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mentalismo si rafforzano minacciosamente in molte parti del mondo, il suo messaggio, oltre a costituire un sicuro antidoto contro ogni spirito di crociata, ci richiama a una idea della tolleranza che non nasce mai dall'indifferenza ma proviene dal rispetto per le credenze morali e religiose di ciascuno - nella persuasione che nessuno abbia il monopolio della verità - e poggia sul riconoscimento positivo della “diversità” come ricchezza e occasione di reciproco arricchimento.
La strategia nonviolenta gandhiana, Satyagraha (forza della verità), affonda le sue radici nel postulato metafisico-religioso dell'unità del vivente, talora da Gandhi identificato con Dio. "La somma totale di tutto ciò che vive è Dio” è una delle formule con cui egli caratterizza il suo concetto della divinità; ed è la coscienza di questa unità che lo porta a far suo il principio etico dell’ahimsa per cui non si deve far del male a nessun essere vivente. Qui sono da cercarsi anche le basi morali del suo impegno in difesa degli animali, e in particolare della sua condanna della vivisezione - e cioè di una scienza dimentica dei suoi doveri nei confronti di tutte le forme di vita - e del suo vegetarianesimo, inteso come applicazione della “regola aurea” che impone "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te". Quella gandhiana potrebbe definirsi come una morale aperta, una dottrina che ambisce a estendere i confini della comunità morale fino ai limiti del senziente, nel riconoscimento di una fraternità che non si restringe più alla nostra specie.
Ma quali sono gli elementi caratterizzanti il credo vegetariano di Gandhi? Uno dei più generali mi pare il significato attribuito all'astinenza dalla carne: rifiutare la carne significa rifiutare globalmente la violenza della macellazione. Il mattatoio è assunto come luogo emblematico dove si consuma quotidianamente e professionalmente violenza e dove è in atto un processo di brutalizzazione dell'uomo (assuefazione alla violenza, caduta delle inibizioni, progressiva insensibilità alle sofferenze altrui) correlativo a un processo di riduzione dell'animale a cosa, a oggetto di cui poter disporre a piacimento: due processi, per il vegetarianesimo gandhiano, entrambi aberranti.
Quanto alla concezione etica che sottostà a tale visione, potrebbe definirsi come una morale aperta, una dottrina che ambisce a estendere i confini della comunità fino ai limiti del senziente. Il vegetarianesimo costituisce il tentativo più conseguente di superare ogni egoismo di specie e di realizzare un'etica cosmica o, se si vuole, rappresenta l'applicazione più radicale della regola aurea che impone “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto
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