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Portando il fuoco, tornò ancora una volta come allievo da Prajapati.
Prajapati disse: «Bene, Indra, che cosa ti ha riportato indietro?». Indra gli parlò dei propri dubbi. Allora Prajapati disse: «Cosí è veramente, Indra. Ma io ti spiegherò ulteriormente il vero Sé. Vivi con me altri cinque anni».
Visse con lui altri cinque anni, per un totale di 101 anni. Prajapati disse: «Indra, questo corpo è mortale e sempre toccato dalla morte. È il rivestimento di quel Sé che è immortale e senza corpo. Quando è nel corpo, pensando “questo corpo sono io e io sono il corpo” il Sé viene toccato dal piacere e dal dolore. Finché è nel corpo non può liberarsi dal piacere e dalla pena. Ma quando è libero dal corpo, quando si riconosce come entità differente dal corpo, né il piacere né il dolore lo toccano piú. Il vento è senza corpo, la nuvola, il lampo e il tuono sono senza corpo, senza mani, senza piedi...
Quando sorgono dall'etere paradisiaco, questi esseri sereni, liberandosi dal corpo, appaiono nella loro forma pura, e accedono alla luce piú alta, la conoscenza del Sé. Il Sé, in quello stato, è il piú alto essere. Si muove in quei luoghi ridendo, giocando e relazionandosi, senza pensare al corpo in cui è nato.
Come un cavallo vincolato al calesse, lo spirito è vincolato al corpo.
Quando la visione dell'individuo si espande ed entra nel trascendente, c'è l'essenza della persona nel suo occhio; l'occhio in se stesso non è che il semplice strumento del vedere.
Quando, desiderosi di conoscere, diciamo “lasciami annusare questo" è il Sé che parla; il naso in se stesso non è che lo strumento dell'annusare.
Quando diciamo “lasciami dire questo” è il Sé che parla; la lingua non è che lo strumento del dire. E ancora è il Sé che dice “lasciami ascoltare questo”; l'orecchio non è se non lo strumento dell'ascoltare. È il Sé che dice “lasciami pensare questo”; la mente non è se non l'occhio aperto sul divino.
Quando la mente si rallegra, è il Sé, vedendo questi piaceri (che agli altri sono nascosti come un tesoro d'oro sepolto) tramite i suoi occhi divini, che si rallegra.
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