Book Title: Lessenza Del Jainismo
Author(s): Claudia Pastorino, Editori Riuniti
Publisher: Jain International Ahmedabad
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Page #1 -------------------------------------------------------------------------- ________________ सात सांसद/सपास सहा सदस सामादिराजासादमा मिदिसामाहिसावमा यिदिसामाणि दिशामाथि अतिसययतिसम कासमा महिमाकासमा महिमाव गैर अतिक्सतावे मान गरयुलियसद्वासा Virchand Gandhi वासीयासी यो पिया वारा ि सिव सिस्वति सदस सामादिरा सामापि दिशा मतिसम्मतिययम कयासमा महिमाकासमा महिमा काल समकाल शास नरसिहासनगर सिहासनगर वासयासी यो थियो तपास सहा तास सहा सादमा पिटिरासादमाशियदि। इस मायतिसम्म सिम किया एसमा महिमा यास महिमाक सकाल समकाल गेर सिहाव स दवासी पैयो। कार मिस सामालिदिन शिस कयासमा सकाल समय पिसाव वेद यासी पया का सिए सामाविदि मसि कयासमा एम सकाल सम रियमि०सहाव यासी या कडा अब स्वतिय सद सादमा परि यय कयासमा सकाल समय पु अतिमासदार सागर यासासी थाय प्राणपिट विस्वतपास सहा तास सहा सादमा पिपदिशा सामाणि दिशामा पया पिय La storia मण्डलिमयेय रामं पद्यमय जम्मil pensiero le fiabe कयास माणमहिमाकासमा काल समयकाल समय रितिसादाने गर सिहासनगर यासीवासी।। तपासासा तिसवासहा विदिशामा पिपदिशामा जिस ययसम्म समाए महिमाकासमा महिमाक कालस सहावसान गरयतिएस हादसागर यासी या सी पिया के डाय तपासासहखतिसदस मणियदिराला साद माणिपदिशा इसा म जिस ययम सियरम क समागमहिमाकापसमा महिमाक समयकाल समय स सहासनगर लिएमा सागर यासीवासी कायाको प पिसणस तपास स L'essenza del jainismo दराजासादमादिराजा मसिस ययम्मतिसम्म कया एस माणमहिमाकासमा महिमाक ‍ 425 ar म सर Kitch 20 ि म म सह उस 39 र ि FRENTE एस य मा म Re 15721 स जय मा AB SI स जय मा मर Fre स 210 भर RE of स 72 PET! मर 420 GLE स या Editori Riuniti काल म स For Personal & Private Use Only - (साने गर = www.jainellbrary.org ne दाद सिरि व्याय सकाल ि FITA मिर Page #2 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il jainismo - che ha avuto origine in India nel VI secolo a.C. ad opera di Mahavira e che ha annoverato tra i suoi principali seguaci il Mahatma Gandhi – è considerato una «religione laica» o la «religione dei senza Dio», perché per il jainista o jaina non è necessario credere in nessun Dio in particolare, anzi può dirsi jainista anche il cristiano o il musulmano, purché osservi una condotta vigile e retta. Piú che il rapporto credente-Dio cui siamo abituati a pensare, infatti, il jainismo prevede una serie di precetti e di norme di condotta improntate alla nonviolenza, il cui piú importante principio si riassume in «Vivi e lascia vivere». L'interesse nei confronti del jainismo è oggi sempre piú diffuso anche perché la dottrina jainista è depositaria di un messaggio vicino ai piú rigorosi movimenti ambientalisti, pacifisti e animalisti e, soprattutto, non ha nessuna possibilità di degradazione fanatica: il fanatico jainista, tutt'al piú, respira sempre con una benda sulla bocca e beve solo acqua filtrata, per non togliere la vita al piú piccolo dei microrganismi. For Personal & Private Use Only Page #3 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Universi religiosi For Personal & Private Use Only Page #4 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #5 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Virchand Gandhi L'essenza del jainismo La storia, il pensiero, le fiabe a cura di Claudia Pastorino e Massimo Tettamanti prefazione di Nagin J. Shah Editori Riuniti For Personal & Private Use Only Page #6 -------------------------------------------------------------------------- ________________ au I edizione: settembre 2003 Titolo originale: Religion and Philosophy of The Jainas © Copyright Jain International, Ahmedabad Traduzione di Claudia Pastorino e Massimo Tettamanti © Copyright Editori Riuniti via Alberico II, 33 - 00193 www.editoririuniti.it fax verde: 800 677822 ISBN 88-359-5349-9 For Personal & Private Use Only Page #7 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Indice 7 17 Introduzione all'edizione italiana di Claudia Pastorino Prefazione di Nagin J. Shah L'essenza del jainismo L'ambiente culturale L'antichità della civiltà indiana e i Veda, p. 31 - Status sociale dei primi indiani, p. 33 - Status morale degli indiani, p. 36 - La vita, i suoi oggetti e le sue leggi, secondo gli indiani, p. 38 - Sei sistemi di filosofia, p. 59 - I principi essenziali dell'induismo, p. 61 - I principi essenziali del buddhismo, p. 67. La filosofia jainista Come studiare la filosofia jainista, p. 69 - Antichità del jainismo, p. 70 - Relazione tra la filosofia dei jaina e la filosofia degli antichi greci, p. 71 - Il jainismo come sistema eterodosso, p. 72 - Differenze tra il jainismo e il buddhismo, p. 72 - Jina e jaina, p. 73 - Dualismo jainista, p. 73 - I nove princípi, p. 74 - Sei sostanze, p. 75 - Sei tipologie di esseri viventi, p. 75 - Quattro stati dell'esistenza, p. 76 - Trasmigrazione e karma, p. 77 - Etica jainista, p. 77. Realtà e conoscenza Sostanze e modi reali, p. 79 - Esistenza fenomenica e noumenica, p. 79 - Due punti di vista, p. 81 - Il metodo jainista di analisi e sintesi, p. 82 - Un esempio di pseudo-analisi, p. 83 - Dottrina della molteplicità dei punti di vista, p. 84. L'anima Introduzione, p. 87 - Differenze di anima, p. 88 - La natura dell'anima, p. 88 - Qual è l'origine dell'anima?, p. 90 - Sintesi della dottrina della rinascita e della trasmigrazione, p. 91 - Numero e classi degli esseri viventi, p. 93 - I cinque Cancelli della Conoscenza, p. 94 - 79 87 For Personal & Private Use Only Page #8 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 111 115 119 Coscienza, corpo e mente, p. 95 - Dottrina della reincarnazione e karma, p. 96 - Progresso spirituale, p. 103 - Liberazione, retta conoscenza e nonviolenza, p. 105 - Significati di salvezza, p. 108 - Note conclusive, p. 109. L'universo Dio Simbolismo jainista Scienza del simbolismo, p. 119 - Motivi per l'utilizzo dei simboli, p. 119 - Uso dei simboli universali, p. 120 - Simbolo della Svastika, p. 121 albero di mango e le sei persone, p. 124 - Il simbolo Om, p. 125 - Simboli sulla fronte, p. 127 - Simbolo del Loto dagli otto petali, p. 128. Fiabe jainiste La compassione dell'elefante, p. 131 - Il monaco Metarya, l'orafo e l'uccellino, p. 132 - Il matrimonio che non avvenne, p. 135 - Il gentile Shri Krishna, p. 136 - Veri monaci, p. 137 - Il Re Meghrath, p. 138 - Gautamaswami, p. 140 - Veri insegnamenti, p. 142 - L'elefante e i non vedenti, p. 144 - Le vite di Parshvanath, il ventitreesimo Tirthankara, p. 146 - Mahavira, il ventiquattresimo Tirthankara, p. 151. 129 159 Luoghi di culto e iconografia sacra For Personal & Private Use Only Page #9 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Introduzione all'edizione italiana Vivi e lascia vivere. Ama tutti, servi tutti! Su questo comandamento dell'amore universale, dove per «>. For Personal & Private Use Only 7 Page #10 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Dopo la sua piena illuminazione, egli dedicò i rimanenti trent'anni della sua vita alla protezione di tutte le creature viventi, viaggiando a piedi nudi attraverso l'India, predicando e rivoluzionando il pensiero umano, sconvolgendo molte false dottrine e attaccando tanti dogmi tradizionali. Contemporaneo del Buddha, anche Mahavira prese le distanze dal sistema vedico a causa soprattutto della divisione in caste e dei sacrifici animali. Ma al contrario del Buddha, che dopo aver seguito per anni il modello ascetico se ne discosto per ricercare la «via di mezzo», Vardhamana Mahavira rinvigorí le regole ascetiche, prescrisse un codice monastico basato sul distacco, delineò un codice morale dal quale fosse bandita anche la minima violenza contro qualsiasi creatura umana, animale o vegetale. Insegnò la parità tra tutti i viventi, senza distinzioni di casta, di sesso, di specie, di razza o di religione. Un grande contributo, non solo spirituale ma anche sociale e civile, derivò dagli insegnamenti di Mahavira. Le sue azioni e i principali contributi si possono cosí riepilogare: 1. Mahavira si oppose ai sacrifici animali e umani, alle superstizioni che popolavano (e popolano) l'India e ai rituali creati per ottenere benefici per la vita successiva. Come alternativa, diffuse il cammino della nonviolenza (Ahimsa) basato sull'impegno e sugli sforzi personali del singolo individuo, senza la possibilità di delegare a rituali o a intermediari; 2. abolí la tradizione ormai consolidata di non permettere alle donne in generale, e a tutti gli uomini e le donne delle caste piú basse il diritto allo studio e alla partecipazione alle funzioni religiose. Fu cosí coraggioso e saggio da iniziare allo studio religioso e filosofico persone di tutti i ceti sociali. Forní uguali diritti allo studio per tutti. Con successo eliminò il sistema delle caste in tutte le aree in cui il suo pensiero si diffuse; 3. sotto la sua influenza, lo status normale basato sulla casta, il benessere, la ricchezza e la potenza fu sostituito da un altro basato su valori etici e morali; 4. parlò alle persone con la lingua comune e non utilizzò il sanscrito, il linguaggio degli istruiti e delle classi piú elevate; 5. per gli asceti della sua scuola, Mahavira promosse l'idea For Personal & Private Use Only Page #11 -------------------------------------------------------------------------- ________________ di un cammino di distacco dai piaceri attraverso penitenze, austerità e meditazione. Ancora oggi gli ordini monastici e ascetici jainisti si fondano su distacco, equanimità, consapevolezza, nonviolenza e disciplina; 6. i suoi seguaci provenivano da tutte le classi sociali ed erano sia uomini che donne, con larga presenza di queste ultime; ancora oggi l'ordine monastico jainista è formato prevalentemente da monache, le quali sono generalmente insegnanti. In sintesi, gli originali contributi di Mahavira furono: la centralità della dottrina dell’Ahimsa (nonviolenza) e del codice della relatività della conoscenza e della molteplicità dei punti di vista («Anekantavada») che sono diventate le basi della moderna dottrina spirituale jainista. All'età di settantadue anni, nel 527 a.C., Vardhamana Mahavira raggiunse il suo Nirvana: la sua anima purificata lasciò il corpo e fu completamente liberata: divenne consapevolezza pura, vivendo per sempre in uno stato di perfetta beatitudine. Intorno al 1133 il regno di Kumarpal, re del Gujarat, stato dell'India occidentale, fu largamente influenzato dal grande maestro jaina Acharya Shri Hemchandrasuri (1089-1173), seguace di Mahavira. Il re era cosí ispirato dai suoi insegnamenti sull’Ahimsa e la compassione che aveva introdotto, nell'intero Stato, il divieto di uccidere gli animali per il cibo, per lo sport o per il divertimento. Cosí, per molte generazioni, lo Stato del Gujarat divenne interamente vegetariano e nessuno uccise né torturò piú gli animali. Questo è il principale caso di un intero Stato che, per un certo periodo, seguí l'antico principio dell’Ahimsa. Il termine «jaina» o «jina» significa «vittorioso» e designa colui che abbia vinto sugli attaccamenti, sulle avversioni, sull'egoismo, sul materialismo e sulle passioni. Il jainismo è una dottrina spirituale ateista, che non presuppone, cioè, l'esistenza di un dio né di piú dèi creatori dell'universo. Il jainismo descrive l'universo come eterno e increato e identifica il Sacro con l'energia vivente: l'anima di ogni essere vivente (uomo, animale, vegetale e anche degli elementi) è eter For Personal & Private Use Only Page #12 -------------------------------------------------------------------------- ________________ na e divina e aspira alla liberazione dalle rinascite. Il riconoscimento del Sacro in ogni espressione vivente fa del jainismo il veicolo di un prezioso messaggio panteista e biocentrista. Dio nel senso di un creatore personale extra-cosmico non trova posto nella filosofia jaina. Viene chiaramente negato un creatore del genere, ritenuto illogico e irrilevante nello schema generale dell'universo. I jaina riconoscono invece la divinità all'interno di ogni essere vivente. La liberazione dell'anima dalla sofferenza delle rinascite può avvenire solo dopo la completa liberazione dagli attaccamenti, attraverso il distacco, le meditazioni, le austerità, l'autopurificazione, l'ascetismo e la stretta osservanza del comandamento dell’Ahimsa, la nonviolenza verso tutte le creature. Questa è la via jainista verso la liberazione, per percorrere la quale è richiesto l'impegno individuale del singolo: qui non vi è la possibilità di delegare a sacerdoti, rituali, intermediari. Occorre impegnarsi direttamente per sciogliere il nodo tra l'anima e la materia determinato dai frutti delle azioni che sono state compiute, sia cattive che buone, che generano inevitabilmente karma (negativo o positivo); l'accumulo di karma è la causa diretta delle rinascite. L'ateismo jainista si riferisce al disconoscimento, sia empatico che scientifico, di un «creatore increato», di un «primo motore immobile», di un dio o piú dèi che creano, mantengono e distruggono l'universo; in questo senso, il jainismo è una dottrina atea. Ma per il jainismo ciascuno può aspirare alla deità, seguendo con disciplina e rigore la via indicata dai ventiquattro Tirthankara verso la liberazione. Divenire un «jaina», uno cioè che ha vinto contro passioni e attaccamenti, equivale a interrompere il ciclo delle rinascite e a raggiungere la liberazione. Nel jainismo, questi «Liberati» sono venerati come dèi, ma questa venerazione non avviene per richiedere grazie o miracoli: i jaina venerano i Tirthankara come guide spirituali. La devozione jainista non è concepita per l'ottenimento di miglioramenti spirituali o materiali: la riverenza ai ventiquattro Saggi è fine a se stessa; compito dei Saggi è essenzialmente quello di indicatori della giusta via verso la liberazione. Ogni 10 For Personal & Private Use Only Page #13 -------------------------------------------------------------------------- ________________ progresso personale può avvenire unicamente grazie agli sforzi, alla disciplina e all'impegno personale del singolo individuo. L'universo jainista è ricco e composito: le anime incatenate alla materia possono incarnarsi in questo mondo terreno nelle varie forme viventi, oppure nella regione celeste in forma di angeli o semidei, o ancora nella regione infernale: in ogni caso, tutte queste anime aspirano a liberarsi dalla loro attuale condizione per raggiungere lo stadio ultimo di «anima liberata». L'osservanza dell’Ahimsa costituisce il cuore stesso e la regola aurea del jainismo; Ahimsa significa simpatia, fratellanza, amore verso ogni creatura; significa riconoscere in ogni altro il proprio sé. Il jainismo attribuisce, inoltre, estrema importanza alla «Costante vigilanza» e all'«Intenzione»: l’Ahimsa deve essere applicata in ogni istante della propria esistenza e nei confronti di qualunque essere vivente. Caratteristica essenziale di ogni uomo saggio è non uccidere nessun essere vivente. Senza dubbio, si devono comprendere i due princípi della nonviolenza e dell'uguaglianza di tutti gli esseri viventi. Tutti gli esseri viventi vogliono vivere e non vogliono morire; per questo le persone completamente prive di attaccamenti proibiscono l'uccisione degli esseri viventi. In ogni caso, non si dovrebbero mai uccidere né consapevolmente né inconsapevolmente gli altri esseri viventi – mobili o immobili – di questo mondo, né si dovrebbe permettere ad altri di ucciderli. Come il dolore non piace a te cosí non piace agli altri. Conoscendo.questo principio di uguaglianza, tratta sempre gli altri con rispetto e compassione. Uccidere un essere vivente è come uccidere se stessi; provare compassione per un essere vivente è come provarla per se stessi. Chi desidera il proprio bene, dovrebbe evitare di causare qualsiasi danno a un essere vivente. L'essere vivente che vorresti uccidere è uguale a te stesso; l'essere vivente che vorresti sottomettere è uguale a te stesso. Anche la sola intenzione di uccidere causa la schiavitú del karma, sia che tu uccida sia che tu non uccida; dal punto di vista reale, questa è la natura della schiavitú del karma. 11 For Personal & Private Use Only Page #14 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Sia la non-astinenza dalla violenza sia l'intenzione di commetterla sono himsa (violenza). Pertanto un comportamento non costantemente vigile dovuto alle passioni equivale a himsa. La disattenzione è la causa dell'afflusso del karma. L'attenzione lo ferma. Colui che non è attento è ignorante, chi è attento è saggio. La persona compassionevole, vigile e rispettosa delle altre vite, la persona che è sempre cauta in ogni atto della sua giornata è realmente una seguace della nonviolenza.1 Il jainismo postula la dottrina dell'Anekantavada, la «Page #15 -------------------------------------------------------------------------- ________________ rigorosa ma al contempo gioiosa e positiva. A fianco dei templi sovente si trova, oltre a una biblioteca e a un ostello per i visitatori, anche un «Panjarapole», ricovero per animali (prevalentemente mucche e ovini) anziani, abbandonati o malati, centro veterinario per uccelli e reparti per animali considerati abitualmente reietti o disgustosi. Il jainismo si divide in due scuole principali: Svetambara e Digambara. I monaci e le monache Svetambara («Vestito di bianco>>) possiedono un abito bianco, una ciotola per elemosinare il cibo e l'acqua, un bastone, una scopa per rimuovere gli insetti dal loro cammino prima di sedersi e coricarsi, e una pezzuola sulla bocca per non nuocere ai batteri dell'aria. Gli asceti Digambara («Vestito di cielo») sono generalmente i più anziani, i piú eruditi sulle Scritture, i piú perfetti sul piano della condotta, della fede e della conoscenza; essi non possiedono nulla: né abito, né dimora, né lavoro, né famiglia, né amici, né ciotola, ma solo la scopa, la pezzuola sulla bocca e un contenitore per l'acqua con cui lavarsi i piedi prima di entrare nei templi; elemosinano il cibo e l'acqua da bere nell'incavo delle mani giunte. Vivono generalmente ritirati, soprattutto da quando in India venne bandita la nudità. I jaina (asceti, monaci e laici di entrambe le scuole), oltre a non cibarsi di nessun animale di aria, di terra e di acqua (compresi crostacei e molluschi), non si cibano neppure di tutte quelle creature vegetali estirpando le quali si uccide l'intera pianta togliendole la possibilità di continuare a crescere e a produrre i suoi frutti: bulbi, radici come patate, rape, carote ecc., ma anche frutti ricchi di semi – e quindi di anime – come i melograni; non utilizzano neppure il miele, prodotto mettendo in pericolo la vita delle api. Da quando, poi, lo sfruttamento degli animali per la produzione di uova, latte e latticini è stato industrializzato con la creazione degli allevamenti intensivi e degli allevamenti in batteria, i jaina hanno iniziato a bandire anche gli alimenti di origine animale, poiché la loro produzione comporta inevitabilmente grande violenza (himsa) sugli animali. Le più recenti For Personal & Private Use Only 13 Page #16 -------------------------------------------------------------------------- ________________ indicazioni dottrinali jainiste suggeriscono, infatti, lo stile di vita vegan (conosciuto in Italia anche come «vegetaliano») al fine di ridurre al minimo la violenza. I jaina stanno iniziando, ad esempio, a sostituire il latte di mucca, utilizzato in alcuni rituali all'interno dei templi, con latte di soia o latte di riso. «La tradizione non deve essere seguita ciecamente. Il piú elevato principio jainista della nonviolenza non dovrebbe essere compromesso mai, in nessuna circostanza.» E ancora: «Qual è l'essenza di una mucca? Quella di essere serenamente assorta nel proprio quieto ruminare e di vivere tranquillamente i suoi venti lunghi anni in armonia con la natura. La mucca non è una pompa di latte a quattro zampe che possiamo impunemente rendere orfana, allevare, alimentare chimicamente, farmacologizzare, inseminare artificialmente, manipolare per l'unico obiettivo: massimo quantitativo di latte al minimo costo!? Questo codice morale e comportamentale fa del jainismo una dottrina che, pur cosí antica, si trova oggi a essere in linea con il piú spinto animalismo e ambientalismo contemporanei. Creare rifiuti in eccesso e inquinamento sono atti di himsa (violenza). E proprio l'estremo rigore nella pratica della nonviolenza ha contribuito a fare del jainismo, nel corso dei secoli, una dottrina minoritaria e poco conosciuta al di fuori dell'India. Fra il 100 e l'800 vennero redatte numerose Scritture sia dalle comunità di Digambara che dalle comunità di Svetambara. Intorno al 1970, grazie all'iniziativa del monaco jaina Sri Acharya Vinobaji, studioso indiano di religioni e discepolo del Mahatma Gandhi (a sua volta fortemente influenzato dalla fede jainista), i jaina indiani scrissero un testo comune e unanime per la divulgazione nel mondo della loro dottrina: per la realizzazione di quest'opera unitaria vennero riuniti in assemblea tutti i monaci rappresentanti delle diverse scuole e sottoscuole jainiste. L’Acharya Vinobaji, insieme ad alcuni suoi collaboratori, studiò le principali Scritture jainiste e stese una prima versione 14 For Personal & Private Use Only Page #17 -------------------------------------------------------------------------- ________________ del Canone del jainismo, sulla base della quale l'assemblea elaborò all'unanimità la versione definitiva del Saman Suttam [«il libro dei credenti nella non esistenza di Dio»], suddivisa in versetti sul modello del Dhammapada. Nel 1975 venne data alle stampe la versione in prakrito con la traslitterazione in caratteri latini: per la prima volta veniva pubblicato un lavoro unitario, che finalmente avrebbe potuto divulgare il Canone base del jainismo in tutto il mondo. Nel 1993 venne pubblicata, in India e in America, la prima versione del Saman Suttam in inglese. Nel 2001 ne è stata pubblicata la traduzione in lingua italiana e nel 2002 è stata poi pubblicata la traduzione in italiano del The Book of Compassion, il piú recente aggiornamento dottrinale jainista. Nella prima parte del presente volume troviamo una descrizione della metafisica jainista che fornisce una spiegazione scientifica dell'universo eterno e increato, della legge karmica, della materia, dell'anima; le analisi sono minuziose e codificate nei minimi particolari affinché a ciascuno sia data la possibilità, già da questa vita, di accedere alla retta conoscenza che, insieme alla retta fede e alla retta condotta, forma la salda triade che guida l'uomo di buona volontà sulla strada per la liberazione. Gandhi ci presenta il jainismo con continui interessanti riferimenti comparativi alle altre importanti religioni dell'India, induismo e buddhismo. Nella seconda parte, le fiabe jainiste piú significative che, tradotte per la prima volta in Italia, costituiscono una maniera godibile di accostarsi agli insegnamenti di questa antica – ma per molti versi cosí attuale – dottrina del pacifismo, dell'ecumenismo, del panteismo e della nonviolenza universale. Le fiabe jainiste sono state narrate e spiegate a me e all'altro curatore del volume da Premchand Gada, medico indiano jaina residente in Texas, durante un suo soggiorno a Genova nell'estate del 2001, durante il quale Premchand Gada portò qui un «pezzo di India», attraverso i suoi racconti, il materiale audio e video, i cd rom e le fotografie... 15 For Personal & Private Use Only Page #18 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Queste fiabe rappresentano una significativa scelta tra le numerose riportate dalla tradizione jainista scritta e orale per l'educazione dei bambini e dei ragazzi. Gli insegnamenti jainisti sulla compassione, la vigilanza, la nonviolenza, il distacco, la gentilezza verso tutte le creature, sono qui proposti in una chiave semplice ma non meno efficace. Ringraziamo sinceramente Premchand Gada per la disponibilità, l'amicizia, e per averci raccontato le fiabe jainiste sotto il caldo sole dell'agosto genovese. Per chi si occupa prioritariamente da tanto tempo di volontariato per i diritti degli animali, è stata una bella sorpresa vedere ad esempio, sui sussidiari dei bimbi jaina, a simboleggiare il «male» (l'equivalente, cioè, del nostro «lupo cattivo») l'immagine del cacciatore e del macellaio che brandiscono fucile e coltello per uccidere le loro innocenti vittime... Il jainismo è portatore di luminosi insegnamenti che riguardano molti ambiti della vita umana: dai conflitti interreligiosi, politici, sociali, personali, al trattamento che l'essere umano riserva alla natura e agli animali. Empatia e amore verso tutte le creature, coltivare intenzioni positive verso noi stessi e verso gli altri, vedere sempre se stesso in ogni altro essere vivente al di là dell'involucro materiale: questi sono gli insegnamenti del jainismo. Scoprire questa illuminante dottrina del panteismo, lontana dai formalismi delle religiosità dogmatiche ed esteriori, aiuta ad aprire la mente e il cuore. Claudia Pastorino Note 1 2 Pastorino C., Lamparelli C. (a cura di), Saman Suttam, il Canone del jainismo, la piú antica dottrina della Nonviolenza, Mondadori, Milano, 2001. Pastorino C., Tettamanti M., Il jainismo, la piú antica dottrina della Nonviolenza, della Compassione e dell'Ecologia, Edizioni Cosmopolis, Torino, 2002. Ibidem. 3 16 For Personal & Private Use Only Page #19 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Prefazione Virchand Raghavji Gandhi è stato uno dei piú eminenti indiani del nostro tempo. Rappresentante del jainismo presso il Parlamento mondiale delle Religioni in Chicago nel 1893, impressionò sempre i suoi ascoltatori americani per la caratura del suo pensiero e per la semplicità del suo vivere quotidiano. Avendo compreso che gli occidentali erano desiderosi di approfondire la filosofia e la cultura indiana, Gandhi rimase in America per quasi tre anni compiendo una vera e propria missione di diffusione della conoscenza della filosofia jainista e della saggezza indiana. Tenne conferenze in molte città, quali Chicago, Boston, New York, Washington, ed altre ancora. Swami Vivekanand, che fu con lui presso il Parlamento mondiale delle Religioni, scrisse di Gandhi: «Quest'uomo non si ciba mai di altro che non di semplice frutta anche in questo clima talvolta terribilmente freddo, ed è forte in lui il desiderio di difendere con le unghie e con i denti i suoi compatrioti indiani e la sua religione. Gli americani lo amano e lo rispettano molto per questo». Gandhi fu ricevuto ovunque con grande cordialità e i suoi discorsi lasciavano sentimenti di gioia nella mente e nel cuore del pubblico che li aveva ascoltati. In seguiro egli parti per l'Inghilterra, dove tenne nuove conferenze in numerosi centri di studio, non solo sulla filosofia jaina ma anche sugli altri sistemi filosofici indiani. 17 For Personal & Private Use Only Page #20 -------------------------------------------------------------------------- ________________ I suoi discorsi circa i vari aspetti della cultura indiana erano coinvolgenti e pieni di saggezza. Egli fece comprendere agli americani e agli inglesi tutto il sublime che è profondamente insito nella cultura indiana in generale e nella cultura jaina in particolare. Le sue conferenze venivano richieste ovunque, per essere le piú elevate e istruttive sulla materia. Proprio da queste conferenze di Gandhi, ho selezionato in questo volume alcuni brani al fine di fornire una completa panoramica della filosofia e della religione jainista, aggiungendo titoli e sottotitoli per chiarire quali argomenti si stiano trattando. La prima parte del volume, «L'ambiente culturale», tratta dell'ambiente culturale e spirituale nel quale si sviluppa il jainismo; per comprendere appieno la filosofia e la religione jainiste è fondamentale, prima di tutto, cercare di entrare nello spirito della cultura indiana. Ritroviamo, evidente, tutto l'amore di Gandhi per la cultura indiana all'interno dei suoi insegnamenti e del suo esprimersi con lo zelo e la perseveranza del missionario e la mente aperta dell'onesto studioso. Egli adora la cultura indiana. Nella seconda parte, «La filosofia jainista», egli presenta un illuminante quadro della cultura indiana, contemplando la cultura braminica, jainista e buddhista. Tutto ciò è «la cultura indiana». Il suo modo di trattare il concetto braminico dei «cinque grandi sacrifici» (pancamahayajna) è istruttivo e interessante. Egli fornisce una chiara testimonianza della visione indiana della vita, dipingendo un realistico quadro d'insieme della società e della morale degli antichi indiani. È particolarmente consapevole del fatto che la vera forza dell'India sta nella spiritualità e nella moralità degli indiani. Dice: «Il fatto meraviglioso è che, nonostante i numerosi attacchi stranieri, l'India e il suo popolo siano sempre sopravvissuti, e che, nonostante le influenze delle culture straniere, gli indiani siano rimasti saldamente ancorati alla propria moralità e alla propria spiritualità». Cita Sir T. Munro, che disse: «... e se la civilizzazione diventasse un articolo commerciabile tra l'Inghilterra e l'India, sono 18 For Personal & Private Use Only Page #21 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ..1: 1India convinto che l'Inghilterra guadagnerebbe da questa importazione». E, ancora, cita Max Muller il quale, nel suo libro intitolato India: che cosa ci può insegnare?, scrive: «Se mi chiedessero sotto quale cielo la mente umana ha piú ampiamente sviluppato alcuni dei suoi doni migliori, ha piú profondamente meditato sulle grandi domande della vita, ha trovato risposte a ciò che giustamente merita l'attenzione di coloro che hanno studiato Platone e Kant, io indicherei l'India. E se io domandassi a me stesso da quale letteratura noi europei – che siamo stati nutriti quasi esclusivamente dal pensiero greco, romano ed ebraico – possiamo trarre le migliori direttive per rendere la nostra vita perfetta, ampliare la nostra capacità di comprensione, divenire esseri piú universali - intendo dire non semplici esseri umani temporali ma esseri trasfigurati ed eterni -, ancora dovrei indicare l'India». Possiamo ancora sentire risuonare l'insegnamento morale e spirituale di Gandhi nelle sue stesse profetiche parole: «Voi sapete, fratelli e sorelle, che noi non siamo una nazione indipendente ma siamo sudditi di Sua Maestà la Regina Vittoria, “difensore della fede”; ma se noi fossimo una nazione in tutto ciò che questo comporta, con un nostro governo e nostre proprie regole, con nostre leggi e istituzioni controllate da noi stessi liberamente e indipendentemente, credo che cercheremmo di stabilire e mantenere per sempre relazioni pacifiche con tutte le nazioni del mondo». Il secondo capitolo presenta i fondamenti del jainismo. Stabilisce l'antichità del jainismo, descrive le nove realtà che ognuno dovrebbe conoscere per ottenere la liberazione, enumera le sei sostanze, fornisce una schematica descrizione sia delle sei forme di vita degli esseri viventi sia dei quattro stadi dell'esistenza, tratta della trasmigrazione, del karma e dell'etica jainista. Nel terzo capitolo Gandhi espone il concetto jainista della realtà e della conoscenza. Per i pensatori jaina sia la sostanza che i modi in cui la sostanza si manifesta sono reali. L'una senza gli altri non possono esistere. Qui Gandhi mette a confronto il punto di vista jainista con il punto di vista dei Veda che considera non reali le modificazioni della sostanza. Egli spiega 19 For Personal & Private Use Only Page #22 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ampiamente il concetto jainista di esistenza fenomenica e di esistenza noumenica. In queste pagine, Gandhi contrappone la posizione jainista alla posizione kantiana. Egli osserva: «In sostanza un noumeno dal punto di vista dei kantiani è un oggetto separato dal pensiero; esso è ciò che resta dell'oggetto del pensiero oltre lo spazio, il tempo, e quando tutte le categorie della comprensione sono astratte da esso. I jaina, empaticamente, rifiutano questo concetto. La posizione jainista è: primo, la retta conoscenza è la sola prova è la sola misura dell'esistenza di una realtà; secondo, la conoscenza è sempre la conoscenza delle relazioni; terzo, la realtà non è mai altra rispetto alle relazioni (una particolare realtà potrebbe non essere in relazione fisica con un'altra realtà; essa potrebbe essere in relazione con soggetto e oggetto, conoscitore e conosciuto); quarto, le relazioni sono costantemente mutevoli. Essere significa essere in relazione. Cosí, quando noi conosciamo una cosa, noi conosciamo le relazioni – alcune, se non tutte – in cui essa si trova in rapporto con noi e in rapporto con le altre cose. Per estensione, noi conosciamo la cosa cosí come essa è. Vi sono altre relazioni presenti che noi non conosciamo, e vi sono altre possibili relazioni che noi non possiamo comprendere nel nostro attuale stadio di sviluppo. Questo residuo di relazioni è il noumeno. Compito della nostra speculazione dovrebbe essere tentare di comprendere queste relazioni non conosciute, e non andare alla ricerca dell'illusoria "cosa in sé". Come dice George Henry Lewes: "L'illusione di un'esistenza subalterna all'apparenza proviene dalla nostra tendenza a dissociare le astrazioni dalla loro concretezza, e dotare le prime di una realtà permanente negata alla seconda. Noumeno e fenomeno non sono due entità separate, ma due modalità con cui noi osserviamo l'intero oggetto, una parte del quale è da noi conoscibile e un'altra non conoscibile. L'errore comune in questa speculazione è di confondere una logica distinzione con una reale separazione”». Questa riflessione porta poi Gandhi a considerare le differenze tra il jainismo e il buddhismo. Per il buddhismo solo i modi e i cambiamenti sono reali, mentre la sostanza è non reale. 