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Produsse tuoni che fecero vibrare le pareti del tempio ma l'asceta non si mosse.
Fece apparire un elefante pazzo che minacciò Mahavira con zanne terrificanti, poi un fantasma orribile che cercò di terrorizzarlo, e ancora un serpente nero che lo attaccò con i suoi denti e il suo respiro velenoso.
Alla fine, gli creò dolore in punti delicati del corpo: occhi, orecchie, naso, testa, denti, unghie e schiena.
Ma Mahavira aveva una capacità illimitata di sopportare il dolore.
Anche quelle estreme agonie non riuscirono a togliere serenità al Signore Mahavira.
Esaurite tutte le sue demoniache energie, Shulpani iniziò a preoccuparsi.
Capí di avere a che fare con una potenza divina troppo forte, che, volendo, avrebbe anche potuto distruggerlo. Immediatamente, una luce divina illuminò la sua anima.
Pian piano la sua rabbia si dissolse, la sua ira scemò e un senso di beatitudine lo riempí.
Con profonda umiltà chiese perdono a Mahavira.
Mahavira aprí gli occhi e, alzando una mano, disse: «Shulpani! La rabbia crea rabbia e l'amore crea amore. Se non causi paura, sarai libero da tutte le paure. Distruggi dunque il veleno della rabbia che ti corrode!».
Il cobra Chandkaushik
Questa è una avventura capitata al ventiquattresimo Tirthankara Mahavira quando era un monaco.
Egli era solito digiunare, meditare e fare penitenze.
Camminava a piedi nudi da un posto all'altro, di villaggio in villaggio.
Un giorno decise di andare al villaggio di Vachala.
Usando la strada piú diretta era necessario passare attraverso una foresta dove viveva un famoso cobra velenoso chiamato Chandkaushik
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