________________
soggetto conoscente. Gli attributi, le modalità e le relazioni delle cose sono dati direttamente nell'esperienza ed esistono oggettivamente. 63 In sostanza, per i Jaina la conoscenza diretta è quella che viene recepita direttamente dall'anima senza la mediazione dei sensi o della mente. 64 Si tenga presente che ogni punto di vista (naya) ha una propria verità, anche se parziale. 65 Si tratta del naya che coglie gli aspetti particolari e le caratteristiche specifiche. È il punto di vista convenzionale basato sulla conoscenza empirica. In esso mettiamo in evidenza le particolarità dell'oggetto che più ci interessano. 66 Il Syādvāda e la Saptabhangi sono dottrine che si occupano della relatività della conoscenza e in particolare del «settuplice modo di predicazione». 67 Per la definizione di naya, si veda il precetto 690 e per quella di pramāņa il precetto 685. 68 La parola syāt è un prefisso che può essere tradotto «sotto un certo aspetto», «forse» o «può essere». 69 Qui si parla dei sette modi di discorrere di una cosa. In sanscrito le sette predicazioni «è», «non è», ecc. incominciano tutte con il prefisso syāt. Ricordiamo che naya è quel tipo di conoscenza che coglie soltanto un aspetto dell'oggetto. Si tratta comunque di un punto di vista valido, ancorché parziale (vedi precetto 728). In realtà, soltanto chi mette insieme i vari punti di vista ottiene una conoscenza completa (vedi precetti 732 e 726), ossia una conoscenza che si rivela utile ed efficace (vedi precetto 723). Ma essa, finché non si otterrà l'onniscienza, resterà sempre condizionata. 70 In altri termini, si può descrivere qualcosa da un certo punto di vista come esistente e da un altro punto di vista come non esistente. Per esempio, una sedia di mogano esiste in quanto legno di mogano, ma non esiste in quanto legno di noce. Oppure, la sedia che esiste in questo momento o in questa camera non esiste in un altro momento o in un'altra camera. 71 «Anche» nel senso che esistono anche altri aspetti. La conoscenza completa deve mettere insieme i vari punti di vista, deve essere sintetica. 72 Niksepa sono gli attributi attraverso cui s'interpreta un testo e quindi la realtà stessa. Si può infatti riconoscere una cosa 1. dal suo nome (nāma-niksepa), 2. dalla sua forma o immagine (sthāpāna-niksepa), 3. dagli antecedenti che l'hanno determinata (dravya-niksepa) e 4. dal suo stato reale o naturale (bhāva-niksepa). Tuttavia né il nome né la forma né gli antecedenti sono i veri attributi della cosa. Essi sono irreali, sono qualità attribuite. I veri attributi (bhāva-niksepa) di una cosa sono quelli che costituiscono realmente la sua natura. 73 L'aggettivo ägamico viene da Agama, scrittura sacra. Questo precetto e il successivo mettono in evidenza come la conoscenza delle sacre scritture possa portare a uno stato di Arhat con vari gradi di evoluzione. 74 Questi tre corpi che si riferiscono a stati e a tempi diversi indicano un soggetto che è ancora lontano dalla realizzazione, ossia dal suo stato reale (bhāva). Sono per così dire irreali. Per questo motivo appartengono alla categoria della potenzialità (dravya). 75 Il liberato trascende ogni scrittura. Vedi per esempio il precetto 255. 76 Un cibo procurato, cioè, con la violenza. 77 Airāvata è il mitologico elefante bianco con quattro zanne che diventò la cavalcatura del dio Indra. 78 Garuda è la mitologica figura con il becco e gli artigli di uccello rapace e con il corpo di uomo.
Jain Education International
For Personal & Private Use Only
www.jainelibrary.org