20 For Personal & Private Use Only Page #23 -------------------------------------------------------------------------- ________________ In altre parole, la transitorietà è la sola realtà. Gandhi cita il professor Oldenberg: «La speculazione dei bramini afferrava l'essere in tutti gli esseri, mentre la speculazione dei buddhisti afferrava il divenire in tutti gli esseri apparenti». Egli osserva: «Al contrario, i jaina considerano l'essere e il divenire come due differenti e complementari modi in cui noi possiamo vedere la stessa cosa. La realtà nella visione jainista è il soggetto permanente dei cambiamenti. Essere, essere in relazione con, essere attivo, interagire con le altre cose, obbedire alla legge, essere una causa, essere un soggetto permanente dei vari stati, essere lo stesso oggi come ieri, essere identico nonostante le attività variabili, questi sono i concetti jainisti di realtà. Il solo divenire è un'astrazione cosí come lo è il solo essere. In breve, essere e divenire sono i complementi della cognizione globale della realtà»>. Egli spiega i due fondamentali concetti: il punto di vista della sostanza (dravyathikanaya) e il punto di vista della modificazione o della condizione (parayayarthikanaya). Ogni concetto porta a un estremo rifiuto della realtà dell'altro. Ogni concetto inoltre accetta l'uno a spese dell'altro. Uno enfatizza gli aspetti universali ed eterni escludendo l'aspetto particolare e la trasformazione. Il noto vedantista Sankara descrive la forma estrema del punto di vista della sostanza; il buddhismo rappresenta in assoluto il punto di vista della modificazione. Il sistema filosofico dei jaina riconcilia queste due opposte visioni accordando eguale importanza sia alla sostanza che alla modificazione. Questo porta Gandhi a considerare il metodo di analisi jainista (Nayavada) e le sintesi jainiste (Syadvada). Egli risponde alla critica del monaco Sankara alla Syadvada con le seguenti parole: «La compresenza di aspetti contrari all'interno di una singola idea o di un singolo oggetto sembrerebbe impossibile a una mente non sintetica. Sankara, il noto studioso dei Veda, cade in un grande errore quando afferma che la dottrina jaina non può essere accettata in quanto “è impossibile che attributi contradditori come essere e non essere possano, allo stesso tempo, appartenere a una stessa cosa; una corretta osservazione insegna che una cosa non può essere calda e fredda allo stesso momento". I jaina non sostengono For Personal & Private Use Only 21 Page #24 -------------------------------------------------------------------------- ________________ che una cosa possa essere calda e fredda allo stesso momento, ma che una cosa non può essere calda in assoluto né fredda in assoluto; essa è calda sotto determinate e definite circostanze e fredda sotto altre. I jaina non dicono che essere e non essere possano allo stesso tempo appartenere a uno stesso oggetto. Ciò che essi insegnano è che in una cosa c'è l'essere se stessa e il non essere altre cose, che significa che una cosa può essere completamente conosciuta solo conoscendo che cosa essa è e che cosa essa non è. Sankara infatti descrive una' dottrina immaginaria, confutando la quale la mette a tappeto. In ciò consiste il suo successo». Gandhi cita a proposito Ganaratnasuri per evidenziare l'importanza della Syadvada: «Malgrado le varie scuole di filosofia, malgrado i settari fanatismi differenti e contraddittori l'un l'altro, vi sono profondi aspetti della verità in essi che potrebbero armonizzarli, se solo essi fossero collegati in un organico tutto. I differenti aspetti della verità accettati da questi settari, quando fossero relazionati l'uno all'altro tutti insieme, diverrebbero un'unica Grande Verità; ma, se essi non si danno la mano, si contraddicono l'uno con l'altro, e cosí facendo diventano non una religione reale ma una pura illusione della mente». Nel quarto capitolo Gandhi espone il concetto jainista dell'anima. Coscienza e consapevolezza sono l'essenza dell'anima. Poiché l'anima non è materiale, essa non ha attributi fisici come colore, gusto, eccetera, e non è soggetta alla percezione sensoriale. La sua natura è del tutto differente dalla natura della materia. Gandhi lancia una domanda: «Come può l'anima vivere all'interno della materia (corpo fisico) quando i suoi attributi sono di una natura differente dalla materia?». E la sua risposta è: «Sulla base della nostra stessa esperienza noi sappiamo di essere obbligati a vivere in condizioni non congeniali alla nostra natura, alla nostra essenza. Le persone sentono di non essere in relazione profonda con le condizioni esterne; vi saranno pure delle ragioni per cui molti esseri sentono di essere obbligati a subire le condizioni della loro vita senza averle volute; ma queste ragioni sono da ricercarsi nell'intelligenza dell'essere stesso, non nella sostanza materiale. L'intelligenza non procede da nulla 22 For Personal & Private Use Only Page #25 -------------------------------------------------------------------------- ________________ che abbia natura materiale e nessuna sostanza materiale può evidenziare il fatto di possedere l'intelligenza. Ritengo che l'intelligenza sia influenzata dalle cose materiali, ma che essa non possa derivare dalle cose materiali. Vi sono persone di spiccata intelligenza che assumono bevande alcoliche intossicanti che offuscano completamente la loro intelligenza. Perché questa cosa materiale influenzerebbe la parte immateriale, l'anima? Se l'anima si identificasse con il corpo fisico, qualsiasi cosa fatta al corpo verrebbe considerata dall'anima come fatta all'anima, e di conseguenza ciò che accade al corpo sarebbe percepito dall'anima; ma se l'anima pensasse per un momento che essa non è il corpo fisico bensí una cosa altra ed estranea rispetto al corpo, allora non percepirebbe piú alcuna pena. Questo mostra che il sé è qualcosa di piú grande del corpo materiale. Nondimeno, in comuni circostanze l'anima è influenzata dal corpo e quindi noi studiamo le leggi del corpo e dell'anima cosí da elevarci oltre le piccole cose e proseguire il nostro cammino verso la salvezza. L'influenza dei poteri della materia sui poteri dell'anima dipende dalla prontezza e dalla buona volontà dell'anima nel sottomettere questi poteri. Se l'anima si àncora saldamente all'idea che essa non potrà essere influenzata da nulla, tali influenze non avverranno». Qui Gandhi solleva un'altra questione: «Quale è l'origine dell'anima?». E risponde: «Se prendiamo in considerazione lo stato dell'anima, vediamo che esso ha un inizio e una fine. Lo stato dell'anima è vivere nel corpo dell'essere vivente avendo un inizio alla nascita e una fine alla morte dell'essere vivente stesso. Ma questi sono un inizio e una fine dello stato, non dell'anima in se stessa. L'anima considerata nella sua sostanza è eterna; considerata nella sua condizione ha un inizio e una fine come ogni condizione. Cosí questo inizio di una condizione implica che prima vi era un'altra condizione dell'anima. Nulla può esistere a meno di non esistere in diversi stati o condizioni. Lo stato non è permanente, ma la cosa deve avere uno stato in ogni momento. Se, quindi, il presente stato dell'anima ha avuto un principio, esso aveva un altro stato prima, e al termine di questo stato avrà un altro stato ancora. Le azioni commesse in passato hanno 23 For Personal & Private Use Only Page #26 -------------------------------------------------------------------------- ________________ determinato il nostro presente stato, e ugualmente le azioni del nostro stato presente determinano il nostro stato futuro». Questo porta Gandhi a trattare della rinascita e della trasmigrazione dell'anima. Egli fa riferimento a numerosi pensatori e teologi occidentali che postulano la dottrina della rinascita o reincarnazione. Dimostra inoltre come anche la Bibbia sostenga questa dottrina. Le sue tesi sulla rinascita sono illuminanti, energiche e convincenti. Vi sono infinite anime. L'intero universo è gremito di minuscoli esseri viventi. L'argilla, le pietre, appena sorte dalla terra, hanno vita. L'acqua, l'aria e il fuoco sono esseri viventi. Cosí come pure i vegetali, gli alberi, i frutti sono esseri viventi. Gli esseri viventi sono divisi in cinque classi in base al numero di sensi di cui essi sono dotati. In questo stato terreno l'anima è macchiata dalle passioni, compie azioni, gode di piaceri e soffre molte pene. Soltanto quando le passioni siano state completamente eliminate, l’anima può ottenere la perfezione. Infinita conoscenza e infinita beatitudine sono manifestazioni di un'anima perfetta: in questa perfezione individuale consiste la liberazione jainista. L'individualità non è rifusa in nulla né annichilita. Mentre tratta dei mezzi per ottenere la liberazione, Gandhi contrappone il punto di vista jainista con il punto di vista vedico che sostiene che solo attraverso la conoscenza sia possibile accedere alla liberazione. Scrive: «Attraverso impegno e conoscenza, postula il jainismo, l'individuo sviluppa e rivela il suo potenziale; perciò l'affermazione “Io sono Brahman” sarebbe interpretata da un jaina in modo relativo, cioè “Io sono Brahman solo in embrione, io possiedo la capacità, la potenzialità di Brahman”. Ciò che io sono in potenza deve diventare esplicito. C'è una profonda differenza tra essere in potenza ed essere in atto, ovvero tra implicito ed esplicito. Chi non comprende questa differenza si sforzerà inutilmente di diventare razionale e libero. Nella filosofia jainista la misura della verità è samyagjnana, pura conoscenza libera da tutti gli elementi dell'infatuazione. L'uomo è costituito in modo tale per cui, quando egli rimuove i propri difetti morali, i suoi processi intellettivi fluiscono nel canale della purezza. Devo aggiungere che la conoscenza per la conoscenza o 24 For Personal & Private Use Only Page #27 -------------------------------------------------------------------------- ________________ la moralità per la moralità non sono il fine ultimo dei jaina. Infatti alcuni tipi di azione spesso sono strettamente legati a varie forme di conoscenza. Noi non troviamo mai conoscenza senza azione né azione senza conoscenza. Ma il vero avanzamento consiste nell'essere contemporaneamente retti e coerenti». Il quinto capitolo si occupa della visione jainista dell'universo. L'universo è spazio infinito e tempo eterno dal punto di vista della sua totalità. Ma è spazio finito e tempo non eterno dal punto di vista delle manifestazioni e degli aspetti particolari. L'universo è diviso in mondo animato e mondo inanimato: il primo consiste in innumerevoli tipi di esseri viventi, mentre il secondo consiste in materia (atomi, molecole, cose inanimate), mezzo di moto, mezzo di stasi, e spazio. Gandhi osserva: «L'universo non è soltanto un insieme delle sostanze sopra menzionate, ammassate insieme e messe in attività da un creatore extracosmico, ma è un sistema autonomo, governato da leggi proprie nella sua stessa costituzione». Egli appoggia quei pensatori jaina che non riconoscono il tempo come una sostanza indipendente e afferma: «Il tempo può essere figurativamente descritto come una sostanza, ma solo volendolo in modo generico pensare in relazione all'attività degli esseri viventi e delle cose». Nel sesto capitolo Gandhi espone la visione jainista di dio. Dio inteso come un essere individuale creatore extracosmico non esiste nella filosofia jainista. Qui ci si oppone empaticamente all'idea di un tale creatore in quanto illogica e irrilevante nello schema generale dell'universo per la filosofia dei jaina. In base alla filosofia jainista dio non è il creatore del mondo, ma un'anima perfetta, assolutamente pura, che ha distrutto tutte le passioni e rimosso tutte le impurità mentali. In conseguenza di ciò, egli possiede infinita conoscenza, infinita comprensione, infinita beatitudine e infinito potere. Questa è la ragione per cui una tale anima suprema è considerata come dio. Dio non è unico. Vi sono molti dèi. Ciascuno può diventare dio attraverso l'autopurificazione di se stesso. In questo senso dio è considerato «Figlio dell'uomo». Dio è libero da attaccamenti e avversioni. Quindi egli non è né 25 For Personal & Private Use Only Page #28 -------------------------------------------------------------------------- ________________ soddisfatto né insoddisfatto. Cosí scaturisce la domanda: «Che senso ha la consuetudine di adorare dio?». I filosofi jaina dicono che l'adorazione di dio non deve essere finalizzata al compiacimento di dio ma all'autopurificazione di chi la pratica. L'adorazione e la contemplazione di dio risvegliano sentimenti di non attaccamento in chi le pratica. Le buone compagnie inducono buone qualità e le cattive compagnie inducono cattive qualità. «Buona compagnia, buone influenze; cattiva compagnia, cattive influenze», si dice. Che cosa significa «essere in compagnia di dio»? Significa pensare a dio, tenerlo nella propria mente, contemplarlo, adorarlo. La sua costante e stretta compagnia ha un'influenza purificatrice, col risultato che i sentimenti viziati da attaccamenti e da avversioni iniziano a decrescere. Questo è il principale e reale frutto dell'adorazione di dio. Dio nulla si aspetta dall'adorazione del fedele, cosí come dio non intercede in favore del fedele. La devota adorazione di dio eleva spiritualmente l'anima. Attraverso la meditazione sulle pure qualità di dio il jaina ricorda ogni giorno a se stesso che è possibile giungere allo stato spiritualmente piú elevato; purifica la sua mente attraverso la contemplazione della purezza e fortifica il suo cuore per l'arduo viaggio verso la liberazione. L'adorazione, per i jaina, non è finalizzata né alla richiesta di grazie, né alla domanda di perdono. Nel settimo capitolo Gandhi tratta la simbologia jainista spiegando il significato dei principali simboli jaina. Il presente lavoro è senza dubbio un buon manuale sulla filosofia e la religione jainiste. Gandhi tratta la materia con autenticità e razionalità. Il suo è l'approccio piú ecumenistico. Il volume mostra l'attitudine a considerare le cose a trecentosessanta gradi di Gandhi, la sua stretta conoscenza dei temi del jainismo, la sua acutezza nell'arrivare a conclusioni reali, il suo costruttivo porsi domande, il suo essere dentro l'essenza della religione, il suo potere di comprensione e di espressione, la sua conoscenza della filosofia occidentale e dei sistemi filosofici indiani, il suo amore per la cultura indiana. Gandhi fu un formidabile esponente della filosofia jainista, 26 For Personal & Private Use Only Page #29 -------------------------------------------------------------------------- ________________ un brillante espositore dei sistemi filosofici indiani e un fervente amante della cultura indiana. Fu un eccellente studioso dalla personalità versatile che irradiava all'intorno la sua universalità di vedute. Aveva inoltre un cuore compassionevole. Nacque a Mahuva in Gujarat il 25 agosto del 1864, sacrificò la sua vita in favore dell'umanità e morí alla giovane età di 37 anni, il 7 agosto del 1901 a Bombay. Amico e collaboratore del Mahatma Gandhi, se fosse vissuto a lungo, il mondo lo avrebbe certo riconosciuto e benedetto come un altro Mahatma Gandhi. Per finire io vorrei ripetere ciò che ho già detto altrove: persone di tutte le parti del mondo manifestano un sincero interesse verso la filosofia e la religione jainiste. Da qui il dovere dei jaina di aprire il prezioso forziere dell'eredità spirituale raccolta dai loro patriarchi nel corso dei secoli. Se essi realizzeranno questo compito con zelo e sincerità, le persone potranno comprendere la religione e la filosofia professate e praticate dai jaina; e quando le comprenderanno saranno in grado di apprezzarle. Non si può approcciare un sistema filosofico se non lo si comprende. E non lo si può comprendere senza che ci sia stato rivelato. Quindi non è costruttivo lamentarsi che altri non onorino, non rispettino o non abbiano una visione jainista della vita. Sono i jaina coloro da considerare responsabili di questa situazione. Perciò chiedo fortemente a tutti i jaina che desiderano che altri si avvicinino alla loro religione e filosofia di cooperare in questo sforzo comune per rivelare la verità della filosofia jainista, una delle nobili e sublimi filosofie dell'India, a coloro che ancora non la conoscono. Virchand Raghavji Gandhi fu un pioniere in questo campo ei suoi sforzi sono altamente lodevoli. Possano i jaina di oggi e di domani portare avanti la sua missione di divulgazione del jainismo, intrapresa dai jaina del passato centinaia e centinaia di anni fa. Nagin J. Shah Curatore dell'edizione inglese Ahmedabad (India), maggio 1993 27 For Personal & Private Use Only Page #30 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #31 -------------------------------------------------------------------------- ________________ L'essenza del jainismo For Personal & Private Use Only Page #32 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #33 -------------------------------------------------------------------------- ________________ L'ambiente culturale L'antichità della civiltà indiana e i Veda Possiamo noi, oggi, accedere alla conoscenza della storia antica degli indiani, di quando essi vivevano in villaggi in comunità sociali nei tempi remoti, secoli prima dell'inizio dell'era cristiana? Abbiamo reperti che ci parlino di quella civiltà? E perché molti indiani ritengono che la loro antica civiltà sia unica e superiore, nelle sue caratteristiche, a quella di ogni altro paese? Queste tesi si riferiscono a reperti di storiografia indiana scritta che documenterebbero una antichità davvero feconda, sia culturalmente che spiritualmente. Gli egiziani hanno, nei loro imperituri monumenti, reperti di una civilizzazione antica fino a 3000 anni prima di Cristo. Gli studiosi della civiltà degli assiri sostengono una egualmente remota datazione per la civiltà sumero-accadiana di Chaldia, che sarebbe fiorita oltre mille anni prima che Ninive e Babilonia fossero fondate. Anche i cinesi hanno una storia che parte all'incirca dall'anno 2400 a.C. Parimenti, gli indiani hanno i propri reperti. Ma c'è una differenza tra i reperti degli indiani e gli altri. La scrittura geroglifica degli antichi egizi fornisce informazioni circa i nomi dei faraoni e dei costruttori delle piramidi, circa le dinastie e le guerre. Le iscrizioni cuneiformi degli assiri e dei babilonesi ci danno piú o meno informazioni simili. 31 For Personal & Private Use Only Page #34 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Le antiche registrazioni cinesi offrono poca luce sul graduale progresso della cultura e della civilizzazione umana. Le iscrizioni degli antichi indiani posseggono una caratteristica diversa. Sono senza dubbio carenti per quanto riguarda dinastie, guerre, fatti storici. Ma forniscono una descrizione cosí completa, razionale e chiara sull'avanzamento della civilizzazione e sul progresso della mente umana, che invano potremmo cercarne di eguali nella storiografia scritta di altri popoli ugualmente antichi. Questi antichi Testi sono i Veda degli induisti, i Pitaka dei buddhisti e i Sutras dei jaina. È stato dichiarato da alcuni studiosi, come il professor Max Muller, il professor Weber e il professor Whitney, solo per citarne alcuni, che gli inni vedici dell'India risalgono al 15002000 a.C.; addirittura, il dottor Martin Haug assegna alle prime di queste sublimi produzioni una datazione ancor piú remota, rifacendosi ai suoi studi sull'interpretazione degli stessi Veda. Nella loro composizione, nella pienezza dell'espressione, nella sublimità del pensiero, nella perfezione dell'ispirazione e nella semplicità dei dettagli, i testi vedici mostrano una linearità e un tale insieme di valutazioni e sfumature, che solo secoli di sviluppo umano del pensiero, della parola, dell'arte, della religione, della filosofia avrebbero potuto produrre. Questi monumenti della conoscenza, al contempo complessi e semplici, sottendono una conoscenza della natura e dell'uomo che può scaturire solo da secoli e secoli di sviluppo; da qui le tesi secondo cui i Veda possono essere considerati precedenti alle civiltà egizia, greca ed ebraica, delle quali rappresenterebbero la radice comune. Alcuni studiosi occidentali dei Veda li assimilano alle prime semplici produzioni degli Ariani dei tempi antichi. Sostengono inoltre che i Veda costituiscono la letteratura popolare indiana di quei tempi antichi. Io non sono d'accordo con queste interpretazioni. La letteratura vedica era preminentemente sacerdotale e in nessun senso può essere vista come letteratura popolare. Né nel linguaggio, né nel pensiero dei Veda si può ritrovare quella primitiva e naturale semplicità che molti critici vorreb 32 For Personal & Private Use Only Page #35 -------------------------------------------------------------------------- ________________ bero trovarvi. La poesia che vi è contenuta ha un carattere definito, è estremamente elaborata, piena di riferimenti e di metafore, di ricerche tese al misticismo e alla speculazione filosofie le modalità espressive riportano alla mente decisamente la fraseologia in uso tra alcuni piccoli gruppi iniziatici e non il linguaggio delle comunità. ca, La piú diffusa professione delle persone che seguivano il culto era l'agricoltura, mentre quasi tutti gli inni sono generalmente preghiere agli dèi, e i riferimenti a vendite o commercio sono molto rare, anche se vi sono alcuni passaggi che indicano l'esistenza della moneta corrente utilizzata per effettuare compravendite. Vi sono altresí precisi riferimenti a viaggi per mare e a relitti di navi. Anche per quanto concerne l'alimentazione, dai Veda si evince che questi veneratori degli dèi della natura usavano cibi animali. Si trovano frequenti riferimenti al cucinare mucche, bufali e tori. Vengono citati macelli dove le mucche venivano uccise, vi sono riferimenti al sacrificio di cavalli, tori e montoni. Il succo fermentato della «Page #36 -------------------------------------------------------------------------- ________________ tenere relazioni con un'altra. In realtà, nell'induismo, basato sui Veda, vi furono sempre queste distinzioni tra bramini, ksatriya, vaisya e sudra. La teoria delle quattro caste, che ebbero origine simbolicamente rispettivamente dalla bocca, dalle braccia, dalle cosce e dai piedi di Brahma, è stata formulata nell'inno di Purusa nel Rgveda. Professioni differenti davano origine a differenti caste. Il bramino devoto alla preghiera e alla scienza della teologia era considerato il livello piú alto. Se si esamina il ritualismo dei bramini, la parte brahmanica dei Veda, si possono trovare espliciti comandi al sacrificio di animali domestici e selvaggi. Non solo, nelle leggende possiamo trovare tracce di sacrifici umani nella simbologia dei rituali: questi sacrifici sono espressamente menzionati e formalmente descritti. Tutti i grandi sacrifici di regola utilizzavano una o piú vittime umane; uno di questi è chiamato semplicemente <, vivendo sotto l'autorità del sacerdozio dei bramini, dovevano accettare, anche solo nominalmente, l'autorità dei Veda. Essi, tuttavia, facevano questa scelta soprattutto per ottenere le laute ricompense terrene che si riteneva derivassero dal compimento dei sacrifici dei Veda, anche se tutto ciò non ha davvero nulla a che vedere con la condotta di un uomo il cui solo obiettivo dovrebbe essere la beatitudine spirituale. Il jainismo esisteva e predicava le sue dottrine contemporaneamente ai Veda. È stato testimone da tempi lontanissimi delle varie divisioni della società indiana e ha proclamato con 34 For Personal & Private Use Only Page #37 -------------------------------------------------------------------------- ________________ forza che una persona piena di orgoglio per il fatto di appartenere a una famiglia benestante sarà inevitabilmente destinata a rinascere in una esistenza più bassa nell'incarnazione successiva. La filosofia spirituale e il sistema logico jainista era troppo complesso per la gente comune, ma possedeva chiare indicazioni etiche e morali per le masse: coloro che le comprendevano e le facevano proprie si univano alle comunità. In molte occasioni scopriamo, dai testi antichi dei jaina, che vi erano discussioni religiose tra i bramini e i jaina. La filosofia jainista insegna che queste distinzioni di casta troveranno terreno fertile sicuramente finché ci sarà, nella mente umana, la vanità e l'orgoglio della grandezza individuale e familiare. Il dovere del jainismo, che esisteva contemporaneamente all'induismo, era, invece, di sminuire questo orgoglio e insegnare alle persone la vera legge di causa ed effetto. Il Buddha gestí questa situazione in maniera differente. Ai suoi tempi, il sacerdozio braminico era supremo; le barriere create dai bramini erano insormontabili. Il profeta jaina Mahavira e i suoi ventitre predecessori avevano visto queste o simili cose ai loro tempi; ne vedevano chiaramente la causa: l'orgoglio individuale che causava karma che, a sua volta, portava un uomo a nascere in quelle circostanze che venivano considerate di appartenenza a una famiglia di ceto più basso. Il Buddha biasimò i bramini e l'intera loro società. Biasimando i bramini, egli ignorò la vera causa: gli egoismi e i sentimenti individualistici. Cercò di frantumare il sistema dell'intera società braminica per questa ragione. Il popolo, stanco di vivere schiacciato sotto i piedi dei bramini, si radunò intorno a lui; e cosí, 600 anni prima di Cristo, vi fu un grande spettacolo sulle rive del Gange: il Buddha che predicava la dottrina dell'uguaglianza e della salvezza per tutti gli uomini, benestanti o poveri. L'opera che il Buddha compí in questo campo fu davvero nobile. Nei tempi vedici, come è possibile evincere da numerosi inni, molti dei quali composti da donne, si può immaginare un buono status per la donna. Nell'età antica, il padre di famiglia For Personal & Private Use Only 35 Page #38 -------------------------------------------------------------------------- ________________ era il sacerdote e la sua casa era il tempio. La fiamma sacra era accesa in ogni casa e gli inni venivano cantati con semplicità e devozione dall'intera famiglia. Quando si dovevano offrire sacrifici o dovevano essere svolti atti devozionali, la donna, sposa o madre, era la protagonista. Un'altra bella immagine è quella delle donne erudite che, essendo esse stesse «rsis», cioè «sagge», a causa dei loro studi devozionali, compongono centinaia di inni e svolgono i sacri servizi esattamente come gli uomini. Il principale tra i nomi di queste eminenti donne, i cui esempi e saggi precetti ritroviamo nei dolci e sacri versetti di molti inni da loro composti, è quello di Visvavara; l'interpretazione del suo nome è essa stessa una commemorazione delle sue virtú e conoscenze: «la dama eletta». Status morale degli indiani Quale era lo status morale degli indiani prima che popoli stranieri invadessero l'India? Se esaminiamo gli scritti greci, cinesi, persiani o arabi prima dell'invasione di Maometto, troveremo in essi la descrizione del vero carattere nazionale degli indiani, e cioè il rispetto della verità e della giustizia. Arriano nel secondo secolo, Hiouen Thsang, il famoso pellegrino buddhista, nel settimo secolo, e Marco Polo nel tredicesimo secolo, tutti loro hanno scritto, con le piú alte parole di apprezzamento, del carattere degli indiani nella loro amministrazione e nella loro giustizia. Quale governo in Europa o in America può aver la pretesa di possedere questa virtú? Il geografo maomettano Idrisi dice: «Gli indiani sono naturalmente inclini alla giustizia e non se ne allontanano mai nelle loro azioni. La loro buona fede, onestà e fedeltà agli impegni sono ben note ed essi sono cosí famosi per queste qualità che le popolazioni affluiscono nella loro nazione da ogni parte». «Se mi chiedessero sotto quale cielo la mente umana ha piú 36 For Personal & Private Use Only Page #39 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ampiamente sviluppato alcuni dei suoi migliori doni, ha piú profondamente meditato sulle grandi domande della vita, ha trovato risposte a ciò che giustamente merita l'attenzione di coloro che hanno studiato Platone e Kant, io indicherei l'India. E se io domandassi a me stesso da quale letteratura noi europei - che siamo stati nutriti quasi esclusivamente dal pensiero greco, romano ed ebraico - possiamo trarre le migliori direttive per rendere la nostra vita perfetta, ampliare la nostra capacità di comprensione, divenire piú universali, voglio dire non solo esseri umani temporali ma esseri trasfigurati ed eterni, ancora dovrei indicare l'India», scrive il professor Max Muller nel suo India, che cosa ci può insegnare? Prima che l'India diventasse terreno di caccia di predoni stranieri, aveva prodotto poeti e filosofi ai cui piedi Omero o Platone, Shakespeare o Bacone avrebbero voluto sedersi per ascoltare. Ma da quando i barbari invasero Aryavarta e la trasformarono in Hindoostan, quando Mahomed Ghazni, il grande iconoclasta, fece il suo lavoro di distruzione di ogni cosa che era cara e sacra nella mente ariana, quando Gengis Khan e i suoi successori, con pochissime eccezioni, diffusero la loro tirannia lungo tutta la nazione, e ancora, ultimamente, da quando il commercio europeo e la civilizzazione occidentale iniziarono a succhiare il sangue dell'India, non ci si stupirà che l'India non sia piú nelle stesse condizioni dei tempi antichi. Il fatto sorprendente è che, nonostante tutti questi attacchi stranieri, l'India e la sua gente siano sopravvissute; che, nonostante le molte immorali influenze straniere, l'India sia ancora leader della spiritualità e della moralità. Sir T. Munro dice: «Se un buon sistema di agricoltura, abilità manifatturiere senza rivali, la capacità di produrre qualsiasi cosa possa contribuire alla convenienza e al lusso, scuole funzionanti in ogni villaggio per insegnare a leggere, scrivere e fare calcoli aritmetici, la pratica generale dell'ospitalità e della carità l'uno con l'altro, e, soprattutto, il trattamento del sesso femminile pieno di confiden 37 For Personal & Private Use Only Page #40 -------------------------------------------------------------------------- ________________ za, rispetto e delicatezza, sono tra i segni che denotano un popolo civilizzato, allora gli indiani non sono inferiori alle nazioni dell'Europa; e se la civilizzazione diventasse un articolo commerciabile tra l'Inghilterra e l'India, sono convinto che l'Inghilterra guadagnerebbe da questa importazione». La vita, i suoi oggetti e le sue leggi, secondo gli indiani Quando ero un bambino di circa otto anni ero solito andare con mio padre ad ascoltare le predicazioni di un monaco jaina che frequentava la nostra città. Teneva i suoi sermoni in una sala conferenze costruita appositamente dalla mia comunità. Un giorno andammo nella sala conferenze mezz'ora prima dell'ora dell'appuntamento. Dopo esserci accomodati, iniziai a guardare con curiosità alcune pitture sui muri della sala. Una di queste mi colpí particolarmente. Raffigurava un uomo che, immobile, era aggrappato a un ramo di banano, in mezzo a un grosso pozzo; un elefante che stava sul bordo del pozzo cercava, con la sua poderosa proboscide, di afferrare l'uomo. In fondo al pozzo c'era un enorme boa con la bocca aperta, pronto a ingoiare l'uomo. A ogni lato del pozzo c'erano quattro serpenti con la bocca aperta che sibilavano furiosamente pronti a mordere l'uomo. Due ratti, uno bianco e uno nero, stavano mangiando il tronco del banano. In cima al ramo c'era un'arnia con uno sciame d'api. L'elefante, mentre cercava di afferrare l'uomo, muoveva il ramo avanti e indietro facendo cadere alcune gocce di miele sulle labbra dell'uomo. Un monaco ministro del culto si trovava dalla parte opposta rispetto all'elefante e, nei suoi bianchi paramenti, cercava di offrire il suo aiuto per salvare l'uomo. Tutto questo avveniva nel mezzo di una foresta. Non riuscivo a comprendere il significato dei disegni. Li osservai per cinque minuti, dieci minuti, quindici minuti, e ancora non riuscivo a capirne il significato. Allora chiesi a mio padre: «Papà, questo dipinto mi sembra molto strano; che cosa significa?». Dapprima mio padre disse: «Sarai in grado di capirlo, anche se ti dico che cos'è? Penso di sí», e soggiunse: 38 For Personal & Private Use Only Page #41 -------------------------------------------------------------------------- ________________ «C'era una volta quest'uomo che tu vedi nel dipinto in bilico sopra il pozzo, che stava viaggiando da un posto all'altro con un gruppo di persone; avvenne che dovettero passare attraverso una fitta foresta piena di animali selvaggi e di predoni. Mentre erano nel mezzo della foresta, alcuni ladri li attaccarono. Tutti si dispersero per tentare di salvarsi la vita; anche quest'uomo fece lo stesso ma si perse e, quando si girò per capire dove fosse, vide un elefante che lo rincorreva furiosamente. Si rese conto che, se non avesse trovato in fretta un riparo, sarebbe stato ucciso dall'elefante. Guardò in tutte le direzioni e vide questo pozzo. Pensò: “Questo elefante è deciso a uccidermi, forse posso tentare di salvarmi saltando nel pozzo”. Saltò nel pozzo e si aggrappò al ramo di banano. Sul fondo vide quell'enorme boa pronto a ingoiarlo; in ogni lato del pozzo c'erano quattro serpenti sibilanti. Due ratti stavano mangiando il tronco dell'albero e, dall’arnia in cima al ramo, gocce di miele cadevano sulle sue labbra. Appena in tempo, arrivò un ministro del culto e gli offri aiuto per uscire dal pozzo, ma l'uomo sembrava abbastanza soddisfatto della sua situazione perché sentiva il sapore dolce delle gocce di miele. Non realizzava che l'intero tronco dell'albero stava per essere mangiato dai ratti, che non avrebbe piú avuto nessun supporto e che sarebbe caduto e sarebbe stato inghiottito dal boa. Questo intero dramma è riportato nel dipinto». Dissi a mio padre: «Beh, ma quale è il significato di tutto questo dramma?». Rispose: «È simbolico. Quest'uomo nel pozzo in piena foresta è un comune uomo terreno. L'elefante che gli corre dietro per afferrarlo è la morte. Il pozzo è la vita sulla terra. Il boa è il piú basso stato dell'esistenza. I quattro serpenti sono i simboli di rabbia, vanità, inganno e cupidigia. L'albero di banano è la corta durata della nostra vita terrena. Le api dell’arnia sono gli organi di senso e le gocce di miele rappresentano i piaceri sensuali. E il ministro del culto rappresenta la vera dottrina. L'uomo comune, pensando che la sua vita sarà presto interrotta dalla morte, soddisfa se stesso godendosi i piaceri derivanti dai sensi e non gli importa di ricevere la verità offerta dalla vera filosofia, influenzato com'è dai senti 39 For Personal & Private Use Only Page #42 -------------------------------------------------------------------------- ________________ menti di rabbia, vanità, orgoglio e cupidigia rappresentati dai quattro serpenti». Ero fortemente stupito da questa spiegazione del dipinto e dal modo di vedere la vita da parte degli indiani. Questo succedeva quando avevo otto anni. Vent'anni dopo, mi accadde di leggere uno dei lavori del professor Max Muller, e fui ancora piú stupito nel vedere che anch'egli esprimeva piú o meno con gli stessi termini i suoi punti di vista: «La nostra idea della vita sulla terra è sempre stata quella di una lotta per l'esistenza, una lotta per il potere e il dominio, per la ricchezza e il piacere. Questi sono gli ideali che dominano la storia conosciuta di tutte le nazioni. Anche le nostre simpatie sono quasi interamente di questo tipo. Ma l'uomo venne posto su questa terra solo per questi scopi? Non possiamo immaginare scopi diversi, particolarmente in condizioni come quelle che sono esistite per secoli solo in India e in nessun altro posto? In India il necessario per vivere era minimo, e quello che serviva poteva essere ottenuto senza molta ingerenza da parte dell'uomo sulla prodigiosa natura. L'abbigliamento, essenziale com'era, poteva essere ottenuto facilmente. La vita all'aria aperta o al fresco della foresta era ben piú deliziosa della vita in cottage o palazzi. Il pericolo di invasioni da parte di nazioni straniere non era mai stato neanche ipotizzato prima dei tempi di Dario e Alessandro, e comunque solo da una