Book Title: Perche Esiste La Filsofia In India
Author(s): Johannes Bronkhorst
Publisher: Johannes Bronkhorst

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Page 8
________________ 144 Johannes Bronkhorst Perche esiste la filosofia in India 145 stente alle critiche provenienti dall'esterno. Tali sforzi ebbero una riuscita solo parziale e la scuola si dissolse lentamente nella seconda metà del I millennio. Fu ben diversa la scuola vaisesika, l'altra delle prime scuole bramaniche. I ten. tativi eruditi di identificare le sue radici preclassiche e presistematiche non hanno portato da nessuna parte, e sembra probabile che essa sia stata creata già come un sistema coerente. Un confronto approfondito con la corrente filosofica buddhista dei primi secoli d.C. mostra che, a dispetto di numerose differenze, le due scuole condivisero un certo numero di posizioni fondamentali, piu precisamente: esse furono d'accordo su alcuni aspetti e presero posizioni esattamente speculari su altri aspetti. Non ci furono somiglianze di questo genere tra la filosofia samkhya e il sistema buddhista o quello wisasika. Non è possibile in questo sag. gio approfondire tali osservazioni nei dettagli: ad ogni modo, la situazione è abbastanza particolare da giustificare la conclusione che con ogni probabilità il sistema vaisesika sia stato creato in risposta al particolare sistema di filosofia buddhistachiamato sarudstiwdida al quale fu sotto certi aspetti cosi vicino. Questa conclusione, sia pure non definitiva, suggerisce che l'impulso originale allo sviluppo della filosofia razionale indiana sia venuto dal buddhismo. Questa è per noi una fortuna, perché un considerevole numero di testi buddhisti dal l'epoca intorno a e prima dell'inizio dell'era volgare sono stati preservati. Molti di questi scritti non contengono niente che assomiglial tipo di filosofia razionale che stiamo cercando, ma alcuni si. Per dare a questo fatto il giusto risalto, de sidero descrivere brevemente e schematicamente il modo in cui il buddhismo si è sviluppato dopo la scomparsa del suo fondatore. Sono stati fatti dei tentativi per preservare le sue parole, sia quelle che riguardano il comportamento appropriato dei monaci e delle monache (vinaya), sia quelle che compongono il suo insegnamento in un senso più stretto (statra). A parte questo, sono stati fatti degli sforzi per distillare le idee e i concetti più importanti del suo insegnamento, ciò ha dato origine a liste di cosiddetti dharma, che furono elaboratamente ordinati e commentati nei testi dell'Abhidharmapigaka, 'il canestro delle cose connesse all'insegnamento'. Sono state conservate interamente due collezioni di testi che portano questo titolo, appartenenti a due diverse scuole buddhiste: l'Abhidhar mapitaka della scuola tharaudda e quello appartenente alla scuola sarudstivada. Uno studio più particolareggiato rivela delle differenze notevoli tra le due collezioni, la più importante delle quali, per i nostri scopi, e la presenza nel canestro del sarvästivada di un nuovo modo di ordinare e classificare i dharma, chiamato parlavastuka. Prima dell'introduzione del parcavastika e in tutti i testi theravdda, i dharma erano classificati con l'aiuto di una schematizzazione che si credeva risalisse al Buddha stesso, ma che era insoddisfacente e sotto vari aspetti problematica. Da un punto di vista storico, le difficoltà connesse con questa schematizzazione precedente sono facili da spiegare: l'idea di enumerare e classificare i dharma era sorta molto dopo la scomparsa del Buddha e la ricerca tra le sue parole di schemi per classificarli era destinata a fallire. La nuova classificazione, il paticavastuka, portò un certo grado di ragione e coerenza nello scolasticismo sarudstivāda. Oltre a ciò, questo sviluppo, insieme ad altri che lo accompagnarono, trasformò l'intento iniziale di preservare i concetti insegnati dal Buddha nel nuovo intento di creare un sistema filosofico coerente. Per ragioni che non possono essere presentate in questo momento, la lista dei dharma diventò una lista di tutto ciò che esiste; inoltre, dalla dottrina originaria del non-sé fu tratta la conclusione che non esistono oggetti composti. Le parole di Buddha, secondo cui ogni cosa è impermanente e pertanto foriera di