāra sono insegnanti.
I laici costituiscono una comunità piccola ma economicamente solida, proprio a causa del fatto che, per rispettare la regola dell'ahiṁsā, nel corso dei secoli non si sono mai occupati di agricoltura o di allevamento, attività che causano sfruttamento e violenza contro molte vite; invece si sono dedicati ad attività commerciali ed economiche, ottenendo sempre grandi consensi grazie al fatto di non usare mai l'inganno o la violenza, né con il pensiero, né con le parole, né con i fatti. Sovvenzionano e mantengono i magnifici templi, a fianco dei quali c'è quasi sempre un ostello per i visitatori, una biblioteca, un rifugio per gli animali; si occupano della protezione e della sopravvivenza degli asceti e dei monaci. Non è raro che un laico, una volta cresciuti i figli, abbandoni ogni cosa per diventare monaco e devolva tutti i suoi beni all'Ordine.
A una valutazione superficiale, la magnificenza e la ricchezza dei templi potrebbero apparire incongruenti rispetto alla sobrietà dei monaci e alla povertà assoluta degli asceti, così come la complessità della metafisica jainista potrebbe sembrare in contrasto con una condotta rigorosa ed essenziale. Vale la pena di approfondire questi aspetti: il Jainismo è un mondo molto composito, racchiude un ambito spirituale di inestimabile valore, che entra in contatto con il Sacro nel suo livello più profondamente universale.
Fra il 100 e l'800 d.C. vennero compilati numerosi testi sacri sia dalle comunità di Digambāra che dalle comunità di Svetambāra.
Solo nei primi anni Settanta del Novecento i Jainisti indiani decisero di redigere un testo comune e unanime con il fine di divulgare nel mondo la loro dottrina: per la realizzazione di quest'opera unitaria vennero riuniti in assemblea tutti i monaci rappresentanti delle diverse scuole.
Śrī Āchārya Vinobaji, studioso indiano di religioni, insieme ad
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