parte, dal Nord, e non lungo le coste bagnate dal mare. Perché gli antichi abitanti dell'India non avrebbero dovuto accettare il loro destino? Era cosí innaturale per loro, dotati com'erano di un intelletto trascendentale, guardare alle loro vite non come a una arena per uno scontro o un combattimento di gladiatori, o come a un mercato per barattare e vendere, bensí come a un luogo in cui riposare, una semplice sala d'aspetto in una stazione durante un viaggio che porta dal conosciuto all'ignoto? Stimolando, proprio per questo, la loro estrema curiosità rispetto al luogo da dove venivano e a quello dove stavano andando. Cosí, in quel periodo d'oro per l'India, una larga fetta della popolazione, non solo la classe sacerdotale, ma anche la 40 For Personal & Private Use Only Page #43 -------------------------------------------------------------------------- ________________ nobiltà, non solo gli uomini ma anche le donne, non guardavano alla loro vita sulla terra come a qualcosa di reale. Quello che era reale per loro era l'invisibile, la vita che doveva arrivare. Il tema delle loro conversazioni, il soggetto delle loro meditazioni, erano gli scintillii di realtà che potevano essere scorti in questo irreale mondo fenomenico. Qualsiasi elemento si supponeva potesse catturare un nuovo raggio di verità veniva esaminato e considerato dai grandi e dai piccoli, era onorato da principi e re, anzi veniva portato a occupare una posizione molto superiore rispetto a quella di re e principi»>. - Gli studiosi occidentali e alcuni scienziati dell'era moderna tracciano una linea di demarcazione tra gli animali e gli uomini, e ci dicono che gli animali non sono coscienti, mentre gli esseri umani sono coscienti di sé - l'autocoscienza è supposta essere la proprietà intrinseca di ogni essere umano e che gli animali hanno coscienza dei sentimenti tramite le sensazioni ma non hanno consapevolezza della loro personale esistenza individuale, mentre gli esseri umani, oltre alla consapevolezza del mondo esterno tramite sensazioni e pensieri, hanno anche coscienza della loro stessa esistenza. I caratteri distintivi dell'essere umano sono facili da comprendere anche a un pensiero superficiale, ma rimane aperta una questione: «Che cos'è l'autocoscienza o la coscienza di sé?». In pratica, che cos'è il sé? La scienza materialistica non ammette altro <Page #44 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ria individuale e le particelle che compongono il corpo non possono arrivare a conoscere quello che è stato fatto dieci anni prima da un'altra moltitudine di particelle poiché esse non erano presenti. Tale filosofia non risponde in maniera soddisfacente alla domanda: «che cosa preserva l'unità e l'individualità malgrado i continui cambiamenti che avvengono continuamente all'interno del corpo?». L'unificante entità che è in ogni essere vivente è quello che gli ariani chiamano l'«Atman», l'anima. Tutti gli esseri viventi, quindi, sono «Atman», non mischiata con il corpo materiale in maniera meccanica come lo sarebbero acqua e zucchero in uno sciroppo, ma interagenti fenomenicamente l'uno con l'altra creando importanti cambiamenti in entrambi. La somiglianza quindi tra un animale e un essere umano sta nel fatto che entrambi sono soggetti alla fame, al sonno, alla paura e alle passioni, ma ciò che costituisce la caratteristica dell'essere umano è che egli può praticare il «Dharma», la religiosità, cioè comprendere, realizzare e mettere in atto la legge spirituale dell'universo che gli insegna a controllare la sua natura pjú bassa e sviluppare la sua parte piú nobile. L'essere umano che attua la religiosità è detto dunque «Dharmika». Come l'essere umano ha raggiunto questo stadio? Con la «legge del sacrificio». Il primo passo verso la consapevolezza viene effettuato tramite il corpo. Nelle piú elementari forme di vita c'è un corpo senza organi di senso. L'essere umano è dotato di tutti gli organi di senso; migliore è la condizione fisica del corpo e delle sue potenzialità, maggiore sarà la sensitività. L'aumentare della consapevolezza e l'elevazione avvengono quando gli aspetti piú bassi vengono accantonati per privilegiare gli aspetti migliori. Questo non avviene necessariamente in tutti gli esseri. Un piccolo animale non potrà elevarsi a un piú elevato stadio di vita senza prima avere, volontariamente o involontariamente, eliminato tutte le impurità accumulate ed evidenziato le sue potenzialità migliori. Parimenti, ciò accade anche negli esseri umani: un uomo che vive in una famiglia colta elimina inconsapevol 42 For Personal & Private Use Only Page #45 -------------------------------------------------------------------------- ________________ mente molto della sua natura grossolana e si indirizza verso il livello di coloro con i quali vive. Gli animali domestici sono la migliore dimostrazione di questa cosiddetta «legge del sacrificio». In tutti questi casi, eliminando la natura piú bassa, nelle anime individuali diventano disponibili e si attivano le forze migliori, che potranno cosí essere usate per raggiungere le piú grandi altezze. Alcuni studiosi, osservando le diverse condizioni di uomini e donne, li suddividevano in tre classi: nella classe piú bassa erano inserite le persone grezze, immorali, indolenti e ignoranti; la classe media consisteva in uomini e donne che vivono solo per la gratificazione dei sensi: piaceri del mondo, mangiare, bere, vestirsi bene ecc.; la classe piú alta era composta da persone che dedicano tempo ed energie al miglioramento spirituale; la maggioranza delle persone appartiene, ora come allora, alla seconda classe. Una persona che appartenga alla classe piú bassa e desideri elevarsi, deve compiere alcuni sacrifici personali, cosi come deve fare pure chi appartiene alla seconda classe. Ciò che è grossolano deve essere nobilitato. La cupidigia deve essere tramutata in un coraggioso desiderio di raggiungere il bene spirituale. La passione e la lussuria devono essere cambiate in un bruciante amore per tutti. E questi mutamenti possono essere ottenuti solo tramite la «legge del sacrificio». Gli antichi saggi dell'India considerarono anche il fatto che molte persone, nelle quali la natura piú bassa era cosí forte e potente, avrebbero realizzato sforzi personali per raggiungere uno stadio piú alto, non per migliorare spiritualmente ma avendo come fine ultimo l'autogratificazione o un maggiore appagamento dei sensi. E guardandoci intorno oggi, possiamo vedere che la maggioranza degli esseri umani appartiene a questa categoria. Sono pochi gli uomini e le donne la cui condotta di vita è puramente basata su motivi altruistici. Rare sono le persone nelle quali la concentrazione sul proprio piccolo sé non 43 For Personal & Private Use Only Page #46 -------------------------------------------------------------------------- ________________ controlla i pensieri e le azioni quotidiani. Le persone che hanno dedicato la loro intera vita al servizio dell'umanità e al bene di tutti gli esseri viventi sono pochissime. La maggioranza degli esseri umani nei quali la natura piú bassa è predominante, potrà emanciparsi a uno stadio superiore quando imparerà a guardare alla vita come a un terreno per lo svolgimento del proprio dovere e non come a un'arena di auto-gratificazione. Questo concetto può essere applicato in ogni campo della vita. Analizziamo proprio la condizione mentale di una persona concentrata sulla propria gratificazione personale. Per ogni cosa che fa ha bisogno di un premio; è piena di pulsioni che controllano il suo vero essere, non ha ancora dominato la sua natura piú bassa e, in alcuni momenti, ne diventa schiava. Per liberare gli uomini da questa condizione di schiavitú, i saggi uomini dell'Est prescrissero alcune regole: compiere alcuni atti servizievoli senza sperare di ottenerne frutti ma soltanto per deferenza al mondo esterno; in questo modo si incomincerà a liberarsi dagli istinti dei desideri animali e a imparare le verità di un livello piú elevato. Un'altra di queste regole consisteva nel compiere ogni giorno cinque sacrifici: il primo sacrificio era per i «Deva», gli splendenti poteri e intelligenze del mondo superiore. Tutto ciò che fornisce nutrimento al corpo umano ha una corrispondenza con le sottili energie di altri mondi; si è in effetti alimentati e nutriti da quelle energie. L'uomo è perciò in debito con queste forze e, poiché riceve cosí tanto da loro, deve dare qualcosa in cambio, non deve essere egoista. Se il suo corpo riceve la vita dall'aria pura, deve fare qualcosa che renda pura l'atmosfera circostante. Se si nutre di cibo puro, deve offrire dei servigi a quelle forze che forniscono purezza al cibo, e cosí via: per qualsiasi cosa deve dare qualcosa in cambio; solo cosí proverà la soddisfazione di aver fatto qualcosa in cambio dei benefici ricevuti da altri. Non si sentirà un mendicante o un ladro, ma una persona onesta e indipendente. Il secondo sacrificio doveva essere compiuto per genitori e antenati. Dobbiamo cosí tanto ai nostri genitori: essi ci hanno 44 For Personal & Private Use Only Page #47 -------------------------------------------------------------------------- ________________ fatti nascere, nutriti e vestiti, sono rimasti svegli spesso la notte per vigilare sulla nostra infanzia. Sarebbe ingrato da parte nostra se non facessimo niente in cambio per tutti i benefici che abbiamo da loro ricevuto. Se sono vivi e anziani, dobbiamo prenderci cura di loro e servirli in ogni modo possibile per il loro bene. Dopo la morte, dobbiamo mantenere i loro nomi vivi nella nostra memoria. Nell'evoluzione umana hanno svolto la loro parte: dobbiamo rendere loro l'apprezzamento per ciò che hanno compiuto e proseguire la loro opera cosí da non interrompere la continua evoluzione della specie umana. Il terzo sacrificio era in favore di uomini che avevano bisogno di aiuto e cure. Ogni uomo è una parte dell'umanità e, aiutando un altro, noi aiutiamo l'umanità. Se la futura salvezza di un uomo è basata sull'amore, deve essere amato non soltanto teoricamente ma soprattutto nella pratica, e quell'amore deve essere donato a tutti coloro che ne hanno bisogno. Questo sacrificio deve necessariamente mettere fine al crescente egoismo dell'uomo e, tramite la sua costante applicazione, l'attitudine mentale verrà modificata rispetto al mondo esterno; cosí le maggiori ansie e preoccupazioni svaniranno, la mente rimarrà perfettamente calma e serena e imparerà a interpretare e a comprendere razionalmente l'apparente ingiustizia e ineguaglianza del mondo. Il quarto sacrificio è in favore degli animali. Proteggendoli, nutrendoli e prendendoci cura degli animali noi aiutiamo il loro progresso. Nella scala dell'evoluzione essi occupano un gradino piú basso, ma questo non ci giustifica nel distruggerli. Al contrario. Abbiamo precisi doveri verso di loro. Gli animali, come ad esempio gli animali da soma, sono stati per ere un costante e fedele aiuto per l'uomo che si andava civilizzando. Se non fosse stato per il bue, il cavallo, il cammello e l'elefante, l'umanità sarebbe rimasta a un punto morto. Se non fosse stato per la pecora e la capra, non avremmo potuto riscaldarci con gli abiti creati utilizzando la loro lana. Quanto egoisti devono essere quegli uomini e quelle donne che, semplicemente per l'inerzia dell'abitudine o per costume, incoraggiano direttamente l'uccisione di queste creature e l'uso delle loro carni come cibo! 45 For Personal & Private Use Only Page #48 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Devono fermarsi a riflettere su quanto sono ingrati quando usano carni animali come cibo. Se l'umanità ha ricevuto cosí tanti benefici dal regno animale, dobbiamo in cambio essere gentili con gli animali prendendoci cura e aiutando quelli che stanno soffrendo. Il quinto sacrificio che l'uomo deve compiere è verso se stesso, dedicando un po' di tempo e di denaro allo studio e al beneficio spirituale. È l'elevato sé dell'individuo umano che gli ha reso possibile accedere dalla condizione arcaica' a quella umana. La gratitudine che l'individuo deve al proprio sé è senza limiti, e, raggiunto lo stadio umano che gli offre cosí tante opportunità per impiegare al meglio le proprie facoltà, non deve perdere tempo, ma farne il miglior uso. Deve dedicare un po' di tempo ogni giorno allo studio, alla lettura, alla concentrazione e alla meditazione sul sé. Deve impiegare denari per l'acquisto di libri e per lo studio. Deve aiutare altri a comprendere le verità piú alte. Deve assistere coloro che stanno aiutando altri. Una persona che desideri studiare per ottenere benefici per se stessa senza curarsi del proprio fratello è pur sempre piú degna di una persona che non si curi affatto di studiare, ma, in ogni circostanza, ognuno dovrebbe comprendere e attivare le piú alte potenzialità che ha in se stesso. Conoscenza è potere, e ogni persona che desideri il vero potere deve conoscere le piú alte e sottili forze che operano sopra e con noi e formano in qualche modo il nostro destino; deve studiare le loro regole cosí che possa esercitare un saggio controllo su di esse. Le possibilità dell'anima umana sono infinite. Coloro che hanno anche il piú piccolo desiderio di conoscere le capacità piú insite del sé, devono studiare, imparare come analizzare la propria mente, cosi che con la conoscenza acquisita possano controllare gli istinti piú bassi e potenziare quelli piú elevati. In questo modo, di questo sacrificio di tempo e di denaro beneficerà il sacrificante cosí come gli altri. Basti pensare a quanto sacrifichiamo inutilmente per assecondare i nostri piú bassi desideri, emozioni e capricci: questo sacrificio non pro 46 For Personal & Private Use Only Page #49 -------------------------------------------------------------------------- ________________ duce in cambio nessun beneficio spirituale; lo facciamo per la nostra obbedienza da schiavi ai canoni e alle etichette di una società sempre mutevole. Se noi sacrifichiamo cosí tanto per egoismo o per piacere alla società, potremmo non avere sufficiente coraggio di ignorare le opinioni di quelli che non hanno mai pensato alle piú elevate possibilità dell'anima. Invece è arrivato il tempo di decidere di fare qualcosa per il nostro avanzamento spirituale. Coloro che hanno tempo devono usarne una parte per lo studio delle potenzialità dell'anima. Coloro che hanno denari devono aiutare se stessi e altri nell'acquisire questa conoscenza. Con lo svolgimento dei cinque suddetti sacrifici, l'animale uomo diventa un uomo nel senso pieno della parola. La legge della sopravvivenza del piú forte nello stadio barbarico dell'uomo lo ha reso una creatura distruttiva, cosí che la sua natura animale lo spinge a vivere sul sacrificio di altri. Con la svolta del cambiamento morale nella sua vita, egli non vive piú a danno del piú debole, ma impara a proteggerlo e a compiere sacrifici personali in modo da renderlo felice e sereno. Se lo scopo della vita è predeterminato, possiamo interagire con le leggi che lo governano? Partiamo dal concetto che la vita sia eterna e che il nostro scopo sia il progresso e l'ottenimento della vera felicità. Sorge la domanda «che cos'è la felicità?». La risposta dipende dall’idea che abbiamo della vita. Se «vita» significa solo organizzazione e salute del corpo in questa vita temporale, allora l'obiettivo di questa vita sarà solo quello di usare ogni mezzo per mantenere il corpo in salute. Ma noi sappiamo che vi sono altri aspetti egualmente necessari, oltre all'organismo fisico, alla vita di un essere umano, e che le leggi connesse con tutti questi aspetti portano alla felicità; le leggi che portano alla felicità di un solo aspetto non possono essere giuste. Se lo scopo della vita è solamente l'ottenimento della felicità For Personal & Private Use Only www.jainelibrary Page #50 -------------------------------------------------------------------------- ________________ per un certo periodo di tempo, allora possiamo ottenere questo tipo di felicità dall'uso di liquori intossicanti; ma le persone concordano che non c'è vera felicità in questo. Alcune volte la felicità è definita come il massimo bene, e la domanda che sorge è «che cos'è il bene, in realtà?». Numerosi professori di economia politica pensano che la felicità consista nella prosperità materiale per il maggior numero possibile di persone. Un famoso filosofo inglese dice che una nazione può essere molto progredita, ma se non vi è filosofia, se le persone non pensano in termini di soggetti piú elevati rispetto al mero benessere materiale e fisico, anche se i suoi depositi di grano fossero pieni, se circolassero milioni di dollari, di sterline o di rupie, senza filosofia tutti i beni materiali sarebbero solo un simbolo di bestialità. E aggiunge che il vero avanzamento avviene solo quando tutti gli elementi che compongono l'essere umano vengono presi in considerazione e viene effettuato un pari progresso di tutti. Per questa ragione noi dobbiamo progredire nella nostra natura fisica, mentale, morale e spirituale. Convivono cosí tante differenti nature nell'essere umano: quando vogliamo progredire in tutti questi piani differenti, dobbiamo considerare che esistono altri esseri viventi oltre a noi stessi, che con noi sono collegati, e nessuna legge può essere buona e giusta se non quella che prenda in considerazione il benessere di tutti questi esseri viventi. Dapprima bisogna occuparsi dello sviluppo fisico. Sappiamo che il corpo deve essere in buona salute, che deve essergli fornito cibo salubre e appropriato, esercizio fisico e l'adeguato abbigliamento; conosciamo già tutte queste regole e non è necessario aggiungere altro su questo argomento. Ma dobbiamo imparare le vere leggi, anche in relazione a queste regole di base, in modo da capire i significati piú profondi della vita. È solo per la nostra salute che dobbiamo avere una particolare alimentazione? Non ha niente a che fare con la natura mentale e morale? 48 For Personal & Private Use Only Page #51 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Su queste domande la filosofia indiana ci può venire in aiuto. Noi dividiamo il cibo in tre categorie, a differenza di alcuni scienziati occidentali che ne considerano due, alimenti «azotati» e «non-azotati». Le nostre tre categorie sono: una che ha la proprietà di passività e purezza, un'altra che ha la proprietà di attività, e una terza che ha la proprietà della grossolanità: attraverso questa classificazione prendiamo in considerazione le influenze morali del cibo. Un determinato tipo di cibo può essere molto nutriente per quanto riguarda la parte fisica del corpo, ma, allo stesso tempo, può produrre energie negative che degraderanno la nostra natura morale. Quindi, nonostante i suoi caratteri nutrizionali, eviteremo quella tipologia di cibo perché, appartenendo alla terza classe in base alla nostra filosofia, procurerebbe svantaggi morali Potrebbe essere nutritivo, ma al contempo eccitare le passioni, e danneggiarci stimolando livelli bestiali della nostra natura. Mentre alcuni scienziati diranno invece che dovremmo mangiare quel tipo di cibo perché stimola il palato e non danneggia la salute. Certamente gli effetti di ogni singolo tipo di alimento sull'organismo fisico andranno sempre presi in considerazione. Ma è nostro dovere prendere in considerazione pure l'impatto di quel cibo su altri esseri oltre a noi stessi. È stato detto che nel cibo di origine animale vi sono elementi nutritivi che aiuterebbero a sostenere il corpo umano, e che tali elementi nutrizionali sono altrettanto validi rispetto a quelli contenuti nei vegetali. È un fatto ormai scientificamente accettato e provato che nei frutti, nelle noci e in altri alimenti di origine vegetale troviamo elementi nutrizionali di valore non inferiore – anzi, sovente, superiore – rispetto agli alimenti di origine animale. Noi aggiungiamo che esistono ragioni morali ed etiche contro il nutrirsi di cibo di origine animale: anzi, non solo ragioni 'morali ma anche ragioni spirituali. Come prima cosa la filosofia morale della nostra dottrina 49 For Personal & Private Use Only Page #52 -------------------------------------------------------------------------- ________________ dice che noi non abbiamo il diritto di distruggere la vita di un essere vivente. Questa è la proposizione fondamentale della nostra dottrina. Se seguiamo questa regola, la distruzione di qualunque vita dovrà sicuramente essere sempre evitata. Ma potrebbe sorgere la domanda: «Ogni tipo di cibo comporta la distruzione di una vita; anche nei vegetali c'è vita e occorre distruggere quella vita per poter preparare cibo adatto alla nostra dieta». Siamo costretti, per la nostra sopravvivenza, ad accettare di dover distruggere vite per poter vivere, m'a la vita è formata da cosí tanti gradi, da cosí tante classi, piú e meno elevate: poiché esistono sia gli animali che i vegetali, noi possiamo e dobbiamo, anche in questo caso, applicare una distinzione e operare una scelta, la meno dannosa possibile. : «Perché allora non distruggiamo gli esseri umani?» Noi sosteniamo che essi hanno un'anima. Ma noi non possiamo distruggere le anime; esse lasciano semplicemente il corpo e migrano da qualche altra parte o in un altro corpo. In accordo con l'opinione di tutti i religiosi, l'anima non viene distrutta con il corpo, viene solo spezzato il legame. Questo legame è maggiore e piú complesso nel caso dell'essere umano rispetto a quello degli animali, e maggiore negli animali che nei vegetali. Ad esempio, questa regola è simile a quella applicata nel campo degli affari, dove seguiamo la via piú proficua e abbandoniamo la strada che ci potrebbe portare a perdere migliaia di dollari nel tentativo di guadagnarne poche centinaia o niente del tutto. Similmente, nell'alimentazione vi sono ragioni spirituali per evitare quella dieta che causa attaccamenti e passioni. Prendiamo in considerazione lo stato mentale degli animali, specialmente quando stanno andando alla morte; immaginiamo proprio la situazione di un pollo nel momento in cui sta per essere ucciso, le sue condizioni mentali: la nostra filosofia prende in esame queste sensazioni e queste condizioni. Possiamo facilmente comprendere come il sentire e le emozioni comportino un particolare stato di vibrazioni nella materia fisica del corpo. Se ogni pensiero, se ogni sensazione, se ogni emozione causano particolari stati del corpo, questa alimenta 50 For Personal & Private Use Only Page #53 -------------------------------------------------------------------------- ________________ zione avrà certamente i suoi effetti sulla nostra natura fisica e mentale. S'immagini un mercante che commercia in cotone che riceve un telegramma da New York nel quale si dice che il prezzo del cotone è crollato del 50%. Apre il telegramma, lo legge, e se si potesse ascoltare il suo battito cardiaco, si sentirebbe un grosso cambiamento nello stato del battito, anche se non ha fatto altro se non leggere poche parole su un pezzo di carta. Se questo è l'effetto della mente sullo stato fisico di un essere umano, quale potrebbe essere l'effetto su un animale che ha la consapevolezza di trovarsi sul punto di venire ucciso? Inoltre noi siamo già sufficientemente intrisi della nostra natura animale, senza bisogno di aggiungerne altra: le impurità fisiche, le tossine rilasciate dall'animale a causa del trauma dell’uccisione, le vibrazioni energetiche della paura e dell'angoscia, sono sempre presenti negli animali che sono stati allevati e ammazzati con l'apposito scopo di produrre cibo. Il tacchino viene rimpinzato di cibo per farlo apparire grasso e paffuto. Lo stesso, su un essere umano, produrrebbe un penoso stato del corpo che tutti siamo ben in grado di immagi nare. Per mantenere sano il nostro corpo dobbiamo fare sufficiente esercizio fisico; se noi mangiamo qualcosa che non è adatto per noi, sappiamo che il risultato sarà un danno. E questa è l'esperienza di tutte le persone, in tutte le nazioni del mondo. Nei tempi piú antichi la vita era semplice, ma oggi la scoperta di tutte queste differenti medicine dimostra che le persone soffrono per numerose nuove malattie. In America, lo sappiamo, vi sono innumerevoli tipi di pillole e di medicine acquistate e utilizzate quotidianamente; anche in India si vanno diffondendo. Questo dimostra che, non solo in America ma anche in altre nazioni, moltissime persone non conoscono le regole dell'alimentazione e fanno ricorso a metodi artificiali per tentare di porre rimedio ai danni causati dagli errori nutrizionali. È meglio seguire le regole dell'alimentazione già dall'inizio che non ricorrere all'uso di medicine artificiali dopo aver cau 51 For Personal & Private Use Only Page #54 -------------------------------------------------------------------------- ________________ sato i danni. Dobbiamo imparare molto riguardo all'alimentazione, e molto riguardo alla natura mentale, morale, e, soprattutto, spirituale! Prendiamo la mente nelle sue condizioni ordinarie; si possono pensare cosí tanti soggetti, e si può correre col pensiero in differenti direzioni in tempi diversi. Le sue prestazioni sono strabilianti; questo può essere il risultato di cibo adeguato, ore regolari di sonno, una giusta quantità di esercizio fisico, mantenendo il pensiero positivo e calmo. La regola generale riguardo allo sviluppo della natura mentale è la concentrazione. Una persona assunta per un servizio a rischio di vita, che non sia in grado di concentrare i suoi pensieri sul suo lavoro e sul suo dovere, verrà licenziata. Anche negli affari la concentrazione è necessaria, e se è necessaria per guadagnare denari, a maggior ragione è necessaria per le cose spirituali! Non è semplice mantenere la concentrazione quando l'oggetto è il denaro; ma molto piú difficile è acquisire la conoscenza spirituale. Questo ci porta alla scienza della concentrazione. Dobbiamo osservare le regole fisiche e le regole mentali della concentrazione. Come possiamo concentrare la nostra attenzione? In un certo senso, tutti noi ci concentriamo; soltanto che non sappiamo di farlo. Chi è appassionato di qualcosa, passa molto tempo a coltivare la sua passione. Gli appassionati di libri andranno sempre nelle librerie per vedere quali nuovi libri sono arrivati per comprarli e leggerli. Gli appassionati di giornali aspetteranno che i giornali escano per assicurarsi la prima copia e poterla leggere. Se noi siamo in grado di concentrare i nostri pensieri su questi oggetti, perché non dovremmo essere in grado di concentrare i nostri pensieri sui giusti soggetti? Se ci basta acquisire sommarie informazioni in pochi campi della conoscenza, lo faremo con facilità. Ma se desideriamo essere aggiornati e acquisire piú conoscenza in tutti i campi, potremo farlo grazie alla concentrazio 52 For Personal & Private Use Only Page #55 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ne. Se il lavoro a rischio di vita per il quale siamo stati assunti necessita, per il suo corretto svolgimento e la sua continuazione, una buona conoscenza di determinate cose, noi dovremo concentrarci su di esse. Normalmente noi ci appassioniamo solo di cose non importanti, di cose sensazionali e, ancora, di quelle cose che soddisfano i nostri appetiti sensuali. Questa è la ragione per cui viene prodotta cosí tanta editoria e cinematografia sensazionale: tutto ciò è veramente dannoso. Quando viene commesso un omicidio e ne vengono pubblicati i dettagli, le persone comprano piú giornali e li leggono con avidità. Perché? Perché, a causa della loro vita innaturale, sono solleticati dagli avvenimenti scabrosi poiché nient'altro è in grado di soddisfarli. In conseguenza, le vibrazioni mentali trasmesse al di fuori di noi, stimolano anche altre persone a desiderare questo tipo di sensazioni. Sappiamo anche che, sovente, analoghi crimini vengono commessi quasi contemporaneamente in diverse parti della nazione. Come può ciò essere spiegato se non con l'ipotesi che le menti delle persone, saturate da questi pensieri nefasti, si influenzino reciprocamente tramite la trasmissione delle negatività del pensiero? Da un punto di vista strettamente fisiologico sappiamo che i germi del vaiolo e di altre malattie infettive viaggiano in ogni direzione, e che quindi noi non dobbiamo entrare in contatto con persone che siano affette da queste malattie. Dobbiamo fare ancora più attenzione in materia di natura mentale e morale, poiché i pensieri hanno veramente uno straordinario potere di agire sulla mente di altre persone, come possiamo vedere nella nostra esperienza quotidiana. Immaginiamo una conversazione che avvenga fra due persone che si incontrano, A e B. A dice: «Salve Mr. B, mi sembra che dimostri 40 anni invece di 30. Cosa ti è capitato?». Per un momento, si verifica un cambiamento nell'organismo mentale di B che lo fa sentire come un quarantenne. For Personal & Private Use Only 53 Page #56 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Ogni giorno siamo influenzati in questo modo. Se noi chiamiamo sempre uno «peccatore», egli finirà davvero per sentirsi tale e, anche se in realtà non è un peccatore, prima o poi commetterà peccato e diverrà realmente peccatore a causa di questa suggestione. Ma sei noi diciamo che l'uomo è divino, che siamo tutti parte della divinità, come fece Gesú, allora noi andremo sempre piú in alto seguendo la nostra idea. Ed ecco un'altra regola, molto rispettata in India: gli errori altrui non devono essere discussi e neanche menzionati. Uno degli insegnamenti principali che ci viene dato è che una persona deve coltivare quattro tipologie di pensiero: una è l'amicizia, considerare tutti gli esseri viventi come amici e mai come avversari. Se una persona ci ingiuria, noi dobbiamo solo pensare che stia ingiuriando se stessa; perché dunque dovremmo ingiuriarla in risposta? Quando io ingiurio un'altra persona, io ho ingiuriato la mia natura spirituale e, se quella persona mi ingiuria in risposta, ingiuria il mio corpo, e questo sistema è condannato dalla nostra religione e filosofia. La seconda tipologia di pensiero da tenere presente è la felicità, cioè essere contento della felicità e della prosperità altrui e non esserne mai gelosi. Se una persona diventa ricca, semplicemente siate contenti di ciò. Il terzo pensiero è la compassione. Se noi vediamo una qualsiasi creatura, umana o non umana, in condizioni miserevoli, dobbiamo provare pietà e compassione, simpatizzare, e non pensare mai che sia giusto che soffra in quanto punita per i suoi peccati. Quando una creatura soffre, noi non dobbiamo inviarle altra vibrazione se non quella della simpatia, altrimenti la nostra natura diverrebbe dura e crudele. Il quarto pensiero è il distacco. Questo è un termine da comprendere correttamente. Naturalmente dobbiamo essere distaccati in un certo modo, dobbiamo essere distaccati rispetto agli errori altrui. Il nostro interesse non deve essere quello di scoprire gli errori delle altre persone; rispetto all'errore noi dobbiamo solo dire che è stato commesso e aiutare affinché non venga com 54 For Personal & Private Use Only Page #57 -------------------------------------------------------------------------- ________________ messo nuovamente. Siate caritatevoli riguardo agli errori altrui, cosí come Gesú lo fu nel caso della donna scoperta in adulterio. Quando pensiamo che una persona sia colpevole e che il suo giudizio sia lasciato a noi, pensiamo sempre che essa deve essere aiutata a elevarsi e non abbassata. Evitiamo questa tentazione anche col pensiero. Queste quattro regole ci sono state insegnate da sempre; non c'è nessuna speranza di progresso finché questi quattro pensieri non diventino parti permanenti delle nostre menti. Questo stato è uno stato mentale, ma quando veniamo in contatto con altre persone dobbiamo agire verso di loro attivamente, allora è necessario mettere in pratica queste regole; e qui si arriva alla natura morale. La moralità non deve essere praticata solo perché attraverso la sua pratica noi possiamo elevarci, bensí perché è la vita stessa dell'anima, la principale essenza dell'anima. Possono derivare benefici da questo tipo di condotta, ma questo non è lo scopo ultimo. La verità, la dolcezza, la giustizia e l'amore universale sono gli unici aspetti della vita dell'anima. Un uomo può piantare alberi in un frutteto e, allo stesso tempo, altre erbe, ma il suo vero obiettivo non sono le erbe bensí i frutti. Nello stesso modo, l'osservanza di queste regole può risvegliare numerosi altri poteri nascosti, ma questi non sono il fine ultimo dell'anima, e, se lo diventano, allora l'anima viene in qualche modo degradata. È la stessa cosa che dire: «Sii buono in nome della bontà>> senza nessun altro scopo, senza l'idea di ottenere riconoscimenti o premi. Quando ci aspettiamo un premio vendiamo il potere dell'anima e ogni possibile prezzo è assai poco rispetto alla natura dell'anima. Si potrebbe dire molto rispetto ai risultati che derivano dalla pratica delle regole morali, e chiunque le pratichi scoprirà che questi risultati sono reali, ma quando le si pratica solo per questo scopo, per l'anima non valgono niente. I poteri nascosti possono essere posseduti, ma se non vengono utilizzati nel giusto modo è piú una perdita che un guadagno. Se lo scopo è 55 For Personal & Private Use Only Page #58 -------------------------------------------------------------------------- ________________ esclusivamente far vivere la vita dell'anima, i poteri nascosti vengono fuori, e questo è il vero guadagno. Accetta l’Amore Universale e il risultato che deriverà dalla sua pratica sarà la libertà dai pericoli di ogni tipo. Una persona che pratica l’Amore Universale nella sua piú elevata estensione, in tutte le relazioni della vita, non teme alcun male; ma chi non pratica l’Amore Universale, come potrà pretendere di ottenere benefici? Niente può danneggiare una persona se non l'accumulo di karma ottenuto nella vita passata e non ancora smaltito. Quindi noi possiamo ottenere molti risultati, sviluppare molti poteri nascosti, attraverso la pratica di questi atti morali; ma questi benefici e miglioramenti non devono essere l'obiettivo degli atti morali. La pratica degli atti morali deve essere fine a se stessa. Arriviamo cosí alla natura spirituale dell'anima. Che cos'è la natura spirituale dell'anima? Potrebbe essere descritta come un cerchio senza circonferenza, ma, di fatto, non è descrivibile a parole. Potremmo conoscerla soltanto attraverso l'esperienza, se riuscissimo a toccare quel livello di esperienza. Possiamo tentare di descriverla anche tramite una similitudine. L'idea dell'anima è sempre simbolizzata da un cerchio; il non avere circonferenza rappresenta un'unità, un'anima reale, che non è possibile definire intelligibilmente. Altresí, noi esprimiamo con le parole l'idea dell'anima che passa nel Nirvana, anche se la condizione chiamata «Nirvana>> non può essere descritta a parole. Noi descriviamo questa condizione come esistenza infinita, conoscenza infinita, beatitudine infinita; i poteri infiniti non richiedono spazio, non sono cose materiali. Conoscenza significa «potere di conoscere qualcosa», e non è materiale. Le leggi che bisogna stabilire con l'obiettivo di avanzamento nella vita dell'anima devono essere basate su ciò che avviene a ogni livello e sulla relazione tra gli esseri umani e gli altri esseri viventi. In teoria noi possiamo dividere i piani della vita in diverse categorie, la piú bassa delle quali è la monade, e poi, via via, vegetali, animali, fino ad arrivare alla fase piú sviluppata, la vita 56 For Personal & Private Use Only Page #59 -------------------------------------------------------------------------- ________________ umana, che, a sua volta, è suddivisa in diversi piani; ma noi sappiamo che la nostra vita è collegata a ogni altra vita, dunque noi dobbiamo osservare i fatti in relazione alla vita in tutto il suo insieme. Possiamo conoscere la vita fisica del corpo umano e di tutte le altre forme di vita attraverso l'osservazione. Come si mantiene la vita? Prendiamo un albero. Vive raccogliendo in se stesso particelle di materia che assimila; nell'assimilarle, ne distrugge la vita. Se queste particelle vivessero la loro intera vita sempre indipendentemente dalla vita dell'albero, l'albero non potrebbe crescere. Supponiamo che nel corpo umano vi siano molti esseri viventi, ciascuno con la propria vita: il corpo umano non potrebbe vivere senza utilizzare - distruggendola – la vita degli elementi che lo compongono. Gli elementi fisici devono essere assimilati. Quindi nella vita fisica non c'è possibilità di esistenza senza distruzione di altra vita. Sappiamo anche che, fino a un certo punto della crescita, c'è un continuo copioso utilizzo di particelle, ma che, da un certo punto in poi, l'organismo ne utilizza sempre meno, per poi, infine, distruggersi e allontanare da se stesso la forza di vita, in quella fase che noi chiamiamo morte. Questa è l'idea normale della vita fisica; la maggior parte di coloro che si limitano all'osservazione e allo studio della materia ritiene che non vi sia vita oltre a tutto questo, che tutte le regole debbano essere basate solo su fatti scientifici e che dunque l'avanzamento in questa vita sia l'unico scopo da perseguire. Per certi versi la distruzione della vita fisica coinvolge anche l'anima, ossia è un cambio nella condizione dell'anima: viene spezzato il legame. Per poter accedere alla piú alta forma di vita deve esserci una grande quantità di vita spirituale, e l'uccisione di altri esseri viventi deve essere effettuata esclusivamente per lo stretto necessario al sostentamento del corpo e non per altri scopi. Nessun atto che possa comportare l'uccisione di altri esseri, quindi, deve essere compiuto. 