dolore, implicavano l'istantaneità di ogni cosa è il suo esistere per un solo istante. Furono quindi introdotti nuovi dharma, la cui funzione principale era rendere coerente e intelligibile lo schema ontologico cosi creaio. In breve, la scuola sarvästivada del buddhismo subi un processo di razionalizzazione, mentre ciò non accadde alla scuola theravada. Come spieghiamo la differenza tra le due scuole? Questa domanda sollecita una risposta facile, quasi ovvia, se teniamo conto di dove e quando lavorarono e vissero i sarvästivddin: il sarvastinada apparteneva al nord-ovest del subcontinente indiano, cioè al Gandhära e alle regioni circostanti, mentre il theravada apparteneva, prima della sua emigrazione in Sri Lanka, a un'area più a sud, e stato suggerito che fosse Vidisa." Abbiamo ragione di credere che i primi tentativi sarudstivada o proto-sarvastivada di sistematizzazione abbiano avuto luogo durante o prima della metà del II secolo a.CDurante questo periodo ci fu un regno ellenistico nell'India del nord-ovest, un resto delle conquiste di Alessandro Magno. Sappiamo da altre fonti che era abitudine dei re ellenistici coltivare la filosofia: essi amavano essere circondati nelle loro corti da uomini sagri, con i quali avevano luogo alcune discussioni. Scavi archeologici in Afghanistan, dove la capitale greca è stata identificata, confermano che tutto ciò accadeva anche in quei luoghi: non solo è stato trovato un papiro filosofico greco, ma è emerso perfino che Clearco di Soloia, un allievo diretto di Aristotele, visitò il posto." Ci fu qualche interazione tra i greci e i buddhisti? Questo è a priori possibile tenendo presente il fatto che il buddhismo è, o in ogni caso era a quel tem Circ Willemen et al, Serwistinada Buddhist Scholasticien, Brill, Leida 1998, pp. 36 s. (Mitory and Sarwaida): 149 .; R. Salomon, Ancie Buddhist Sorolls from Gandia. The British Library Khararti fragiis, University of Washington Presse-British Library, Washington-Londra 1999. pp. 5-6. Chr. Frauwallner, The Earlin Vinays and the Beginning of Buddhist literature, IMEO. Roma 1956. p. 18. Cir. J. Bronkhorst, The Mahabhay and the Devilpunt of Indian Philosophy. In Id. The Proiew Pertaining to the Ma y o, Bhandarkar Oriental Research Institute, Puna 1987. special mente pp. 64-68: id., Nore on Patanjali and the Buddhists, in Annals of the Bhandarkar Oriental Research Institute. 75 (1994) (1995). pp. 247-254 cfr. anche Id, recensione a The Buddhist Doctrine of Monmariness by on Restart in Asiatische Studien/Etudes Asiatiques, 49, 2 (1995). DOS18519. Non è chiaro quando esattamente sia nata la serudstida come scuola identificabile che Willemen et al., Serwisudda Buddhist Scolasticism, cit., pp. 147-148. Cfr. C. Préaux, La Honde hellenistique, Presses Universitaires de France, vol. 1, Parigi 1989), pp. 212-278. Cfr., Inoltre, M. Avt-Yonah, Hellmirs and the East, Published for The Institute of Languazes, Literature and the Arts, The Hebrew University, Gerusalemme 1978, pp. 50 s. (Hollistic monarcy in its relations to philosoply, poetry, religion). Cfr. C. Rapin, la trésorme du palais hollistique d'Ai Khann l'apogir a la date du roman were de Bacing de Boccard, Parigi 1992. DD. 119-L2LKlaus Karlunen soltolinea che gli otiti di Asoka in greco mostrano una certa conoscenza della terminologia filosofica greca: cfr. Id, India The Hellenistic World, Finnish Oriental Society, Helsinki 1997. pp. 268-269. 1. Raberi, lesin.Mions, in-Fouilles d'Ai Khanem (1973). pp. 207-237: Rapin, la tri sarriedu palais lu stiqur d'Ai Khanoum, cit. pp. 128: 389 Karuunen, dan the Hellenistic World cit., pp. 99: 288. Se è vero che il capitagorico Apolluindi Tiana ha visitalo Taxila nel 44 d.C. o giù di li (cfr. E. Lamolis. Histoire du bude indien I wi ll tr Saha, Instituut voor Orientalistick, Leuven 1988, pp. 518 519; Karttunen, India and the Holi World. cit., pp. 7-8;306 Cfr. J. Bronkhorst. Quelques Axiones du Vriseşika, in Les Cahiers de Philosophie.. 14 (1992), pp. 95-110. Questo paragrafo e il successivo sono basati sul capitolo Ii Ondung de labre in J. Bronkhorst, Dn BuddASUL Der indische Buddhismens rud av revigong, W. Kohlhammer (Die Religionen der Menschheit, vol. 24.1). Stoccarda 2000, pp. 76 x

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