57 For Personal & Private Use Only Page #60 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Una significativa immagine ci viene proposta dalla filosofia jaina. Un uomo, grande mercante, per aver contrabbandato alcuni articoli nel suo negozio, venne punito con la prigione. Il giorno dopo suo figlio venne a sua volta imbrogliato da un'altra persona a cui venne imposto lo stesso tipo di reclusione; questi fini nella stessa cella del penitenziario in cui era finito il mercante. Secondo le severe leggi della città in cui entrambi vivevano, i due vennero legati a ceppi di legno in modo che non potessero muoversi. Successivamente vennero incatenati assieme in modo che uno non si potesse muovere senza la collaborazione dell'altro. Per qualche motivo uno dei due, A, avendo bisogno di spostarsi, chiese all'altro, B, di permettergli di muoversi. B rifiutò di collaborare dicendo: «non mi hai ceduto un po' del tuo cibo». Cosí A promise: «la prossima volta lo farò» e il giorno dopo, quando gli fu portato il cibo, ne diede una porzione a B, e continuò a farlo ogni giorno affinché B lo agevolasse nei movimenti e negli spostamenti. B, essendo entrato in prigione un giorno dopo A, doveva restare in prigione piú a lungo. Quando A venne rilasciato, non mandò piú cibo a B, poiché ciò non era piú necessario. Allo stesso modo, noi diciamo del corpo e dell'anima che essi sono strettamente legati come quei due uomini incatenati, e che l'anima ha bisogno del corpo per ottenere i propri scopi: ad esempio, il cibo è necessario per sostenere il corpo nel raggiungere questo obiettivo; ma se viene assunto per un altro scopo, allora si crea una separazione dalla giusta ragione e, invece di assistere l'anima, la si danneggia. Noi dobbiamo vivere come A. A ha dato cibo a B per un determinato obiettivo; allo stesso modo, il corpo non può fare niente se non riceve l'adeguato nutrimento. Il cibo non deve essere inteso come una sostanza spirituale, ma deve essere usato col fine di sostenere il corpo affinché questo possa permettere il progresso spirituale dell'anima. L'anima vive la sua vita propria non per gli scopi del corpo, ma il corpo vive per gli scopi dell'anima, e bisogna avvantaggiarsi di ogni opportunità nella quale il corpo possa aiutare l'a 58 For Personal & Private Use Only Page #61 -------------------------------------------------------------------------- ________________ nima a elevarsi. Se invece noi crediamo che l'anima sia controllata dal corpo, l'anima perderà i suoi poteri. Questo è il modo con cui comprendere la relazione tra anima e corpo. Sei sistemi di filosofia Dai raggi di verità basati sulla letteratura vedica indiana sorsero sei sistemi di filosofia. Il primo fu il sistema Nyaya. I seguaci di questa filosofia speravano, coltivando gli strumenti della conoscenza - percezione, deduzione, analogia, testimonianza –, di raggiungere la beatitudine finale tramite una giusta speculazione. Attribuivano il fenomeno della vita a una deità extracosmica o a poteri sovrumani che meritassero omaggi e adorazione. Lasciavano al suo destino l'universo inanimato, l'anima e la mente dell'uomo, credendoli risultati di un atto di creazione divina e, in quanto tali, in mano al volere della stessa. I seguaci del Vaisesika accettarono in generale il sistema Nyaya, ma compirono un passo avanti nell'analizzare la natura dell'esistenza materiale. Riconoscevano e omaggiavano l'esistenza di una deità extracosmica ma secondo loro l'universo ebbe inizio dagli atomi, infiniti ed eternamente mossi dal desiderio del potere divino. Cosí come Gautama, l'autore del Nyaya, produsse la metafisica, Kanada, l'autore del Vaisesika, produsse la filosofia dialettica. Una filosofia costruita su mere astrazioni e generalizzazioni dei fenomeni - che in realtà non dovrebbero mai essere generalizzati - sfocia inevitabilmente in un puro ateismo o in un teismo antropomorfico. Caird scrive in Filosofia della Religione: «La generalizzazione utilizzata come sistema attraverso cui comprendere la realtà è un processo che ci allontana da essa e, piú perseveriamo, piú cioè i nostri pensieri diventano astratti, maggiormente ci allontaniamo dalla vera legge obiettiva delle cose». Se il Nyaya e il Vaisesika rappresentano la parte positiva del metodo dell'astrazione, il Carvakas, i materialisti, ne rappre For Personal & Private Use Only 59 Page #62 -------------------------------------------------------------------------- ________________ sentano l'aspetto negativo. Essi non erano molto distanti dai moderni materialisti quando sostenevano che la vita, il pensiero, l'energia fossero il risultato di un'organizzazione materiale, ma la loro filosofia si scontra con le discipline che dimostrano che la materia morta non sia mai capace di produrre vita; anche i migliori rappresentanti della moderna scienza fisica rimangono senza risposte esaurienti riguardo alla vera natura della materia e dell'energia nella prospettiva di una verità eterna. Anche Huxley dice: «Rigorosamente parlando è vero che l'investigazione chimica ci dice poco o niente sulla composizione della materia vivente e che poco sappiamo sul mistero della vita». L'osservazione ha dimostrato che ogni atomo è pieno di energia. Cosí, invece di collocare la nascita della mente nell'ultimo stadio dell'organizzazione materiale come hanno fatto i moderni evoluzionisti, ci pare piú razionale ipotizzarla come coesistente. La filosofia Nyaya descrive la mente come antecedente, ma l'ipotesi di un dio isolato dalla sua creazione non soddisfaceva i pensatori seguenti, essendo questo punto di vista sovversivo rispetto al concetto della conoscenza inseparabile dal pensiero. È in questo filone di ragionamento che troviamo una spiegazione dei concetti di «Prakrti» e «Purusa» del Sankhya di Kapila. I seguaci del sistema Sankhya hanno compiuto un passo in avanti, sostenendo una teoria dell'evoluzione con uno stile cosí romanzato di fronte al quale neanche i Veda hanno nulla da insegnare. Postularono «Prakrti» o «materia cosmica indifferenziata», come base eterna dell'evoluzione cosmica ed enumerarono definitivamente i vari stadi dell'evoluzione di questa materia ciascuno con le sue proprietà, chiamati «Sankhya». Essi tuttavia pensavano che sarebbe stato impossibile pensare a una materia senza mente e quindi proposero una unione eterna tra «Purusa» o «mente eterna», e «Prakrti» in tutti i suoi stadi evolutivi. Non attribuirono funzioni a «Purusa» e guardarono l'evoluzione della materia cosmica indifferenziata rispetto alla mente eterna come se quest'ultima fosse sempre «dentro la materia» ma mai «della materia», tentando in questo modo di soddisfare la necessità del pensiero filosofico. I Sankhyas erano i piú vicini alla verità ma, postulando due 60 For Personal & Private Use Only Page #63 -------------------------------------------------------------------------- ________________ entità indipendenti nelle forme di «Prakrti» e «Purusa», essi indirettamente precludevano la possibilità di «Moksa», la salvezza: <Page #64 -------------------------------------------------------------------------- ________________ mavano sé, non è stato scoperto in un giorno. Noi troviamo nelle Upanişad molti tentativi di scoprirlo e di descriverlo. Vorrei mettervi a parte di un'allegoria che rappresenta la ricerca di questo sé nelle Upanişad Chandogya. Si tratta di un dialogo che si suppone abbia avuto luogo tra Prajapati, signore della creazione, Indra, rappresentante dei Deva - gli dèi splendenti – e Virocana, rappresentante gli Asura, gli oppositori dei Deva. Si dice che Prajapati abbia proferito la seguente frase: «Il Sé (Atman) libero dal peccato, libero dall'età, dalla morte e dal dolore, dalla fame e dalla sete, che non desidera nulla se non quello che deve desiderare e non immagina nulla se non quello che deve immaginare, è ciò che cerchiamo e ciò che noi dobbiamo sforzarci di comprendere. Colui che ha scoperto e compreso il Sé ottiene tutti i mondi e soddisfa tutti i desideri, cioè ottiene la beatitudine finale». Sia gli dèi che i demoni Asura ascoltarono queste parole e dissero: «Bene, allora cerchiamo quel Sé, scoperto il quale otterremo tutti i mondi e potremo soddisfare tutti i desideri». Allora si dice che Indra si allontanò dai Deva e Virocana dai demoni, senza aver comunicato fra loro, ciascuno portando con sé un fuoco, come è costume che facciano gli allievi avvicinandosi al maestro. E come allievi dimorarono per trentadue anni a servizio di Prajapati. Al termine dei trentadue anni, Prajapati rivolgendosi a loro domandò: «A che scopo avete entrambi dimorato qui?». Risposero che avevano ascoltato le sue parole e che entrambi erano andati ad abitare vicino a lui perché volevano conoscere il Sé. Prajapati, come molti degli antichi saggi, non si mostrava dapprima incline a condividere la sua conoscenza. Diede loro molte risposte che, benché non false, erano equivoche e aperte a interpretazioni sbagliate. Dapprima disse: «Ciò che può essere visto dentro gli occhi, questo è il Sé. Questo è ciò che io vi dico: esso è immortale e privo di paura; esso è Brahman». Se gli allievi avessero compreso che questo indicava la persona che vede oltre lo sguardo, avrebbero ricevuto una corretta, seppur indiretta, idea del Sé. Ma essi pensarono, sbagliando, che significasse il riflesso di 62 For Personal & Private Use Only Page #65 -------------------------------------------------------------------------- ________________ un uomo nell'occhio di un'altra persona. Ed essi evidentemente diedero questa interpretazione, perché chiesero: «Signore, colui che è riflesso nell'acqua e colui che è catturato in uno specchio, chi è?». Prajapati rispose: «Lui, proprio lo stesso che vi si riflette. Guardatevi in una scodella d'acqua, e ditemi qualsiasi cosa non capiate di voi». Si guardarono nella ciotola d'acqua. Allora Prajapati disse: «Che cosa vedete?»>. Dissero: <>. Allora Virocana, soddisfatto nel suo cuore, andò dai demoni e predicò loro la dottrina secondo la quale il Sé deve essere servito e che colui che venera il Sé e lo serve guadagna entrambi i mondi, questo e quello successivo. Ecco perché ancora oggi un uomo che non offre aiuti, che non ha fede e che non si sacrifica, viene chiamato <>, demone, perché questa è la dottrina dei demoni. Essi ornano il corpo di un defunto con profumi, fiori, begli addobbi e ornamenti, e pensano che in questo modo conquisteranno il mondo. Ma Indra, prima di tornare dagli dèi, vide questa difficoltà: «Se il Sé (l'immagine riflessa nell'acqua) è ben adornato quando il corpo è ben adornato, è ben vestito quando il corpo è ben vestito, ben pulito quando il corpo è ben pulito, il Sé sarà anche cieco quando il corpo è cieco, zoppo se il corpo è zoppo, stor For Personal & Private Use Only 63 Page #66 -------------------------------------------------------------------------- ________________ pio se il corpo è storpio, e di fatto morto quando il corpo perisce; quindi non vedo del buono in questa dottrina». Recando il fuoco, si presentò ancora come allievo a Prajapati. Prajapati gli disse: «Bene, Indra, te ne eri andato con Virocana, abbastanza soddisfatto nel tuo cuore: che cosa ti ha riportato indietro?». Indra disse: «Signore, se il Sé è ben adornato quando il corpo è ben adornato, è ben vestito quando il corpo è ben vestito, allora il Sé sarà anche cieco quando il corpo è cieco. Quindi non vedo del buono in questa dottrina». Page #67 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Portando il fuoco, tornò ancora una volta come allievo da Prajapati. Prajapati disse: «Bene, Indra, che cosa ti ha riportato indietro?». Indra gli parlò dei propri dubbi. Allora Prajapati disse: «Cosí è veramente, Indra. Ma io ti spiegherò ulteriormente il vero Sé. Vivi con me altri cinque anni». Visse con lui altri cinque anni, per un totale di 101 anni. Prajapati disse: «Indra, questo corpo è mortale e sempre toccato dalla morte. È il rivestimento di quel Sé che è immortale e senza corpo. Quando è nel corpo, pensando “questo corpo sono io e io sono il corpo” il Sé viene toccato dal piacere e dal dolore. Finché è nel corpo non può liberarsi dal piacere e dalla pena. Ma quando è libero dal corpo, quando si riconosce come entità differente dal corpo, né il piacere né il dolore lo toccano piú. Il vento è senza corpo, la nuvola, il lampo e il tuono sono senza corpo, senza mani, senza piedi... Quando sorgono dall'etere paradisiaco, questi esseri sereni, liberandosi dal corpo, appaiono nella loro forma pura, e accedono alla luce piú alta, la conoscenza del Sé. Il Sé, in quello stato, è il piú alto essere. Si muove in quei luoghi ridendo, giocando e relazionandosi, senza pensare al corpo in cui è nato. Come un cavallo vincolato al calesse, lo spirito è vincolato al corpo. Quando la visione dell'individuo si espande ed entra nel trascendente, c'è l'essenza della persona nel suo occhio; l'occhio in se stesso non è che il semplice strumento del vedere. Quando, desiderosi di conoscere, diciamo “lasciami annusare questo" è il Sé che parla; il naso in se stesso non è che lo strumento dell'annusare. Quando diciamo “lasciami dire questo” è il Sé che parla; la lingua non è che lo strumento del dire. E ancora è il Sé che dice “lasciami ascoltare questo”; l'orecchio non è se non lo strumento dell'ascoltare. È il Sé che dice “lasciami pensare questo”; la mente non è se non l'occhio aperto sul divino. Quando la mente si rallegra, è il Sé, vedendo questi piaceri (che agli altri sono nascosti come un tesoro d'oro sepolto) tramite i suoi occhi divini, che si rallegra. 65 For Personal & Private Use Only Page #68 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Colui che conosce il Sé e lo comprende, ottiene tutti i mondi e soddisfa tutti i desideri». Indra fu soddisfatto da questa spiegazione, andò dagli dèi e insegnò loro questa dottrina. Questo dialogo è cosí chiaro che non ho bisogno di spiegare il suo significato esoterico. È su questo dialogo che le varie sottodivisioni della filosofia dei Veda hanno offerto differenti interpretazioni. Noi prendiamo l'interpretazione del principale vedantista, Sankara. Sankara dice: «È abbastanza vero, come dice Prajapati, che il Sé non ha niente a che fare con il corpo. Perché il corpo è mortale ma il Sé non è mortale. Il Sé dimora nel corpo, e finché pensa “il corpo sono io e io sono il corpo”, il Sé è toccato dal piacere e dal dolore, non è perfetto, non è il Sé immortale. Ma non appena il Sé comprende che è indipendente dal corpo, ne diventa libero, non tramite la morte ma tramite la conoscenza, e quindi non soffre piú, e né il piacere né il dolore possono toccarlo. Quando si è accostato alla luce piú alta della conoscenza, allora si verifica la perfetta serenità. Conosce se stesso, sa di essere il Sé piú elevato e quindi è il Sé piú elevato; anche durante la sua vita si muove tra i piacevoli segni del mondo, ma non li considera perché essi riguardano solo il suo corpo, il suo Sé corporeo, non il suo Sé assoluto. E compie un altro passo in avanti quando svela che non è il Sé individuale ma è il Sé piú elevato, e il Sé piú elevato non è diverso dal Brahman. L'interposizione dell'ignoranza e dell'illusione porta il Sé individuale a credere di essere separato dal Brahman; ma, non appena viene rimossa l'ignoranza, è il Brahman. Non diventa Brahman, perché nella realtà non è già niente di meno del Brahman. Un palo nelle tenebre potrebbe sembrare un ladro, ma quando le tenebre vengono rimosse realizziamo che si tratta di un palo e non di un ladro. Con la scomparsa delle tenebre, l'oggetto che vediamo non diventa un palo; siamo noi che realizziamo che è, ed è sempre stato, un palo. Allo stesso modo, il Sé individuale non diventa il Sé piú elevato, viene solo evidenziata la verità, e cioè che esso è, ed è sempre stato, il Sé piú elevato». 66 For Personal & Private Use Only Page #69 -------------------------------------------------------------------------- ________________ I princípi essenziali del buddhismo Volgiamoci verso il Buddha e vediamo quello che dice sull'esistenza e la natura dell'anima. Il merito del Buddha consiste non nel promulgare una sua speciale teoria sulla natura o sull'esistenza dell'anima, ma nell'evitare le sottili dispute metafisiche dei Bramini. Il suo sarcasmo contro questo tipo di speculazioni braminiche appare molto forte, come leggiamo nel Tevijja Sutta, dove egli dice a un bramino di nome Vasettha: «Dunque, Vasettha, tu dici che nessuno dei bramini, dei loro insegnanti o dei loro allievi ha mai visto il Brahman faccia a faccia. Neppure gli antichi saggi, i divulgatori degli antichi versi che i bramini di oggi intonano con cosí tanta cura e recitano con precisione: anch'essi non pretendono di sapere o di aver visto dove, quando o chi fosse il Brahman. Cosí pure, alcuni versi dei Bramini nei tre Veda dicono: "In base a presupposti che noi non conosciamo e che non abbiamo sperimentato, noi affermiamo che questo è il retto cammino, la giusta via che conduce coloro che agiscono in accordo con essa allo stato di unione con il Brahman". Quindi, che cosa pensi Vasettha? Non viene in conseguenza di ciò che le parole dei bramini, come riportate nei tre Veda, siano chiacchiere da folli? In verità, Vasettha, questi versi riportati nei tre Veda vorrebbero mostrare una via verso uno stato di unione che essi non conoscono e non hanno mai visto: come può essere? È come immaginare una fila di ciechi avvinghiati uno all'altro, dove né quello piú avanti, né quello nel centro della fila, né quello piú indietro potessero vedere, proprio come nei discorsi dei bramini riportati nei tre Veda». Quale spiegazione il Buddha offre riguardo alla natura dell'uomo e alla sua relazione con il mondo che lo circonda? In effetti, il buddhismo non cerca di risolvere il problema dell'origine primaria di tutte le cose. Quando Malumkya chiese al Buddha se l'esistenza del mondo fosse eterna o non eterna, non ottenne risposta. La ragione di questo era dovuta al fatto che il Buddha considerava questa una domanda priva di qualsiasi sbocco utile. Il buddhismo prende in considerazione l'esisten For Personal & Private Use Only 67 Page #70 -------------------------------------------------------------------------- ________________ za del mondo materiale e degli esseri viventi coscienti al suo interno e sostiene che tutto è soggetto alla legge di causa ed effetto, e che ogni cosa muta costantemente anche se impercettibilmente. L'intero cosmo - terra, paradiso e inferno - tende sempre al rinnovamento e alla distruzione, è in una fase costante di cambiamento, in una serie di rivoluzioni o di cicli, dei quali l'inizio e la fine sono non conosciuti e non conoscibili. Per quanto riguarda la natura dell'uomo, l'insegnamento del Buddha consiste in una unione di diverse proprietà (o «qualità» o «aggregati»), nessuna delle quali corrisponde alla nozione induista o moderna dell'anima. Queste proprietà sono: rupa (forme o attributi materiali), vedana (sensazioni), sanjana (nozioni o idee astratte), samskara (tendenze o potenzialità) e vijnana (consapevolezza o poteri mentali). Questi aggregati sono centinaia; novantatre sottodivisioni rappresentano tutti gli elementi, tutte le proprietà materiali, intellettuali e morali e gli attributi degli individui. Non esiste niente oltre a questi, neanche fissi principi dell'anima, o semplici e permanenti sostanze di qualsiasi tipo. Si uniscono e si modificano cosí da formare esseri separati, sotto incessanti modifiche e sotto la dissoluzione della morte; l'essere individuale, essendo un composto di composti, perisce interamente. Solo l'influenza dei suoi karma (azioni) gli sopravvive e, grazie a questo, la formazione di un nuovo gruppo di skandha o aggregati viene immediatamente effettuata: un nuovo individuo sorge nell'esistenza in qualche altro mondo e continua in qualche modo il precedente. In sintesi, nel buddhismo non vi è una reincarnazione individuale, ma l'individuo rivive in un altro e diverso individuo a causa dell'eredità del suo karma; ciò che rimane, in ogni fase di rinascita, è il destino legato all'eredità del karma e l'aspirazione alla liberazione, al Nirvana, per porre fine ai dolori dell'esistenza. 68 For Personal & Private Use Only Page #71 -------------------------------------------------------------------------- ________________ La filosofia jainista Come studiare la filosofia jainista La filosofia jainista è stata sovente mal presentata, in modo frammentario, agli studiosi sia orientali che occidentali. Gli studiosi moderni sono soliti utilizzare, applicandolo a varie materie, il metodo scientifico. «È il metodo con cui», dice il professor William Wallace, «si assume che lo studente abbia una immagine generale dell'oggetto da esaminare, a partire dalla quale approfondire e descrivere l'oggetto con maggiore completezza. Partire da un concetto approssimato, che si suppone abbiano tutti, per cercare di renderlo piú definito. Il geologo, per esempio, insegnerebbe la geologia in maniera limitata, se non si avvalesse anche dei suggerimenti, delle ricerche, delle intuizioni dei suoi allievi, ciò che Hume avrebbe chiamato “impressione” o “idea” circa gli argomenti che egli deve trattare. Un insegnante di geometria spiega la materia attraverso un esempio e, poiché ciascuno possiede già una sia pur sommaria conoscenza di che cosa sia un angolo, un cerchio o un triangolo, l'insegnamento verrà compreso e gli studenti, grazie alle spiegazioni, giungeranno a una nozione piú scientifica e approfondita degli stessi termini. Il terzo libro di Euclide, per esempio, ci offre una nozione piú chiara di che cosa sia il cerchio, rispetto alla semplice 69 For Personal & Private Use Only Page #72 -------------------------------------------------------------------------- ________________ definizione nominale. Con l'aiuto di questi insegnamenti che possiamo chiamare linee guida per l'intelletto, il progresso dello studente nelle materie scientifiche è reso agevole e fruttuoso». Questo è il metodo scientifico dello studio. Ma mai, in questo metodo, viene posta come prioritaria la necessità di un miglioramento psicologico ed etico della mente che intende studiare i grandi problemi della vita e dell'universo. L'autolimitazione, il primo passo per acquisire la vera conoscenza, il sacrificio delle comode abitudini mentali, la crescita dei drstiraga [nel jainismo, i «sine qua non» della comprensione piena e chiara del Sé e del non-Sé] sono raramente presi in considerazione nel metodo del pensiero occidentale. Questo vizio del metodo conoscitivo è ancor piú evidente nei propagandisti religiosi e nei leader politici. Antichità del jainismo Le opinioni degli studiosi sono divise rispetto all'antichità del jainismo; molti sostengono che sia piú antico del bramanesimo. Quando gli studiosi europei iniziarono a studiare la storia del jainismo, vennero colpiti dalle similarità tra il suo codice etico e le sue istituzioni e quelle del buddhismo; di conseguenza pensarono che il jainismo fosse una branca del buddhismo. Ma, grazie al lavoro di Jacobi, Buhler e Leumann, venne dimostrato essere piú antico del buddhismo. Gautama Sakyamuni menzionò il jainismo. Disse: «Ho sentito che molti monaci jaina ricevettero ospitalità da parte vostra, ed è giusto che voi continuiate a fornirgliela». Definí i monaci jaina «Nirgrantha», cioè «senza attaccamenti», «senza legami». Scrisse inoltre che essi non avevano denaro. Erano viandanti senza dimora, proprio come lo era Gesú. All'avvento del Buddha, la comunità jaina aveva già una importante posizione nel mondo religioso dell'India. 70 For Personal & Private Use Only Page #73 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Relazione tra la filosofia dei jaina e la filosofia degli antichi greci Il primo punto che richiede una spiegazione è il rapporto tra la filosofia jaina e la filosofia degli antichi greci. Dal mio punto di vista non esistono vere relazioni tra esse. Gli antichi filosofi greci erano puri fisiologi; essi studiavano principalmente l'universo materiale e utilizzavano un metodo totalmente materialista. In verità non possiamo definirli «materialisti», perché l'antitesi tra materia e spirito era ad essi sconosciuta. La materia cosmica era per loro qualcosa in se stessa vivente; la descrivevano animata, cosí come i singoli organismi. Erano in cerca della materia ultima dell'universo. I piú antichi reperti dei jaina descrivono un metodo di ricerca filosofico. Descrivono chiaramente il cosmo come non avente inizio né fine. La ricerca della sua origine è quindi inutile. Questo non significa che lo stato o le manifestazioni del cosmo siano sempre gli stessi in ogni tempo: essi sono in continuo cambiamento. Ogni manifestazione particolare è la risultante di cause che hanno operato in precedenza, che a loro volta sono il risultato di altre cause che avevano operato in precedenza cosí via senza giungere a una fine. La ricerca di una causa originaria, di un «primo motore», è il risultato di una convinzione interna della mente umana - limitata e temporale – per cui uno stato di cose deve essere l'effetto di una o piú cause originarie. Ma la causa delle cause, quando trovata, dovrebbe essere necessariamente, in base alla stessa logica, l'effetto di altre cause, e cosí via. Fermarsi a una «causa incausata» metterebbe in crisi il concetto stesso della «causalità» a cui facevamo riferimento. Il fatto è che quando la mente, nella sua ricerca delle origini dell'universo, si ferma a un certo punto, ciò avviene a causa della sua incapacità di andare oltre, di afferrare o immaginare uno stadio precedente delle cose. Inoltre l'antitesi tra materia e spirito è chiaramente rappresentata nei piú antichi libri canonici jaina, registrazioni dell'insegnamento di Mahavira, l'ultimo Tirthankara, che visse nello stesso periodo dei filosofici ionici. 71 For Personal & Private Use Only Page #74 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Piú tardi, quando Alessandro Magno giunse in India, la filosofia jaina era già un sistema stabilito. Se c'è stata una qualche appropriazione, deve essere stata da parte dei greci. Alcuni studiosi hanno notato una somiglianza tra la teoria di Talete secondo la quale l'acqua o il fango rappresentano l'origine del mondo, e la teoria jaina secondo la quale l'argilla bagnata ha vita propria. Questi studiosi, tuttavia, evidenziano che i jaina sono andati oltre il campo di Talete, la cui idea era che l'acqua fosse sorgente di vita, mentre l'idea dei jaina descrive una universalità della vita esistente sotto le varie singole manifestazioni. Infatti nella dottrina jaina anche il fuoco, che è la negazione dell'acqua, possiede vita propria. Inoltre, secondo Talete, l'intero cosmo è una cosa vivente mentre, secondo i jaina, ci sono sia esseri viventi sia esseri senza vita all'interno del cosmo. Il jainismo come sistema eterodosso Oltre alla metafisica Hindu o Vedica, vi sono altri sistemi in India non basati sui Veda e sulle Upanisad, classificati come «eterodossi» dai vedisti. Questi sono i sistemi buddhista e jainista. Molto è stato scritto e detto sul buddhismo, ma assai poco sul jainismo. Questo tema mi porta innanzitutto a spiegare, al prossimo punto, la differenza nominale tra jainismo e buddhismo. Differenze tra il jainismo e il buddhismo Nella dottrina buddhista nulla è permanente. La transitorietà è l'unica realtà. La realtà, nella dottrina jainista, è il soggetto permanente di stati mutevoli. Inoltre il buddhismo elimina l'idea dell'individualità. Il jainismo invece considera l'individualità nella medaglia a due facce della permanenza e della transitorietà. L'individuo, nella dottrina jaina, continua a esistere in stati 72 For Personal & Private Use Only Page #75 -------------------------------------------------------------------------- ________________ differenti. Inoltre l'idea buddhista del sommo bene non è definita. L'idea jainista del sommo bene è quella della perfezione dell'individuo. Il jainismo insegna la dottrina dell'anima, il buddhismo la nega. Vi sono molti altri punti di differenza ma questi sono i principali da tenere presenti. Jina e jaina Jaina significa seguace di «jina», termine generico applicato a quelle persone (uomini e donne) che hanno sconfitto le loro nature piú basse (passioni, odio, attaccamenti...) e hanno dato priorità allo sviluppo della loro natura piú elevata, attraverso i propri sforzi personali. Vissero molti jina nel passato e molti sicuramente ne nasceranno nel futuro. Di questi jina, quelli che diventarono guide spirituali e rigeneratori della comunità dei jaina sono chiamati Arhat (i meritevoli), o Tirthankara (i costruttori del ponte, in senso figurato, cioè coloro tramite la cui pratica e il cui insegnamento possiamo attraversare l'oceano della vita terrena e raggiungere lo stato perfetto). Di conseguenza i jaina sono anche chiamati genericamente Arhat. In ogni mezzo-ciclo, formato da molti milioni di anni, sono nati 24 Tirthankara. Nel presente mezzo-ciclo nacque l'ultimo Tirthankara, Mahavira, nel 98 a.C., in Kundagrama, nel territorio di Videha. Visse 72 anni e raggiunse la Moksa (la Liberazione) nel 526 a.C.. Dualismo jainista La filosofia jainista non è una teoria monistica se non in ultima analisi. Non esiste niente nell'universo se non la sostanza, 73 For Personal & Private Use Only Page #76 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ma vi sono molte tipologie di sostanze. Noi siamo dualisti. Diciamo che esistono spirito e materia, mentre i positivisti e i monisti americani affermano che vi sia una sola sostanza. I teosofisti affermano che spirito e materia siano i poli opposti della stessa sostanza. Noi diciamo, al contrario, che lo spirito non può mai essere materia. La materia è conosciuta dai sensi, lo spirito solo dallo spirito. I greci hanno detto: «Conosci te stesso tramite te stesso». I vedantisti dicono che nulla esiste in realtà al di fuori del Brahma, che il mondo fenomenico è un fantasma illusorio, che l'unica realtà è il noumeno, cioè il Brahma. Il jainismo afferma che sia il noumeno sia il fenomeno sono reali, e uno non può essere separato dall'altro. La realtà non è in uno, se considerato da solo e a sé stante, e non è neppure nell'altro, se considerato da solo e a sé stante. L'uno cosi come l'altro sono parte della Realtà. Cosí, nella filosofia jaina, viene postulata sia l'esistenza dello spirito che quella della materia, entrambi esistenti come entità separate. E, poiché entrambi esistono come entità, queste entità devono essere classificate sotto categorie di esistenza: una sotto quella materiale, l'altra sotto quella spirituale. I nove princípi La Sruta Dharma (filosofia jaina) investiga sulla natura dei nove princípi, delle sei tipologie di esseri viventi e dei quattro stadi dell'esistenza. Dei nove princípi, il primo è l'anima. In base alla dottrina jaina, l'anima è quell'elemento che conosce, pensa e sente. L'anima è l'elemento divino all'interno di ogni essere vivente. I jaina pensano che i fenomeni di conoscenza, sensazione, pensiero e desiderio siano condizionati da «qualcosa» e che questo «qualcosa» debba essere altrettanto reale. L'anima è, in un certo senso, diversa dalla conoscenza e, in un altro senso, identica a essa. Finché è soggetta alla trasmigrazione, l'anima si sottopone a evoluzioni e involuzioni. Il secondo principio è la non-anima. Non è semplicemente 74 For Personal & Private Use Only Page #77 -------------------------------------------------------------------------- ________________ quello che noi definiamo materia; è più di questo. Materia è un termine contrario all'anima. Ma non-anima è la sua contraddizione. Qualsiasi cosa non sia anima è non-anima. Gli altri princípi non sono se non differenti stati prodotti da combinazione e separazione di anima e di non-anima: il terzo principio è il merito, grazie al quale un essere è felice. Il quarto principio è il demerito, a causa del quale un essere soffre miserie. Il quinto è lo stato che porta merito e demerito. II sesto è il samvara, che blocca l'afflusso delle energie esterne. Il settimo è la distruzione delle azioni. L'ottavo è il legame dell'anima con le azioni. Il nono è la totale e permanente libertà dell'anima da tutte le azioni. Sei sostanze Le sostanze si dividono in: anima, materia, Dharmastikaya (il mezzo del movimento), Adharmastikaya (il mezzo dell'immobilità), spazio, tempo. Dobbiamo tenere presente che il mezzo del movimento, il mezzo dell'immobilità e lo spazio non sono <Page #78 -------------------------------------------------------------------------- ________________ come vermi, sanguisughe, eccetera; creature aventi tre organi di senso – gusto, tatto e olfatto -, come formiche, pidocchi, eccetera; creature aventi quattro organi di senso – tatto, gusto, olfatto e vista –, come api, scorpioni, eccetera; creature aventi cinque organi di senso - tatto, gusto, olfatto, vista e udito. Queste ultime sono: gli esseri infernali, gli animali, gli uccelli, gli uomini e gli dèi. Tutti gli esseri viventi hanno quattro, cinque o sei delle seguenti capacità: capacità di prendere il cibo, capacità di accrescere il corpo, capacità di accrescere i propri organi, capacità di respirazione, capacità di parlare e capacità di pensare. Gli esseri viventi dotati di un solo organo di senso, quello del tatto, possiedono le prime quattro capacità. Gli esseri viventi aventi due, tre o quattro organi di senso, possiedono le prime cinque capacità. Gli esseri viventi dotati dei cinque organi di senso possiedono tutte e sei le capacità. Quattro stati dell'esistenza I quattro stati dell'esistenza sono: naraka, tiryanca, manusya, e deva. Naraka è il piú basso stato dell'esistenza, quello infernale. Tiryanca è il successivo, nel quale l'anima è incarnata in un corpo di terra, o di acqua, o di fuoco, o di vento, o di vegetale, o di animale o di uccello. Il terzo è manusya, lo stadio dell'essere umano. Il quarto è deva, quello degli abitanti del mondo celestiale. Il piú alto stato dell'esistenza è Moksa, l'apoteosi, che si ottiene quando uno di questi quattro tipi di esseri mortali, tramite la distruzione di tutto il karma, ottiene la massima vetta della spiritualità liberata: in questo stadio l'anima, essendosi liberata da tutte le connessioni con la materia, raggiunge il suo stato piú puro e diviene divina. 76 For Personal & Private Use Only Page #79 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Trasmigrazione e karma La dottrina della trasmigrazione dell'anima o reincarnazione è un altro dei concetti centrali della filosofia jaina. La dottrina della trasmigrazione è detta anche la dottrina del karma. In sanscrito la parola «karman» significa azione. «Quello che farai sarà misurato. Ciò che un uomo semina è ciò che egli mieterà>>: non è che un semplice modo di dire riferito alla complessa legge del karma. La legge del karma risolve il problema dell'inequità e dell'apparente ingiustizia nel mondo. Il karma nella filosofia jaina è diviso in otto classi: il karma che oscura la conoscenza innata dell'anima; il karma che oscura le giuste intuizioni; il karma che produce il piacere e il dolore; il karma che causa le illusioni; il karma che determina la durata della vita; il karma che determina il corpo fisico; il karma che determina la condizione sociale; il karma che oscura il potere del Sé. I karma sono poi suddivisi in altre classi cosí dettagliate che lo studioso della filosofia karmica jainista può collegare ogni effetto a un particolare karma. Nessun'altra filosofia indiana spiega cosí dettagliatamente e chiaramente la dottrina del karma. Persone che, tramite la retta fede, la retta conoscenza e la retta condotta, distruggono tutto il karma e quindi sviluppano completamente la natura piú elevata della loro anima, raggiungono la perfezione piú alta, diventano divine e vengono chiamate jina. Quei jina che, in ogni era, insegnano la legge e stabiliscono l'ordine, sono chiamati Tirthankara. Etica jainista Arriviamo adesso all'etica dei jaina, che guida la condotta in modo che questa possa assicurare il piú pieno sviluppo dell'anima e la massima felicità, obiettivo della condotta umana e fine ultimo dell'azione umana. Il jainismo insegna a trattare tutti gli esseri viventi come se stessi. 77 For Personal & Private Use Only Page #80 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Qual è il modo di raggiungere la massima felicità? I sacri libri dei bramini prescrivono devozione e attenzione alle leggi del karma. I Veda indicano il cammino della conoscenza come il mezzo per elevarsi. Ma il jainismo compie un passo in avanti e dice che la massima felicità deve essere ottenuta sia dalla conoscenza sia dalle osservanze spirituali. I cinque «mahavrata» o massimi comandamenti per gli asceti jaina sono: non uccidere e proteggere ogni vita; non mentire; non prendere ciò che non ci viene liberamente offerto; astenersi dalle relazioni sessuali; rinunciare a tutti gli interessi nelle cose terrene, soprattutto non definire mai nulla come «proprio», cioè praticare il distacco. 78 For Personal & Private Use Only Page #81 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Realtà e conoscenza Sostanze e modi reali Sia l'anima che la materia possiedono proprie qualità e proprie modificazioni. Ma mentre i vedantisti affermano che la modifica di una sostanza è un fenomeno - e quindi irreale - e la sostanza è l'unica realtà, i jaina affermano che la sostanza e le sue modificazioni sono inseparabili. Anche se una sostanza è un'altra cosa rispetto alle sue modificazioni, nessuna di loro può esistere senza l'altra. Possiamo dire che l'oro è, in un certo senso, diverso dall'anello d'oro, ma l'anello d'oro non può esistere al di fuori dell'oro, né è possibile trovare oro esistente separatamente da qualche modifica o forma. Quando una vecchia forma viene distrutta, una nuova viene prodotta e, in entrambi i casi, abbiamo la stessa sostanza. Esistenza fenomenica e noumenica Nella filosofia kantiana il noumeno è ciò che può essere oggetto solo di una pura intuizione intellettuale. A questo concetto i jaina non pongono obiezione; infatti essi postulano l'esistenza di realtà che sono oltre i sensi. Queste realtà sono una parte del cosmo, ma non causa o origine del cosmo. Vi sono altre filosofie occidentali che sostengono l'idea che oltre il mondo dei fenomeni vi sia un impenetrabile mondo dei 79 For Personal & Private Use Only Page #82 -------------------------------------------------------------------------- ________________ noumeni, che oltre questa esistenza apparente vi sia una esistenza nascosta della quale i vari fenomeni non sono se non fuggevoli manifestazioni, che le cose in sé siano necessariamente diverse dalle cose in relazione con noi. In breve, un noumeno, secondo queste filosofie, è un qualcosa separato da tutti i pensieri, è ciò che rimane dell'oggetto del pensiero quando lo spazio, il tempo e tutte le categorie della conoscenza sono separate da esso A questa visione i jaina oppongono il loro empatico rifiuto. La posizione jainista è: primo, la retta conoscenza è l'unica misura a nostra disposizione dell'esistenza della realtà; secondo, la conoscenza è sempre una conoscenza di relazioni; terzo, la realtà non è mai separata dalle relazioni (una particolare realtà può non essere in relazione fisica con un'altra realtà, ma potrebbe essere una relazione di soggetto e oggetto, conoscitore e conosciuto); quarto, le relazioni sono continuamente mutevoli, cioè «essere» significa «essere in relazione». Cosí, quando noi conosciamo qualcosa, la conosciamo relazionata, cioè per come essa si relaziona con noi e con altre cose. Fino a questo punto, noi conosciamo la cosa per come è. Vi sono altre relazioni presenti che noi non conosciamo e altre possibili relazioni che possiamo non conoscere nel nostro stato attuale di sviluppo. Questo residuo di relazioni è il noumeno. Compito della nostra ricerca deve essere quello di fissare queste relazioni incognite e non quello di andare alla ricerca del fantasma della «cosa in sé». Come dice George Henry Lewes: «L'illusione di un'esistenza che sottolinei l'apparenza sorge dalla nostra tendenza a dissociare le astrazioni dalle loro concretizzazioni assegnando alle prime una realtà permanente che è negata alle seconde» Noumeno e fenomeno non sono due esistenze separate ma solo due diversi modi del nostro osservare il pieno contenuto di un oggetto, una parte del quale ci è nota e una parte del quale ci è sconosciuta. La fallacità della concezione popolare rispetto a queste speculazioni è quella di confondere una distinzione logica con una autentica separazione. 80 For Personal & Private Use Only Page #83 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Questo mi porta alla necessità di spiegare un'altra differenza tra jainismo e buddhismo. Nella dottrina buddhista niente è permanente. La transitorietà è l'unica realtà. Come dice il professor Oldenberg: «La speculazione dei bramini afferrava l'essere in tutti gli esseri, mentre la speculazione dei buddhisti afferrava il divenire in tutti gli esseri apparenti». I jaina, al contrario, considerano l'essere e il divenire come due diversi e complementari modi con cui noi vediamo la stessa cosa. La realtà, nella dottrina dei jaina, è il soggetto permanente di stati mutevoli. Essere, essere in relazione, essere attivo, agire su altre cose, obbedire alla legge, essere una causa, essere un permanente soggetto di stati, essere lo stesso oggi come ieri, essere identico nonostante le varie attività: queste sono le concezioni jainiste della realtà. Il puro divenire è un'astrazione, cosí come il puro essere è un'astrazione. In breve, essere e divenire sono complementi della piena nozione di realtà. Due punti di vista Il jainismo concepisce due modi di guardare alle cose, uno chiamato Dravyarthika Naya (il punto di vista della sostanza) e l'altro Paryayarthika Naya (il punto di vista della modificazione o condizione). La produzione di un anello d'oro è la produzione di qualcosa che non esisteva precedentemente (o almeno non in forma di anello) se noi utilizziamo il secondo punto di vista; mentre non è la produzione di niente che non esistesse già, se utilizziamo il primo punto di vista. Cosí, l'universo osservato nella sua totalità è eterno; osservato nelle sue molte parti e modificazioni, si vedono in esso continue creazioni e distruzioni in ogni istante. 81 For Personal & Private Use Only Page #84 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il metodo jainista di analisi e sintesi Il processo jainista per l'acquisizione della conoscenza può essere descritto nel modo seguente: dapprima c'è una cognizione indefinita dell'oggetto isolato, un'idea generica; questo è lo stato della mente prima dell'analisi, quella condizione alla quale deve essere applicata l'analisi. Poi arriva l'analisi: dissolvenza, separazione, differenziazione delle parti, degli elementi, delle proprietà, degli aspetti. Poi arriva la sintesi, che consiste nel mettere insieme la primitiva cognizione indefinita con i risultati della seguente analisi. Il metodo analitico è conosciuto nella letteratura dei jaina come Naya-vada (la conoscenza di un oggetto nelle sue relazioni). Il metodo sintetico è conosciuto come Syad-vada (dottrina dell'imprescindibilità delle proprietà e delle relazioni inestricabilmente connesse all'oggetto) o Anekanta-vada (dottrina del non assolutismo e della molteplicità dei punti di vista). Voluminosi lavori su questo argomento sono stati scritti dagli studiosi jaina, tutti in manoscritti ancora non pubblicati. Come esempio di ciò che ho appena affermato, posso portare una persona nella quale sia appena nato il primo germe di riflessione; per essa l'universo è un qualcosa di vago, un profondo mistero, un'unità senza differenziazione; l'analisi la porta a considerarne i vari aspetti. Viene colpita dal cambiamento che vede ovunque. Le acque dei fiumi che scorrono costantemente, la decadenza di piante e vegetali, il morire di animali e uomini, impressionerà fortemente l'osservatore facendogli considerare il fatto che nulla è permanente. La prima generalizzazione, quindi, sarà che il mondo è transitorio. Dopo anni di ricerca e riflessione, potrebbe imparare che le cose che sono passate esistono ancora da qualche altra parte e in condizioni diverse. Potrà quindi generalizzare che niente viene distrutto totalmente e che, nonostante i cambiamenti visibili dovunque, il mondo, preso nel suo intero, è permanente. Entrambe le generalizzazioni sono vere da differenti punti di vista; ciascuna in se stessa è un'astrazione. Quando uno impara a sintetizzare, mette insieme i vari 82 For Personal & Private Use Only Page #85 -------------------------------------------------------------------------- ________________ aspetti che ha trovato del mondo e realizza che l'integrità della verità consiste nella indissolubile combinazione di tutti i possibili aspetti. L'unione di aspetti contrari in una singola idea o oggetto sembra impossibile per una mente non sintetica. Sankara, il noto studioso dei Veda, è caduto in un grave errore quando ha affermato che la dottrina dei jaina non deve essere accettata perché «è impossibile che attributi contraddittori come essere e non essere possano appartenere, nello stesso tempo, a una sola cosa; proprio l'osservazione insegna che una cosa non possa essere calda e fredda nello stesso momento». Ma i jaina non insegnano che una cosa possa essere calda e fredda allo stesso tempo; essi insegnano che una cosa non può essere assolutamente calda e non può essere assolutamente fredda; è calda in alcune definite circostanze e fredda in altre. I jaina non insegnano che essere e non essere debbano appartenere allo stesso tempo a una stessa cosa; insegnano che in una cosa c'è un essere in se stesso e il non essere di altre cose, che significa che una cosa può essere pienamente conosciuta solo conoscendo ciò che è e ciò che non è. Un esempio di pseudo-analisi Nella filosofia ortodossa induista, la ricerca della «causa prima» è raccomandata, perché si suppone che ci porti nel reame della realtà, data l'idea che gli effetti siano irreali e che la vera realtà sia la «causa prima». Scrive M.N. Dvivedi: «La realtà che, essendo indescrivibile, è sempre menzionata nelle Upanişad come Sé (Tat), è Brahman; le manifestazioni materiali sono solo ombre dell'Eterno Sé tessute nel nome e nella forma, conosciute come “illusione di Maya”. Quindi, realizzare che io sono e sono sempre stato Brahman è il sommo bene. La dottrina dei jaina sostiene che la comprensione della sostanza primaria dalla quale si è manifestato l'universo, non sia un avanzamento o un progresso. I jaina sono i sostenitori di una teoria dello sviluppo, quindi il loro ideale è la perfezione 83 For Personal & Private Use Only Page #86 -------------------------------------------------------------------------- ________________ fisica, mentale, morale e spirituale. L'idea di una semplice sostanza, senza qualità, carattere e attività, non trova posto nella filosofia dei jaina, e viene guardata come irrilevante e illogica; una causa senza caratteristiche proposta come un effetto è una incomprensione della legge della causalità. Causa ed effetto, sostanza e manifestazione, noumeno e fenomeno, sono veramente la stessa cosa. La causa è una causa quando sta operando, e una causa operante è essa stessa un effetto. Idrogeno e ossigeno, nelle loro condizioni ordinarie, non sono acqua; combinandosi tra loro in un determinato modo, non sono solo essi la causa e l'acqua l'effetto, ma l'acqua è ciò che essi sono nella loro relazione. Ogni oggetto, svestito di tutte le sue relazioni, non può essere chiamato con nessun altro nome se non Essere o Sé. Come astrazione o generalizzazione, questo metodo può avere la sua utilità, ma, per studiare i vari aspetti di oggetti o idee, questo metodo di analisi non ha valore: definire «Essere>> o «Eterno Sé» la causa del noumeno, o l'assoluto, e distinguerlo dall'effetto, chiamando quest'ultimo irreale, o fenomeno, o relativo, è pseudo analisi. Dottrina della molteplicità dei punti di vista Si può affermare l'esistenza di un oggetto da un punto di vista, negarla da un altro, e affermarne l'esistenza e la non esistenza in tempi diversi. Se si potesse pensare di affermare sia l'esistenza che la non esistenza nello stesso tempo e dallo stesso punto di vista, si dovrebbe ammettere che la cosa non possa essere descritta. In determinate condizioni non è possibile l'affermazione di esistenza, di non esistenza, né di entrambe. Il significato di ciò è che una cosa non deve essere considerata come esistente dovunque, in tutti i tempi, in tutti i modi, e in qualsiasi forma. Può esistere in un posto e non in un altro in un determinato tempo. Non si intende, con questo, che non vi è certezza o che dobbiamo avere a che fare con leggi di proba 84 For Personal & Private Use Only Page #87 -------------------------------------------------------------------------- ________________ bilità come alcuni studiosi sostengono. Anche il grande vedantista Sankara sbaglia quando dice che i jaina sono agnostici. Quello che i jaina implicano è che ogni asserzione che è vera, è vera sotto certe condizioni di sostanza, spazio, tempo ecc. Questo è il grande merito della filosofia dei jaina: che, mentre altre filosofie fanno asserzioni assolute, i jaina guardano alle cose da tutti i punti di vista, adattando se stessi come un grande oceano nel quale i fiumi affluiscono. La filosofia dei jaina non è la dottrina dell'illusione, né dell'emanazione, né della creazione. È piuttosto la dottrina che insegna la stretta interdipendenza delle varie proprietà combinate in un oggetto. Quindi l'affermazione di una singola proprietà sarebbe vera fintanto che riguardasse un aspetto della questione, ma diventa falsa quando si rigettano le altre parti; ciò implica che la vera esistenza di quella particolare parte dipende dall'esistenza di altre parti. Il jainismo enfatizza allo stesso tempo il fatto che in ogni particolare momento sia impossibile esprimere a parole questa complessità di verità, sebbene la stessa sia possibile da realizzare con la consapevolezza. Questo insegnamento è anche conosciuto come la dottrina della molteplicità dei punti di vista (Anekantavada). Per esempio, l'universo è eterno cosí come non eterno. Se manifestazioni, modifiche, sviluppi e attività non vengono considerate, ciò che rimane dell'universo è eterno. Se invece manifestazioni, modifiche, sviluppi e attività vengono prese in considerazione, questa parte dell'universo (che non è cosa diversa rispetto all'universo, ma solo un diverso aspetto) è non eterna. Questo è l'unico modo per giungere a una corretta comprensione e a una definitiva conoscenza. La dottrina jainista conosciuta come Syadvada o Anekantavada, si può descrivere con le parole di uno scrittore americano: «È utile scendere nelle minime minuzie metafisiche e formulare tutte le domande ricche di speculazione con metodo positivo (e non soltanto attraverso continue negazioni), per fissare ogni volta i limiti di ciò che è possibile determinare con ogni metodo che la mente umana possa razionalmente posse 85 For Personal & Private Use Only Page #88 -------------------------------------------------------------------------- ________________ dere. Ciò permette di riconciliare tutte le scuole in contrasto, non inducendo nessuna di loro necessariamente ad abbandonare i propri “punti di vista” preferiti, ma provando loro che tutti i punti di vista delle altre scuole sono ugualmente difendibili, o, almeno, che essi rappresentano un qualche aspetto della verità che sotto qualche modificazione ha bisogno di essere rappresentato; proveremo anche che l’Integrità della Verità consiste in questa grande varietà dei suoi aspetti con l'unità relazionale di un ramificato principio omnicomprensivo.» Gunaratana Suri, il commentatore di un lavoro jainista sulla Filosofia Comparativa dice: «Benché le varie scuole di filosofia, tramite bigotterie settarie, differiscano e si contraddicano l'un l'altra, esistono alcuni aspetti della verità in esse che si armonizzerebbero se fossero unite in un intero organico. Per esempio, i buddhisti sostengono la provvisorietà delle cose; i seguaci del sistema Sankhya ne sostengono l'eternità; i Naiyayika e i Vaisesika credono in eternità e non eternità indipendenti, essere e non essere, comunità e differenza, e nella non eternità del mondo. I Mimamsakas sostengono l'eternità e la non eternità, la separazione e l'identità, l'essere e il non essere, comunità e differenza e l'eternità della Parola. Alcuni postulano invece il Tempo, la Natura, la Necessità, il Karma, o Purusa, come origine dell'universo; i monisti, che sostengono la dottrina "Parola-Brahma-Gnosi”, credono in questa identità. I differenti aspetti della verità postulati da questi gruppi religiosi, se relazionati l'uno con l'altro, tutti insieme diventano una Grande Verità; ma se essi non si stringono la mano, si contraddicono l'un l'altro, e cosí facendo si trasformano in cose irreali, illusioni della mente». 86 For Personal & Private Use Only Page #89 -------------------------------------------------------------------------- ________________ L'anima Introduzione Ogni filosofia o religione deve essere studiata sotto tutti i punti di vista e, per giungere a coglierne idee e concetti, occorre conoscere che cosa essa dica rispetto all'origine dell'universo, a Dio, all'anima, al destino, alle leggi della vita dell'anima. Le risposte a tutte queste domande dovrebbero darci un'idea generale valida di quella religione o filosofia. Nella nostra nazione «religione» non è differente da «filosofia», e religione e filosofia non differiscono dalla scienza. Noi non diciamo che esista una religione scientifica o una scienza religiosa; noi diciamo che le due materie sono identiche. Noi generalmente non usiamo la parola «religione», perché essa implica un legame che rinvia all'idea di dipendenza, dipendenza di un essere finito da un essere infinito, e all'idea che in questa dipendenza consista la felicità o la beatitudine dell'individuo. Ma per i jaina il concetto è diverso: per loro la beatitudine consiste non nella dipendenza ma nella indipendenza; la dipendenza è nella vita terrena, e se questa vita terrena è una parte della religione allora possiamo esprimere il concetto con la parola «religione»; ma la vita piú elevata è quella in cui noi siamo indipendenti rispetto ai legami e alle influenze disturbanti. Nello stato piú elevato, l'anima, che è l'entità piú elevata, è indipendente. Questa è l'idea dell'anima per la nostra dottrina. 87 For Personal & Private Use Only Page #90 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Differenze di anima Lo spirito è ciò che ha consapevolezza dei propri attributi; il conoscitore è l'anima; colui che non conosce è la non-anima. Le persone spesso confondono il moto con la vita. Noi diciamo che le forze come il moto, la coesione ecc., sono diverse dalla vita. Sono cose simili ma non sono le stesse cose. Questa consapevolezza ci appare in molte forme. La natura dell'anima L'idea comune circa la sostanza dell'anima è che una cosa, per esistere, deve avere una forma, deve essere percepita dai sensi. Questa è la nostra esperienza ordinaria. Realisticamente parlando, l'esperienza dei sensi è solo una parte dell'essere, la parte piú bassa dell'entità umana, e da questa esperienza deriviamo conclusioni e pensiamo che queste conclusioni siano applicabili a tutta la sostanza. Vi sono sostanze che non possono essere percepite dai sensi; vi sono sostanze ed entità piú sottili che possono essere conosciute solo dalla consapevolezza, dall'anima. Una sostanza che non può essere udita, assaggiata, annusata o toccata, è una sostanza che non necessita di occupare spazio e non necessita di avere tangibilità, ma che può esistere anche se può non avere alcuna forma. La vista è una impressione fatta sui nervi degli occhi da vibrazioni inviate dall'oggetto percepito; questa impressione che noi chiamiamo vista, se non vi sono vibrazioni derivanti dall'oggetto, non è ovviamente prodotta; ma se un oggetto ci arriva in un qualsiasi modo, l'implicazione è che vi sia qualcosa in esso che produce vibrazioni, e queste non potrebbero esistere se non vi fosse una qualche sostanza materiale che sta vibrando. Il solo fatto che un oggetto emani manifestazioni di sé in qualche modo e ci arrivi in qualche modo, implica che vi è qualcosa di materiale in esso. Se non vi sono vibrazioni, la 88 For Personal & Private Use Only Page #91 -------------------------------------------------------------------------- ________________ sostanza non è materiale. Non c'è niente che possa avere sia gli attributi di anima sia gli attributi di materia; gli attributi di materia sono direttamente contrari a quelli dell'anima. Quando l'anima ha la sua vita nella materia, non diventa la materia. Come può l'anima vivere nella materia quando i suoi attributi sono di natura differente? Per nostra stessa esperienza noi sappiamo che siamo obbligati a vivere in situazioni che non ci sono congeniali, che sono distanti dalla nostra natura. Molte persone sentono di non essere adatte a vivere in un determinato ambiente, per qualche ragione esse sono obbligate a viverci, ma questa ragione deve essere nell'intelligenza, non può essere nella sostanza materiale. Sosteniamo questo, poiché l'intelligenza non può procedere da qualcosa che è puramente materiale. Nessuna sostanza materiale ha mai dato evidenza di possedere intelligenza; ha manifestato di possedere intelligenza quando c'era vita in essa, ma senza vita non vi è intelligenza. Questa intelligenza è, ne siamo abbastanza sicuri, influenzata dalle cose materiali, ma non sorge dalle cose materiali. Ad esempio, persone che sembrano intelligenti bevono una gran quantità di un liquore intossicante e l'intelligenza non lavorerà per niente. Perché questa cosa materiale influenza l'immateriale, l'anima? L'anima pensa che il corpo sia essa stessa e quindi ogni cosa che viene fatta al Sé materiale viene supposta dal Sé reale come fatta a se stesso. In questo gli scienziati cristiani e la filosofia dei jaina concordano, nel ritenere cioè che, se l'anima pensa che il corpo sia il suo reale Sé, ciascuna cosa fatta al corpo verrà considerata dall'anima come fatta all'anima, e quindi ciò che capita al corpo verrà sentito dall'anima; ma se l'anima pensa che il corpo non è il Sé ma qualcosa di diverso e di estraneo dall'anima, per questa ragione nessuna sensazione o dolore esisterà, e la nostra attenzione verrà trasportata via in qualche altra direzione e non baderemo a ciò che si verificherà davanti e intorno a noi. Questo mostra che il Sé è qualcosa di piú alto del corpo. Anche sotto circostanze ordinarie l'anima è influenzata dal corpo, e quindi noi dobbiamo studiare le leggi del corpo e dell'anima cosí da andare oltre e procedere nel nostro cammino For Personal & Private Use Only 89 Page #92 -------------------------------------------------------------------------- ________________ verso la salvezza o liberazione, che è la reale aspirazione dell'anima. Esiste potere nella materia, ma questo potere è minore rispetto a quello dell'anima. Se non ci fosse assolutamente nessun potere nel corpo o nella materia, l'anima non sarebbe mai influenzata da esso, perché una totale non esistenza non la influenzerebbe mai. Il potere del corpo materiale, come possiamo vedere, deriva dalla presenza dell'anima. C'è potere nella materia e questo lavorerà anche se l'anima non lo tiene in considerazione. Se la luna compie rivoluzioni intorno alla terra, vi sono forze intrinseche nella terra e nella luna. Ciò che voglio dire è che l'influenza di questi poteri materiali dipende dalla prontezza e dalla volontà dell'anima di sottomettersi a questi poteri. Se l'anima sceglie di non essere influenzata da niente, nulla potrà influenzarla. Qual è l'origine dell'anima? Qual è l'origine della natura dell'anima? Ogni cosa può essere guardata da due punti di vista: la sostanza e la manifestazione. Se prendiamo in considerazione lo stato dell'anima stessa, questo stato ha un inizio e una fine. Lo stato dell'anima come vivente in un corpo umano ha un inizio alla nascita e avrà una fine alla morte, ma sono un inizio e una fine di uno stato, non della cosa in sé. L'anima considerata come sostanza è eterna; considerata in uno stato ha un inizio e una fine. Cosí, un inizio di uno stato implica che prima di questo inizio c'era un altro stato dell'anima. Niente può esistere se non esiste in qualche stato. Lo stato potrebbe non essere permanente, ma la cosa in sé deve avere uno stato in ogni momento. Se, quindi, lo stato presente dell'anima ha avuto un inizio, ciò vuol dire che aveva un altro stato prima dell'inizio e ne avrà un altro dopo la fine. Lo stato futuro dell'anima deriverà dal presente stato. Quando il futuro sarà presente, il presente sarà il passato. Il presente è solo il futuro del passato. 90 For Personal & Private Use Only Page #93 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Ciò che è vero riguardo allo stato futuro è vero anche riguardo agli stati presenti e passati. Le azioni del passato hanno determinato il nostro stato presente e, se questo è vero, le azioni del presente stato dovranno determinare lo stato futuro. Sintesi della dottrina della rinascita e della trasmigrazione Tutto questo ci ha portati alla dottrina della rinascita, o della trasmigrazione delle anime, o metempsicosi, o reincarnazione, come è variamente conosciuta. Dapprima avviene l'incarnazione, che letteralmente significa <. Niente può viaggiare a meno che non possieda una forma che occupi spazio e che sia materiale; per questo la filosofia jainista rifiuta tutte queste definizioni a meno che queste non sottendano l'idea di una rinascita dove l'anima nasce in qualche altro For Personal & Private Use Only 91 Page #94 -------------------------------------------------------------------------- ________________ corpo fisico, che non implichi necessariamente le stesse condizioni che si applicano alla nascita umana. Vi sono varie condizioni che permettono la nascita degli esseri viventi; il seme necessita di molti mesi per maturare prima della nascita, la quale può essere dovuta ad alcuni atti prodotti dagli esseri umani. Parimenti, in qualche altro mondo esistono altre condizioni di nascita che non necessitano di gestazione e fecondazione. Il corpo karmico ha in se stesso molti poteri, tra cui la forza di prendere per sé un nuovo corpo, come un corpo umano; ma esiste anche la possibilità che il corpo karmico prenda per reincarnarsi un corpo di altra natura, piú raffinato, mutevole per forma e dimensioni. Quindi, in base alle forze generate durante la nostra vita attuale, potrebbe essere necessario per il corpo karmico rinascere nella condizione umana e riattraversare le condizioni attuali che devono obbedire alle leggi della nascita dell'essere umano; mentre, se le forze generate sono di diverso carattere, potrebbe dover rinascere in qualche altro mondo dove la nascita si manifesta in modi differenti, senza necessità di una combinazione tra il principio maschile e quello femminile. Esistono cosí tanti mondi differenti, con forme di vita differenti, che il semplice studio della vita terrena non deve essere applicato a tutti gli altri. Abbiamo studiato e conosciamo solo poche forme di vita di animali, umani, vegetali ecc. e questa è la sola parte che, allo stato dell'attuale sviluppo della nostra scienza e della nostra visione, siamo in grado di conoscere. Non siamo in grado di studiare le altre forme di vita, innumerevoli nell'universo, e quindi non dobbiamo applicare le leggi finora scoperte a tutte le forme di vita. Il nostro studio deve essere introspettivo perché la nostra idea è che l'anima sia in grado di conoscere ogni cosa nelle giuste circostanze. 92 For Personal & Private Use Only Page #95 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Numero e classi degli esseri viventi Non vi è limite al numero delle anime. Ne esiste un numero infinito. Togliamo un numero infinito da un numero infinito, e rimarrà ancora un numero infinito. Nello spazio occupato dalla punta di uno spillo vi sono molte anime e non importa quante ne togliamo: ne rimarrà comunque un numero infinito. Non vi è un centimetro di spazio nell'universo dove non vi siano innumerevoli piccolissimi esseri viventi. Sono più piccoli rispetto a ciò che possiamo vedere con l'aiuto di un microscopio. Armi e fuoco sono troppo grezzi per distruggerli. La loro vita e la loro morte dipendono dalle loro forze vitali, che sono naturalmente collegate all'ambiente. Argilla e pietre, quando sorgono freschi dalla terra, hanno vita. L'acqua, oltre a essere la casa di molti esseri viventi, è essa stessa un assemblaggio di minuscole creature animate. L'aria, il fuoco, e anche il fulmine, hanno vita. Scientificamente parlando, le sostanze chimiche che compongono l'argilla, i rifiuti, la pietra ecc. sono una moltitudine di corpi di esseri viventi. L'argilla secca, la pietra secca, l'acqua bollita sono invece pura materia e non hanno vita. I vegetali, gli alberi e i fiori hanno vita. Se seccati o cucinati, non c'è piú vita in loro. I vermi, gli insetti, i pesci, tutti gli animali, gli esseri umani, sono tutti esseri viventi. Vi sono esseri viventi sulle stelle e sui pianeti, e anche oltre la volta stellata. <« è solo un'astrazione. Non è qualcosa di concreto, qualcosa che si aggiunge agli elementi costituenti gli esseri viventi. È una generalizzazione derivata dalla nostra osservazione dei vari modi di comportamento di questi esseri viventi. Lo stato attuale dello sviluppo di un essere vivente differisce da quello di un altro; gli esseri viventi sono dettagliatamente classificati secondo diverse modalità nella filosofia jaina. La piú semplice e comune classificazione è quella basata sul numero di organi di senso che i singoli esseri viventi hanno sviluppato. Noi dividiamo gli esseri viventi in cinque classi: a un senso, a due,a tre, a quattro e a cinque sensi. For Personal & Private Use Only 93 Page #96 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Ogni essere vivente, dai piú minuscoli a quelli piú sviluppati, è il centro di innumerevoli attività. In ogni particolare essere, queste attività determinano lo stato della sua evoluzione. Ciascuno possiede proprie attività biologiche vitali: attività di estrazione degli elementi nutritivi necessari alla vita, assimilazione, crescita, morte, e la percezione delle influenze delle forze della natura. Sotto determinate circostanze e relazioni, alcune influenze agiscono sugli esseri viventi in maniera non congeniale, per cui gli esseri sviluppano, nel tempo, una meravigliosa adattabilità alle caratteristiche particolari dell'ambiente esterno che li ospita. I cinque Cancelli della Conoscenza Alcuni brevi concetti sulla psicologia jainista. Vi sono cinque Cancelli della Conoscenza, tutti spiegabili tramite le leggi di evoluzione e le leggi del karma. Il primo cancello della conoscenza è costituito dai sensi. Nella piú elementare forma di vita, vi è solo un senso, quello del tatto. Nelle forme piú sviluppate di vita, vi sono due, tre, quattro sensi; in animali, uccelli, pesci e uomini vi sono cinque sensi. Tramite i sensi si spiega una piú o meno limitata forma di conoscenza. Il secondo cancello è costituito dallo studio e dalla lettura. Il terzo è Avadhi, la facoltà psichica, tramite la quale si approfondisce la conoscenza in modo piú raffinato e piú sottile. Il quarto è la conoscenza mentale, o intuizione, tramite la quale si comprendono anche i processi mentali altrui. Il quinto è la conoscenza assoluta, nella quale sono rimosse tutte le limitazioni del corpo e della mente. Questo stato costituisce l'apoteosi della consapevolezza. Tutti questi stati non intervengono da soli, bensí tramite lo sforzo continuo, l'esercizio della libera volontà, l'impegno individuale per rendere la volontà sempre piú libera. 94 For Personal & Private Use Only Page #97 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Attraverso la personalità si manifesta l'individualità, ma la personalità è mutevole a ogni momento e l'individualità è, a ogni momento, il particolare stato di manifestazione dell'ego; conseguentemente, personalità e individualità sono portatrici dei peccati e delle tristezze, dei piaceri e dei godimenti della vita terrena. Nella perfezione assoluta, questa natura viene allontanata come un guscio vuoto, e l'ego dimora nella beatitudine divina ed eterna. Coscienza, corpo e mente La coscienza si trova in tutti. La piú elementare è quella che si trova negli esseri che hanno solo un senso, l'organo del tatto. Un'anima in un corpo di pianta, in un corpo di animale, o in un corpo umano potrebbe essere la stessa anima. Metti un dollaro nella tasca di un uomo ricco o di un uomo povero. È sempre lo stesso dollaro, anche se può essere speso per scopi completamente differenti. Noi dobbiamo agire, in questa vita, al fine di progredire. Quando compio un atto o formulo un pensiero, io creo debiti o crediti karmici con cui dovrò ugualmente fare i conti. Quando voi create debiti sul piano fisico, li pagherete sul piano fisico, ma la vita dell'anima è sul piano morale. La Vita può essere divisa in piani fisici, intellettuali, morali e spirituali. Quando una persona è nel piano piú basso, i suoi atti e i suoi pensieri dipendono dalla materia grossolana. Se essa vuole progredire deve seguire le regole che si riferiscono a quello stadio della vita. Noi non disprezziamo la vita fisica: il corpo non è il tempio dell'anima, ma un aiutante dello sviluppo dell'anima. Il punto chiave della nostra filosofia è che il corpo deve essere curato finché aiuta lo spirito. La mente è quel che agisce come relazione tra l'anima e il corpo; il corpo è l'azione dell'anima durante un limitato periodo. 95 For Personal & Private Use Only Page #98 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Dottrina della reincarnazione e karma Malgrado questa dottrina venga respinta in Europa e in America dai cristiani, è attualmente accettata dalla maggioranza dell'umanità. È stata considerata come valida dalle nazioni orientali, luminose per spiritualità. L'antica civiltà dell'Egitto venne costruita su questa dottrina, che venne trasmessa a Pitagora, Empedocle, Platone, Virgilio, Ovidio, che la diffusero in Grecia e in Italia. Essa è il punto chiave della filosofia platonica quando sostiene che tutta la conoscenza sia reminescenza. Venne adottata pienamente dai neoplatonici come Plotino. Le centinaia di migliaia di induisti, buddhisti e jainisti hanno fatto di questa dottrina il fondamento stesso delle loro religioni e filosofie, governi e istituzioni sociali. Era il punto centrale nella religione del persiano Unagi. La dottrina della metempsicosi era principio essenziale nella fede dei druidi e degli antichi indiani d'America, di celti, di gallici e bretoni. Tra i filosofi arabi era idea prediletta. I riti e le cerimonie di romani, druidi ed ebrei esprimevano questa verità. Gli ebrei la adottarono dal pensiero dei babilonesi. Giovanni il Battista fu per loro un secondo Elia. Sostenevano che Gesú fosse una reincarnazione di uno dei profeti antichi. Il purgatorio della Chiesa cattolica romana sembra essere un'invenzione escogitata per nascondere la dottrina della metempsicosi. Filosofi come Kant, Schelling e Schopenhauer accettavano questa dottrina, cosí come i teologi Julius Muller, Dorner e Edward Beecher. Attualmente è seguita da birmani, thailandesi, cinesi, giapponesi, tartari, tibetani, indiani dell'est e dello Sri Lanka, cioè da oltre un miliardo di esseri umani. Non è incredibile che questa grande e sublime deduzione filosofica che induisti, buddhisti e jainisti diedero al mondo secoli e secoli prima dell'era cristiana vorrebbe essere elimi 96 For Personal & Private Use Only Page #99 -------------------------------------------------------------------------- ________________ nata dagli assurdi dogmi occidentali nati nelle età buie del passato? Tramite la persecuzione di uomini pii e saggi e la distruzione di innumerevoli preziosi lavori custoditi nelle biblioteche di Costantinopoli, le gerarchie della Chiesa cattolica gettarono l'intera Europa nelle tenebre mentali che diedero al mondo la vergogna della Santa Inquisizione e la perdita di milioni e milioni di vite umane tramite guerre religiose e persecuzioni. Che cos'è la reincarnazione? Reincarnazione è la dottrina dell'anima che entra in una vita non come una nuova creazione ma dopo un lungo corso di esistenze precedenti, e ancora dovrà attraversarne. Se io cito un passaggio da Ralph Waldo Emerson, dai poemi di Lord Tennyson o dalla Bibbia, in favore di una certa teoria, nessun argomento sarà ulteriormente necessario per provarla. Ma se cito un passaggio dai miei Testi Sacri, mi direte di non credere in quella verità e mi chiederete di provarla logicamente. Io accetterò la sfida e proverò la verità della mia teoria, non con una citazione dalle mie Scritture ma logicamente. Noi sappiamo che il corpo umano è un meccanismo; non un meccanismo come un orologio o un motore a scoppio, ma un meccanismo cosciente in grado di controllare se stesso. È controllato non da qualche potere esterno ma da un potere interno, che noi chiamiamo mente, anima, spirito, ego. L'esistenza di questo potere centrale non viene messa in dubbio da nessuno. Il materialismo dichiara che questo potere centrale sia una proprietà della materia, in quanto prodotto di attività molecolari che avvengono nel cervello. Questa teoria spiega solo come movimenti meccanici siano prodotti nelle cellule del cervello. Ma le macchine producono solo movimento, non deduzioni. Una ameba in cerca di cibo non segue metodi casuali ma effettua la piú attenta selezione della tipologia di cibo che vuole e della modalità per procurarselo: emetterà i suoi pseudopodi, afferrerà, inghiottirà e digerirà un plancton o altri elementi 97 For Personal & Private Use Only Page #100 -------------------------------------------------------------------------- ________________ nutritivi; ma se verrà a contatto con un granello di sabbia, subito lo sputerà come a dire «Questo non è buono>>. I batteri che consumano ossigeno si raggruppano intorno alle goccioline di clorofilla esposte alla luce del sole, non vicino a quelle nell'ombra o nell'oscurità. Sanno quando l'ossigeno viene fornito. Il plancton si sposta alla ricerca di cibo con la stessa precisione di un pesce, evitando gli ostacoli e alcune volte, addirittura, trovando il modo di rimuoverli dal proprio percorso; assume gli elementi nutritivi e rigetta gli elementi non nutrienti. Questi fatti evidentemente insegnano che l'energia centrale chiamata <Page #101 -------------------------------------------------------------------------- ________________ stizia nel passaggio nel mondo della spiritualità, senza distinzioni, di tutti gli ego, buoni, cattivi e indifferenti. Lo stesso concetto di spiritualità sta a significare che esiste lo spirito puro e semplice, e non ha alcun senso asserire che tutti gli ego, dopo la morte, vadano in quello stato, quando noi sappiamo con certezza che tutti loro hanno vissuto, in questo piano fisico, differenti tipologie di vita. Gli effetti di buone o cattive azioni nel piano fisico devono manifestarsi nel piano fisico. Le energie accumulate dall'ego nel piano fisico in questa vita devono in un modo o nell'altro manifestarsi dopo la morte del piano fisico: e ciò avverrà nella vita futura. E se l'anima deve passare attraverso altre vite future, è irragionevole ritenere che essa sia passata anche attraverso vite passate? Se l'anima fosse creata in un determinato momento, allora dovrebbe anche morire con la morte. Qualsiasi cosa nasca nel tempo deve, nel tempo, morire. Ma se l'anima è immortale, deve essere immortale in tutti i sensi. Non può essere mortale in un senso e non esserlo nell'altro. L'idea di una creazione alla nascita implica una corrispondente distruzione alla morte. Non è ragionevole ritenere che l'anima entri in questo mondo per la sua prima e unica esistenza fisica, e poi venga gettata nell'esistenza spirituale senza fine. Come dice Emerson: «Noi ci svegliamo e ci troviamo su una scala. Ci sono altre scale sotto di noi che sembrano essere state scalate; ci sono scale sopra di noi, piú di una, che salgono fino a scomparire dalla vista». La reincarnazione è l'unica dottrina che fornisce una soluzione compiuta della cosí lungamente disputata questione del «peccato originale». Non può esistere maggiore ingiustizia nel mondo del fatto che io stia soffrendo per le trasgressioni dei miei avi. Questa responsabilità per i nostri peccati e le nostre miserie è solo una pura invenzione di alcuni teologi. Nessuno, se non lo stesso individuo, può essere accusato per le sue cattive azioni. 99 For Personal & Private Use Only Page #102 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Non sono i tribunali fondati sulle idee di giustizia? Sarà mai giustificato un giudice che siede sul trono della giustizia se accetterà la morte per volontario suicido del signor B come giusta pena per un omicidio commesso dal signor A? E se lo facesse, non sarebbe lo stesso giudice deferito davanti a una Corte superiore avendo consapevolmente permesso il suicidio di B? Ma a noi chiedono di credere che la colpa di un uomo possa essere lavata dalla sofferenza di un altro! La dottrina della reincarnazione ci viene in aiuto quando guardiamo all'inequità e al male del mondo, in cerca di risposte. Perché un uomo nasce ricco e un altro povero? Perché un uomo nasce nell'India centrale tra i cannibali e un altro in una tranquilla regione pacifica dell'India? Perché la regina Vittoria è nata per governare su territori sui quali non tramonta mai il sole e perché un lavoratore nasce a Burma per lavorare come schiavo nel giardino di piante da thè di un inglese? Qual è la causa di queste apparenti ingiustizie? Anche quelli che credono in un Essere creatore dell'universo dovrebbero credere in questa dottrina della reincarnazione, in modo da esonerare Dio dall'accusa di crudeltà. E adesso vediamo se la Bibbia dei cristiani ci aiuta nel sostenere questa dottrina. Nei Proverbi di Salomone noi troviamo passaggi (Proverbi VIII, 22-31) che provano la preesistenza dell'anima e non la creazione a un certo tempo. Gli ultimi due passaggi provano anche una precedente vita fisica. Vediamo Geremia 1, 5: «Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo, prima che tu venissi alla luce ti avevo consacrato». Questo mostra che anche i profeti dovevano essere esistiti precedentemente. Anche nel Nuovo Testamento è data sufficiente evidenza della reincarnazione. In Giovanni IX, 2 una domanda è posta a Gesú dai suoi discepoli: «Chi ha compiuto peccato, quest'uomo o i suoi genitori, per il fatto che egli è nato cieco?», in riferimento alle due popolari teorie del tempo, quella di Mosè, che predicò che le colpe dei padri sarebbero ricadute sui figli fino alla terza e quarta generazione, e quella riguardante la teoria della reincarnazione. Egli semplicemente afferma: «Né lui 100 For Personal & Private Use Only Page #103 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ha peccato né i suoi genitori», ma non nega la preesistenza di quell'uomo. Cosí nelle Lettere ai Galati VI, 7 troviamo: «Ciascuno raccoglierà ciò che avrà seminato». Paolo qui non intende che ciò che un uomo ha seminato nell'esistenza fisica lo raccoglierà in quella spirituale, perché nel passaggio successivo dice: «Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione, ma chi semina nello spirito, dallo spirito raccoglierà vita eterna». Anche le parole di Gesú confermano questa dottrina. In Matteo XI dice: «In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno piú grande di Giovanni il Battista; tuttavia il piú piccolo dei regni dei cieli è piú grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista a ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. La legge e tutti i profeti, infatti, hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire». Non intende forse Gesú che Giovanni era la reincarnazione di Elia? È inutile moltiplicare gli esempi presi dalla Bibbia. Perché ogni onesto studioso cristiano deve comprendere e riconoscere che la verità della dottrina della reincarnazione non dipende dall'essere piú o meno citata in una Scrittura. Ma qualcuno potrebbe dire: «se questa dottrina è vera, come mai non ci ricordiamo delle nostre passate incarnazioni?». Chiederò a queste persone: «in che modo esercitiamo la facoltà della memoria?». Sicuramente, finché viviamo in un corpo, la esercitiamo tramite il cervello. Nel passare da una incarnazione a un'altra, l'anima non porta il suo cervello precedente nel nuovo corpo. Anche nel corso di una sola vita, ricordiamo sempre proprio tutto del nostro passato? Possiamo ricordare in dettaglio quell'epoca meravigliosa che è l'infanzia? Questa dottrina della reincarnazione è comune all'induismo, al buddhismo e al jainismo. Su questa idea, tutte e tre queste grandi dottrine hanno costruito alti codici di moralità piuttosto simili l'uno con l'altro. 101 For Personal & Private Use Only Page #104 -------------------------------------------------------------------------- ________________ L'idea del karma è molto complessa. Abbiamo accennato a questo precedentemente. Il punto principale è che questa teoria non è la teoria del fatalismo né la teoria in cui l'essere umano è incatenato a qualche legame, il che porterebbe comunque al fatalismo; siamo liberi di fare molte cose, siamo anche non liberi di farne altre, e noi non possiamo in tutti i casi essere liberi dai risultati prodotti dai nostri atti. Alcuni risultati possono manifestarsi con grande forza, altri molto piú debolmente, altri ancora sono di natura particolare e necessitano tempo per evidenziarsi, mentre l'influenza di altri risultati può essere rimossa molto semplicemente, come nel caso di fatti avvenuti incidentalmente senza nessuna volontà precisa e senza intenzionalità. In alcuni casi noi possiamo contrastare gli effetti delle nostre azioni passate, volendolo. Cosí la teoria del karma non è in nessun senso una teoria del fatalismo, ma sostiene che tutti noi non raggiungiamo un obiettivo se non lo desideriamo, e che non possiamo raggiungerlo se non ci impegniamo personalmente a fondo, e che la nostra condizione presente è l'effetto dei nostri atti, pensieri e parole dello stato passato. Dire che noi raggiungeremo lo stato perfetto semplicemente per aver accettato un «credo» impartitoci da un'altra persona, sarebbe una teoria del fatalismo; sarebbe uguale a sostenere che coloro che hanno vissuto uno stato puro e virtuoso ma non hanno accettato un determinato «credo» non raggiungeranno lo stato perfetto, mentre coloro che hanno accettato quel determinato «credo» raggiungeranno lo stato perfetto esclusivamente per questa ragione, senza nessun altro merito. Il jainismo è semplicemente questo: seguendo il principio divino che è presente nel nostro Sé, quando è completamente sviluppato, anche noi diventeremo come Cristo, con la crocifissione della natura piú bassa sull'altare di quella piú elevata. Anche nel jainismo è usata la croce come simbolo. Tutti gli esseri viventi devono attraversare diverse condizioni ed evolversi dalla piú bassa alla piú elevata, e ciò non può avvenire senza il possesso dei tre strumenti necessari: Retta Fede, Retta Conoscenza e Retta Condotta. La Retta Fede è, realisticamente 102 For Personal & Private Use Only Page #105 -------------------------------------------------------------------------- ________________ parlando, credere che l'anima rimanga sempre se stessa dopo la morte, e che mantenga sempre la propria natura senza cambiare. Abbiamo qui espresso questo concetto con un linguaggio chiaro, senza nessuna parabola o metafora, ma quando spieghiamo queste verità alle masse, storie o illustrazioni possono essere necessarie per condurre al reale significato. Ma dobbiamo comprendere che quelle sono solo parabole. Altri utilizzano la musica per supportare l'insegnamento della propria religione, ma quando comprendiamo i significati esoterici intrinseci di tutte le religioni, allora non vi è piú bisogno di dibattimenti, storie, illustrazioni, musica o parabole. E questo equivale ad aver colto il vero centro di tutte le reli gioni. Progresso spirituale Lo stato presente di un uomo è il risultato di tutte le esperienze precedenti e di una lunga continua evoluzione. L'evoluzione dell'anima dalla condizione arcaica alla presente offre una magnifica visione di sviluppo. Un grande filosofo dell'India ha detto che l'entità intelligente che in quel momento vive nel corpo umano è giunta dalla bassa condizione arcaica e ha compiuto soltanto metà del suo viaggio. L'altra metà sarà facile per quell'uomo che vincerà sull'ignoranza e sulle false idee. Non esiste un sentiero già pronto. Il primo passo da compiere è realizzare la differenza tra reale e irreale, tra spirituale e non spirituale. Nessun uomo può progredire finché non sappia distinguere tra il vero sé e il corpo mortale. Vi sono diversi tipi di anime. Primo tipo. Vi sono anime che identificano se stesse con l'esterno e credono che il corpo sia il vero Sé. Quando un uomo identifica la sua coscienza con il suo corpo, appartiene a questa classe e, finché egli rimarrà di questa idea, dovrà vivere in una condizione di vincolo e non potrà liberarsi. L'incarnazione, in accordo con l'insegnamento di tutte le Scuole orientali, è som 103 For Personal & Private Use Only Page #106 -------------------------------------------------------------------------- ________________ mamente da evitare. Alcune persone, in Occidente, hanno un'idea sbagliata dell'incarnazione, la ritengono una condizione favorevole. Cosí non è: l'incarnazione non è una cosa buona in sé, ma solo un mezzo per il raggiungimento di uno scopo. Secondo tipo di anime. Vi sono anime che hanno preso consapevolezza del fatto che il Sé reale è diverso dal corpo e diverso dalla mente, ma non sono ancora distaccate e liberate dal corpo. Terzo tipo. L'Anima Suprema dello Spirito. Il processo di crescita per la condizione Suprema consiste nell'annullare l'esterno e, attraverso l'interno o «stato soggettivo», raggiungere lo stato supremo. Questo sottende un'infinità di significati. La crescita deve avvenire dall'interno e tutte le scienze e le influenze esterne sono soltanto aiuti o ausiliari. Annullare l'esterno, attraverso il distacco, non è cosa facile. La storia di un'anima ha il suo momento cruciale nell'incarnazione umana: questo transito sarà decisivo nel bloccare il progresso dell'anima o nel farla procedere innanzi. Il nodo dei desideri terreni ci blocca; tagliamo il nodo dominando i desideri e procediamo avanti. Fatto questo, il progresso è assicurato. Un filosofo ha utilizzato una metafora per esprimere questo concetto: un gruppo di formiche scala un albero. Qualcuna è stanca e cade, altre sono bloccate nelle viscide essudazioni dell'albero, mentre altre arrivano in cima e si godono i frutti migliori. La legge dell'abitudine è quella tendenza interna che abbiamo acquisito con una continuata azione lungo una certa linea. Se abbiamo creato un'abitudine, possiamo disfarla. L'entità individuale ha molte personalità. Il corpo fisico si è abituato a pensare che il corpo stesso sia il Sé. Comprendere tutti gli elementi dell'essere umano, poi raggiungere il dominio sui desideri, per cambiarli in forze piú elevate. Vi sono due modi di effettuare questo progresso: uno è naturale, l'altro è scientifico. Il metodo naturale consiste nel non compiere nessuno sforzo ma affidarsi alle forze intorno a noi. Questo necessita di tetishi lussbi. e potremmo rischiare di restare stazionari. 104 For Personal & Private Use Only Page #107 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Possiamo rischiare anche di essere attratti dalle cose terrene e ritardare il nostro progresso. Anche il metodo scientifico ha un cammino angusto. Dobbiamo tramutare i desideri in forze spirituali. È in potere di ciascuno tentare di compiere questo passo decisivo. Questa intera filosofia richiede una conoscenza della legge di causa ed effetto in modo da saper determinare in anticipo quale sarà il risultato delle azioni compiute. L'uomo è un essere composto da molti fattori. Se vi sono cause che oscurano il senso della coscienza, cosí vi sono cause che oscurano la coscienza spirituale. È la mente che causa legami e che causa liberazione. Oltre ai fattori di causalità, vi sono altri dolori e piaceri, la mancanza di essi, la personalità... e ciascun fattore ha una sua propria causa. L'individualità è sempre la stessa, la personalità cambia continuamente. Vi sono quattro cose difficili da ottenere per l'anima. Prima: la condizione umana. Necessita di milioni di anni. Seconda: ascoltare la verità. I ricercatori della verità sono pochi perché c'è normalmente qualche fine personale da ottenere. La maggioranza degli esseri umani è cosí coinvolta dagli scopi umani che non ha tempo di ascoltare la verità. Terza: la Retta Fede nella verità. Molti comprendono la verità ma non credono in essa. Considerano un merito dubitare di tutto. Quarta: la pratica della verità. Dobbiamo procedere passo dopo passo in questa direzione. C'è solo un modo, occorre attuarlo, e deve essere fatto per nostra volontà. Niente ci può costringere. Il piú piccolo seme dello Spirito in noi sta sempre cercando di manifestarsi e germinare. Gli ostacoli sono autocreati. Li dobbiamo rimuovere con le nostre sole forze e il nostro impegno personale. Liberazione, retta conoscenza e nonviolenza La filosofia dei jaina ci insegna che ogni anima (Atman) è una separata individualità non creata ed eterna nell'esistenza, e 105 For Personal & Private Use Only Page #108 -------------------------------------------------------------------------- ________________ che ogni anima individuale è vissuta da tempo senza inizio, si è evoluta dalla piú bassa alla piú alta condizione tramite la legge del karma, o di causa ed effetto, e finché le forze generate nelle vite precedenti non sono state completamente eliminate, deve, dopo la morte fisica, formare un altro corpo finché, tramite i processi evolutivi, mostrerà la sua assoluta purezza. La sua piena perfezione è allora manifesta. Questa perfezione dell'individualità si chiama nella filosofia jainista Nirvana o Mukti. L'individualità non è incorporata in nulla, né è annullata. Non viene distrutta, non si trasforma in un altro ego o in un essere supremo; se ci si chiedesse se nella condizione di Mukti (Salvezza) c'è un solo ego o una pluralità di ego, risponderei con le parole di un Maestro jaina: «Quell'Atman attraverso il quale io ho sperimentato me stesso e la mia vera essenza attraverso l'autorealizzazione e l'autocoscienza è ciò che "io sono": non è maschile, né femminile, né neutro, e non è uno, due, né molti». La nostra idea è che l'anima sia in grado di comprendere ogni cosa nelle giuste circostanze. La conoscenza acquisita in queste condizioni è di una natura piú profonda e piú corretta perché gli ostacoli che troviamo sulla via della scienza qui non ci sono. Le scienze commettono errori e pensano di non farlo, mentre la conoscenza deriva da deduzioni-intuizioni che noi otteniamo a prescindere dalle nostre premesse scientifico-razionali. Con questo non intendiamo dire che vi siano sempre errori nella conoscenza acquisita tramite i sensi e la materia, ma alcune volte è possibile; e, quand' anche questo tipo di conoscenza fosse corretta, in molti casi non potremmo comunque fare affidamento su questa. La forma di conoscenza piú elevata è la conoscenza diretta derivata dall'anima senza l'assistenza di alcuna cosa esterna. Questa è la conoscenza delle anime liberate, ed è anche la conoscenza degli esseri umani che sono proprio sul punto di essere liberati, o che sono passati attraverso il corso della disciplina mentale, morale e spirituale e hanno quasi portato a ter 106 For Personal & Private Use Only Page #109 -------------------------------------------------------------------------- ________________ mine il processo di disgregazione delle energie karmiche accumulate in passato, generando al contempo forze spirituali, e, grazie alla disciplina e all'evoluzione spirituale, sono diventate recettive. L'anima vede ogni cosa quando è arrivata al giusto stato; conosce tutto ed è pienamente cosciente; coscienza significa, prima di tutto, conoscenza di se stessa: la conoscenza implica comparazione con qualcos'altro e non c'è individualità senza comparazione. Noi quindi diciamo che l'anima, nella sua piú elevata esistenza, sa di essere perfettamente separata dalle altre cose per quanto riguarda esperienza e conoscenza. Ma, per quanto concerne la propria natura, finché esiste un senso di separazione, non esiste occasione o opportunità per l'anima di elevarsi ancora perché, quando l'anima pensa che sta vivendo una esistenza sua propria, sta considerando il proprio sé individualmente e separatamente rispetto agli altrui sé, e quindi pensa che qualsiasi cosa avvenga intorno a lei potrà arrecarle beneficio o danno. Se l'anima pensa che la vera vita consista nel fare del bene, nell'amare le altre anime e nell'operare per portare a compimento il suo vero obiettivo, allora crescerà ancora e alla fine raggiungerà la condizione piú elevata. La condizione dell'anima, come ho detto, è la piú alta quando vi è perfetta consapevolezza, conoscenza e beatitudine; noi esprimiamo questa idea in sanscrito come: «esistenza infinita, conoscenza infinita e beatitudine infinita». Questa condizione dell'anima non può essere da noi descritta perché una descrizione è il prodotto di una mente finita e quando l'anima diventa infinita nessuna mente finita può esprimere pienamente la condizione di quello stato infinito. Gli attributi che noi diamo, comunque, a quella condizione dell'anima sono molto ampi. Ma lasceremo non descritte molte cose, non abbiamo il potere di esprimere tutti i nostri pensieri. Come possiamo esprimere allora questo stato dell'anima il cui potere e la cui conoscenza sono infiniti? I jaina hanno studiato la natura dell'anima e dell'universo da questi punti di vista e hanno derivato un bellissimo principio 107 For Personal & Private Use Only Page #110 -------------------------------------------------------------------------- ________________ che tutti, anche se appartenenti a nazioni e religioni differenti, possono comprendere. La Bibbia dice: «Non uccidere»; basandosi sullo stesso principio, i jaina praticano l'amore universale, intendendo che noi non dobbiamo uccidere nessun essere vivente. Tutti quelli che sostengono che la Bibbia non intenda questo, ma intenda soltanto <». Significati di salvezza La metafisica vedica insegna che la salvezza giunge con la conoscenza del Brahman: i vedantisti dicono che solo questo è reale. D'altro canto, il jainismo insegna che dal punto di vista ideale e trascendentale voi siete il Brahman; ma la sua eternità, 108 For Personal & Private Use Only Page #111 -------------------------------------------------------------------------- ________________ il reale Mukti, giunge dal solerte connubio tra lavoro e conoscenza insieme. Tramite lavoro e conoscenza insieme, dice il jainismo, l'individuo sviluppa e dispiega il proprio potenziale; inoltre l'affermazione «Io sono Brahman» verrebbe interpretata da un jaina col significato di «Io sono Brahman solo in potenza, o in embrione; io ho la capacità o la potenzialità di Brahman. Lo sarò quando il mio essere implicito diverrà esplicito». C'è un'enorme differenza tra implicito ed esplicito, tra essere in potenza ed essere in atto. Quelli che non riconoscono questa differenza non faranno mai un vero tentativo di diventare razionali e liberi. Secondo la filosofia dei jaina, la misura della verità è Samyagjnana, che significa conoscenza purgata da tutti gli elementi infatuanti. La costituzione di un uomo è tale che, non appena egli rimuove i vizi morali, il suo processo intellettivo fluisce in un puro canale. Posso aggiungere che conoscenza per la conoscenza e la moralità per la moralità non costituiscono l'obiettivo dei jaina. Infatti qualche forma di azione si accompagna sempre con qualche forma di conoscenza. Non incontriamo mai conoscenza senza azione, o azione senza conoscenza. Il vero avanzamento consiste nel fatto che entrambe siano coesistenti. Note conclusive Abbiamo evidenziato come l'ideale nella filosofia dei jaina sia rappresentato dalla perfezione fisica, mentale, morale e spirituale e, dopo la fine delle rinascite, dal raggiungimento dell'individualità spirituale perfetta che non scompare, non viene dissolta, non è fusa in un essere supremo, non è uno stato di incoscienza, ma persiste per sempre e consiste in consapevolezza perfetta e nella piú elevata rettitudine. Essendo questo lo scopo di ogni essere vivente, la vita in ogni sua forma è altamente rispettata dai jaina. L'universo non è solo per l'uomo, ma è un teatro di evoluzione per tutti gli esseri viventi. 109 For Personal & Private Use Only Page #112 -------------------------------------------------------------------------- ________________ «Vivi e lascia vivere. Ama tutti, servi tutti!», questo è il principio guida jainista. Ahimsa è la suprema dottrina. Le venerazioni, i cerimoniali, le istituzioni, i costumi e le tradizioni jainisti sono tutti centrati sul fulcro d'oro dell’Ahimsa. L'uomo, nel suo desiderio di migliorare, deve impegnarsi a compiere il massimo bene finché vive. Egli è obbligato a distruggere vita per sostentare la propria, ma deve distruggere il meno possibile limitandosi alle piú elementari forme di vita, i vegetali: in questo consiste l'alimentazione vegetariana stretta dei jaina, base irrinunciabile della nonviolenza pratica quotidiana. In base a queste regole auree («Vivi e lascia vivere. Ama tutti, servi tutti!», Ahimsa, Vegetarismo), i jaina hanno costruito case per animali vecchi o malati in molte città e villaggi dell'India, dove gli animali vengono nutriti e curati finché non muoiono di morte naturale. Il predicare questo grande principio di nonviolenza e compassione ha quasi interamente soppresso i sacrifici braminici sugli animali nelle regioni dove il jainismo ha avuto diffusione. 110 For Personal & Private Use Only Page #113 -------------------------------------------------------------------------- ________________ L'universo L'universo è eterno o non eterno? È permanente o transitorio? Naturalmente esistono molte opinioni differenti che non prenderemo, qui, in esame. Considereremo soltanto l'idea della filosofia jainista in proposito. Come abbiamo visto, i jaina sostengono che non possa essere esaminata una idea se non sono presi in considerazione tutti i punti di vista intorno all'idea stessa. Esprimiamo questo concetto della necessità della molteplicità dei punti di vista attraverso diverse forme o simboli, ad esempio utilizzando la storia dell'elefante e dei sette non vedenti che volevano conoscere che tipo di animale fosse l'elefante: ciascuno, toccando una parte differente dell'animale, ne conosceva la forma in modi talmente diversi per cui ciascuna posizione diventava dogmatica. Se si vuole conoscere che animale sia l'elefante, bisogna guardarlo dà tutti i punti di vista e cosí è anche con la verità. Di conseguenza noi diciamo che l'universo da un punto di vista è eterno e da un altro non eterno. Nella sua totalità l'universo, preso come un intero, è eterno. È un agglomerato di molte cose, e questo agglomerato contiene le stesse particelle in ogni momento, quindi è eterno; ma è composto da cosí tante entità, ciascuna con i propri diversi stati in tempi diversi, che ogni parte non rimane sempre nello stesso stato. 111 For Personal & Private Use Only Page #114 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Vi è cambiamento, vi è distruzione di singole entità, e nascita ovunque di nuove entità esistenti; quindi, se noi guardiamo l'universo da questo punto di vista, esso non è eterno. In questa filosofia non vi è evidentemente posto per una teoria della «creazione dal nulla». Ma anche coloro che credono nella creazione non credono se non a questo, ma da un diverso punto di vista. Secondo il loro punto di vista, l'universo non nasce dal nulla, ma è un'emanazione che arriva da qualcosa di preesistente. Solo la condizione è creata perché tutte le particelle che la compongono, che prima erano in stati differenti, sono state conglobate. Per ogni forma della materia, indipendentemente dal fatto che questa forma duri per attimi o per secoli, se c'è stato un inizio, ci sarà una fine. Gautama, il Buddha, si astenne dall'interrogarsi sull'inizio delle cose. Nella letteratura braminica, parlando della costruzione del cosmo, si fa spesso riferimento ai giorni e alle notti di Brahma, i periodi del manvantara e i periodi del pralaya. Ma i jaina, lasciando da parte tutte le espressioni simboliche, riaffermano con chiarezza la strada precedentemente indicata dagli avi, che insegna che la materia e l'anima sono eterne e non possono essere create. La filosofia jaina insegna che l'universo – la totalità delle realtà - è infinito nello spazio ed eterno nel tempo; ma lo stesso universo, considerato dal punto di vista delle manifestazioni delle singole realtà, è finito nello spazio e non eterno nel tempo. Particolari parti dell'universo hanno proprie leggi di cicli che corrispondono alle leggi di evoluzione e involuzione. I jaina insegnano che la totale realtà conosciuta come Cosmo non ha inizio né fine; non proviene da nulla e non verrà mai distrutta completamente. La sostanza, in senso astratto, del Cosmo è permanente; le sue attività sono mutevoli a ogni momento. Se «realtà» significa la piú alta idea generale che noi possiamo formulare su un oggetto conosciuto, l'Universo è l'«Essere». Ed essendo un'idea astratta, non è divisibile. Dobbiamo 112 For Personal & Private Use Only Page #115 -------------------------------------------------------------------------- ________________ dire che è «l'Uno», senza cercare un secondo. Realisticamente parlando, la numerazione non si applica all'astrazione. Se, invece, «realtà» descrive sostanze concrete aventi fondamentalmente diverse funzioni – differenze non solo di grado ma di tipologia -, allora abbiamo due grandi divisioni dell'Universo: il mondo animato e quello inanimato. Nella visione dei jaina, il mondo inanimato consiste in: materia, due elementi eterei conosciuti come Dharmastikaya e Adharmastikaya, e spazio. Il mondo animato consiste in innumerevoli specie di esseri viventi, ciascuno centro di forze complesse. Il tempo può essere figurativamente definito «sostanza», intendendo in modo generalizzato il mezzo delle attività di esseri e cose. L'universo non è un contenitore di tutte le suddette sostanze, messe insieme e rese attive da un creatore extracosmico, ma un sistema di per se stesso, governato da leggi inerenti alla sua propria costituzione. Per legge non si intende una regola di azione prescritta da una autorità superiore, ma una proposizione che esprime l'ordine costante e regolare di alcuni fenomeni, o un costante modo di agire di cose ed esseri. Non è un comando ma una formula alla quale cose ed esseri si rifanno con precisione e senza eccezione, in definite condizioni e luoghi. Il jainismo non è un sistema teistico, nel senso di credenza nell'esistenza di Dio come creatore e regolatore dell'universo. L'Essere supremo, nella visione dei jaina, è una persona e non un Essere senza caratteristiche e senza qualità come il Brahman dei Veda. 113 For Personal & Private Use Only Page #116 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #117 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Dio Sosteniamo che vi sia permanenza e distruzione all'interno delle molte energie che lavorano intorno a noi. Tutte queste forze stanno lavorando a ogni momento in noi e intorno a noi, e l'insieme di queste entità è chiamata dai jaina «Dio». I bramini lo rappresentano con la sillaba «Om»; il primo suono di questa sillaba rappresenta l'idea della creazione, il secondo della permanenza e il terzo della distruzione. Tutte queste sono energie dell'universo e, prese nel loro insieme, sono soggette a leggi fisse. Se le leggi sono fisse, perché le persone si inchinano a queste energie? Perché considerano l'energia collettiva come un dio o come Dio? C'è spesso un'idea del potere del male all'inizio della considerazione delle energie. Quando le ferrovie vennero per la prima volta presentate alle persone semplici dell’India che non avevano idea di che cosa fossero e che non avevano mai visto in vita loro una macchina o un carro che non si muovesse senza un cavallo o un bue, esse pensarono che ci fosse una qualche divinità nel motore, qualche dio o dea, e molti di loro si inchinavano di fronte al treno; ancora ai giorni nostri, in alcune parti dell'India, tra le persone della classe piú bassa, alcuni hanno ancora questa idea. Cosí a queste energie noi attribuiamo una personalità e, 115 For Personal & Private Use Only Page #118 -------------------------------------------------------------------------- ________________ dopo un lungo corso di sviluppo, noi simbolizziamo il nostro pensiero utilizzando immagini per renderlo intelligibile agli altri. Nei tempi antichi non c'era «la pioggia» ma «colui che piove», non c'era «il tuono» ma «colui che tuona», e in questo modo si attribuiva una personalità, una coscienza e caratteristiche di viventi a queste forze. Vi sono entità consce all'interno di queste forze, come vi sono entità viventi sui pianeti, ma queste forze di per sé non sono entità viventi. Le energie sono classificate come creatrice, conservatrice e distruttrice, e queste tre entità sono considerate come parti componenti un'unica entità chiamata Brahma dagli induisti, cioè creazione nel senso di emanazione, conservazione nel senso di preservazione della forma, distruzione nel senso di distruzione della forma. L'idea di materia è qualcosa che può essere percepita dai sensi, e le energie devono essere energie materiali, come coesione, magnetismo, elettricità, gravitazione; ma considerarle «Dio» sarebbe l'idea piú materialistica: quindi i jaina scartano questa idea. Naturalmente essi ammettono l'esistenza di queste energie, che si possono ritrovare dovunque; ma esse sono soggette a leggi fisse che non possono subire interferenze da parte di nessuna persona, né queste energie possono consciamente influenzare i nostri destini in riferimento al bene e al male. Dire che esse ci influenzano mostra soltanto la nostra ignoranza rispetto alle loro leggi. Chiamiamo tutte queste energie, prese collettivamente, «sostanzialità». Vi sono innumerevoli qualità e attributi nella stessa materia, ed essi si manifestano in tempi e modi diversi. Noi non siamo in grado, senza un ulteriore sviluppo, di sapere quali energie siano inerenti alla materia; quando nuove cose vengono alla luce noi ci sorprendiamo e qualsiasi cosa sorprendente è considerata come proveniente dalla divinità; ma quando noi ne comprendiamo i principi scientifici, si rimuove la sorpresa e tutto 116 For Personal & Private Use Only Page #119 -------------------------------------------------------------------------- ________________ diventa altrettanto semplice come il sorgere e il tramontare del sole. Migliaia di anni fa, i differenti fenomeni della natura sono stati considerati, in piú parti del mondo, come l'operato di diversi dèi o dèe; ma quando sono stati compresi attraverso la scienza, questi fenomeni sono diventati semplici e l'idea di questi esseri divini dai grandi poteri è svanita. «Che cos'è Dio per i jaina?», potreste chiedere. Vi ho solo detto quello che non è. Ora vi dirò quello che è. Noi sappiamo che c'è qualcosa oltre la materia; noi sappiamo che il corpo possiede molte qualità e poteri che non si trovano normalmente nelle sostanze materiali, e ha qualcosa che va ben oltre il corpo stesso e la sua morte. I poteri della natura possono essere assimilati dal corpo grazie a una qualità presente in esso. Questa qualità è da noi considerata la piú elevata ed è la stessa in tutti gli esseri viventi. Questo principio comune a tutti noi esseri viventi è chiamato «divinità». La divinità non è in tutti completamente sviluppata come nei salvatori del mondo, i grandi illuminati che per questo noi definiamo «esseri divini». Cosí l'idea che deriva dalle osservazioni del carattere divino proprio di tutti gli esseri viventi è da noi chiamata «Dio». Poiché vi sono cosí tante energie nel mondo, materiali e spirituali, nel metterle insieme diamo loro il nome di «Natura»; noi separiamo le energie materiali e le mettiamo insieme tra di loro; e, nel separare e raccogliere le energie spirituali, le chiamiamo collettivamente «Dio». Facciamo una distinzione e veneriamo solo le energie spirituali. Come possiamo farlo? Un verso jainista dice: «Mi inchino al cammino della salvezza, che è suprema, che è onnisciente; mi inchino a questa potenza perché desidero diventare come questa potenza». Nel dare forma di preghiera a questa lode, noi non abbiamo l'obiettivo di ricevere qualcosa in cambio dall'entità o da quella natura spirituale, ma di diventare come essa. 117 For Personal & Private Use Only Page #120 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Noi non speriamo che l'entità spirituale ci renda, tramite un qualche potere magico, come se stessa, ma, contemplando l'ideale che è davanti ai nostri occhi, noi saremo in grado di cambiare la nostra stessa personalità: verrà rigenerata e si trasformerà in un essere che avrà le stesse caratteristiche della divinità che è la nostra idea di Dio. Cosí noi veneriamo Dio: non come un essere che ci darà qualcosa, non perché farà qualcosa per compiacerci, non per approfittarne in qualsiasi modo, non per ottenere benefici materiali o spirituali: non c'è nessun egoismo all'interno della preghiera jainista; è come praticare la virtú per la pratica della virtú, senza nessun altro motivo. Dio per noi significa l'aspirazione all'ottenimento dello stato perfetto di Liberato. Porgiamo omaggio al Perfetto per il bene della perfezione, e non per qualche ricompensa. Una delle preghiere dei jaina è: «Io venero con potenza piena di consapevolezza chi diventa nostra guida nel cammino della perfezione; chi ha fatto a pezzi la montagna delle forze fisiche del karma; chi ha acquisito l'onniscienza». La venero perché desidero diventare quella Potenza. Dio, nel senso di un creatore personale extra-cosmico, non trova posto nella filosofia jaina. Viene chiaramente negato un creatore del genere come illogico e irrilevante nello schema generale dell'universo. Ma si è d'accordo sul fatto che vi sia una essenza sottile alla base di tutte le sostanze, sia consce sia inconsce, che diventa causa eterna di tutte le modificazioni, e che viene denominata Dio. 118 For Personal & Private Use Only Page #121 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Simbolismo jainista Scienza del simbolismo L'idea tipica degli studiosi occidentali rispetto ai simboli e alle scritture mistiche, è che l'origine di queste cose sia dovuta allo stadio primitivo della mente umana, che le persone inizino come bambini, al principio formulando i propri pensieri attraverso simboli, e, più avanti, con idee astratte. Realisticamente parlando, questa teoria, nei fatti, non ha alcuna base. Nessun simbolo viene creato a meno che non vi sia prima una idea chiara e formata di che cosa si desideri rappresentare. Quindi, prima viene l'idea, dopo la rappresentazione attraverso immagini e simboli. Motivi per l'utilizzo dei simboli Vi sono vari motivi per cui si utilizzano i simboli. Perché non si dovrebbe usare un linguaggio normale per veicolare le verità piú alte e le scienze piú profonde? Penso vi siano quattro motivi. Il primo motivo è che vi sono verità cosí profonde che non dovrebbero essere sprecate o sminuite diffondendole a caso; come si suole dire, non si dovrebbero buttare le perle ai porci. Molti non desiderano impegnarsi per accostarsi a queste verità, For Personal & Private Use Only 119 Page #122 -------------------------------------------------------------------------- ________________ quindi esse devono essere espresse con un linguaggio simbolico. Il concetto completo rimane esclusivo di coloro che desiderano comprenderlo pienamente. Cosí, la riservatezza è il primo motivo. Il secondo motivo è che, se esse venissero diffuse utilizzando un linguaggio comune, alcune persone potrebbero appropriarsene e usarle per danneggiare altri o se stessi. Cosí, la protezione è il secondo motivo. Il terzo motivo è la permanenza. Se un'idea è espressa con un linguaggio normale, dopo un certo periodo di tempo potremmo dimenticarcene; ma se è descritta sotto forma simbolica, possiamo ricordarcene piú a lungo. Il quarto motivo è che l'effetto prodotto dal simbolo è piú intenso rispetto all'impressione creata dal normale linguaggio. Questi sono i quattro motivi per cui esistono i simboli mistici. Uso dei simboli universali Tutte le antiche nazioni utilizzavano i simboli universali: romani, egizi, greci. Gli hindu, i persiani e gli egizi sono noti per il loro uso dei simboli. I rosacrociani, i massoni e altre società segrete li usavano. Nessun dubbio sul fatto che andando avanti abbiano dimenticato il loro reale significato. Gli hindu, da tempi immemori, hanno usato la sillaba simbolica «Om» che viene ancora utilizzata per intendere i principi creatori, conservatori e distruttori. Alcuni pensano che la pronuncia di questa sillaba abbia un grosso effetto mistico di risveglio sui poteri occulti dell'uomo. Ma il vero significato è stato perso di vista dagli hindu, anche se è ancora preservato dalle comunità dei jaina. Allo stesso modo, la croce «Svastika» viene mal compresa e male interpretata da alcuni studiosi occidentali della nostra antica filosofia. L'idea originaria era molto elevata ma, col passar del tempo, le persone iniziarono a pensare che la croce «Svastika» rappresentasse solo la combinazione dei principi maschili e femminili. 120 For Personal & Private Use Only Page #123 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Dato che viviamo nel piano fisico, siamo propensi alla parte materiale e pensiamo che sia necessario unire questi principi per la nostra crescita spirituale. In un piano piú elevato, l'anima è senza sesso e, quindi, quelli che desiderano salire piú in alto sul piano spirituale dovrebbero accantonare l'idea del sesso. Simbolo della Svastika I quattro raggi della Svastika rappresentano le quattro forme dell'esistenza delle anime non liberate: 1) la forma di vita piú bassa, nell'inferno; 2) la vita degli esseri «Tiryanch» (animali, uccelli, insetti, piante ecc.); 3) la vita umana sulla terra; 4) la vita degli esseri celesti. Le due linee A-B e C-D (l'orizzontale e la verticale) senza raggi non sarebbero altro che la croce greca. Noi aggiungiamo altre quattro linee, come rappresentato nell'illustrazione. Poi aggiungiamo tre punti, una luna crescente, e un punto all'interno della luna crescente; cosí la croce jainista è completa. Quando l'idea viene espressa parzialmente, può venire male interpretata. Vi darò un esempio. C'è un verso jainista composto da due frasi; il significato della seconda frase è connesso con quello della prima, e queste due frasi devono essere espresse insieme. 121 For Personal & Private Use Only Page #124 -------------------------------------------------------------------------- ________________ I bramini, che sono stati in alcune epoche della storia dell'India nemici dei jaina, hanno estrapolato solo la seconda frase, che hanno interpretato col seguente significato: «Anche se una persona sta per essere uccisa da un elefante, non deve entrare in un tempio jaina». L'idea diffusa in questo modo dai bramini è che non bisogna cercare protezione o riparo nei templi jaina neanche se si è sul punto di essere uccisi da un elefante. Se si prende anche la prima parte, allora cambia l'intero significato: «Quando una persona ha ucciso un animale o un qualunque essere vivente, o sta tornando da una casa immorale o da un luogo del vizio, o se è ubriaco di vino, allora non deve contaminare il tempio jaina neanche se è inseguito da un elefante». Cosí, nel caso della Svastika, se si prendono solo la croce con le linee laterali, non si può avere il vero significato, mentre, se aggiungiamo i punti e la linea della luna crescente, allora la totalità del significato è di fronte a noi. L'idea rappresentata è che vi siano quattro gradi di esistenza delle anime nell'universo materiale. Il primo è lo stato piú basso. Quando l'anima evolve da quello stato, arriva allo stato successivo, la vita sulla terra di animali, piante, uccelli ecc. Successivamente, l'anima evolve nel terzo stato, la vita umana. Poi nel quarto stato, quello celestiale. Uso la parola celestiale per intendere la vita in mondi diversi dal nostro. Tutte queste sono combinazioni, su scale differenti, di materia e anima. Il piano spirituale è quello in cui l'anima è interamente liberata dai legami con la materia. Per raggiungere quel piano bisogna lottare per possedere i tre gioielli, rappresentati dai tre punti: Retta Fede, Retta Conoscenza, Retta Condotta. Quando otterrete questi, sarete sul giusto sentiero. Altrimenti non c'è un corso stabilito per voi; voi siete, cosí come eravate, gettati indiscriminatamente in un grosso fiume e non sapete dove andare. Se voi otterrete, attraverso il vostro impegno personale, il possesso dei gioielli, la vostra base sarà sicura e salda. Quando avrete Retta Fede, Retta Conoscenza, Retta Condotta, andrete 122 For Personal & Private Use Only Page #125 -------------------------------------------------------------------------- ________________ sempre piú in alto finché non raggiungerete lo stato della liberazione che noi rappresentiamo con la linea della luna crescente. Perché? Perché la luna crescente è la rappresentazione di una forma che sta per divenire sempre piú grande. Quando l'anima ha raggiunto questo stato è onnisciente. Quando ha raggiunto la sua piena consapevolezza il suo orizzonte diventa sempre piú vasto, in continua evoluzione ed espansione. L'interpretazione, secondo la visione dei jaina, della croce «Svastika» non ha niente a che fare con la combinazione dei principi maschili e femminili. Venerare i principi maschile e femminile, idee basate sul sesso, ancora piú basse anche del piano emozionale, non ci potrà mai fare progredire realmente. Noi andiamo al tempio ogni mattina e, quando entriamo, segniamo questo simbolo della Svastika. Il motivo è da ricercarsi in quello che questo segno deve ricordarci: il grande principio in base al quale noi dobbiamo evitare la ruota dell'esistenza terrena, ottenere il possesso dei tre gioielli e quindi raggiungere il bene ultimo. Questi simboli intensificano i nostri pensieri e li rendono saldi e permanenti. Le linee orizzontali e perpendicolari rappresentano lo spirito e la materia. Il punto nella luna crescente rappresenta lo stato piú elevato, lo stato della liberazione che l'anima raggiunge quando ha ottenuto la piena consapevolezza e vive in eterno staccata dalla materia. Ho visitato lo Smithsonian Institution pochi giorni fa e vi ho visto molte di queste croci «Svastika», che letteralmente significa buon auspicio (dal sanscrito «svasti» = salute) e buona fortuna. Molte di quelle che ho visto, come mi diceva il dottor Wilson, sono state ritrovate negli Stati del sud dell'India, costruite in ceramica o intarsiate sopra utensili di uso quotidiano. L'idea è che le persone li credessero segni portafortuna. Gli attrezzi che usavano per ottenere la loro sopravvivenza erano 123 For Personal & Private Use Only Page #126 -------------------------------------------------------------------------- ________________ veramente fonti di potere per loro, quindi il desiderio poteva essere quello di porre segni su questi oggetti che, secondo il loro credo, avrebbero fornito loro prosperità e salute. In India è piuttosto comune l'uso di decorare questo tipo di croce sugli attrezzi come segno di buona fortuna. Il filo sacro Vi sono altri simboli presso i jaina. Uno è il filo sacro, usato sia dai bramini sia dai jaina. I bramini collegano la filosofia del filo sacro a una visione materialistica; sostengono che i tre punti rappresentino l'attività, la passività e l'abbondanza, le tre proprietà della materia primordiale. Noi jaina diciamo invece che i tre punti rappresentano le tre serie di profeti che sono fioriti in tutte le ere. Vi sono stati innumerevoli profeti ma noi consideriamo tre serie relativamente al nostro tempo, il passato, il presente e il futuro. Nel nostro immediato passato, ne abbiamo 24, nel presente 24, e nel prossimo futuro ne verranno 24. Quindi i tre punti del filo sacro rappresentano le tre serie di profeti che hanno lasciato il loro sublime insegnamento in eredità. Noi lo portiamo sulle nostre spalle e lo pratichiamo ogni giorno. È un simbolo della nostra volontà di praticare e obbedire agli insegnamenti a noi impartiti dai nostri profeti. L'albero di mango e le sei persone C'è un altro simbolo dei jaina, ed è quello dell'albero di mango e delle sei persone. Queste sei persone erano membri della stessa tribú. Esse volevano assaggiare il frutto del mango e andarono cosí nel boschetto di alberi di mango. Si avvicinarono a un albero di mango e uno di loro disse: «Questi frutti sono molto belli e deliziosi, dobbiamo tagliare l'albero». 124 For Personal & Private Use Only Page #127 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Un altro disse: <. Il quinto disse: «Cogliamo solo i singoli frutti». L'ultimo disse: <Page #128 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Queste sono le prime lettere di cinque nomi di grandi personaggi. La prima A è l'iniziale di Arhat [o Arihant], il profeta piú elevato, l'essere umano vivente nello stato perfetto mentre agisce in questo mondo terreno come maestro spirituale dell'Ordine dei jaina, l'essere umano che ha realizzato durante la sua esistenza terrena la vera natura della realtà e ha vinto contro le passioni terrene. La seconda A (iniziale di Ashariry] significa: anime senza corpo, liberate dai vincoli materiali.. Mentre l’Arhat è vivente e, essendo dotato di corpo materiale, agisce come maestro spirituale, questi sono esseri liberati al termine dell'esistenza umana, non piú legati alla terra. Sono le anime liberate, gli esseri perfetti. La terza A rappresenta i maestri religiosi [gli Acharya] che non sono cosí in alto come gli altri, ma sono guide di una congregazione religiosa e potrebbero raggiungere uno stato piú elevato. La quarta lettera è l'iniziale di coloro che sono discepoli [Upadhyaya), studenti sotto un maestro religioso e che raggiungeranno lo stato piú elevato. La quinta è la prima lettera degli uomini santi, delle donne sante, dei monaci e delle monache che praticano i principi del jainismo (chiamati Muni). Il tutto, pronunciato, suona Om. Quando pronunciamo questa sacra sillaba noi portiamo davanti alle nostre menti queste cinque classi di esseri. Noi diamo significati spirituali a questo simbolo, mentre i bramini gli danno significati fisici. Se noi teniamo presenti come riferimenti nella nostra mente gli uomini santi e le donne sante, cresceremo passo dopo passo. Queste cinque categorie di persone hanno virtú e caratteristiche peculiari. I primi hanno 12 qualità, i secondi 8 qualità, i terzi 36, i quarti 25, i quinti 27. Se voi trovate le prime 12 qualità in un essere umano, allora quello è un Arhat. 126 For Personal & Private Use Only Page #129 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Se ne trovate 25 allora appartiene alla quarta classe. Se ne ha 27, allora appartiene alla classe degli uomini e delle donne santi. Tutte queste qualità messe insieme fanno 108 qualità. Ecco perché vi sono 108 grani nelle corone che usiamo per pregare. Il motivo è che, quando sgraniamo le corone recitando e meditando i sacri Testi, teniamo a mente questi personaggi e queste qualità, affinché ci assistano nel nostro viaggio verso lo stato perfetto. Simboli sulla fronte Tutti i differenti gruppi religiosi e comunità spirituali dell'India hanno vari simboli segnati sulle loro fronti. Disegnano questi simboli con particolari tipi di impasto profu mato. I jaina usano legno di sandalo per dipingersi sulla fronte simboli dai diversi significati. Poche persone comprendono il significato originale di questi simboli. Il simbolo che i jaina pongono sulle loro fronti ha forma di cuore. Viene fatto proprio in mezzo alle sopracciglia, al centro. La nostra fisiologia ci dice che qui c'è un centro nevralgico, un plesso, che diventa fonte di luce, di luce interiore. Quando stiamo compiendo un percorso di disciplina morale e spirituale vediamo molte cose, tramite questo centro, che non possiamo vedere tramite la normale vista. Quando attiviamo questo tipo di vista sappiamo che, tramite questo centro, noi andremo a ottenere il grandioso potere della luce. Il nostro scopo, durante la venerazione nei templi, non è quello di ottenere ricchezze o beni materiali, ma di acquisire quel potere tramite il cui aiuto possiamo conoscere di piú. Noi vogliamo possessi spirituali, non materiali. For Personal & Private Use Only 127 Page #130 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Simbolo del Loto dagli otto petali Nei nostri templi, durante le cerimonie, disegniamo simboli su tavole di legno, marmo o metallo; uno di questi è il Loto dagli otto petali. Poniamo alcuni grandi principi o ideali in ciascuno di questi petali. Vi dico ora i nomi generici di cinque grandi personaggi. Il primo, l’Arhat, è inserito nel centro (1). Il secondo, l'anima liberata dal corpo, l'essere perfetto, in alto (2) Alla destra del centro, il maestro (3). Il quarto, lo studente religioso, in basso (4). Il quinto, l'uomo o la donna santi, alla sinistra del centro (5). Nei petali agli angoli posizioniamo la Retta Conoscenza (K), la Retta Fede (B), la Retta Condotta (C) e la Retta Energia (E). Quando sgraniamo la corona, pensiamo agli Arhat e contempliamo le loro qualità peculiari; poi pensiamo e contempliamo i principi e le qualità del secondo gruppo, e cosí via. Se noi ci concentriamo sopra queste qualità senza pensare a null'altro, la nostra mente procederà sulla strada del suo progresso. 128 For Personal & Private Use Only Page #131 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Fiabe jainiste For Personal & Private Use Only Page #132 -------------------------------------------------------------------------- ________________ For Personal & Private Use Only Page #133 -------------------------------------------------------------------------- ________________ La compassione dell'elefante C'era una volta un elefante che viveva in una foresta insieme ad altri animali. Un giorno un grosso incendio divampò nella foresta. Per salvarsi, tutti gli animali, compreso l'elefante, corsero a mettersi al riparo in un'area sicura. In poco tempo la zona divenne sempre piú affollata e si riempi di animali. L'elefante, per un improvviso prurito, sollevò la zampa e, approfittando dell'occasione, un coniglio saltò velocemente a occupare lo spazio libero che si era creato. Nel momento in cui l'elefante stava per riappoggiare la zampa, si accorse del coniglio seduto e, per evitare di ucciderlo o di fargli del male, rimase con la zampa sollevata. L'incendio durò tre giorni e, in tutti quei giorni, l'elefante rimase con la zampa sollevata. Quando il fuoco si placò, tutti gli animali, compreso il coniglio, se ne andarono. L'elefante si sentiva felice di aver salvato e protetto la vita del coniglio. Ma, quando cercò di appoggiare la zampa, non ci riuscí perché il suo corpo era rimasto bloccato. Cadde. E morí. Come conseguenza della sua compassione e della sua cura verso un'altra vita, l'elefante rinacque come Principe nella vita successiva. 131 For Personal & Private Use Only Page #134 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il monaco Metarya, l'orafo e l'uccellino Metarya era nato in una famiglia di Paria, gli intoccabili. Poiché il jainismo non crede in nessuna discriminazione di casta e considera tutte le anime uguali, Metarya fu ammesso come monaco e divenne discepolo del Signore Mahavira. Un giorno, sotto un sole molto caldo, il monaco Metarya arrivò nella città di Rajgriha. Camminava a piedi nudi, non portava cappello ed era completamente rasato. Andava a elemosinare un po' di cibo in ogni casa indipendentemente dalla ricchezza o dalla povertà del proprietario. Arrivò alla casa di un artigiano molto famoso in città per la sua arte orafa. Persino il Re Shrenik ammirava le sue capacità. Quando il monaco Metarya arrivò nel cortile della casa dell'orafo, quest'ultimo stava lavorando piccole gemme d'oro da utilizzare per creare bellissimi gioielli. Quando vide il monaco, l'orafo si sentí molto felice e ono rato. Smise subito il suo lavoro, si inchinò al monaco e lo ringraziò per l'onore che gli aveva conferito con quella visita. Mentre l'orafo era in cucina a prendere del cibo da offrire in elemosina al monaco, un uccellino scese dal ramo di un albero e, credendole semi, prese alcune gemme d'oro. Il monaco se ne accorse e osservò l'uccellino tornare sull'albero con le piccole gemme nel becco. 132 For Personal & Private Use Only Page #135 -------------------------------------------------------------------------- ________________ L'orafo tornò e offrí del cibo accettabile per un monaco, cioè vegetariano e non proveniente da violenza o sfruttamento. Dopo aver accettato il cibo, il monaco ringraziò e riprese il suo cammino. Quando l'orafo tornò al suo lavoro si accorse però che mancavano alcune gemme d'oro. Cercò dovunque ma non riuscí a trovarle. L'unica cosa che riusciva a pensare era che le avesse prese il monaco. Pensò che forse le costose gemme avevano tentato il monaco oppure, addirittura, che non si trattasse di un vero monaco bensí di un malfattore travestito. Gli corse dietro e lo trascinò a casa. Gli chiese se avesse preso lui le gemme d'oro ma il monaco, calmissimo, rispose: «No, non le ho prese io». L'orafo, ormai arrabbiatissimo, insistette con l'interrogatorio: «E allora, chi le ha prese?». Il monaco pensò che, se avesse raccontato all'orafo la verità, egli avrebbe senz'altro ucciso l'uccellino e che tale violenza non era assolutamente da permettere. Non disse nulla e mantenne la calma. L'orafo si convinse che, poiché non rispondeva, il monaco stava nascondendo l'oro. Si arrabbiò ancora di piú e iniziò a colpirlo. Il monaco rimase ugualmente calmo e quieto. L'orafo, reso sempre piú furioso dalla calma e dall'immobilità del monaco, decise di dargli una lezione. Lo fece stare sotto il sole con una striscia di cuoio bagnata legata intorno alla testa. Il cuoio, seccandosi, iniziò a restringersi e a procurare grande dolore al monaco. L'orafo era convinto che, prima o poi, non potendo resistere a tanto dolore, il monaco avrebbe confessato. Non era in grado di comprendere quanto questo monaco fosse compassionevole e altruista, disposto a donare volentieri la propria vita per salvare la vita di un uccellino. Il monaco soffriva atrocemente ma non esitò mai e manten 133 For Personal & Private Use Only Page #136 -------------------------------------------------------------------------- ________________ ne la propria ferma convinzione di non dire all'orafo che cosa realmente fosse accaduto, per non mettere in pericolo la vita dell'uccellino. Non si arrabbiò neanche con l'orafo e rimase in pace pensando: <. Inoltre si sentiva pienamente felice di aver potuto salvare una vita. In quello stato mentale di totale equanimità il monaco raggiunse l'onniscienza, chiamata Kevalajnan. Nello stesso istante, la pressione del cuoio divenne cosí forte che i suoi occhi scoppiarono ed egli morí. La sua anima si era per sempre liberata dal ciclo di morti e rinascite. In quel mentre, un taglialegna che passava di lí buttò a terra una fascina. Il rumore spaventò l'uccellino che fece cadere le gemme d'oro. L'orafo le vide, finalmente comprese la verità, e subito si pentí di aver dubitato del monaco. Corse per liberarlo ma era ormai troppo tardi. 134 For Personal & Private Use Only Page #137 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il matrimonio che non avvenne Il Principe Nemkumär, figlio del Re Samundra Vijay, era fidanzato con la Principessa Räjul, figlia del Re Ugrasen. Nel giorno del loro matrimonio, il Principe Nemkumär viaggiava verso il palazzo della Principessa Räjul su una carrozza riccamente adornata. Mentre viaggiava felice, udí le urla di molti animali e uccelli. Chiese al suo cocchiere il motivo di quelle urla. Il cocchiere gli disse che erano gli animali destinati al suo pranzo di nozze. Questa risposta gelò il sangue nelle vene del Principe Nemkumar e lo rese molto triste. <Page #138 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il gentile Shri Krishna Shri Krishna, il Re di Dwarka, era molto valoroso. Anche se era un coraggioso, era molto gentile di cuore. Dovunque vedesse qualcuno soffrire, cercava di alleviarne il dolore. Chiunque elogiava la sua dolcezza, anche gli esseri celestiali. Un giorno, il Re degli esseri celestiali disse a tutti loro che esistevano molte persone piene di compassione ma nessuna paragonabile a Shri Krishna. Dopo aver ascoltato questo, uno degli esseri celestiali decise di mettere alla prova la compassione di Shri Krishna. Assunse la forma di un cane disgraziato e si mise lungo la strada principale della città di Dwarka. Il cane stava morendo di fame, era sdraiato senza forze, gli si vedevano le ossa e guaiva dal dolore. C'era sangue su tutto il suo corpo ed emanava un odore talmente forte che molte persone cambiavano strada quando lo sentivano. Un giorno, Shri Krishna passò per quella strada. Vide il povero cane sofferente. Senza esitare e senza badare al cattivo odore, si avvicinò alla povera creatura e gli si inginocchiò accanto. Gli parlò con dolcezza, pulí il sangue e medicò le ferite. Strappò i propri vestiti preziosi e ne fece bende medicare il cane. per L'essere celestiale pensò: «Shri Krishna è veramente un Re gentile». Assunse nuovamente la propria vera forma e rese omaggio a Shri Krishna per la sua dolcezza e compassione. 136 For Personal & Private Use Only Page #139 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Veri monaci C'era una volta un Re. Un giorno questo Re decise di offrire in elemosina monete d'oro ai monaci. Chiamò uno dei suoi ministri, gli diede una borsa piena di monete d'oro e gli disse di distribuirle ai monaci della città. Il ministro cercò per tutto il giorno ma non riuscí a trovare nessuno a cui dare le monete. Riportò la borsa piena d'oro al Re dicendogli con gentilezza e riverenza di non essere riuscito a trovare nessuno a cui dare le monete in elemosina. Il Re si arrabbiò: «Questo non ha senso! Non sei stato in grado di trovare un solo monaco in una cosí grande città?». Il ministro, che ammirava il Re per le sue buone intenzioni, gli disse che i veri monaci non avevano accettato le monete d'oro. Gli altri, quelli che si erano dichiarati disposti ad accettare le monete, non potevano essere veri monaci perché i veri monaci non possono accettare denaro. Aggiunse anche che era sicuro che il Re non avesse l'intenzione di dare monete d'oro a persone avide che vestivano da monaci ma che non osservavano i principi religiosi. Dopo avere ascoltato le spiegazioni del ministro, il Re si calmò e iniziò a riflettere. Realizzò che il ministro aveva ragione e gli diede cento monete d'oro come ricompensa. 137 For Personal & Private Use Only Page #140 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il Re Meghrath C'era una volta, nella Regione abitata dagli esseri celestiali, una discussione fra due semidei. Uno sosteneva che in terra c'erano Re coraggiosi e compassionevoli che non avrebbero mai esitato a donare la propria vita per salvare chi chiedeva loro protezione. Un altro semidio dubitava di questa convinzione. I due iniziarono a litigare e il Re degli esseri celestiali disse loro: <>. Ordinò ai suoi servitori di portare un canestro di prelibatezze ma il falco disse: «Io non sono un essere umano, non sono vegetariano. Ho bisogno di carne come cibo». Il Re disse: «Lascia che ti dia la mia stessa carne al posto di quella del piccione»>. 138 For Personal & Private Use Only Page #141 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Dopo aver sentito questo, uno dei dignitari disse: «Vostra Maestà, perché dare un pezzo della Vostra carne? Perché non prendere un po' di carne dal macellaio». Il Re replicò: «No, perché quando noi consumiamo vegetali fiorisce il commercio del fruttivendolo, mentre, se consumiamo carne, fiorisce il commercio del macellaio. Il macellaio deve uccidere un animale per darci la carne che gli chiediamo. Questo piccione è venuto a chiedere rifugio ed è mio dovere proteggerlo. Nello stesso tempo è mio dovere fare in modo che nessun'altra creatura soffra a causa delle mie azioni. Di conseguenza, darò al falco la mia stessa carne». Con queste parole, il Re prese la sua spada, si tagliò un pezzo di carne dalla gamba e la offrí al falco. Tutta la corte era ammutolita! Ma il falco disse al Re: «Oh Re! Io voglio una quantità di carne corrispondente a quella del piccione». Una bilancia fu portata a palazzo. Il Re appoggiò il piccione su un piatto della bilancia e mise la sua carne sull'altro. Il Re continuava a mettere sulla bilancia pezzi della sua carne ma non bastava mai. Con il cuore pieno di compassione, il Re decise di mettere tutto il suo corpo sulla bilancia. L'intera corte non riusciva a capacitarsi che il Re fosse disposto a donare la propria vita per quella di un insignificante uccello mai visto prima. Ma il Re sapeva che il suo dovere e la sua dottrina erano piú importanti di tutto il resto. Si mise sulla bilancia, sul piatto opposto a quello dove era posato il piccione, e iniziò a meditare serenamente. Non appena il Re si immerse nella meditazione, il piccione e il falco riassunsero la loro forma divina. . Entrambi i semidei si inchinarono al Re e dissero: «Oh grande Re! Che tu sia benedetto! Ci hai dimostrato di essere un Re coraggioso e compassionevole. Sia lode a Te!». Pronunciate queste parole, si inchinarono ancora, salutarono il Re e se ne andarono. L'intera corte esultò con parole di gioia: «Lunga vita al Re Meghrath!!». Qualche vita dopo, l'anima del Re Meghrath divenne il sedicesimo Tirthankara, Shäntinätha. 139 For Personal & Private Use Only Page #142 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Gautamaswami Nel 607 a.C., nel villaggio di Gobargaon, una coppia di bramini chiamati Vasubhuti e Prithvi Gautama ebbe un figlio e lo chiamò Indrabhuti. Egli crebbe e divenne alto e bello. La coppia ebbe poi altri due figli, Agnibhuti e Vayubhuti. Tutti e tre erano molto preparati nei Veda e nei rituali religiosi già da bambini. Divennero bravissimi studiosi, molto popolari nello Stato del Magadh. Ciascuno di loro aveva cinquecento discepoli. Un giorno, nella città di Apapa, un bramino di nome Somil stava conducendo una cerimonia sacrificale nel cortile di casa propria. C'erano piú di quattromila bramini presenti alla cerimonia e, tra loro, undici famosi studiosi. Fra questi eruditi, Indrabhuti si notava come una stella splendente. Somil era felice e l'intera città era piena di eccitazione per questo evento, durante il quale si sarebbero sacrificati pecore e agnelli. Prima di iniziare, Somil si accorse che anche molti esseri celesti stavano giungendo verso la terra. Pensò che il suo rito sarebbe divenuto il più famoso della storia. Disse al suo pubblico: «Guardate in cielo, anche gli esseri celesti stanno venendo a benedirci»>. E la folla guardò il cielo. Ma, con somma sorpresa di tutti, gli esseri celesti non si fermarono all'altare del rito di Somil, ma proseguirono. L'ego di Somil divenne piccolo piccolo quando egli si rese conto che gli esseri celesti stavano andando a porgere i loro 140 For Personal & Private Use Only Page #143 -------------------------------------------------------------------------- ________________ omaggi al Signore Mahavira, che era giunto, nel frattempo, nella vicina foresta di Mahasen. Indrabhuti si sentí oltraggiato da questo incidente e il suo ego si infiammò. Iniziò a pensare: «Ma chi è questo Mahavira che non usa neanche la lingua sanscrita ma parla il linguaggio popolare?». Tutti i presenti alla cerimonia sembravano sopraffatti dalla sola presenza di Mahavira. Indrabhuti pensò ancora: «Mahavira si oppone ai sacrifici animali e, se avrà successo, noi bramini perderemo i nostri privilegi. Andrò a discutere con lui». E partí per sfidarlo. Mahavira salutò Indrabhuti chiamandolo per nome, anche se non si erano mai incontrati prima. Indrabhuti si sorprese ma poi disse a se stesso: «Ovvio, mi conoscono tutti. Non devo essere sorpreso se conosce il mio nome. Mi chiedo se conosce anche che cosa sto pensando». L'onnisciente Mahavira sapeva che cosa stava passando nella mente di Indrabhuti. Indrabhuti, benché fosse un valente studioso, aveva un dubbio sull'esistenza dell'Atman (Anima) e stava pensando: «Potrà Mahavira sapere che io dubito dell'esistenza dell'anima?». Un attimo dopo, Mahavira disse: «Indrabhuti, l'anima esiste e non dovresti mai dubitarne». Indrabhuti rimase turbato e iniziò a stimare molto Mahavira. Successivamente, ebbero una discussione filosofica e Indrabhuti cambiò il proprio credo e divenne il principale discepolo di Mahavira. Indrabhuti aveva quindici anni a quel tempo e, da quel momento in poi, assunse il nome di Gautamaswami, poiché veniva dalla famiglia Gautama. Nel frattempo, in città, Somil e gli altri studiosi aspettavano il ritorno di colui che credevano il sicuro vincitore del dibattito, Indrabhuti. Rimasero stupiti nell'apprendere che Indrabhuti era diventato discepolo di Mahavira. Anche gli altri dieci studiosi bramini andarono a discutere con Mahavira e tutti diventarono suoi discepoli. La gente presente a casa di Somil iniziò allora ad andarsene. Somil, allora, annullò la cerimonia e liberò tutti gli animali destinati ai sacrifici. 141 For Personal & Private Use Only Page #144 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Veri insegnamenti Molto tempo fa, c'era il dormitorio di Maharshi Satyik ai piedi di una collina. Un piccolo numero di studenti viveva lí. Non era un grosso edificio, ma un insieme di piccole casu pole. Gli allievi studiavano sia la cultura generale che la religione. Davano molta importanza ai valori morali, vivevano con i prodotti della loro terra e non dipendevano da altri se non da se stessi. Un giorno, il Re Vikram, la Regina e alcuni servitori passavano da quella zona e si accamparono nei pressi di un fiume vicino al dormitorio. Mentre erano seduti a mangiare, videro passare alcuni studenti e offrirono loro del cibo. Gli studenti, con molto rispetto, dissero: «Grazie, ma noi non possiamo prendere niente». Il Re fu molto felice di sentire ciò e di vedere che gli studenti non cadevano in tentazione. Dopo qualche tempo, il Re e la Regina, insieme a tutto il seguito, tornarono in città. Quando se ne furono andati, alcuni studenti passarono casualmente nello stesso posto dove era rimasta accampata la famiglia reale e videro una scintillante collana d'oro. La presero, la portarono al proprio maestro e gli chiesero consiglio sul da farsi. 142 For Personal & Private Use Only Page #145 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il maestro, calmo, disse: «Appendetela fuori. La persona che l'ha persa tornerà a prenderla». Appesero la collana fuori dal portone e tornarono alle proprie attività. Nel frattempo, sulla via di casa, la Regina si accorse di aver perso la sua preziosa collana. Era convinta di averla persa mentre pranzavano vicino al fiume e lo disse al Re. Il Re tornò velocemente al fiume ma non la trovò e si irritò un poco perché si trattava di una collana di valore inestimabile. Andò a chiedere al dormitorio. Il maestro vide arrivare il Re e lo accolse con parole gentili. Il Re gli domandò: «Uno dei tuoi studenti ha per caso visto la collana d'oro della Regina?». Il maestro disse: «Se noi troviamo qualcosa che non ci appartiene l'appendiamo fuori dal portone. Dovreste andare a vedere là>>. Il Re andò a vedere, e trovò la collana appesa. 143 For Personal & Private Use Only Page #146 -------------------------------------------------------------------------- ________________ L'elefante e i non vedenti C'era una volta un villaggio in cui vivevano sei uomini non vedenti. Un bel giorno uno degli abitanti del villaggio disse: «Oggi c'è un elefante nel villaggio». Essi non avevano idea di che cosa fosse un elefante e decisero che, benché non fossero in grado di vederlo, avrebbero potuto comunque capire come fosse. Andarono dove si trovava l'elefante e ciascuno dei sei iniziò a toccarlo. «L'elefante è una colonna!», esclamò il primo uomo, che toccò una delle gambe. «Oh, no! È come una fune!», disse il secondo, che stava toccando la coda. «No! È come il ramo di un albero!», disse il terzo, che stava toccando la proboscide. «E un grosso ventaglio!», disse il quarto, che stava toccando l'orecchio dell'elefante. «È come un grosso muro!», disse il quinto, che stava toccando il ventre dell'elefante. «Oh, no! L'elefante è un tubo solido!», esclamò il sesto uomo, che stava toccando una zanna. I sei iniziarono a litigare riguardo alla forma dell'elefante e ciascuno sosteneva di avere ragione. Diventavano sempre piú agitati. 144 For Personal & Private Use Only Page #147 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Un uomo saggio passava per caso e li vide. Si fermò e chiese loro: «Qual è il problema per cui litigate in questo modo?». I sei non vedenti risposero: «Non siamo d'accordo sulla forma dell'elefante». E ciascuno raccontò la propria versione. Il saggio uomo con calma spiegò loro: «Ciascuno di voi ha ragione. Il motivo delle differenze è dato dal fatto che ognuno ha toccato una parte diversa dell'elefante. Infatti l'elefante possiede tutte le caratteristiche che avete descritto». «Oh!», esclamarono tutti. Da quel giorno non vi furono piú litigi. Ciascuno dei sei uomini era contento di avere la propria parte di ragione. 145 For Personal & Private Use Only Page #148 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Le vite di Parshvanath, il ventitreesimo Tirthankara I due fratelli L'anima che sarebbe poi diventata Bhagavan Parshvanath iniziò a prendere la direzione della purezza quando nacque nelle sembianze di Marubhuti. Sua madre era la moglie di Purohit Vishabhuti della città Potanpur. Marubhuti aveva un fratello maggiore di nome Kamath. Poiché Kamath era crudele e rissoso, fu Marubhuti, benché fratello minore, a prendere il posto del padre come direttore delle cerimonie rituali del Re e dello Stato. Attirato dalla bellissima moglie di Marubhuti, Vasundhara, Kamath la sedusse. La moglie di Kamath lo venne a sapere ma, non riuscendo a dissuaderlo, andò a dirlo a Marubhuti. Marubhuti, per averne la conferma, disse alla moglie che sarebbe stato via qualche giorno e, tornando improvvisamente, li trovò insieme. Andò dal Re raccontando tutto e Kamath venne esiliato. Divenne un mendicante e per lui iniziò una vita molto dura. Dopo qualche tempo, Marubhuti ebbe dei ripensamenti e temette di avere avuto un comportamento eccessivo nel rendere pubblico un problema personale della propria famiglia; si rese conto dell'offesa che aveva cosí arrecato al fratello Kamath. 146 For Personal & Private Use Only Page #149 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Andò dunque a cercare il fratello maggiore e lo trovò in una giungla. Si inchinò a lui e gli domandò perdono ma, invece di esserne pacificato, Kamath fu preso da un incontrollabile sentimento di vendetta. Prese una grossa pietra e la scagliò contro la testa del fratello. Marubhuti morí sul colpo. Vita dopo vita L'anima di Marubhuti rinacque in sembianze di elefante nella foresta di Vindhyachal. Divenne il re della foresta. Trovandosi un asceta immerso nella meditazione proprio nella foresta di Vindhyachal, il re elefante gli andò vicino. La memoria delle vite precedenti lo illuminò ed egli divenne un discepolo dell'asceta. Un giorno camminava vicino a grandi alberi. L'anima che era stata suo fratello maggiore Kamath era rinata come serpente della specie Kurkut. Quando vide l'elefante, lo riconobbe come un nemico della vita precedente e, dal ramo su cui si trovava, gli saltò sulla testa e lo morse. L'elefante, pacatamente, sopportò il dolore e morí in pace. Nella vita successiva, l'anima di Marubhuti rinacque come Principe Kiranveg nella zona di Mahavideh. Continuò il suo cammino verso la purezza diventando un asceta e fu nuovamente ucciso da Kamath, rinato ancora in sembianze di serpente. Marubhuti rinacque, sempre nella zona di Mahavideh, come Re Vajranabh e, ancora una volta, divenne un asceta. Kamath era rinato in sembianze di aborigeno e uccise Re Vajranabh con una freccia. L'anima di Marubhuti rinacque questa volta nella famiglia di Puranpur. Dopo essere diventato Re conquistò sei continenti e divenne Imperatore. 147 For Personal & Private Use Only Page #150 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Nell'ultima parte della sua vita, Marubhuti abbandonò ogni bene terreno e divenne un asceta dedito alla meditazione. Anche in questa vita venne ucciso dal suo vecchio nemico di sempre, Kamath, rinato come leone. L'anima di Marubhuti si reincarnò poi nel ventre di Vama Devi, moglie del Re Ashvasen di Varanasi. Vama Devi ebbe un figlio. Durante una solenne cerimonia, il Re Ashvasen annunciò il nome del figlio: Parshvanath. La compassione del Principe Parshvanath L'anima di Kamath, avversario di Parshvanath in tutte le vite precedenti, si reincarnò nei panni di un eremita. Una volta l'eremita stava svolgendo un rito sacrificale subito fuori da una grossa città. Era vestito soltanto di una veste leggera ed era coperto di cenere; il sole splendeva, l'aria era molto calda, l'eremita aveva anche acceso alcuni fuochi sacrificali intorno a sé. Tutta la città era impressionata da questa dimostrazione e grandi gruppi di persone andavano ad assistervi. Tutti si inchinavano a Kamath con riverenza ed egli li benediceva. Vedendo cosí tante persone, il Principe Parshvanath si incuriosi e decise di andare anche lui. Subito venne colpito dall'austerità dell'eremita. Con il suo potere extrasensoriale, Parshvanath avvertí la presenza di due serpenti che erano rimasti intrappolati nella catasta di legna di uno dei falò. Il Principe Parshvanath provò pietà per l'eremita che, inconsapevole, ignorava di compiere quell'atto di violenza. Il Principe Parshvanath disse: «Oh, eremita, che cosa stai facendo? Non ti sei accorto che ci sono due serpenti che bruciano nel fuoco?». Ascoltate queste parole, l'eremita si arrabbiò molto e gridò: «Oh, fastidioso ragazzino, non sai che questo è un rituale sacro? Sei proprio un grande maleducato!». 148 For Personal & Private Use Only Page #151 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Il Principe Parshvanath ignorò l'eremita. Chiese ai suoi accompagnatori di disfare la catasta. Con grande sorpresa da parte di tutti, due serpenti mezzi bruciati uscirono da sotto la legna. L'eremita si vergognò molto e divenne pallido. Il Principe recitò il Mantra Namokär per i serpenti agonizzanti. I serpenti mentalmente ringraziarono il Principe e morirono in pace sotto il benefico influsso del Mantra Namokär. A causa della serenità con la quale avevano ascoltato il Mantra, i serpenti rinacquero come Re e Regina degli esseri celesti. Tutta la gente se ne andò pensando al grossolano rituale dell'eremita disattento e non costantemente vigile nel non causare violenza. L'eremita Kamath, preso dalla vergogna, andò via di là con il cuore colmo di rabbia e di odio per il Principe. Kamath morí poco tempo dopo senza essersi mai pentito di questi malvagi sentimenti. Grazie alla sua vita di rinunce, l'eremita rinacque in sembianze di essere celeste, col potere di controllare la pioggia, e il suo nome fu Meghkumar. Il Principe Parshvanath divenne il Re della città di Väränasi. Dopo qualche anno, rinunciò ai piaceri terreni per diventa re un monaco. Un giorno, mentre Parshvanath era immerso nella meditazione, Meghkumar lo vide. A causa dell'odio accumulato nella vita precedente, Meghkumar perse il controllo e decise di vendicarsi. Mandò al monaco Parshvanath molte torture mentali ma egli, assorto com'era nella meditazione, non ne venne disturbato. Questo rese Meghkumar ancora piú furioso. Creò tuoni, fulmini e una pioggia da diluvio. A terra, il livello dell'acqua cominciò a crescere pericolosa mente. Il trono del Re degli esseri celesti iniziò a tremare e il Re fece uso del suo potere per vedere che cosa stesse succedendo. For Personal & Private Use Only 149 Page #152 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Vide il monaco Parshvanath subire gli attacchi di Meghkumar. Con la sua Regina, scese in terra: sotto forma di due cobra reali, essi si misero dietro il monaco Parshvanath e usarono le loro teste come ombrelli per ripararlo da quel diluvio. Fu cosí che il monaco Parshvanath venne protetto dalla pioggia torrenziale. Con fermezza, il Re e la Regina degli esseri celesti domandarono a Meghkumar: «Oh, atroce creatura, non sai che cosa stai facendo? Perché stai accumulando cosí tanti peccati causando sofferenza a Parshvanath? Adesso ferma questo cataclisma!». Il monaco Parshvanath era cosí immerso nella meditazione che non si accorse mai di tutto ciò che avveniva intorno a lui. Meghkumar si impaurí per quei severi rimproveri e immediatamente rimosse tutta l'acqua. Chiese perdono a Parshvanath e se ne andò. Poco dopo questi fatti, Parshvanath raggiunse l'onniscienza e divenne il ventitreesimo Tirthankara dell'era moderna. 150 For Personal & Private Use Only Page #153 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Mahavira, il ventiquattresimo Tirthankara Il Principe senza paura Un giorno, il Principe Vardhamana, insieme ai suoi giovani amici, stava giocando vicino a un grande albero secolare. Di colpo, essi videro un serpente nero, con occhi gialli, che soffiava minaccioso. Gli amici del Principe si spaventarono: alcuni scapparono via, altri si arrampicarono sull'albero. Soltanto Vardhamana rimase calmo. Andò vicino al serpente. Dolcemente lo accarezzò, lo prese e lo spostò senza fargli del male. Tutti gli amici si rassicurarono. Vardhamana disse loro: «Dovete avvicinare le creature con amicizia, non con paura!». Vardhamana e il mostro Un pomeriggio, il Principe Vardhamana stava giocando con i suoi amici a «tocca e cavalca». Chi riusciva a toccare un altro senza farsi toccare avrebbe vinto e il perdente avrebbe dovuto trasportarlo sulla propria schiena. 151 For Personal & Private Use Only Page #154 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Un nuovo bambino si uní al gioco. Questo bambino era facile da battere: perdeva sempre e cosí dovette farsi cavalcare da tutti. Anche il Principe Vardhamana batté il nuovo arrivato. Pochi minuti dopo, mentre Vardhamana era sulla sua schiena, il bambino iniziò a crescere e a diventare sempre piú grande e alto. All'inizio, gli amici di Vardhamana guardavano l'evento con curiosità. Subito dopo, la faccia del bambino iniziò a trasformarsi in un orribile ghigno e i bambini si spaventarono e corsero via in preda al panico. Alcuni bambini scapparono sugli alberi mentre altri corsero a casa dai genitori. Vardhamana rimase invece calmo. Il mostro continuò a crescere tantissimo; a un certo punto, Vardhamana coraggiosamente gli diede un pugno sulla testa. Il mostro cercò di disarcionare Vardhamana dalla propria schiena per evitare un altro pugno, ma non vi riuscí. Alla fine, il mostro si arrese e chiese perdono. Vardhamana lo perdonò prontamente. Il mostro lo chiamò Mahavira, che significa Grande Eroe. Da quel momento, il Principe Vardhamana venne chiamato Mahavira. Toglimi dalla povertà! Il Principe Mahavira diede via tutti i suoi possedimenti e divenne un asceta vestito solo di un telo leggero. Il cuore di Mahavira traboccava di equanimità e di compassione. Sul suo volto, c'era sempre un sorriso spontaneo di beatitudine. Camminava con passo sicuro e deciso nelle giungle piú pericolose, senza esitare. Un pomeriggio sentí un debole richiamo dietro di lui. Un gracile e malato bramino, muovendosi adagio con l'aiu 152 For Personal & Private Use Only Page #155 -------------------------------------------------------------------------- ________________ to di un bastone, lo raggiunse e crollò ai suoi piedi. Lacrime scendevano dai suoi occhi; sul suo viso, un'espressione di sofferenza. Con umiltà chiese: «Principe! Per favore aiutami, dammi qualcosa, toglimi dalla povertà!». Mahavira riconobbe il vecchio: ricordava di averlo conosciuto molto tempo prima, quando apparteneva alla corte del Re Siddhartha, e che il suo nome era Som Sharma della città di Brahmankund. A quel tempo, il Re lo manteneva con tutto ciò che desiderava. Era felice, allora... Ma, dopo la morte del Re, non l'aveva piú visto. Som Sharma gli disse: «Principe, ho vagato da uno Stato all'altro dopo la morte del Re Siddhartha, il mio protettore. Dovunque andavo, la cattiva sorte mi seguiva. Dopo due anni di vagabondaggio sono tornato a casa stamattina; i miei parenti mi hanno informato che tu avevi già dato via tutte le tue ricchezze e reso ricca molta gente. Principe! Per favore, sollevami da questa misera condizione con le tue mani gentili e generose!». Mahavira era pieno di compassione ma ormai non aveva piú niente da offrire. Usò quindi il suo telo: lo divise in due e ne diede una parte al bramino. Il bramino era pieno di gioia. Prese la veste e la portò a un sarto per chiederne il valore. Il sarto esclamò: «bramino, come hai avuto questa veste divina? È solo una parte di un intero. Se mi puoi portare anche l'altra metà sarò in grado di rimetterla insieme e potrai rivenderla per centomila monete d'oro». Il bramino corse dietro a Mahavira ma non ebbe il coraggio di mostrarsi cosí avido. Cosí lo seguí sempre dovunque andasse. Dopo circa un anno l'altro pezzo di stoffa scivolò via dalle spalle di Mahavira. Som Sharma lo prese, lo portò dal sarto e vendette il divino telo al Re Nandivardhan per centomila monete d'oro. 153 For Personal & Private Use Only Page #156 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Mahavira e il pastore Un giorno il Signore Mahavira, dopo aver vagato da un posto all'altro, si fermò sotto un grosso albero subito fuori da un villaggio, a meditare. Mentre meditava, arrivò un pastore con le sue mucche. Stava cercando qualcuno che badasse agli animali per poter svolgere alcune commissioni. Chiese a Mahavira se poteva accudire gli animali per qualche ora. Il Signore Mahavira era immerso in una meditazione cosí profonda che non lo udí e non si accorse di niente ma il pastore se ne andò, convinto che Mahavira avesse accolto la sua richiesta di badare alle mucche. Nel frattempo, le mucche iniziarono a pascolare nei dintorni cercando l'erba preferita. Qualche ora dopo, il pastore tornò e tutte le mucche erano disperse. Chiese a Mahavira: «Dove sono finite le mie mucche? Che cosa ne hai fatto?». Il Signore Mahavira era ancora immerso nella meditazione e non rispose. Il pastore iniziò a cercare le sue mucche. Cercò e cercò ma non le trovò. Mentre era in giro a cercare, le mucche ritornarono nel posto in cui Mahavira stava meditando. Quando il pastore tornò, sorprendentemente, tutte le mucche erano vicine a Mahavira che, distaccato da tutto, continuava a meditare. Il pastore si arrabbiò molto perché credette che Mahavira le avesse nascoste per appropriarsene. Prese la frusta e stava per iniziare a frustarlo quando un essere celeste scese dal cielo e gli bloccò il braccio. «Non vedi che il Signore Mahavira è immerso nella meditazione?», disse. «Ma mi ha ingannato!», rispose il pastore. L'essere celeste ribadí: «Egli è un Illuminato. Non è legato 154 For Personal & Private Use Only Page #157 -------------------------------------------------------------------------- ________________ alle tue mucche né a nient'altro che faccia parte del mondo. È immerso nella meditazione e non ti può sentire. Non ha fatto niente. Avresti accumulato karma negativo nel fargli del male». Il pastore si rese finalmente conto di aver commesso un errore. Si scusò con Mahavira e se ne andò in silenzio. Anche l'essere celeste tornò nella sua Regione, felice per aver evitato sofferenze a Mahavira. Il tempio degli scheletri Continuando nel suo vagabondare, Mahavira arrivò un giorno in un villaggio vicino al fiume Vegvati. Subito fuori dal villaggio, su una piccola collina, c'era un tempio circondato da tantissime ossa e scheletri. Considerandolo un posto particolare ma appropriato per la meditazione, chiese il permesso agli abitanti del villaggio di utilizzarlo. Molte persone andarono a rendere omaggio all'asceta Mahavira e lo informarono che, una volta, il povero villaggio era una grande e prosperosa città. Tutto era cambiato da quando il demone Shulpani Yaksha, che danzava e rideva sopra cumuli d'ossa, aveva trasformato la città di Vardhaman in Asthikgram, il villaggio delle ossa. Questi si era impadronito del tempio e non permetteva a nessuno di uscirne vivo. Tutti cercarono di dissuadere Mahavira dall'andare al tempio. Ma Mahavira era determinato a togliere le radici della paura e a gettare i semi del coraggio. Insistette e, alla sera, era completamente immerso nella meditazione proprio fuori dal tempio. Quando scesero le tenebre, l'aria si fece piena di suoni che davano i brividi. Shulpani, il demone con la lancia, apparve nel cortile ed emise suoni di tromba paurosi. Era molto sorpreso di vedere un essere umano in meditazione senza paura. For Personal & Private Use Only 155 Page #158 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Produsse tuoni che fecero vibrare le pareti del tempio ma l'asceta non si mosse. Fece apparire un elefante pazzo che minacciò Mahavira con zanne terrificanti, poi un fantasma orribile che cercò di terrorizzarlo, e ancora un serpente nero che lo attaccò con i suoi denti e il suo respiro velenoso. Alla fine, gli creò dolore in punti delicati del corpo: occhi, orecchie, naso, testa, denti, unghie e schiena. Ma Mahavira aveva una capacità illimitata di sopportare il dolore. Anche quelle estreme agonie non riuscirono a togliere serenità al Signore Mahavira. Esaurite tutte le sue demoniache energie, Shulpani iniziò a preoccuparsi. Capí di avere a che fare con una potenza divina troppo forte, che, volendo, avrebbe anche potuto distruggerlo. Immediatamente, una luce divina illuminò la sua anima. Pian piano la sua rabbia si dissolse, la sua ira scemò e un senso di beatitudine lo riempí. Con profonda umiltà chiese perdono a Mahavira. Mahavira aprí gli occhi e, alzando una mano, disse: «Shulpani! La rabbia crea rabbia e l'amore crea amore. Se non causi paura, sarai libero da tutte le paure. Distruggi dunque il veleno della rabbia che ti corrode!». Il cobra Chandkaushik Questa è una avventura capitata al ventiquattresimo Tirthankara Mahavira quando era un monaco. Egli era solito digiunare, meditare e fare penitenze. Camminava a piedi nudi da un posto all'altro, di villaggio in villaggio. Un giorno decise di andare al villaggio di Vachala. Usando la strada piú diretta era necessario passare attraverso una foresta dove viveva un famoso cobra velenoso chiamato Chandkaushik 156 For Personal & Private Use Only Page #159 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Si diceva che Chandkaushik potesse uccidere una persona anche soltanto fissandola con il suo sguardo cattivo e feroce. Tutte le persone dei villaggi vicini alla foresta vivevano nel terrore assoluto. Quando gli abitanti del villaggio seppero dell'intenzione di Mahavira di attraversare la foresta, lo pregarono di prendere un'altra strada. Ma Mahavira non aveva paure e praticava la massima nonviolenza. Non odiava nessuno e considerava la paura e l'odio come violenza verso se stessi. Era in pace con se stesso e con tutte le altre creature viventi. C'era sempre un'espressione di serenità e di compassione sul suo volto. Convinse tutti a lasciarlo andare e si incamminò per il pericoloso sentiero. Dopo un po', notò che la bella terra verde sfumava in un deserto. Alberi e piante erano morte. Seppe cosí di essere arrivato nella terra di Chandkaushik. Mahavira si fermò per meditare. Pace, tranquillità e compassione per tutti gli esseri viventi fluirono nel suo cuore. Chandkaushik sentí che qualcuno si era introdotto nel suo territorio e uscí dalla sua tana. Non senza sorpresa, vide un uomo tranquillamente seduto e divenne immediatamente furioso pensando: «Come osa costui venire nella mia terra!». Chandkaushik iniziò a soffiare a Mahavira per spaventarlo. Non riusciva a comprendere la tranquillità di Mahavira. Divenne ancora piú furioso, si avvicinò di piú a Mahavira, pronto a morderlo. Non vide intenzioni di fuga da parte di quest'uomo che non sembrava per niente spaventato. Tutto ciò rese Chandkaushik ancora piú cattivo, iniziò a mordere e, per tre volte, iniettò il veleno a Mahavira. Il veleno non infettò Mahavira né disturbò la sua meditazione. Chandkaushik non era preparato a questo. 157 For Personal & Private Use Only Page #160 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Divenne ancora piú furioso e morse il piede di Mahavira. Quando guardò ancora l'uomo, fu sconvolto dal fatto che, non solo non gli era successo niente, ma, invece di sangue, usciva latte dalle ferite. Mahavira aprí gli occhi. Era tranquillo e totalmente privo di paura o rabbia. Guardò Chandkaushik negli occhi e gli disse: «Svegliati! Svegliati Chandkaushik! Pensa a che cosa stai facendo!»>. C'erano amore e compassione nelle sue parole. Chandkaushik si calmò immediatamente e provò la sensazione di aver già conosciuto quell'uomo. Immediatamente ricordò le vite precedenti. Chandakaushik realizzò la verità, comprese dove lo avevano portato la rabbia e l'ego delle sue vite precedenti. Pacificamente appoggiò la testa al suolo. Mahavira riprese il suo cammino. Chandkaushik, ormai in pace, entrò nella tana solo con la testa, lasciando fuori il suo corpo. Più tardi, quando le persone seppero che Chandkaushik non era piú pericoloso, mosse dalla curiosità, andarono a vederlo. Lo trovarono disteso in pace. Alcuni iniziarono a idolatrarlo e gli offrirono cibo. Altri invece, arrabbiati per aver perso a causa sua persone amate, gli tirarono pietre e lo colpirono con bastoni. Il sangue del serpente attirò molte formiche che iniziarono a cibarsi delle carni di Chandkaushik. Chandkaushik, bastonato e ferito, rimase calmo, in pace, senza piú rabbia. Questo autocontrollo dei propri istinti distrusse tutto il karma negativo accumulato in passato. E cosí, alla fine della sua vita, il cobra Chandkaushik fu liberato dalle rinascite! 158 For Personal & Private Use Only Page #161 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Luoghi di culto e iconografia sacra For Personal & Private Use Only Page #162 -------------------------------------------------------------------------- ________________ I ventiquattro Tirthankara scolpiti sulla roccia nei pressi di Arcot, stato del Tamil Nadu, V-VI sec. For Personal & Private Use Only Page #163 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Tempio di Mahavira, Kumbhariyaji, stato del Gujarat, X-XI sec. For Personal & Private Use Only Page #164 -------------------------------------------------------------------------- ________________ TISSOT Tempio di Shantinath, Deogarth, stato del Madhya Pradesh, VIII sec. For Personal & Private Use Only Page #165 -------------------------------------------------------------------------- ________________ 600 24A Inkey Tempio di Adishwara, Palitana, stato del Gujarat, XI-XII sec. For Personal & Private Use Only Page #166 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Kirti Stambha, Chittorgarh, stato del Rajasthan, XII sec. For Personal & Private Use Only Page #167 -------------------------------------------------------------------------- ________________ OP Tempio scavato nella roccia, Gwalior Fort, stato del Madhya Pradesh, IX sec. For Personal & Private Use Only Page #168 -------------------------------------------------------------------------- ________________ HOTEO Tempio di Mahavira, Osiyan, stato del Rajasthan, VIII sec. For Personal & Private Use Only Page #169 -------------------------------------------------------------------------- ________________ - - - Tempio di Parshwanath, stato del Madhya Pradesh, IX sec. For Personal & Private Use Only Page #170 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Tempio di Parshwanath, Halebid, stato del Karnataka, XI sec. For Personal & Private Use Only Page #171 -------------------------------------------------------------------------- ________________ "भारदार नाममा भारतकालापनदाता गालामाल जीवनका कार्यशालय पलाTERNET पासाबस्वसिणसवणवागत राजाप्रसादमाणिहिदावहातित यममणप्रतिसया महिमाकयासमा पपझसकालसमय सिनिगरयतिसहा कालापवंत्यासीरियामाद बापियोरखारनगारदातो वो वमोचन Manoscritto in linguaggio prakrito del Kalpa Sutra, testo sacro jainista, su tavola. Indradeva celebra la nascita di Mahavira sul Monte Meru. For Personal & Private Use Only Page #172 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Hastinapur, Halebid, luogo sacro di pellegrinaggio, stato dell'Uttar Pradesh. For Personal & Private Use Only Page #173 -------------------------------------------------------------------------- ________________ SATURN TO IMITETI Pavaji, luogo sacro di pellegrinaggio, Vikram, stato dell'Uttar Pradesh, sec. XIV For Personal & Private Use Only Page #174 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Atma Vallabh Sanskriti Mandir, Nuova Delhi, XX sec. For Personal & Private Use Only Page #175 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Idar, luogo sacro di pellegrinaggio, stato del Gujarat, periodo ignoto. For Personal & Private Use Only Page #176 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Bhoyani, luogo sacro di pellegrinaggio, stato del Gujarat, 1943. For Personal & Private Use Only Page #177 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Brahma Jinalaya, Lakkundi, stato del Karnataka, X sec. For Personal & Private Use Only Page #178 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Impaginazione ed editing: Spell srl Finito di stampare nel mese di settembre 2003 per conto degli Editori Riuniti dagli Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo spa - Roma For Personal & Private Use Only Page #179 -------------------------------------------------------------------------- ________________ Virchand Gandhi (1864-1901), amico e collaboratore del Mahatma Gandhi, è stato uno dei piú eminenti e attivi esponenti del jainismo. Studioso e docente dei sistemi filosofici indiani, fu rappresentante della comunità jainista presso il Parlamento mondiale delle religioni di Chicago. Art director: Luciano Vagaggini In copertina: monaco jaina. Miniatura dal Saman Suttam, XII sec. Delhi, National Museum. Euro 12.00 (IVA compresa) For Personal & Private Use Only Page #180 -------------------------------------------------------------------------- ________________ . T Virchand Gandhi ਦਰ ਕਰਨ ਦਇਲ ਰਵBSITE ਦRITSAR SUਕਰਵਰ ਨੇ ਕਾਰ ESET Lessenza L'essenza del jainismo ਦਾ ਕਾਰਨ यापसमा महिमाकयाएसमामाद्धमाकयाएसमागमहिमाकयाएसमाणमहिमाकयाएसमाणमहिमाकयाए ਬਾਬਰ ਦਰਦ ਕਰਕੇ ਕਸਰਤ ਕ ਰਦੇ II . . . . ਵਿੱਚ ਜਾ ਕੇ ਸਰਕਾਰ याएसमाणमहिमाकयाएसमागमहिमाकयाएसमारामहिमाकयासमाणमहिमाकयाएसमामहिमाकया Il termine Jaina o juna signinca VILORIOSO e ia o ina significa "vittorioso"e no Tut designa colui che abbia vinto sugli ਰਚ ਵੇ ਦਰਵੈਰੋਕਾਰ attaccamenti, sulle avversioni, sull'egoismo, sul and materialismo, sulle passioni. Il jainismo e una qualcher dottrina spirituale ateista, che non presuppone, Rਰ cioe, l'esistenza di un dio ne di piu dei creatori ਕਰਕੇ ਚdel univers0. >> ਚਰਖੇ ਵਿਕਰ ਕ ਰ : ਸਾਨੂੰ ਕਲ ਦੀ ਬਸ Dall'Introduzione di Claudia Pastorino [ Dਰਕ Eਉਬਰ (ਦਵਾਈ ਕਰਨ ਲਈ ਕਰਕੇ ਸਵੇਰੇ ਬਰਬਰਸ ਕਰੇ ਕਰਕੇ ਕਰਤਵ ਹੈ ਦਾ ਸਰDITATUS ਦਰਦਾਰ ਤਰਸਦਰ ਤੇ ਵਰਕਰ ਤੇ ਹਰ ਕਰਕੇ ਉ ਸ ਵਿਚ ਕਰਦੇਸ਼ਤ ਕਰਕੇ ਕਰ ਤਰਸਪਰ ਨਾ ਕਰਨ ਕਵਿ ਕਲਬ ਦੇ ਲੋਕ ਛਕਾਉਣਾ ਰਕਬਰ ਵਰਕਰਕੇ ਵਰਕਰਕਤਰੇਰਕ ਕਰ 32 ਕਵਰ ਕਰ ਸਕਦੇ TR ICTURE Sਦਲੇਰ ਤਕ ਕਲੇਰਕਾਰ ਤਰਨਤਕESIਨ ਦੇ ਕਤਲ Gਲਵਰਤਨ ISBN 88-359.5349-9 RI ਤ ਰਸਿੰਬਲਕਰਕੇ ਕਰਦੇ www.editoririuniti.it 9 788839539 ਰ For Personal & Private Use Only Chan समयसकालसमय इसकालेसमयगायनुसकालसमयानुसकालसमयगायत्रुसकाले